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LA CYBERPOLITICA NELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI:

Per la prima volta nella storia dell’umanità, processi globali stanno oltrepassando i confini del sistema statale con modalità volubili e penetranti. Il risultato di ciò, è che le tradizionali regole di condotta e strategie di risposta, sono in contrasto con gli emergenti e mutevoli parametri empirici. Questa disgiunzione rappresenta un’importante caratteristica della realtà contemporanea.

Tra le eredità internazionali del ventesimo secolo, centrali sono la fine della Guerra Fredda e l’ascesa degli Stati Uniti come unica grande potenza. Un’altra è la crescita senza precedenti nel numero di stati sovrani, soprattutto come risultato del processo di decolonizzazione, della caduta dell’Unione Sovietica e dell’esito di guerre civili, tutti in grado di

esprimere le proprie rivendicazioni all’interno della comunità

aspirazioni politiche, che competono per ottenere risorse e influenza su scala globale. Inoltre, la proliferazione delle istituzioni internazionali con mandato di facilitare sviluppo e sostenibilità ha fatto sì che queste potessero essere legittimate a estendere la propria influenza nella struttura dello stato, molto profondamente, soprattutto nelle regioni in via di sviluppo. Le istituzioni internazionali inoltre, tentano di ricorrere al potere e all’influenza del settore privato con nuove metodologie sempre più pervasive.

I ben conosciuti modelli, generalmente caratterizzati da relazioni di potere gerarchiche, come strutture bipolari, multipolari o unipolari, sono stati sostituiti, da una nuova configurazione strutturale caratterizzata dalla diffusione del potere, asimmetrie e una gerarchia relativamente debole.

La possibilità diffusa di accedere al cyberspazio ha reso i cambiamenti ancora più incisivi, contribuendo a stravolgere il panorama internazionale al quale eravamo abituati, e mescolando i fattori che dominano la politica e le relazioni di potere.

Da affrontare, prima di tutto, ci sono le nuove sfide alla sicurezza nazionale, con nuove fonti di vulnerabilità (cyber threats), nuove dimensioni della sicurezza nazionale (cyber security) e nuove sorgenti di paura e incertezza.

Attori più deboli riescono a influenzare e addirittura minacciare attori più forti, testimonianza questa, delle nascenti asimmetrie nel sistema e del possibile cambiamento radicale delle regole e della natura del campo da gioco. La proliferazione di attori con profilo internazionale contribuisce ad approfondire il senso d’incertezza e ambiguità del sistema. Tra questi stanno acquisendo importanza crescente, le istituzioni per il cyber management, entità private che oltre a svolgere il loro compito istituzionale, concorrono a generare nuove forme di contesa.

Un altro fenomeno in crescita è l’interconnessione politica tra i domini virtuali e reali, esempi paradigmatici sono il Patriot Act, in risposta degli eventi dell’undici Settembre, e la vicenda Wikileaks del 2010.

Le differenti tipologie di cyber conflitto minano e creano nuove minacce alla stabilità e integrità del sistema statale. Allo stesso tempo, commisurate iniziative di cyber cooperazione e collaborazione prendono forma, parzialmente in risposta alle nuove manifestazioni di conflitti nell’arena virtuale, ma anche guidate dal consolidamento di interessi su particolari obiettivi comuni nel sistema internazionale. Le iniziative più pervasive, ampiamente descritte nei capitoli precedenti, sono quelle che portano a collaborare per un’agenda globale nell’ottica di uno sviluppo sostenibile.

L’individuo ha potenziato la sua visibilità e le sue capacità, sia quando opera singolarmente, sia quando lo fa organizzato in gruppi, riuscendo a manifestare la sua influenza trasversalmente in tutti gli altri livelli di analisi: lo stato, il sistema internazionale e il sistema globale.

Lo stato rimane ancora concettualmente l’unità base del sistema internazionale, ma la politica del cyberspazio lo pone in una situazione senza precedenti. La sua sicurezza è ostaggio di diversi fattori non più calcolabili con un approccio teorico tradizionale. Dopo alcuni anni di stasi e incertezza, anche la seconda immagine del sistema internazionale ha iniziato il suo processo di adattamento sviluppando e impiegando nuovi strumenti di controllo e di organizzazione, proprio grazie ai nuovi strumenti della cyberpolitica, anche nel governo e nell’amministrazione, inserendo nella routine, la distribuzione di servizi sociali nell’arena virtuale. Molti governi hanno iniziato a usare il cyberspazio per esercitare il proprio potere, aumentare la propria influenza e raggio d’azione, istituendo peculiari strumenti sanzionatori e di deterrenza.

