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La confusione del consumatore nel mercato turistico online

Capitolo 3 IL MERCATO TURISTICO ONLINE

3.5. La confusione del consumatore nel mercato turistico online

A conclusione del capitolo, si è ritenuto opportuno inserire un’ultima sezione che riunisca parte del primo e del terzo capitolo dell’elaborato, trattando la reazione del consumatore di fronte alle informazioni presenti online relativamente al mercato turistico.

Le caratteristiche influenti

Come già menzionato in più occasioni, la diffusione di Internet e lo sviluppo del mercato online hanno avvantaggiato la ricerca del consumatore, rendendo disponibile un numero sempre maggiore di informazioni, permettendo di confrontare le diverse offerte, ottenere senza sforzo informazioni aggiornate e interagire con altri consumatori. Nonostante ciò, è anche possibile che i consumatori si sentano sopraffatti e confusi dall’elevata quantità di informazioni a cui sono esposti (Lu et al., 2016). In questo caso, con “confusione” si fa riferimento all’insuccesso del consumatore nell’interpretare correttamente le varie caratteristiche di un prodotto o servizio durante il processo di ricerca di informazioni (Turnbull et al., 2000).

Lu et al. (2016) sostengono che tale possibilità venga condizionata dalle caratteristiche personali dell’individuo; è infatti meno probabile che soggetti che si impegnano maggiormente nella ricerca ed elaborazione di informazioni sperimentino tale confusione. In particolare, vengono evidenziate tre caratteristiche influenti: l’orientamento all’apprendimento (learning orientation), ovvero la misura in cui l’individuo desidera acquisire nuove informazioni; il bisogno di conoscenza (need for cognition), che diversamente fa riferimento al grado in cui il soggetto è incline a svolgere attività cognitive complesse; e la consapevolezza rispetto al prezzo (price consciousness), ovvero la tendenza a cercare il minor prezzo possibile per qualsiasi bene di cui si stia considerando l’acquisto. È dunque possibile ipotizzare che un consumatore che possieda almeno una tra queste tre caratteristiche sarà probabilmente meno confuso dalle informazioni reperite online, rispetto a un individuo che non le possieda. Lo studio di Lu et al. (2016) ha dimostrato che tale affermazione trova riscontro nel mercato

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turistico online soprattutto per quanto riguarda le caratteristiche di price

consciousness e need for cognition.

Le tipologie di confusione

Per quanto riguarda la confusione in sé e per sé, tradizionalmente ne sono state identificate tre diverse tipologie. La prima, chiamata similarity confusion, viene definita come una mancanza di comprensione e potenziale alterazione della scelta di un consumatore, oppure una valutazione errata di un brand, causata dalla percezione di somiglianza tra diversi prodotti o servizi (Mitchell et al., 2004). Nell’ambito delle ricerche online, tale confusione può emergere qualora un individuo navighi su svariati siti estremamente simili oppure legga troppe informazioni analoghe. Considerando il settore turistico, ciò può essere tradotto nella confusione generata dalla consultazione di diverse OTA in riferimento alla medesima ricerca; ad esempio, si è già discusso in precedenza della struttura pressoché identica dei siti web di Expedia, Orbitz e Travelocity.

L’overload confusion rappresenta la seconda tipologia considerata. Mitchell et al. (2004) riconoscono che questa corrisponda alla mancanza di comprensione causata dal fatto che il consumatore venga a confrontarsi con un ambiente estremamente ricco di informazioni, senza però avere il tempo necessario a processare tali informazioni in modo da comprendere completamente – e sentirsi sicuro – nella situazione d’acquisto. In altri termini, può essere causata dall’esagerata quantità dei mezzi di comunicazione utilizzati (siti web, e-mail, pubblicità) e delle informazioni a cui vengono esposti i consumatori. Inoltre, il design dei siti web può contribuire a sua volta, in quanto una disposizione troppo concentrata di informazioni in uno spazio limitato può dar luogo a confusione. Infine, Mitchell et al. (2004) identificano l’ultima tipologia come unclarity confusion (o ambiguity confusion in Lu et al., 2016), definendola come una mancanza di comprensione in cui il consumatore viene costretto a riconsiderare le convinzioni già esistenti riguardo a prodotti o contesti d’acquisto. Gli autori sostengono che l’ambiguità sia uno stato transitorio, in cui le convinzioni preesistenti vengono indebolite dall’acquisizione di nuove informazioni (vere o false che siano), ma in cui le nuove convinzioni non sono ancora state completamente formulate. Questo tipo di confusione può occorrere nel caso in cui un individuo metta in discussione

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l’affidabilità di un business online, anche a causa di informazioni o prezzi poco chiari (ad esempio, in alcuni casi non è chiaro se i prezzi includano o meno l’IVA); oppure può essere generata dalla presenza di informazioni contrastanti in riferimento al medesimo prodotto.

