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Tra VIII e VI secolo a.C. gruppi di uomini greci provenienti sia dalla Grecia continentale sia dalla Ionia d'Asia andarono a colonizzare varie zone attorno al bacino Mediterraneo e al Mar Nero.

La cartina sottostante mostra le varie aree colonizzate e le principali colonie e città di origine dei colonizzatori.

Per quanto la colonizzazione presentò caratteri diversi a seconda delle varie zone

128Si fa qua riferimento alla colonizzazione greca che si svolse in epoca storica, dall'VIII al VI secolo a.C., e che non va confusa con la prima ondata colonizzatrice greca che prese vita nel IX secolo a.C., quindi in epoca non storica. In questa prima colonizzazione ci fu uno spostamento dei Greci verso le coste dell'Asia Minore e la nascita, in questa zona, di tre regioni. Elencate da nord a sud le regioni sono: Eolide, Ionia e Doride. I loro nomi fanno riferimento alle diverse stirpi greche che vi si stabilirono. Nell'Eolide si stanziarono gli Eoli provenienti dalla Tessaglia e dalla Beozia. Nella Ionia gli Ioni provenienti dall'Attica e nella Doride i Dori provenienti dall'omonima Doride situata in Grecia. Per ulteriori approfondimenti sull'argomento si veda JOHN BOARDMAN, The Greek Overseas. Their Early Colinies and Trade, London 1994, pp. 22-109, 225-66, 267-82.

Illustrazione 7: Storia digitale Zanichelli Linker Mappastorica Site, “https://images.app.goo.gl/UwbvDFDWcJdmHoB99” (consultato il 30 Ottobre 2019).

geografiche, è comunque possibile individuare all'interno di questo fenomeno degli elementi comuni, a partire dal fatto che prese avvio quando nella madrepatria la polis era ancora in via di formazione e rappresentò il il contesto nel quale questo nuovo modello statale potè sperimentarsi, perfezionarsi e affermarsi. Le colonie furono dei veri e propri laboratori sociali e di pensiero, dove l'uomo greco, che si trovava lontano da casa, poteva mettersi alla prova nell'autogestione della nuova comunità e nel confronto con i suoi compatrioti e con le varie popolazioni indigene 129.

Le colonie greche, a differenza di quelle di età moderna, furono politicamente indipendenti dalla madrepatria, con la quale mantennero soltanto rapporti di natura economica e religiosa. Anche se la polis di origine forniva ai coloni navi, mezzi e informazioni, quella che nasceva era poi una città del tutto autonoma. Ciò nonostante la madrepatria rivestiva una certa importanza a livello culturale e sociale. I coloni portavano infatti con sè la loro identità locale, di cui ereditavano, in partenza, amici e nemici, dialetto, divinità, culti, abbigliamento, architettura, idiomi musicali e altro ancora. Questa eredità si mescolava poi con quella delle varie popolazioni indigene, andando ad ampliare notevolemente gli orizzonti del mondo greco130.

Il termine con il quale vennero indicate in questo periodo le colonie è apoikiai. Questo vocabolo, composto dalla preposizione απο ("lontano") e dal verbo οικέω ("abitare"), esprime già in sè l'idea del distacco dalla madrepatria ed esclude inoltre ogni intenzione di conquista131.

Le cause della colonizzazione non furono certo queste ma altre, molto varie e spesso intrecciabili tra di loro. Uno dei principali bisogni che spinse i Greci ad andare alla ricerca

129VITTORIA CALVANI e ANDREA GIARDINA, Civiltà degli antichi, Preistoria, Grecia, Roma, Editori Laterza, Roma-Bari, 1980, pp. 119-130.