Come specificato più volte, il sistema internazionale, include attori ed entità emancipati dallo stato, un’alta densità di elementi decisionali e strutture organizzative per la gestione di Internet. La governance internazionale, si sta interessando in maniera consistente alle forniture di

beni pubblici a livello globale, stimolando e facilitando l’approvvigionamento di conoscenza anche nei paesi più piccoli, remoti e meno sviluppati, impiegando la leva potentissima dell’accesso al cyberspazio.

Il ventunesimo secolo è anche il secolo della forte politicizzazione della quarta immagine delle Relazioni Internazionali, il sistema globale. In quest’ottica l’uso del cyberspazio per perseguire obiettivi globali, principalmente attraverso istituzioni internazionali, fa sorgere nuove attese e segnali di convergenza intorno alla nozione di società civile globale e sul concetto di responsabilità civile globale. Contemporaneamente persistono spinte in controtendenza, verso un cyberspazio caotico che rafforza l’anarchia globale.

Oggi è impossibile anticipare con certezza come evolverà la struttura della cyberpolitica nel futuro, le direzioni percorribili possono essere sintetizzate in quattro modelli di riferimento di cui è riportata una raffigurazione grafica in figura 7.1.

Il primo modello rappresenta un futuro basato su un elevato controllo di sovranità in una situazione di elevata conflittualità internazionale. Potenziali canditati sostenitori di questo modello sono paesi come l’Arabia Saudita, Myanmar, la Corea del Nord e la Cina.

Il secondo cyber futuro rappresenta un mondo caratterizzato da un alto livello di violenza e conflittualità, in assenza di alcun controllo di sovranità o autorità centrale. Questo futuro di cyber anarchia, corrisponderebbe al proverbiale stato di natura Hobbesiano, la battaglia del tutti contro tutti.

Figura 7-1 Potenziali prospettive future per la cyberpolitica nelle relazioni internazionali.

Il terzo modello conduce a un contesto di cooperazione internazionale in un mondo virtuale dominato da attori ed entità non-

statali. Questo è il mondo del “non-intervento” in cui è messo in atto solo il coordinamento necessario per la struttura di Internet e le operazioni in rete. La società civile, locale e globale, sarebbe il principale sostenitore di questo modello.

L’ultimo pattern determina un cyber mondo futuro gestito dagli stati sovrani, e caratterizzato da un alto grado di coordinamento e cooperazione internazionale. Sarebbe questo, un futuro di gestione cooperativa, ricco di contrattazioni e negoziazioni, l’estensione dell’idea originale di Internet e l’evoluzione dell’attuale sistema gestionale del cyberspazio. Gli Stati Uniti, L’Unione Europea, e le altre democrazie mondiali potrebbero potenzialmente supportare un futuro di tal guisa.

I modelli alternativi presentati, non hanno la presunzione assoluta di essere onnicomprensivi, e devono essere considerati solo pattern rappresentativi di direttrici generiche, ancorate sulle caratteristiche contemporanee del mondo odierno. Qualunque strada venisse intrapresa dalla cyberpolitica nelle relazioni internazionali, implicherebbe per certo alterazioni, aggiunte, o estensioni dell’attuale sistema di infrastrutture e gestione.

La disciplina delle Relazioni Internazionali si trova oggi ad affrontare una grossa sfida, ossia riuscire a fornire alla cyberpolitica una cornice

teorica coerente ed esaustiva. Tale processo non è per nulla immediato, e riuscire a comprendere come la prospettiva cyberpolitica possa essere interpretata da ognuna delle tre prospettive teoriche delle RI, è ancora oggetto di dibattiti e speculazioni accademiche.

Il realismo, il liberalismo e il costruttivismo spiccano tra le principali prospettive teoriche nelle Relazioni Internazionali contemporanee e nonostante sovrapposizioni e collegamenti, esse sono solitamente percepite e descritte come prospettive distinte.

Gli assunti centrali del realismo sono:

- Lo stato-nazione è l’unità analitica di riferimento.

- Lo stato agisce in modo razionale per soddisfare i suoi interessi nazionali.

- Il potere e la sicurezza sono i valori fondamentali dello stato. In tutte le visioni realistiche, il mondo è essenzialmente pessimistico. L’anarchia (l’assenza di un governo centrale) caratterizza il sistema internazionale. La condizione anarchica del sistema porta al dilemma della sicurezza. Il potere, principalmente misurato in termini di capacità militari e strumenti correlati alla sicurezza, è la principale forza propulsiva della politica mondiale.

