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L’Onu, la Fdif e l’Udi tra espulsioni e contrast

Unioni e fratture: Ong femminili e Nazioni Unite

3.2. L’Onu, la Fdif e l’Udi tra espulsioni e contrast

Il carattere transnazionale della serrata attività della Fdif fornisce in partenza un elemento utile per spiegare quanto la sua linea strategica si ispirasse alla politica globale e quanto al contrario, negli anni Cinquanta, essa avrebbe risentito le ripercussioni delle permeanti dinamiche bipolari. Il suo legame con l’Urss dettava una specifica programmazione politica dalla quale, tuttavia, dipese il proprio prestigio internazionale, già al centro della propaganda anticomunista diffusa nello schieramento occidentale. Quando negli anni Duemila, la storiografia cominciò ad occuparsi della Fdif, ad emergere fu certamente la sua vicinanza all’Unione Sovietica ma, sulla scorta delle prime indagini condotte da Francisca de Haan, il rinnovarsi degli studi favorì altresì l’identificazione di specifici spazi d’autonomia in cui operare autodeterminandosi126. Per lungo tempo la Fdif

cadde in un grave silenzio storiografico, considerata dai governi occidentali, e dagli stessi studiosi, un’organizzazione subalterna all’Urss, quindi, un soggetto privo di identità storica. In realtà, fu proprio in quegli stessi spazi che andò caratterizzandosi la sua storia. Quest’ultima va contestualizzata in relazione agli echi provenienti dai teatri di guerra internazionali, ma anche in rapporto alle singole tendenze che cominciarono a manifestarsi negli scenari locali. Furono proprio le diversificate trame politiche intrecciate negli anni della Guerra fredda ad indirizzare gli eventi che, dal 1950 al 1954, portarono all’espulsione della Fdif all’Onu. Si è già fatto accenno in precedenza alla natura oscillatoria del rapporto che legò la Fdif alle Nazioni Unite nel primo triennio127.

Con l’inaugurazione del conflitto in Corea, lo scontro Usa-Urss penetrò con forza nelle sedi delle Nazioni Unite, coinvolgendo senza eccezioni di colpi anche le organizzazioni di massa di stampo sovietico128.

Come si è già potuto osservare, nei primi anni di contrasto all’asse capitalistico, la promozione di una campagna di condizionamento ideologico fu tra le strategie alle quali

126 Risultano fondamentali in tal senso gli studi pionieristici di F. de Haan, tra tutti Continuing Cold War

Paradigms in Western Historiography of Transnational Women’s Organizations: The Case of the Women’s International Democratic Federation (WIDF), in “Women’s History Review”, Vol. 19, issue 4, 2010, pp.

547-573, ed anche J. E. Pieper Mooney, Fighting Fascism and forging new political activism: the Women’s

International Democratic Federation (WIDF) in the Cold War, in J. E. Pieper Mooney, F. Lanza, De- centering cold war history: local and global change, Routledge, 2013, London-New York, pp. 52-72.

127 Arms, Ngo, Organization and Consultative Status, Women's International Democratic Federation, S- 0441-0016-08, Notice documentaire sur la coopération de la F.D.I.F. avec l’ONU.

128 Risulta copiosa la produzione storiografica incentrata sui temi della Guerra fredda, si veda almeno R. Crockatt, Cinquant’anni di Guerra fredda, Salerno Editrice, Roma, 1997; J. L. Gaddis, La Guerra fredda.

Cinquant’anni di paura e di speranza, Mondadori, Milano, 2008; F. Romero, Storia della guerra fredda,

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la Fdif fece maggiormente ricorso. Nella guerra delle diffamazioni e delle calunnie, però, cadde la stessa Federazione che, dipinta quale “Soviet tool” dalla pervasiva campagna antisovietica statunitense, finì per attrarre su di sé sospetti e dissensi129. Già nel 1947, quando vide rifiutarsi il secondo tentativo di riclassificazione quale Ong di tipo a), il quotidiano The New York Time applaudiva la scelta della Commission on the Status of Women di negarle tale privilegio e sottolineava come, tra le fila della Csw, alcune delegate cominciassero a pensare alla Federazione come un gruppo di donne “Communist-influenced”130.