130SARA PROSSOMARITI, Il secolo d'oro dell'antica Grecia, Newton Compton Editori, Roma, 2017, pp. 29-30.

di nuove terre fu la mancanza di risorse agricole, dovuta sia alla conformazione fisica della Grecia, prevalentemente montuosa e con poche e aride pianure, sia all'aumento della popolazione che si stava ora verificando dopo quattro secoli di generale impoverimento e calo demografico, i cosidetti "Dark Ages" o "Secoli Oscuri"132. Moltissime le colonie di

carattere agricolo che nacquero, soprattutto in quella che fu chiamata Magna Grecia (Italia meridionale) e in Sicilia. Solo per fare degli esempi, Cuma si sviluppò sui fertili terreni vulcanici della Campania, Catania e Lentini su quelli della Sicilia, presso le falde dell'Etna. Sull'estuario del fiume Anapo nacque Siracusa, mentre lungo la fertile costa dello Ionio furono fondate Sibari e Siri. Alcune colonie esaltarono addirittura la terra come fonte principale della loro ricchezza, è il caso di Nasso, sulle cui monete fu rappresentato un grappolo d'uva, e di Lentini, che vi raffigurò invece una spiga133. Anche il culto legato a Demetra, dea del grano e dell'agricoltura, sviluppatosi in Sicilia, mostra quanto la qualità del clima e del suolo permettesse in queste zone la nascita di fiorenti colture134.

Accanto ad esigenze di tipo agricolo, all'origine del movimento colonizzatore greco ci furono anche motivi commerciali. Varie colonie nacquero infatti in posizioni strategicamente utili a controllare le principali vie di traffico: Pitecussa, l'attuale Ischia, fu fondata lungo la via marittima che conduceva all'Etruria, terra ricca di ferro ed altri minerali. Per simili ragioni, lungo le due sponde opposte dello Stretto, furono fondate Messina e Reggio. Sulla costa francese fu fondata Marsiglia, che diffuse nell'entroterra della Spagna, della Gallia e dell'Etruria manufatti greci, soprattutto vasi, e prodotti agricoli quali olio e vino, ottenendo in cambio argento, stagno e altri minerali. Le colonie sul Mar Nero permettevano invece di importare grandi quantità di legname, del quale la Grecia era poco provvista, in quanto priva

132Si veda pagina 33.

133VITTORIA CALVANI e ANDREA GIARDINA, Civiltà degli antichi, Preistoria, Grecia, Roma, Editori Laterza, Roma-Bari, 1980, p.125.

di grandi foreste, che veniva usato sia come materiale da costruzione sia come combustibile. Non tutti gli insediamenti commerciali erano però colonie, alcuni erano semplici empori, sui quali vigeva la giurisdizione delle popolazioni indigene. È questo il caso di Naucrati, sul delta del Nilo135.

La povertà e la mancanza di risorse, che avevano spinto molti uomini greci ad andare alla ricerca di nuove terre, era poi aggravata da uno stato sociale nel quale il suolo era stato monopolizzato da poche persone. Così, una classe superiore ed economicamente improduttiva, doveva essere alimentata da una classe inferiore, che veniva sfruttata e non aveva nella madrepatria alcuna possibilità di crescita. La ricerca della fortuna e di una nuova vita fu quindi un'altro motore della colonizzazione136. Accanto ad esso un altra causa fu il sorgere nelle città di guerre interne tra fazioni rivali; gli uomini che venivano condannati dai capi dei gruppi al potere si trovavano in questo caso costretti ad abbandonare la madrepatria, così come le persone sospette di reati137.

Anche in caso di pressioni da parte di popolazioni straniere o di calamità naturali l'abbandono della terra natia risultava spesso una scelta obbligata138. Significativo è l'esempio della colonia di Cirene, in Libia, sulla cui fondazione Erodoto ci riporta una doppia versione: la prima corrisponderebbe al resoconto della madrepatria, l'isola di Thera, e la seconda a quello elaborato dalla colonia stessa. Secondo gli abitanti di Thera la causa della colonizzazione sarebbe stata una siccità durata ben sette anni che avrebbe obbligato un cospicuo numero di persone ad abbandonare l'isola, la gente di Cirene racconta invece che Batto, il fondatore della loro colonia, figlio di una principessa cretese che aveva sposato un

135V.CALVANI E A.GIARDINA, Civiltà degli antichi, cit., p.127. Per le differenze tra empori e colonie si veda anche MARIO LOMBARDO, Introduzione, in Le Colonie degli antichi e dei moderni, a cura di Moses I.Finley ed Ettore Lepore, Donzelli Editore, Roma, 2000.