Kenneth Waltz tentò di rendere il realismo una teoria della politica internazionale sistemica e scientifica. Facendo ciò, fornì una spiegazione universale e parsimoniosa delle funzioni politiche mondiali (Waltz, 1979).

Mearsheimer si cimentò nel riprendere gli insegnamenti di Waltz, nel suo The Tragedy of Great Power Politics (2001), preparando il terreno per una teoria neorealista, non solo logicamente coerente, ma anche applicabile allo studio della politica estera e di sicurezza.

In linea di principio, i realisti non sentono il bisogno di rivedere le proprie teorie per comprendere il concetto di sicurezza nell’era digitale. Lo stato è sempre visto come il principale o a volte unico attore. Inoltre, è conservata una definizione stretta e militare di sicurezza, negando che gli attori non-statali possano esercitare alcun grado di potere militare. Tale prospettiva è riscontrabile nel pensiero del neorealista James Adams, che considerando Internet un sistema anarchico dichiarò “Cyberspace has

become a new international battlefield”. In tale ottica, il cyberspazio

sembra adeguarsi perfettamente al modello di sicurezza realista. Ogni stato si trova isolato o con degli alleati dei quali non si può fidare ciecamente, e tenta disperatamente di aumentare la sua cyber potenza e le sue capacità di difesa nell’arena virtuale, temendo che ogni

penetrazione informatica degli altri stati possa danneggiare la sua integrità e sicurezza.

I realisti affronterebbero presumibilmente la sfida della rivoluzione informatica nello stesso modo con cui affrontarono le sfide della transnazionalizzazione, delle interdipendenze complesse e della globalizzazione. Queste nuove tendenze sono considerate come epifenomeni, che possono interessare le politiche e le strutture interne degli stati, ma che non indeboliscono il sistema anarchico della politica internazionale, e quindi non scalfiscono il primato dello stato come unità politica suprema.

I realisti potrebbero considerare le minacce alla sicurezza correlata

con l’IT una questione maggiormente economica, che non

necessariamente debba colpire la sicurezza degli stati e loro integrità. Infatti, alcuni realisti (o neorealisti), generalmente portano avanti una definizione di sicurezza molto stretta e legata a questioni militari.

Essi considererebbero probabilmente l’information warfare rilevante solo come una nuova componente tecnologica di un altrimenti tradizionale conflitto interstatale (Lonsdale, 1999). La guerra psicologica è stata un elemento centrale nella storia del pensiero militare almeno da quando il famoso stratega Cinese Sun Tzu scrisse la sua famosa opera “L’arte della

guerra” circa 2000 anni fa. L’uso della guerra elettronica, come l’impiego di disturbi elettronici alle comunicazioni radio, è stato impiegato già durante la Seconda Guerra Mondiale ed è stato in qualche modo precursore degli attuali cyber-conflict. L’introduzione dell’information

warfare negli studi strategici e nella pianificazione militare, può essere

vista come un segno di continuità piuttosto che di un cambiamento sensibile. Alcune tecnologie sono nuove, ma le nozioni basiche di attaccare e difende informazioni e sistemi d’informazioni sono vecchie come il concetto di guerra stesso, in sostanza vino vecchio in botti nuove.

Il liberalismo è una prospettiva ampia che include le teorie dell’idealismo Wilsoniano e neoliberale, la teoria della pace democratica, la teoria dell’interdipendenza, la teoria della seconda-immagine, l’approccio politico burocratico e gli approcci di politica interna.

I più importanti contributi della teoria liberale alla disciplina delle Relazioni Internazionale possono essere sintetizzati come segue:

- L’enfasi su un pluralismo di attori internazionali.

- L’importanza di fattori di politica interna nel determinare il comportamento internazionale degli stati.

- Il ruolo delle istituzioni internazionali nello stabilire regole di comportamento per gli attori statali.

- L’espansione dell’agenda sugli studi internazionali in tematiche di economia politica internazionale.

I liberali concordano con i realisti sul fatto che gli stati siano attori centrali nella politica mondiale, ma in contrasto con i realisti, sostengono che gli stati non sono gli unici attori a giocare un ruolo fondamentale nelle relazioni internazionali. Infatti, uno dei cambiamenti più prominenti degli ultimi anni nel campo delle relazioni internazionali è stato proprio l’emergere di un ampio spettro di attori internazionali non-statali (corporazioni transnazionali, movimenti sociali, gruppi di pressione, reti di partiti politici, migranti e terroristi). Il liberalismo possiede le potenzialità per mostrare un grado di consapevolezza maggiore dell’emergere di nuovi fenomeni connessi con la comunicazione informatica, come nuovi gruppi online, l’operatività in chat, i blog e altri nuovi modelli audio visivi di ICT.

