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La cena degli spiriti: il sistema correttorio

II. SULL’ELABORAZIONE DEI RACCONTI

II. 2. La cena degli spiriti: il sistema correttorio

Analizzando la prassi correttoria di Vigolo nella Cena degli spiriti, ci è sembrato di rinvenire, all‟interno di una stessa redazione, un processo di compensazione tra elementi. Vigolo, infatti, quando elimina una parola o un lacerto testo tende poi spesso a recuperarli in un altro luogo del medesimo scritto. Riportiamo ora alcuni esempi: in una prima stesura di Luce d’inverno (c. 11) Vigolo scrive «Questi cieli opachi», successivamente corregge «opachi» in «abbrunati».15 Due righe dopo, nella prima stesura, troviamo scritto «l‟incredibile giuoco di riflessi» che la seconda fase correttoria modificherà in «l‟incredibile opaco dei riflessi». Possiamo dunque notare come l‟iniziale «opachi» sia stato ripristinato all‟interno dello stesso periodo, in un‟altra fase.

Nel medesimo manoscritto (c. 12, sedicesima riga, nella prima stesura) leggiamo: «Ora solo comincio a comprendere cosa vuol dire il grigiore argenteo di questa giornata senza pioggia: è il lutto delle nuvole funebri». Nella prima fase correttoria lo scrittore modifica «delle nuvole» in «del cielo» e «giornata», voce che probabilmente sentiva come troppo prosastica, viene sostituita da

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un‟immagine maggiormente poetica: «nuvolata». Vigolo elimina l‟anticipazione perché se ne parlerà poi più tardi, provocando così nel lettore una certa apprensione, suspence.

Ancora (alla c. 13, nella prima stesura) leggiamo: «Il corteo viene avanti a un tempo lentissimo. Il carro maggiore, come un alto calvario tutto fiammelle di candele quasi immobili». Nella prima fase correttoria «alto calvario tutto fiammelle» viene eliminato e trasformato in «bella montagna». Si assiste a questo abbassamento lessicale probabilmente perché, invece, nella frase precedente aveva innalzato il lessico, passando da «un tempo lentissimo» a «un tempo di solenne maestà». Questa correzione è inoltre dovuta al fatto che Vigolo decide di posporre il termine «fiammelle» dopo quattro righe.

Di nuovo nel manoscritto (c. 14, nella prima stesura) leggiamo: «e al vecchio Balì piangente versano in una coppa vino scaldato [...] che a flutti rossi viene versato». Nella prima fase correttoria Vigolo modifica «vino scaldato» in «vino rosso scaldato»; l‟aggiunta di questo aggettivo è dovuta al fatto che nella frase successiva «flutti rossi» è stato cambiato in «flutti purpurei». Le modifiche appena descritte fanno parte di quella rete di compensazioni che collega le varianti a due a due.

Passiamo ora ad analizzare alcune, interessanti, varianti di tipo linguistico. Nelle redazioni precedenti la definitiva leggiamo: «Il corteo viene avanti», mentre nella ne varietur: «Il corteggio viene avanti». Il passaggio da «corteo» a «corteggio» è molto significativo, in quanto a distanza di molti anni dalla prima stesura lo scrittore sceglie di usare una forma più ricercata ed etimologica. Questo innalzamento lessicale può essere interpretato in diversi modi. La scelta potrebbe derivare dal fatto che, pur avendo «corteggio» lo stesso significato di «corteo», è un termine che, a differenza del precedente, richiama le nuvole. Vigolo in questo caso avrebbe cercato di contaminare la pesantezza del feretro con la leggerezza delle nuvole. Nel sonetto Alla sera di Ugo Foscolo si legge «E quando ti

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corteggian liete le nubi estive e gli zeffiri sereni».16 Il passaggio da «corteo» a «corteggio» ha quindi anche una connotazione atmosferica; sia nello scritto vigoliano sia in quello foscoliano, saranno il cielo e le sue nuvole ad introdurre la «fatal quiete».

Il termine «corteggio», oltre che da Foscolo, è utilizzato anche da Giosuè Carducci nei suoi Giambi ed Epodi e da Melchiorre Cesarotti nelle Poesie di

Ossian, come «corteggio di nuvole».

La scelta di innalzamento potrebbe anche essere interpretata come una formula di rimando ad un vocabolario scientifico, oppure potrebbe essere vista come una modifica della struttura del periodo, volta a creare un miglior effetto dal punto di vista sonoro.

Nel manoscritto Luce d’inverno (c. 12) Vigolo corregge «lentissimamente» in «con estrema lentezza», e nel dattiloscritto Racconto d’inverno elimina «profondissimamente». Lo scrittore, nella fase di revisione dei suoi racconti, elimina questi avverbi superlativi di sapore dannunziano; 17 in ogni caso, questa è una volontà di alleggerire il testo.

Come abbiamo visto, cacofonie e ripetizioni vengono eliminate da Vigolo di redazione in redazione, grazie al suo orecchio molto acuto dal punto di vista musicale. Ciò che rende interessante la tecnica compositiva della Cena degli

spiriti, non sono tanto le varianti apposte in superficie ossia i cambiamenti

lessicali, l‟attenzione ad eliminare le ripetizioni e la volontà di creare un testo che sia fluido anche dal punto di vista della sonorità, alle quali abbiamo accennato, ma l‟organizzazione del «delirio» vigoliano, la genesi e la trasformazione di questa grammatica della visione.