136ETTORE CICCOTTI, Storia Greca, Vallecchi Editore, Firenza, 1922, pp. 65-66. 137E.HALL, Gli antichi greci, cit., p.84.

uomo di Thera, sarebbe stato costretto ad abbandondare la madrepatria dopo essere stato esiliato con l'accusa di aver causato la lunga siccità139. Nel racconto riportato da Erodoto si intrecciano dunque due delle tante cause motrici della colonizzazione greca, la calamità naturale e la lotta tra fazioni, a riprova di quanto il quadro delle cause sia più che mai intricato. Al di là della varietà delle cause è tuttavia possibile riscontrare un fattore comune alle varie imprese coloniali: l'irradiazione via mare.

In questo periodo «l'attrazione verso il mare, che era nella tradizione e si potrebbe ormai dire nel sangue del popolo greco – il popolo che già poteva vantare il più interessante, più drammatico, più vario e più popolare poema marinaro – ebbe nuovo e più vivido impulso; e fu una irradiazione verso i punti più lontani e più opposti, alla ricerca della vita o della fortuna140».

Ovunque si stanziassero i greci restavano sempre a contatto con il mare, che rimaneva il loro mezzo di comunicazione e commercio preferito ma al contempo anche una comoda via di fuga. Se andiamo ad analizzare i luoghi di fondazione delle varie colonie vediamo che per la maggior parte queste non venivano mai a trovarsi a più di 40 km dal mare e, se mai si trovavano a una distanza maggiore, mantenevano comunque rapporti con la costa141. Esemplare a tal proposito è la celebre descrizione fatta da Platone nel Fedone che paragona i greci stanziati intorno al Mediterraneo a formiche e rane che abitano intorno a uno stagno. «Noi, che abitiamo dal Phasis [il fiume Rioni, nell'attuale Georgia] sino alle colonne d'Eracle, ne [della terra] occupiamo soltanto una piccola parte, abitando intorno al mare, come formiche o rane intorno ad uno stagno142».

Questo passo, oltre a mettere in luce l'importanza del mare per i greci, fa riflettere sul fatto

139ERODOTO, Storie, IV 147-159. 140E.CICCOTTI, Storia greca, cit., p.66. 141E.HALL, Gli antichi Greci, cit., pp. 4-5.

che il rapporto che un uomo greco dell'epoca di Platone aveva con il mondo geospaziale che lo circondava doveva essere estremamente diverso da quello che poteva suscitare la mappa delle navi nel Catalogo delle Navi143 dell'Iliade. In questi secoli infatti c'era stato un grande ampliamento di orizzonti, per l'aumento delle comunità in cui i greci vivevano e dei gruppi che vi incontravano.

Le principali notizie che abbiamo sulla colonizzazione greca e la storia politica delle colonie non ci giungono da contemporanei, bensì dai due storici greci antichi del V secolo a.C., Erodoto e Tucidide. Ad essi si aggiungono frammenti pervenuti dalle opere di Antioco di Siracusa e di Eforo di Cuma, altri due storici antichi, vissuti il primo nel V secolo a.C. e il secondo a cavallo tra il V e il IV secolo a.C.