La lunga battaglia tra realisti e liberali nelle Relazioni Internazionali ha, per certi versi, oscurato importanti somiglianze tra le due correnti di pensiero. In particolare, realismo e liberalismo condividono un approccio razionalistico epistemologico, con un’enfasi sulle interazioni guidate da un interesse. Questo distingue il realismo e il liberalismo dal costruttivismo, e

ancor di più dagli altri approcci “interpretativi” come il post-strutturalismo e il postmodernismo. Il Liberalismo, con la sua enfasi sulle capacità degli attori non-statali transnazionali e l’insistenza sul fatto che l’economia conta almeno quanto la sicurezza, ha allargato la materia di studio delle relazioni internazionali.

In generale, il liberalismo tende ad enfatizzare i risultati positivi di interdipendenza e interconnessione, piuttosto che aumentare il senso di vulnerabilità e insicurezza che ne potrebbe derivare.

La modernizzazione, così come il progresso tecnologico, è considerato generalmente come mezzo per un cambiamento illuminante e pacificatore. Con questo background, i liberali hanno promosso nozioni quali sicurezza collettiva e sicurezza operativa, che hanno poi influenzato le scelte delle Nazioni Unite e dell’Organization for Security and

Cooperation in Europe (OSCE).

L’influente teoria delle interdipendenze complesse, sviluppata inizialmente negli anni settanta da Joseph Nye e Robert Keohane, è stata recentemente aggiornata per confrontarsi con le sfide dell’era digitale. Nella nuova versione, sono aggiunti i costi dell’interdipendenza come nuova componente della teoria. Inoltre, è analizzato l’impatto della rivoluzione informatica sulle relazioni internazionali (Nye, 2003).

Nye osserva che il concetto di sicurezza nazionale definita come assenza delle maggiori minacce, va scemando. Egli sostiene che molte nazioni possiedono software aggressivi, attraverso i quali con pochi battiti sulla tastiera di un computer, una fonte sconosciuta, ovunque nel mondo può compromettere le reti delle principali città mondiali. Rilevante è l’influente concetto di Nye del “Soft Power”.

Il Soft Power è definito come l’abilità di ottenere ciò che si vuole generando attrazione piuttosto che coercizione. Esso nasce dall’attrattiva nei confronti della cultura di un paese, e dipende dalla capacità di modellare le preferenze degli altri. Nye sostiene che il Soft Power nell’era digitale stia diventando sempre più importante che in passato, soprattutto grazie ai canali multipli di comunicazione globale in grado di attraversare facilmente i confini statali (Nye, 2004). Il Soft Power, tuttavia, ha le caratteristiche per essere non solo uno strumento di cooperazione, democratizzazione e pace, unici temi stressati da Nye e gli altri liberali, ma potrebbe facilmente trasformarsi in un mezzo per diffondere inganno, propaganda e terrore.

La teoria liberale è comunque in grado di fornire una visione sulla natura della sicurezza nell’era virtuale, in particolare, ponendo l’attenzione

sulla recente crescente pluralità e importanza di attori non-statali privi di alcuna sovranità, e delle interdipendenze globali complesse.

La teoria liberale sembra molto adeguata anche nell’analisi di due importanti tendenza socioeconomiche contemporanee:

- L’espansione di partnership tra settore pubblico e privato nella fornitura di servizi.

- L’unione della sfera civile con quella militare.

Quello che ci si potrebbe domandare a questo punto riguarda la possibilità che una teoria nata per analizzare attori e processi principalmente in un contesto economico politico, sia in grado di catturare l’impatto della rivoluzione informatica sulla società e in particolare sulle questioni legate alla sicurezza. In questa prospettiva, sostenuta da Nye ed altri analisti liberali, lo sviluppo di ICT a livello globale sarebbe

principalmente una proseguimento ed espansione della

transnazionalizzazione della società e dell’economia il cui primo passo fu la possibilità di viaggiare e commerciare.

La teoria liberale costituisce un efficace strumento di analisi della cyberpolitica nelle Relazioni Internazionali, ma necessita ancora di

aggiustamenti per essere esaustivamente descrittiva delle crescenti complessità del cyberspazio.

