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1.4. Proposte recenti

1.4.2 La Cognitive Grammar e l’importanza della funzione comunicativa

Le proposte elaborate nell’ambito del cognitivismo condividono il principio generale secondo cui il linguaggio è plasmato dai meccanismi generali della mente, dal modo in cui il parlante organizza la lingua in base all’esperienza e ai contesti d’uso.

Bybee (2006) afferma che il linguaggio è un “complex adaptive system”, ovvero un sistema adattativo complesso, modificato dai processi cognitivi che interessano non solo il linguaggio, ma anche le altre attività cognitive. Secondo tale visione, la grammatica emerge dall’esperienza linguistica del parlante, cioè da parole e frasi concrete, in cui la struttura sintattica è legata a specifici elementi lessicali. In altre parole, le caratteristiche semantiche e grammaticali delle espressioni linguistiche sono determinate dal loro uso in contesti specifici e di volta in volta differenti. Rispetto a ciò, Bybee afferma anche che “Grammatical morphemes are always part of a construction and their meaning can only be understood as deriving from the meaning of the whole construction”, sottolineando che le proprietà

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semantiche e le marche grammaticali sono determinate dalle costruzioni in cui si collocano.

Rimanendo nell’ambito degli studi di Grammatica cognitiva, in cui si indaga la natura della grammatica e il suo rapporto con la dimensione funzionale del linguaggio, è opportuno far riferimento al linguista R. Langacker. In “Cognitive Grammar, a basic introduction” (2008), egli pone l’accento sul ruolo dei processi di immaginazione e costruzione mentale dell’esperienza, della capacità dell’essere umano di interpretare le

situazioni osservandole da più prospettive, intendendo la

concettualizzazione come mezzo primario di comprensione della realtà. Per descrivere le realtà astratte dell’esperienza quotidiana (motoria, sensoriale, emotiva) vengono utilizzati degli schemi-immagini, strutture dinamiche che tengono conto delle dimensioni spaziale e temporale e che si situano in contesti linguistici, psicologici, sociali, culturali precisi. Piuttosto che come una “autonomous mental faculty” che pone un confine netto tra conoscenza linguistica ed extralinguistica, Langacker (1987: 60, 76) afferma che le immagini costituiscono una scala progressiva. La Grammatica stessa, infatti, si situa lungo un continuum di

semanticità insieme al lessico, e identifica un “assemblaggio” di relazioni

simboliche, ovvero un’unione di strutture concettuali e strutture fonologiche. Gli elementi formali, dunque, non costituiscono entità autonome, bensì fanno parte di un continuum tra grammatica e lessico. La non-autonomia della grammatica dal lessico trova motivazione anche nel fatto che i giudizi di non-grammaticalità sono normalmente basati su

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anomalie semantiche15. Sulla stessa linea di Bybee (1995) Langacker aggiunge che un parlante può far uso di più schemas (Langacker 2008: 371), ovvero di una varietà di modelli grammaticali o costruzioni astratte, per produrre nuove espressioni in particolari situazioni. Di conseguenza, la produttività linguistica può essere inquadrata come la selezione da parte del parlante di uno schema specifico scegliendo tra un set di alternative (Langacker 2008: 95-98). Tale selezione è a sua volta influenzata anche dalla frequenza: “the larger a number of types subsumed by a particular

schema, the greater the likelihood that it will be selected to license a novel construction or expression”. Quanto più un type è frequente, dunque,

tanto più è probabile che venga selezionato e costituisca una costruzione. A proposito della concettualizzazione della realtà in schemi-immagini, Langacker ritiene che un significato è stabilito sia dal contenuto concettuale (dominio) che dalla costruzione imposta su quel contenuto. Dal momento che un significato non è mai del tutto fisso né del tutto libero ma può avere un grado di maggiore o minore centralità, o

prototipicità16, Langacker afferma che un’espressione linguistica

suggerisce una serie di domini cognitivi come base del suo significato. Tale serie è denominata matrice, che, di norma, comprende più domini, dunque può far riferimento a più tipi di esperienza (sensoriale, emotiva, motoria).

Tra tutti i domini di una matrice soltanto una parte può essere attivata in un determinato contesto, a seconda della porzione di contenuto

15 Per chiarimenti sull’argomento cfr. Langacker (2008: 371).

16 Per una definizione di prototipo, crf. Rosch, E., Cognitive Representations of Semantic Categories,

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concettuale che si vuole mettere in rilievo. Tale selezione è denominata

focusing. Trattando del focusing, Langacker parla anche di scope, vale a

dire della porzione di dominio che un’espressione suggerisce e che viene di fatto utilizzata come base per un significato. Opera una distinzione tra

maximal scope e immediate scope: la parola elbow seleziona il dominio del

corpo umano come suo maximal scope e un dominio più direttamente rilevante, cioè il braccio, come immediate scope.

Oltre al focusing, Langacker introduce il concetto di prominence (prominenza): all’interno di una categoria, un prototipo è più saliente (più prominente) rispetto alle sue estensioni. Un tipo di prominenza, che Langacker chiama profilo, è la selezione di un’entità, all’interno del contesto attivato, che una certa espressione indicherà o a cui si riferirà. Il profilo di una parola fa parte della sua struttura concettuale che “stands out as the specific focus of attention within its immediate scope” (Langacker 2008:66), vale a dire che esso risiede nella focalizzazione dell’attenzione su una substruttura, all’interno dell’immediate scope. La natura del profilo determina la categoria grammaticale di un’espressione: esso configura ciò che un’espressione designa, l’elemento focus nel contenuto da essa attivato. Il contenuto di bat (battere, mazza), ad esempio, include la concettualizzazione di qualcuno che usa una mazza di legno per colpire una pallina. Ma la sua caratterizzazione come nome o come verbo dipende se esso designa (profiles) l’oggetto di legno usato nel baseball oppure l’azione stessa di utilizzarlo. Dunque un nome è definito come un’espressione che “profila” (profiles) una cosa, laddove un verbo profila delle relazioni.

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In sintesi, la Cognitive Grammar afferma che la grammatica non è altro che un “corridoio” attraverso cui superiamo l’esperienza immediata, sensoriale e motoria, per costruire il nostro universo mentale. Esso identifica la “chiave” per permettere l’analisi concettuale, alla base del significato di un’espressione.

Anche L. Talmy (1996) identifica un concetto in linea con quello di profilo, proposto da Langacker. Egli introduce il concetto di diversa “windowing of attention” (letteralmente “finestra di attenzione”), per far riferimento alla porzione di contenuto concettuale che un verbo sottolinea. Ad esempio, se pensiamo al verbo inglese to spend ci accorgiamo che esso può dar luogo a diversi frames e di conseguenza a varie finestre di attenzione, a seconda dell’elemento concettuale che il parlante vuole sottolineare o esprimere. Di volta in volta, il parlante sceglie di esprimere i ruoli di GOODS, MONEY, GOAL, BUYER, a seconda dell’elemento su cui focalizza l’attenzione. Secondo Talmy, dunque, le varie realizzazioni argomentali sono dovute alle diverse finestre di attenzione all’interno dello stesso contenuto semantico. La serie di costrutti selezionati dal verbo restringono il suo contenuto semantico a un set di partecipanti diverso, attivato a seconda del contesto.

La Frame Analysis (Fillmore 1977) e la Cognitive Grammar (Langacker 1997) costituiscono la base per lo sviluppo di una successiva corrente teorica a cui fanno capo una serie di modelli.

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