Le conseguenze della confusione

Trovandosi in una situazione di confusione, il consumatore tenterà verosimilmente di risolvere il problema per poter portare a termine il processo decisionale (ed eventualmente d’acquisto). Dallo studio di Mitchell e Papavassiliou (1997) sono emerse le strategie generali di riduzione della confusione maggiormente utilizzate dai consumatori: non fare niente, rimandare o abbandonare l’acquisto, chiarire l’obiettivo, condividere o delegare la decisione, ridurre il numero di alternative, cercare ulteriori informazioni.

Tale suddivisione rappresenta in maniera chiara e concisa le possibili conseguenze a una situazione di confusione. Tuttavia, in accordo con Lu et al. (2016), si ritiene che la prima strategia (ovvero, non fare niente) non debba essere considerata una vera e propria strategia di riduzione della confusione, in quanto in tale situazione la problematica non viene affrontata ma semplicemente ignorata. Ugualmente, si ritiene appropriato suddividere la seconda categoria in due categorie distinte: rimandare l’acquisto e abbandonare l’acquisto. Così facendo, anche la scelta di rimandare l’acquisto può essere esclusa dalle strategie effettive, in quanto rimandando l’acquisto il consumatore si limita a rimandare il momento in cui dovrà adottare una delle strategie concrete di riduzione della confusione.

Avendo operato una scrematura dell’elenco originario, si andrà ora a considerare le rimanenti cinque strategie, in riferimento alle quali Mitchell e Papavassiliou (1997) evidenziano che nella realtà i consumatori tendono a non focalizzarsi su una strategia in particolare, ma ne adottano diverse combinandole tra loro in ordine vario. Innanzitutto, una delle reazioni probabilmente più drastiche che un consumatore possa avere è abbandonare l’acquisto. Questa strategia viene adottata principalmente nel caso di acquisti occasionali o per i quali il soggetto sia poco coinvolto. Si tratta, inoltre, della situazione più critica per un business in

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quanto implica non soltanto una mancata vendita, ma anche una mancata potenziale fidelizzazione del cliente.

Chiarire l’obiettivo d’acquisto implica che il consumatore debba valutare se l’acquisto possa soddisfare o meno i propri bisogni e aspettative, e spesso questa strategia viene adottata congiuntamente alla ricerca di ulteriori informazioni. In ambito turistico, ad esempio, qualora un soggetto debba scegliere una destinazione di viaggio tra diverse opzioni, potrebbe decidere di cercare ulteriori informazioni in merito a ognuna di esse per poterle confrontare e stabilire quale risponda meglio alle proprie necessità.

La terza strategia, “condividere o delegare l’acquisto”, fa riferimento a un individuo confuso che include terze parti nella decisione (familiari, amici ecc.). Lu et al. (2016) sottolineano che questa strategia possa essere d’aiuto qualora i soggetti interpellati abbiano esperienza in materia e possano fornire validi consigli; in caso contrario, informazioni fuorvianti o suggerimenti insensati potrebbero confondere ulteriormente il consumatore e bloccare il processo. La strategia utilizzata con maggiore frequenza nel caso di overload confusion consiste nel ridurre il numero di alternative (Mitchell e Papavassiliou, 1999). Può risultare utile, durante il processo decisionale, al fine di eliminare le alternative che non rispondano ai criteri di valutazione selezionati. Dal punto di vista della ricerca di informazioni turistiche online, sovente l’utilizzo di questa strategia implica che il consumatore propenderà per siti web e fonti informative a lui familiari (Lu et al., 2016).

Infine, è possibile affermare che la ricerca di ulteriori informazioni sia la strategia generalmente più diffusa, sebbene la qualità delle informazioni possa fare la differenza (Lu et al., 2016). Infatti, se le nuove informazioni risultano contraddittorie e poco chiare, ciò potrebbe generare una confusione addirittura maggiore nel consumatore. Si ribadisce, pertanto, l’importanza per le organizzazioni che operano online di presentare le informazioni in maniera chiara e coerente.

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