• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 1: LE EMOZIONI NELLA NOSTRA VITA

1.3 Comunicare le emozioni

1.3.2 La comunicazione non-verbale delle emozioni

Nella comunicazione le parole rivestono sicuramente un ruolo importante: esse sono infatti il primo aspetto che viene curato da un oratore che si accinge a tenere un discorso davanti a una platea. Tuttavia, oltre a quello verbale, esiste un altro sistema di significazione e di segnalazione, cosiddetto non-verbale. Tale sistema coinvolge, oltre all’udito, anche la vista e il tatto, nonché l’olfatto e il gusto. Come suggerisce il termine stesso, anche conosciuto sotto il nome di “comunicazione extra-linguistica”, esso si riferisce a quella branca dell’interazione umana che va oltre alle parole. Come avremo modo di dimostrare, la comunicazione non-verbale abbraccia un insieme alquanto eterogeneo di processi comunicativi, che vanno dalla mimica facciale, ai gesti, allo sguardo, alla concezione dell’individuo dello spazio e del tempo, per giungere fino alla postura, all’abbigliamento, al trucco e al profumo34

.

Il famoso antropologo Edward Sapir affermò che la comunicazione non-verbale è un “elaborate and secret code that is written nowhere, known by none, and understood by all” (1927: 556). In effetti, la comunicazione non-verbale, per quanto possa sembrare meno incisiva di quella verbale, per via della solidità conferitagli dalle parole, al contrario, occupa una parte della comunicazione da non sottovalutare.

Nelle pagine a seguire verranno passati in rassegna i sistemi della comunicazione non-verbale, individuati da Anolli come principali: il sistema cinesico, il sistema prossemico e aptico, e il sistema cronemico. Occorre precisare che ciascuna delle aree della comunicazione non-verbale costituisce un ambito specifico d’indagine.

34

Questi ultimi tre elementi possono influire positivamente o negativamente, ad esempio, sul risultato di un colloquio di lavoro. Come afferma Bove in riferimento alle dinamiche che si sviluppano durante le prime battute di un’interazione, infatti, in una tale situazione “[...] tendiamo istintivamente a considerare come decisivi, per lo sviluppo di una relazione efficace, aspetti sicuramente non-verbali come l’abbigliamento, la cura del corpo, il profumo gradevole, ed in definitiva tutto quello che, riferito al nostro interlocutore, definiamo come ‘buona impressione’” (2011: 529).

30

Vi sono aree in cui si sono fatti notevoli passi avanti, come lo studio della mimica facciale e dei gesti; altre aree invece sono ancora agli inizi, come la prossemica, l’aptica e la cronemica. Anche se negli ultimi anni è stata realizzata una mole enorme di ricerche, “lo studio della CNV rimane tuttora in una fase incipiente, data la complessità degli argomenti da indagare”; infatti, “non sono state ancora individuate né teorie soddisfacenti né categorie esplicative esplicite” (Anolli 2006: 207).

Ciononostante, partendo dal materiale a nostra disposizione, riteniamo sia importante dedicare qualche riga alla comunicazione non-verbale: in primo luogo, perché essa è parte integrante della comunicazione, in quanto sistema che concorre, a pieno titolo, “alla costruzione e trasmissione dei significati all’interno di un’articolazione complessa e sinergica”; in secondo luogo, perché essa svolge una determinata funzione relazionale, indispensabile per “la genesi e l’alimentazione della rete di relazioni entro la quale ogni soggetto si trova a vivere”. Infine, perché essa “più del linguistico, coinvolge gli aspetti affettivi ed emotivi35”, oggetto di analisi del presente elaborato.

1.3.2.1 Il sistema cinesico

Il sistema cinesico indaga la mimica e la gestualità, vale a dire i movimenti del corpo, del volto e degli occhi.

Tali movimenti forniscono all’interlocutore una fonte inesauribile di indizi: il modo in cui le persone gesticolano, si guardano, oppure i mutamenti espressivi della muscolatura facciale, che accompagnano l’emissione di parole, costituiscono dei supporti molto forti riguardo l’intesa e il significato di ciò che le persone si stanno comunicando. Citando le parole di Anolli, è possibile infatti affermare che i nostri movimenti “non sono soltanto strumentali per compiere determinate azioni”, ma implicano anche “la produzione e la trasmissione di significati propri36”, di sfumature comunicative che possono veicolare un determinato carico emotivo. Si pensi, a titolo d’esempio, a una tenera carezza, a un’espressione imbronciata del volto o alla meraviglia espressa da due occhi sbarrati.