Per il IV e il III secolo a.C. abbiamo le notizie, seppure scarse, riportate da Filisto di Siracusa (IV secolo a.C. che scrisse una Storia della Sicilia), Lico di Reggio (visse tra il IV eil III secolo a.C.) e Timeo di Tauromenio (visse a cavallo tra il IV e il III secolo a.C.). Più tarde invece sono le notizie riportate da Dionigi di Alicarnasso (Alicarnasso, 60 a.C. circa – 7 a.C.), Diodoro di Siracusa (Agyrium, 90 a.C. - 27 a.C. circa) e dal geografo Strabone (Amasea, ante 60 a.C. - probabilmente Amasea, tra il 21 e il 24 d.C.). Ci sono infine le digressioni degli storici di età imperiale quali Livio, Plinio, Pausania, Giustino fino a Stefano di Bisanzio144. I rinvenimenti archeologici hanno poi confermato o precisato i dati ricavabili dalle fonti letterarie e messo in luce molte importanti dinamiche interne al processo di colonizzazione, come la fondazione di una colonia, che avveniva nel segente modo, come

143Il Catalogo delle navi è un passaggio del secondo libro dell'Iliade che elenca i contingenti achei giunti in nave a Troia. Per ogni contingente è indicato il nome del comandante e il luogo di provenienza. Quella che ne viene fuori è una mappa nella quale il mondo greco è limitato alla sola Grecia e Asia Minore ed è quindi ben diverso dallo stagno, inteso come intero bacino mediterraneo, di cui parla Platone nel Fedone. Si veda OMERO, Iliade, II, 494-759.

144Vedi EMILIA PETTORELLI, Fonti per la storia della colonizzazione greca nel Mediterraneo occidentale, R.Pàtron, Bologna, 1962.

sintetizzato dalla Hall145: il gruppo di coloni sceglieva un capo per la spedizione, l'ecista, dal greco οικιστής, fondatore, che guidava la prima fase della colonizzazione. Questi era a volte un personaggio storicamente documentabile, spesso di origine aristocratica, altre volte un eroe mitico. In entrambi i casi era possibile che diventasse oggetto di culto e gli venisse attribuito un heroon146, come nel caso di Megara Hyblaea147 e Poseidonia148. L'ecista era responsabile della trasmissione delle tradizioni civili e religiose della madrepatria e, infatti, la fondazione di una colonia aveva carattere sacro. Prima di partire, egli consultava un oracolo (per esempio quello di Apollo a Delfi o quello di Dodona), dal quale riceveva la meta della spedizione e informazioni sulla sorte del viaggio. Poi c'erano i preparativi per la partenza. Venivano caricati sulle navi: armi, cibo, arnesi da lavori e altri mezzi di sostentamento e venivano esposti i simboli delle divinità e della madrepatria. Prima di imbarcarsi i coloni, di solito un piccolo gruppo di uomini, andavano sull'acropoli per fare riti sacrificali, mentre il sacerdote della spedizione attingeva il fuoco sacro dal focolare della dea Hestia149. Questo fuoco era mantenuto vivo durante il viaggio e depositato nel pritaneo

della nuova colonia. Una volta arrivati a destinazione, i coloni delimitavano con un solco lo spazio dove doveva essere fondata la città e l'ecista, con l'aiuto degli agrimensori150, divideva la terra in lotti e la spartiva tra i vari partecipanti della spedizione. Veniva poi creato uno spazio pubblico, l'agorà, e uno sacro, dedicato ai templi.

145E.HALL, Gli antichi Greci, cit. pp. 81-86.

146L'heroon (dal greco ηρωον) è un santuario monumentale eretto per un eroe. Nell'antica Grecia ha solitamente una pianta circolare ed è coperto da una pseudo-cupola. È per lo più costruito sotto terra, privo di pilastri di sostegno e costituito da grosse pietre squadrate disposte in file circolari concentriche e chiuse in alto da una lastra.

147Colonia siciliana fondata dai megaresi nel 728 a.C. È Tucidide che ci parla del suo mitico ecista, Lamis. TUCIDIDE, Guerra del Peloponneso, VI, 3-4.

148L'attuale Paestum, fondata verso la metà del VII secolo a.C.