Dalle cinque redazioni che possediamo si evince che il racconto che analizziamo presenta una genesi complessa: disponiamo di un manoscritto

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UGO FOSCOLO, Odi e sonetti dei sepolcri - Le grazie- Ultime lettere di Jacopo Ortis, Milano, Fabbri, 1973, p. 28.

17 Vigolo era stato attratto da D‟Annunzio sin dagli anni del liceo. Sull‟argomento ci fornisce informazioni M. Vigilante: «al Nazareno egli divenne amico di Guido Errante, [...] che frequentava già la prima liceale, e che “gli contagiò l‟idolatria per D‟Annunzio e la filosofia”» (M.VIGILANTE, L’eremita di Roma, cit., p. 8).

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intitolato Luce d’inverno, di un dattiloscritto chiamato Racconto d’inverno, entrambi non databili ma che costituiscono le prime fasi redazionali. Il 27 dicembre 1940 nella terza pagina del «Giornale d‟Italia» comparve, a stampa,

Racconto d’inverno. Vigolo dopo una ventina d‟anni dall‟apparizione del testo nel

quotidiano, trovandosi di fronte all‟esigenza di raccogliere il racconto in volume per Bompiani, lo riscrive completamente nella redazione dattiloscritta che possediamo La morte pensata. L‟edizione a stampa Bompiani La cena degli

spiriti deriva dall‟unione del dattiloscritto La morte pensata con la seconda parte

del racconto apparso nel quotidiano.

Osservando le diverse redazioni della Cena degli spiriti, ciò che si manifesta con più evidenza è il fatto che Vigolo apponga a queste quattro diversi titoli. La scelta del titolo non è casuale ma è frutto di un attento lavorio dello scrittore, questi, infatti, cambiano con il mutare delle caratteristiche dei testi.

Nel manoscritto il titolo viene inserito dall‟autore in un secondo momento, a matita, durante la prima fase correttoria, come, in una seconda fase, ancora una volta durante il primo ciclo correttorio, viene aggiunto, a penna nera, al testimone successivo. È prassi dello scrittore titolare le redazioni dei suoi testi in una seconda fase di revisione come accade per altri suoi racconti, ad esempio, nell‟autografo e nella copia dattiloscritta del racconto Il pavimento a figurine. Il titolo non viene quindi scelto da Vigolo in previsione di ciò che andrà a scrivere, ma ad operazione compiuta, forse anche a distanza di tempo, a mente fredda, per essere certo che la denominazione del racconto rispecchi realmente il testo.

Luce d’inverno è il titolo che Vigolo sceglie per il manoscritto e potrebbe indicare

la volontà di focalizzare l‟attenzione sulla descrizione del paesaggio e in particolare sull‟illuminazione, così da renderla protagonista; è questa una denominazione che non investe ciò che avviene all‟interno dell‟io narrante.

Racconto d’inverno è il titolo che l‟autore dà sia alla seconda redazione

dattiloscritta sia a quella apparsa nel «Giornale d‟Italia». Nel caso del racconto apparso nel quotidiano, la scelta di denominare il testo in modo così oggettivo probabilmente proviene da una spinta della redazione del giornale. È un titolo che,

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forse, vuole richiamare la tragicommedia: The Winter’s Tale di William Shakespeare e la novella di Feodor Dostoevskij, il cui titolo è stato tradotto in italiano, Racconto d’inverno.

La morte pensata, titolo dato al dattiloscritto, a differenza delle denominazioni

antecedenti, sposta l‟attenzione sull‟interiorità. Questo racconto (che costituisce la prima parte della Cena degli spiriti e si interrompe prima ancora che si inizi a descrivere il rituale funebre) spiega, infatti, ciò che l‟evento morte provoca all‟interno del protagonista. Riscontriamo la volontà di porre l‟attenzione sull‟interiorità soprattutto nelle seguenti frasi:

E la città che profondissimamente sta inabissata nell‟interno di noi, è identica in modo allucinante a quella che è venuta fuori ora in così giusto rilievo di mura abitate e di strade [...]. Non è facile restare vivi in momenti come questi e conservare coscienza [...]. Non è facile conservarsi in questo bilico tra vita e morte.18

La cena degli spiriti è il titolo che Vigolo sceglie per l‟ultima e definitiva versione

del racconto (Bompiani). Apparentemente sembra far riferimento a qualcosa di esterno e quindi oggettivo: la cena, che si rivela però essere intrisa di soggettività. Gli spiriti potrebbero, infatti, identificarsi con i fantasmi di un tempo indeterminato ancora vivi nell‟autore. Con questa denominazione Vigolo tenta quindi di fondere l‟elemento oggettivo con quello soggettivo. Nella parte conclusiva del brano lo scrittore spiega a cosa si riferisca il titolo: «È l‟estremo banchetto, la Cena degli Spiriti [...], che il Balì offre al Pontefice secondo il privilegio dell‟ordine, ma anche per la intrinseca amicizia che li legava».19

Il Convitato di pietra20 di Tirso de Molina è la prima forma importante del mito di

Don Giovanni, nel quale il protagonista, dopo aver ucciso Don Gonzalo, si prende gioco del defunto invitandolo a cena. Come emerge dagli scritti musicali vigoliani, è evidente che Don Giovanni fosse saldamente presente nell‟immaginario di Vigolo; forse lo scrittore nel banchetto tra il Balì e il Papa

18

G.VIGOLO, La morte pensata (A.R.C 16 Sez. E II/15, cc. 2/6), c. 3. 19I

D., Le notti romane, cit., p. 109. 20Cfr. T

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defunto ha voluto darne un‟eco. In seguito ci soffermeremo anche sui titoli del

Sogno delle formiche e del Plutone casareccio.