Sul versante occidentale, le pratiche discorsive legate alla Federazione e al suo allineamento al blocco sovietico esercitarono un forte ascendente sull’opinione pubblica: condizionarono i giudizi esterni sul suo operato e contribuirono a creare, nella memorialistica occidentale, la convinzione che quella sua specificità politica non le avrebbe permesso di aprirsi ai temi più affini al femminismo emancipazionista. La contropropaganda statunitense rimarcava, infatti, il legame di diretta dipendenza che legava la Fdif all’agenda estera dell’Urss, negandole così ogni soggettività ed autonomia internazionale. Se ne trova una testimonianza nelle pagine della stampa locale, particolarmente sollecitata dalla vitalità che permeava la città sede dell’Onu.

Nell’ospitare buona parte dei lavori delle agenzie delle Nazioni Unite, New York assorbiva un flusso continuo di delegati e delegate. La stampa dimostrava pertanto di nutrire un elevato interesse verso le vicende più significative legate a questa tipologia di mobilità ed attirava l’attenzione sui casi più in vista. Nell’agosto del 1949, sulle pagine del quotidiano di ispirazione comunista, il The Daily Worker, si sottolineava come la presenza negli Stati Uniti della Segretaria Generale della Fdif, Vaillant Couturier, designata a rappresentare la Federazione alla Commissione sulle questioni sociali, avesse suscitato severe critiche da parte dei movimenti anticomunisti. Questi si rivolsero pubblicamente al Segretario Generale dell’Onu, Lie Trygve, accusandolo di aver riconosciuto lo status consultivo alla Fdif e permesso, così, a “visitatrici pericolose” con “scopi sinistri” di entrare nel territorio statunitense131. Tra le righe dello stesso articolo

trovava spazio lo sfogo del Congresso delle donne americane (Congress of American Women, Caw)132, il quale declinava ogni insinuazione e ribadiva apertamente che i

129 Uno dei lavori più puntuali su questi aspetti è offerto da F. de Haan, Eugénie Cotton, Pak Chong-ae,

and Claudia Jones, cit.

130 Special rights aim again loses in U.N., in “The New York Times”, 20 February 1947, p. 11. 131 Blast Ruth Fischer’s Lie about ‘dangerous’ visitor, in “The Daily Worker”, 3 August 1949, p. 3. 132 Si veda A. Swerdlow, The Congress of American Women Left Feminist Peace Politics in the Cold War, inL. K. Kerber, A. Kessler-Harris, K. K. Sklar (eds.), U.S. History as Women's History: New Feminist

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privilegi goduti dall’associazione erano garantiti dalla collaborazione all’Ecosoc. I tentativi del Congresso rimasero però vani e, anzi, fu proprio a partire dal ’49 che la Fdif e il Caw divennero oggetti di una dura politica investigativa. A tale scopo il governo americano si affidò alla “House Un-American Activities Committee”, la quale si rese responsabile di una efficace campagna denigratoria e di un’azione di intelligence che, come si vedrà, porterà allo scioglimento del Congresso133. Colpo su colpo il governo degli Stati Uniti andava così attrezzandosi degli strumenti necessari al fine di annullare gli esiti negativi di una vera e propria diatriba tra mondo comunista e non-comunista. Alle campagne d’odio sferrate dal blocco socialista, come anche alla strumentale e partecipatissima “peace crusade”134, intrapresa dalle numerose organizzazioni

dell’apparato di propaganda sovietico – e la “Red Federation” era considerata una di esse135 – gli Usa opponevano una nuova strategia volta a minare le basi del dissenso

anticapitalista136.