149Hestia, figlia di Crono e Rea, era la dea vergine della casa e del focolare. Il suo simbolo era il cerchio e la sua presenza era avvertita nella fiamma viva posta nel pritaneo, il braciere circolare nel tempio di ogni divinità, il cui fuoco non doveva spegnersi mai.

150Coloro i quali si occupano dell'agrimensura, ovvero di determinazioni relative ad appezzamenti di terreno.

A volte l'insediamento nelle nuove terre avveniva in modo pacifico, altre volte si verificavano scontri con le popolazioni locali, che determinavano spesso la distruzione dei centri indigeni, grazie alla più avanzata organizzazione militare dei greci, che gli permetteva di compensare un numero di uomini più scarso.

Colonie come Cuma, Locri, Siracusa sorsero a seguito di guerre con le popolazioni autoctone, mentre città come Megara Hyblaea furono il risultato di una pacifica integrazione tra greci e indigeni, riscontrabile già dal nome di questa colonia, nel quale Megara ricorda la madrepatria e Hybaea il re siculo Hyblon che concesse pacificamente le sue terre ai coloni151. Le diverse risposte dei popoli locali rispecchiano le varietà del quadro etnografico delle zone colonizzate e dello stesso mondo greco. L'incontro con le poleis greche determinava in alcuni casi un'accelerazione nel processo di formazione di alcune comunità indigene, che si dotavano, al pari dei greci, di forme di gestione autonoma e di autocoscienza. Questo processo era intensificato dal fatto che gli indigeni potevano entrare nella compagine sociale delle città greche tramite matrimoni, rapporti di lavoro subalterni e prestazioni mercenarie. Così, in particolare le classi aristocratiche locali, assimilavano culti e usanze greche, lo dimostrano i corredi delle ricche tombe principesche indigene, con vasi da banchetto e armi decorate di tipo greco. Dall'altro lato anche i greci furono influenzati da usi e costumi indigeni152.

151ALBERTO SIRACUSANO, Sicani e Greci a confronto. La ceramica indigena di Monte Saraceno e il processo di ellenizzazione, in Quaderni di Archeologia dell'Università di Messina, Messina, 2001, pp. 29-51; EMANUELE GRECO, La Magna Grecia: la cultura greca e il milieu italico, in Greek Archaeology without Frontiers, Atene, 2002, pp. 197-207.

152In generale su questi temi si veda ROSA MARIA ALBANESE PROCELLI, Sicani, Siculi, Elimi. Forme di identità, modi di contatto e processi di trasformazione, Milano, 2003 e GOCHA TSETSKHLADZE, The Greek Colonisation of the Black Sea Area, Franz Steiner Verlag, Stoccarda, 1998.

Magna Grecia e Sicilia

I rapporti del mondo greco con quello del Mediterraneo centro-occidentale non cominciarono nel periodo della colonizzazione ma già in epoca micenea. Furono la ricerca di materie prime, quali metalli e ossidiana, e la naturale vocazione dell'uomo greco a viaggiare per mare a spingerlo ad avventurarsi nel bacino Mediterraneo. Numerosi materiali archeologici rinvenuti in Italia, in particolare ceramiche, documentato contatti con i Micenei risalenti alle prime fasi di questa civiltà (XVI-XV secolo a.C.). Lucia Vagnetti nel 1999 ci ha fornito un elenco di ben 78 siti italici che ci hanno restituito materiale miceneo: si va dalla isole Eolie, all'arcipelago flegreo, dalla Puglia adriatica alla Calabria ionica, fino alla Sicilia meridionale153, dato che attesta una presenza commerciale micenea intensa e massiccia in

questo periodo154.