35

Anolli, op. cit., p. 241.

36

31

1.3.2.2 Il sistema prossemico e aptico

Nel panorama della comunicazione non-verbale, il sistema prossemico e quello

aptico rappresentano i cosiddetti “sistemi di contatto37”.

La prossemica concerne “la percezione, l’organizzazione e l’uso dello spazio, della distanza e del territorio nei confronti degli altri38”. Essa è interpretabile come un’evoluzione del comportamento territoriale degli animali e mostra che la disposizione dei corpi nello spazio fisico può avere valore comunicativo: basti pensare, ad esempio, al fatto che se tra due persone c’è una relazione intima, esse tendono a ridurre al minimo la distanza tra di loro; al contrario, tenere qualcuno a distanza vuol dire che la relazione interpersonale con quell’individuo è stata in qualche modo incrinata, oppure che nei suoi confronti si nutrono emozioni negative come ostilità, antipatia o disprezzo. L’aptica si spinge invece oltre alla mera percezione del corpo nello spazio e mobilita l’esperienza sensoriale del tatto: essa, infatti, “concerne le azioni di contatto corporeo nei confronti degli altri”. Si tratta di uno dei bisogni fondamentali della specie umana dato che “comporta un prolungato contatto fisico [...] che serve a mantenere le relazioni di affiliazione, di dominanza e di sottomissione39”, aspetti estremamente importanti per l’uomo in quanto animale sociale40

.

1.3.2.3 Il sistema cronemico

Il sistema cronemico, come suggerisce il termine stesso, introduce nel panorama della comunicazione la variabile tempo (dal greco cronos). Più precisamente, tale sistema “concerne il modo in cui gli individui percepiscono e usano il tempo per organizzare le loro attività e per scandire la propria esperienza41”.

Anolli propone la distinzione tra “culture veloci” e “culture lente”. Le prime sono caratterizzate da un alto grado di industrializzazione, dal benessere economico, da condizioni climatiche fredde, dall’orientamento all’individualismo e al successo, nonché 37 Ivi, p. 232. 38 Ibid. 39 Ivi, p. 234. 40

Cfr. §1.2 Le funzioni delle emozioni.

41

La concezione umana del tempo è influenzata dai ritmi circadiani, che riguardano “i cicli fisiologici e psicologici del soggetto nel periodo delle 24 ore, come l’alternanza sonno-veglia. Vi sono cicli infradiani (con un ciclo superiore a un giorno, come il ciclo mestruale) e cicli ultradiani (con diversi cicli al giorno, come il ritmo respiratorio)” (ivi, pp. 235-236) [corsivo nostro].

32

da un’elevata densità della popolazione. Esse hanno una prospettiva temporale orientata al futuro, qualificata dalla pianificazione di un traguardo a medio e lungo termine. Tali vincoli temporali spingono gli individui alla monocronia, ovvero a una scansione del tempo che prevede di realizzare un’attività per volta a ritmi sostenuti, una concezione perfettamente in linea con il detto “il tempo è denaro”. Le seconde, per contro, sono caratterizzate da un basso grado di industrializzazione, da una situazione economica sfavorevole, da condizioni climatiche calde, dall’orientamento alla collettività e all’armonia, nonché da una bassa densità della popolazione. Esse hanno una prospettiva temporale orientata al passato (alla tradizione) e al presente, senza l’esigenza di pianificare traguardi a lungo termine. La mancanza di serrati limiti temporali e la conseguente assenza della necessità di suddividere e pianificare in maniera eccessiva il proprio lavoro, consente agli individui di svolgere diverse attività contemporaneamente: questa concezione del tempo prende il nome di policronia.

Per quanto la cronemica sia ancora agli inizi come area di ricerca della comunicazione non-verbale, è possibile comunque, in conclusione, affermare che la percezione del tempo è una variabile che influisce sensibilmente sulla vita degli individui, nonché sul modo in cui essi si relazionano con gli altri ed esprimono emozioni e stati d’animo.

Documenti correlati