Rispondevano puntuali a tale esigenza le forme di ostruzionismo che da più fronti, già dal gennaio del 1951, cercarono di ostacolare l’attività della Fdif. L’atto più eclatante veniva dalla Francia il cui governo, in risposta alle proteste anticoloniali, condotte dalla Federazione per l’invio di truppe in Vietnam, ne interdiceva i lavori espellendo di fatto la Segreteria dalla sua sede di Parigi137. Trasferitasi a Berlino, dove si tenne agli inizi di

Essays, University of North Carolina Press, Chapel Hill, 1995, pp. 296-312. Quale rappresentante del Caw,

Gerda Lerner e la sua autobiografia offrono importanti spunti per la ricostruzione storica, G. Lerner,

Fireweed: a political autobiography, Temple U.P., Philadelphia, 2002,

133 Si rimanda alle ricostruzioni diH. Laville, Cold War Women: the international activities of American

women’s organisations, Manchester University Press, Manchester, 2002; F. de Haan, The Women’s International Democratic Federation (WIDF): History, Main Agenda and Contributions (1945–1991), in

Women and Social Movements (Wasi) Online Archive, ed. T. Dublin, K. Kish Sklar, 2012; J. E. Pieper Mooney, Fighting Fascism and forging new political activism, cit.

134 E. Leviero, Soviet hate drive makes U.S. target: directs red propaganda at United States, in “The New York Times”, 11 December 1951, p. 14.

135 K. Mclaughlin, Ban in U.N. Asked On Women's Unit: Economic Council Is Advised to Drop ‘Red’

Federation, in “The New York Times”, 4 March 1954, p. 3.

136 I contributi di H. Laville illustrano il rapporto tra il governo Statunitense e le associazioni femminili ai fini della costruzione di una contropropaganda culturale, The importance of being (in) earnest: voluntary

associations and the irony of the state-private network during the early Cold War, in H. Laville, H. Wilford

(eds.), The US government, citizen groups and the cold war: the state private network, Routledge, London- New York, 2006, pp. 47-65.

137 Su questi aspetti si vedanoF. de Haan, The Women’s International Democratic Federation (WIDF), cit.; G. Gradskova, Women’s international Democratic Federation, the ‘Third World’ and the Global Cold War

from the late-1950s to the mid-1960s, in “Women’s History Review”, 2019, pp. 1-19. Del viaggio a Parigi,

dove si erano svolti i lavori della Federazione, la delegata statunitense, Elizabeth Gurley Flynn, riporta un ricordo della sede centrale: «The headquarters is in a secluded residential section in a beautiful three – story building, formerly the home of a wealthy Spanish fascist who fled to South America […]. It is full of period furniture, works of art, fine, tooled leather sets of books. […] The liveliest decorations in this staid old mansion are peace posters and banner from the countries. The outside walls are ivy-covered and there was nasturtiums, geraniums, rose bushes and beautiful old trees in the garden», Life of the Party, in “The Daily Worker”, 12 October 1949, p. 10.

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febbraio la riunione del Consiglio, la Fdif preparava un documento di disapprovazione da inviare all’Ecosoc per informare l’Onu che le recenti difficoltà incontrate, esito di un trattamento pregiudicante, non facevano che compromettere il proprio operato138. I ritardi con cui ricevevano comunicazioni e visti, elencati dettagliatamente nei documenti consultati presso l’Arms, denunciavano una negazione della rappresentanza ed impedivano l’ingresso delle proprie delegate negli Stati Uniti139. Dal primo anno di

affiliazione, in cinque occasioni essa non poté presidiare alle riunioni dell’Ecosoc e delle sue Commissioni, facendo registrare una violazione degli “Headquarters agreements”, che le Nazioni Unite e gli Stati Uniti siglarono a Lake Success il 26 giugno 1947140. L’articolo IV, volto a regolare i transiti nelle sedi di lavoro e nel territorio statunitense, recitava:

The federal, state or local authorities of the United States shall not impose any impediments to transit to or from the headquarters district of […] representatives of non-governmental organizations recognized by the United Nations for the purpose of consultation under Article 71 of the Charter141.