Nel periodo di massimo potere e spelendore dei palazzi micenei (XIV-XIII sec. a.C.) si intensificarono ancora di più i rapporti con l'Occidente italico. Non furono ancora creati veri e propri stanziamenti coloniali ma mercanti e artigiani itineranti provenienti dall'Egeo si stabilirono in centri indigeni costieri di notevole importanza sia a livello di materie prime sia a livello di posizione. I greci cominciarono così a influenzare le culture locali preesistenti e a loro volta si fecero influenzare da esse. La penisola italiana era abitata da popolazioni indigene. Cominciando dai siti più a nord, ricordiamo che per la Campania le fonti letterarie ci tramandano i nomi degli Enotri, stanziati nel versante tirrenico e nel Metapontino, e degli Opici, che abitavano nell’interno, mentre nell’area costiera tra Capua e Pontecagnano e nel Vallo di Diano è documentata la presenza di genti di cultura

153LUCIA VAGNETTI, The complex Past of Pottery. Mycenaean Pottery in the Central Mediterranean: imports and local production in theri context, Proceedings of the ARCHON international conference, Amsterdam, 1999.

154Si veda LUCIA VAGNETTI, Primi contatti fra il mondo minoico-miceneo e il Mediterraneo occidentale, in Giovanni Pugliese Carratelli, I Greci in Occidente, Bompiani, Milano, 1996, pp.109-16.

villanoviana155. Nella Puglia erano insediati popoli di origine illirica, noti complessivamente con il nome di Iapigi, articolati in Dauni nella zona nord, Peucezi nell’area centrale e Messapi nel Salento. I Choni occupavano la zona della Siritide e di Crotone. Tre gruppi etnici erano stanziati nella Sicilia: nella parte orientale i Siculi, che abitavano anche l’area di Locri in Calabria; gli Elimi a nordovest e i Sicani nella zona centrale e sud-orientale dell’isola156.

A partire dal XI secolo a.C. i rapporti dei greci con l'Occidente italico si diradarono fino forse a scomparire del tutto nel periodo del Medioevo ellenico157. Ma tra la fine del IX secolo

a.C. e l'inizio dell'VIII secolo a.C., quindi prima della colonizzazione vera e propria, gli storici hanno ipotizzato una fase di precolonizzazione, dove non ci furono spedizioni condotte da poleis ma da singoli esploratori e mercanti. Questi nuovi contatti sono testimoniati da ceramiche di tardo stile geometrico di provenienza euboica, cicladica e corinzia rinvenute in Italia. A questa fase risalirebbero anche i primi empori greci italici. I viaggi dei mercanti nella fase cosiddetta di precolonizzazione furono importanti per la conoscenza delle rotte, dei caratteri delle popolazioni e della geografia dell’Occidente, verso cui si diressero le prime vere spedizioni coloniali che cominciarono nel VIII secolo a.C.158 C'è da dire che prima della fondazione delle colonie, l’idea che i Greci avevano dell’Occidente era avvolta in un alone di leggenda159. La memoria dei traffici dell’età

micenea, la conoscenza delle rotte e dei territori attraverso i racconti dei mercanti e dei primi

155La cultura villanoviana è una facies della prima età del Ferro e rappresenta la fase più antica della civilità etrusca.

156Si veda J.P.DESCOEUDRES, Greek Colonists and Native Populations. Proceedings of the First Australian Congress of Classical Archaeology Held in Honour of Emeritus Professor A.D.Trendall, Sindney, Canberra-Oxford, 1990 e S.BIANCO, A.BOTTINI e A.PONTRANDOLFO, I Greci in Occidente. Greci, Enotri e Lucani nella Basilicata Meridionale, Electa Napoli, Napoli, 1996.

157Si veda pagina 33.

158Sulla precolonizzazione si veda LUCA CERCHIAI, LORENA JANNELLI e FAUSTO LONGO, Città greche della Magna Grecia e della Sicilia, Arsenale Editore, Verona, 2007, pp. 8-20.

159 Sulla mitizzazione dell'Occidente si veda BRUNO D'AGOSTINO, L'esperienza coloniale nell'immaginario mitico dei Greci, Catalogo dell mostra, Milano, 1996, pp. 209-14.

esploratori delle coste italiane e il potere evocativo dei paesaggi ispirarono storie mitiche. In

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