Il costruttivismo fu esplicitamente introdotto nella disciplina delle Relazioni Internazionali negli anni ottanta. Da allora si è diffuso enormemente, lasciando un segno rilevante e spronando la crescita teorica e la ricerca empirica nelle RI. La novità fondamentale per il costruttivismo arrivò parzialmente dall’attacco del razionalismo meta- teoretico che è comune al liberalismo e al realismo, e parzialmente fornendo interpretazioni sostanziali di processi e fattori sottovalutati dalle altre due teorie. La fine della Guerra Fredda ha implicato una crisi sia per realismo sia per il liberalismo, visto che entrambe fallirono nel giustificare questo cambiamento paradigmatico. Ciò conseguentemente aprì una finestra di opportunità per il costruttivismo.

Il costruttivismo enfatizza l’inevitabilità dell’interpretazione (e quindi distorsione) della realtà, specialmente nella comprensione delle attività politiche e sociali. I costruttivisti sostengono che esistono una realtà materiale (fatta da computer e cavi per esempio) e una realtà sociale (identità, interessi, norme e istituzioni), ed è necessario considerare e distinguere gli aspetti di entrambe. La realtà sociale è socialmente costruita e sempre suscettibile a cambiamenti, essa non può mai essere

vista come statica o scontata, ma dovrebbe essere sempre considerata come prodotta e riprodotta. Piuttosto che chiedersi cosa siano le realtà sociali, i costruttivisti si chiedono come le realtà sociali sono diventate quello che sono (Wendt 1992).

L’anarchia del sistema internazionale può seguire per i costruttivisti e in particolare Wendt, diverse logiche, con differenti propensioni al conflitto da parte degli stati. L’anarchia diventa ciò che gli stati ne fanno (Wendt 1992). Le strutture sociali esistono dunque in virtù delle pratiche che danno loro vita, le riproducono e le modificano, trasportandole nel tempo. Il costruttivismo è di conseguenza un approccio intrinsecamente dinamico, utile a far luce sul processo di costruzione sociale della realtà internazionale.

Al livello basico gli attori possiedono un insieme di norme, credenze su cosa sia giusto o sbagliato. Le norme modellano le identità e queste modellano gli interessi. Gli interessi possono cambiare, e quando lo fanno è in risultato ad un cambiamento nel substrato di identità e norme.

L’apertura empirica del costruttivismo fa si che si possa indirizzare la più vasta quantità di minacce alla sicurezza percepita. L’analisi costruttivista del potere e della sicurezza conduce a enfatizzare il significato delle immagini e dei simboli in aggiunta alla realtà materiale dei

calcolatori e delle connessioni fisiche. In quest’ ottica, Der Derian (2000) sostiene che uno degli effetti dell’era digitale sulla guerra è quello di distanziare alcuni attori dalla sanguinosa realtà della guerra. La distanza non riguarda il fatto di rendere irrilevanti le distanze geografiche, ma si riferisce piuttosto a come il mondo virtuale colpisce la percezione e la condotta della guerra. La guerra digitale potrebbe essere vista quasi come un gioco, da combattere con mouse e tastiera.

L’enfasi di Wendt e dei costruttivisti sui significati dei simboli e delle idee può essere uno strumento importante nello studio della sicurezza nell’era digitale. Internet nato come mezzo per diffondere informazioni, ha sviluppato un propria vita ed una propria identità evolutiva. La cyberpolitica è un fenomeno nuovo, e da un punto di vista costruttivista, le interazioni fra stati, attori non-statali ed altre entità che popolano il sistema internazionali, evolveranno per adeguarsi all’epoca di Internet. Paradigmatico è l’esempio del controverso gruppo Anonymous, che privo d’infrastrutture, gerarchia o appartenenza, è riuscito tramite Internet, a ottenere un ruolo rilevante nei rapporti internazionali costituendo una sorta di super-coscienza basata sulla rete.

In sintesi, possiamo sostenere, che i neorealisti correttamente considerano il cyberspazio come la nuova arena di scontro, nella quale lo

stato singolarmente non può considerarsi al sicuro, ma la loro analisi conserva il grosso limite di sottovalutare gli attori non-statali, numerosi e dotati di nuovi poteri nell’arena virtuale. I neo-liberali hanno il grande merito di comprendere l’importanza delle istituzioni e della cooperazione, strumenti fondamentali per lo stato che da solo non riuscirebbe a orientarsi e contrastare con efficacia le nuove minacce digitali. La visione costruttivista permette di andare ancor più in profondità, considerando la rete una sede privilegiata per la riproduzione di idee, simboli e credenze in grado di vivere di vita propria con improvvisi slanci.

Le tre tradizionali teorie delle Relazioni Internazionali, permettono di

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