L’insofferenza che la Fdif iniziò a manifestare nei confronti di tali “irregolarità” emerse con chiarezza proprio nelle sedi Onu dove, nel maggio del 1951, si riuniva la quinta sessione della Csw. In quell’occasione, la designazione di Laura Diaz, in qualità di rappresentante della Fdif, riscontrò ritardi nelle procedure di riconoscimento del visto impedendole di fatto di essere presente142. Le proteste della sostituta Betty Millard143, delegata del Caw, cominciarono a far luce sulle gravi anomalie che si sarebbero ripetute nel marzo del 1952, per la 14a sessione dell’Ecosoc, e ancora nell’ottobre, quando Rea Luckock, presidente del Congresso delle donne canadesi, vide rifiutarsi l’ingresso negli Stati Uniti mancando così alla Conferenza sulle Ong.

138 Arms, Ngo, Committee Status with Economic and Social Council, Women's International Democratic Federation, International Democratic Federation protests RE Withdrawal of Status, S-0441-0016-10,

Appended Statements. Refusals of visas and delays in granting them.

139 Arms, Ngo, Organization and Consultative Status, Women's International Democratic Federation, S- 0441-0016-08, Cooperation de la Federation Democratique Internationale des Femmes avec

l’Organisation des Nations-Unies, p. 8. Altri riferimenti a riguardo in Arms, ivi, A la Conférence des Organisations non-Gouvernementales auprès de l’Organisation des Nations-Unies, Paris, 28 Juin 1950.

140 Un, Agreement between the United Nations and the United States of America regarding the headquarters

of the United Nations, in A/Res/169(II).

141 Ibidem, Article IV, Section 11 (4).

142 Arms, Ngo, Organization and Consultative Status, Women's International Democratic Federation, S- 0441-0016-08, The visa question of Representatives of Widf; The case of Mrs. Laura Diaz.

143 Sulle vicende del femminismo di matrice comunista negli Stati Uniti si veda K. Weigand, Red Feminism:

American Communism and the Making of Women's Liberation, Johns Hopkins University Press, Baltimore,

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L’azione statunitense boicottava una collaborazione che, invece, corrispondeva al ruolo delle Ong all’Ecosoc e che vedeva la Federazione protagonista di numerose iniziative. La sua iperattività è ben documentata presso l’Arms, dove confluì negli anni una preziosa documentazione, prodotta dalla stessa allo scopo di fornire tutti i dettagli necessari a sottolineare la mole di lavoro svolta in più riprese. Ciò che emerge dall’interpretazione delle fonti è il costante sforzo compiuto dalla Fdif nel rendicontare il proprio contributo nei vari ambiti di competenza dell’Ecosoc, e nel rimarcare l’aderenza dei propri principi con quelli sanciti dalla Carta dell’Onu. «Every year, since 1946, representatives of Widf attended the commissions of the United Nations, except when it was made impossible for them to be present in New York», recitava un documento del 1954144. La partecipazione attiva e la copiosa documentazione prodotta – solo nel 1950 le carte d’archivio contano 72 documenti inviati, tra report, inchieste, materiali informativi e testimonianze di donne di diverse provenienze – confermano la volontà della Federazione di contribuire in modo propositivo e costruttivo, così come agì, ad esempio, per il riconoscimento del principio di autodeterminazione dei popoli e per la tutela dei diritti umani, parlando anche a nome di quei paesi privi di rappresentanza alle Nazioni Unite.

Oltre alla dinamicità con la quale fu elaborata e garantita una programmazione a favore dei paesi coloniali, come hanno già illustrato le pagine precedenti, dal 1947 al 1953 furono attivate Commissioni di studio e d’inchiesta per approfondire questioni politiche e monitorare il mantenimento dei principi democratici in Paesi come la Germania, la Spagna e la Grecia, ma anche negli Stati Uniti e in India, in Argentina, Colombia, Paraguay, Perù ed Iran145. La messa in stato d’accusa dell’imperialismo occidentale andava così rafforzandosi su più livelli, anche grazie all’intensificarsi della mobilitazione antimilitarista internazionale che, dal 1948, la Fdif conduceva al fianco dei Partigiani della pace146. All’innesco di nuove minacce globali, seguì una nuova tappa nella lotta

144 Arms, Ngo, Committee Status with Economic and Social Council, Women's International Democratic Federation, International Democratic Federation protests RE Withdrawal of Status, S-0441-0016-10,

Appended Statements. General summary of the activities of the Women’s International Democratic Federation.

145Arms, Ngo, Organization and Consultative Status, Women's International Democratic Federation, S- 0441-0016-08, Cooperation de la Federation Democratique Internationale des Femmes avec

l’Organisation des Nations-Unies, p. 4. Nel 1950 la Fdif inviava il rapporto “Au nom des droits humains

des femmes, la F.D.I.F. accuse”.

146 Sui movimenti pacifisti scrive R. Giacomini in I partigiani della pace. Il movimento pacifista in Italia e

nel mondo negli anni della prima guerra fredda, Vangelista, Milano, 1984; G. Vecchio, Pacifisti e obiettori nell’Italia di De Gasperi, cit.; G. Petrangeli, I Partigiani della pace in Italia 1948-1953, in “Italia

Contemporanea”, n. 217, 1999, pp. 668-682; A. Guiso, La colomba e la spada. “Lotta per la pace”, cit.; S. Cerrai, I Partigiani della pace in Italia: tra utopia e sogno egemonico, Libreriauniversitaria.it, Limena, 2011.

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contro il pericolo di una terza guerra mondiale che si traduceva in continue petizioni per il disarmo e l’interdizione delle armi nucleari, raccolte firme, appelli e proposte di trattati di Pace tra le cinque potenze del mondo. La natura politica della Federazione era pertanto strumentale alle intenzioni pacifiste della propaganda antimperialista147, come risultava

altresì evidente dall’attenzione e dedizione agli affari internazionali148. Il suo essere una

federazione femminista, però, non la allontanava dalle più profonde aspirazioni emancipazioniste e dalle urgenti questioni aderenti ai problemi delle donne e dell’infanzia, che continuavano ad occupare uno spazio privilegiato nella propria agenda transnazionale149. I suoi interventi all’Onu a favore di un avanzamento dei diritti politici, economici, giuridici e civili delle donne si concretizzavano nelle istanze di miglioramento delle condizioni di lavoro, nella richiesta di “Uguale salario a uguale lavoro” – una campagna avanzata con forza proprio agli inizi degli anni Cinquanta – nelle sollecitazioni d’intervento a protezione della maternità e a favore dell’uguaglianza di genere, ad esempio nel rapporto coniugale150. Le iniziative erano degne di nota e, sebbene, avessero una propria rilevanza ai fini emancipativi, fu la retorica antimperialista a definire maggiormente i contorni politici dell’organizzazione e a negarle ogni interessamento verso le tematiche femminili.

Ciò nonostante, la notevole aderenza delle organizzazioni femminili alla Fdif che, ogni anno dal 1945, riceveva nuove richieste d’affiliazione e che nel 1954 affermava di rappresentare 140 milioni di donne e 66 paesi membri, lasciavano intravedere la vera forza di una organizzazione che a livello internazionale era capace di alzare la voce ed estendere sempre più le proprie reti di contatto. Ecco cosa spiega – stando alla tesi di Pieper Mooney – l’acutizzarsi di politiche contenitive: la sua penetrazione nelle trame della politica transnazionale e nell’ordine delle cose della Guerra fredda aveva avuto successo, il suo attivismo aveva intaccato il contesto globale e generato reazioni contrastanti151. Ma per capire cosa spinse i rappresentanti degli Stati Uniti all’Ecosoc ad

147 Si veda su questi aspetti P. Craveri, G. Quagliariello (a cura di), Antiamericanismo in Italia e in Europa, cit.

148 Offrono un quadro dello scenario internazionale G. Formigoni, La politica internazionale nel Novecento, il Mulino, Bologna, 2007; E. Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali, dal 1918 ai giorni nostri, Laterza, Roma- Bari, 2013; A. Best, J. M. Hanhimäki. J. A. Maiolo, K. E. Schulze, Storia delle relazioni

internazionali. Il mondo del XX secolo e oltre, Utet, Torino, 2014.

149 Si è concentrata sulla difesa del materno nella Fdif V. Mackie nel suo From Hiroshima to Lausanne:

the World Congress of Mothers and the Hahaoya Taikai in the 1950s, in “Women’s History Review”, Vol.

25, n. 4, 2016, pp. 671-695.

150 Arms, Ngo, Organization and Consultative Status, Women's International Democratic Federation, S- 0441-0016-08, A la Conférence des Organisations non-Gouvernementales auprès de l’Organisation des

Nations-Unies, Paris, 28 Juin 1950.

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avanzarne l’iter di espulsione, è necessario ripercorrere gli anni tra il 1951 e il 1954, individuando in alcuni fattori gli elementi determinanti a creare un’escalation della tensione politica.

Ad un anno dall’avvio della guerra in Corea, nel giugno del 1951, si svolgeva a Sofia l’Esecutivo della Fdif. L’aggravarsi della situazione internazionale in Estremo Oriente impose ai lavori dei toni allarmanti; già dai saluti iniziali, venne indirizzato un duro attacco all’imperialismo americano, giudicato responsabile dell’aggressione militare152.

Dando continuità ad una immediata e severa condanna di quella che fu giudicata un’“aggressione criminale”, portatrice di “atti atroci” commessi contro la popolazione civile153, la Fdif dava ampia risonanza ai risultati della Commissione d’inchiesta inviata in Corea su iniziativa di Pak Den Hai154. Il rapporto attestava le gravi responsabilità delle truppe Statunitensi, accusate di aver utilizzato in maniera strumentale la bandiera delle Nazioni Unite, di aver violato il manifesto dei diritti umani e trasgredito gli accordi internazionali, siglati dalla Convenzione di Ginevra del 1925 e da quella di Washington del 1935155. Il documento dal titolo esplicativo, We Accuse, preparato dalla Fdif e

pubblicato in più di venti lingue, fece registrare una forte eco a livello globale156.

Francisca de Haan sottolinea come il Governo degli Stati Uniti fosse “furioso” di fronte alla mobilitazione della Fdif157, come conferma tra l’altro la replica del portavoce

statunitense all’Onu, Porter McKeever. Il documento sulle “atrocità” coreane, presentato dai rappresentanti sovietici agli organi delle Nazioni Unite, fu tacciato dal delegato Usa quale parte di un preciso piano di propaganda, manipolato dai Sovietici ed incapace di rilevare gli oggettivi andamenti bellici158. L’Urss era lontana dal rintracciare le verità,

152 Sulla guerra di Corea e le ripercussioni all’Onu si veda M. Mugnaini, Diplomazia multilaterale e

membership Onu, cit.; Id. (a cura di), 70 anni di storia dell’Onu, cit.

153 Arms, Ngo, Organization and Consultative Status, Women's International Democratic Federation, S- 0441-0016-08, lettera firmata da Couturier e indirizzata aLyman White è uno dei documenti di maggiore accusa e denuncia delle aggressioni Usa in Corea, Déclaration de la Fédération Démocratique

Internationale des femmes, Paris, 22 aout 1950.

154 Widf, Comité Exécutif, Résolution sur les résultats des travaux de la Commission de la Fdif en Corée. 155 Acudi, Dnm, b. 9, fasc. 43, sottofasc. Asia, ss.fasc. Corea.

156 Widf, Nous accusons! Rapport de la Commission de la Fédération Démocratique Internationale des