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La disciplina del mercato del gas in Italia ed in Europa: le proposte

2. La regolamentazione del mercato del gas naturale

2.1.3 L’evoluzione normativa

2.1.3.1 La disciplina del mercato del gas in Italia ed in Europa: le proposte

I primi risultati dall’indagine conoscitiva Ue nel settore elettrico e del gas in Europa

I rapporti pubblicati in progress dalla CE sul procedere della liberalizzazione nel settore del gas e nel settore elettrico in Europa sintetizzano i primi risultati e hanno l’obiettivo di identificare i problemi piuttosto che proporre nuove soluzioni. Pur riconoscendo che alcuni effetti positivi della liberalizzazione si sono manifestati, il giudizio conclusivo dell’indagine è che il raggiungimento degli obiettivi che l’apertura alla concorrenza del mercato del gas si prefiggeva appare ancora molto lontano. Quanto agli effetti positivi è citata la minor reattività dei prezzi dell’energia elettrica al prezzo del petrolio, e il fatto che in termini reali i prezzi siano oggi inferiori ai livelli del 1997, seppure con forte varianza da mercato a mercato. Tra i risultati positivi vi è anche la crescente cooperazione e il confronto tra regolatori nella predisposizione di documenti e linee guida rivolti a promuovere la co-regolazione e in generale una migliore regolazione. Quanto al fatto che ancora molta strada debba essere percorsa perché il consumatore possa percepire a pieno i benefici della liberalizzazione, e i prezzi possano essere la sintesi dell’effettivo risultato della competizione, numerose sono le evidenze emerse. In sintesi sono raggruppabili attorno a tre grandi questioni:

 la mancanza d’integrazione tra i diversi mercati europei, testimoniata dalla persistenza di forti differenziali di prezzo;

 l’elevata concentrazione e integrazione verticale che permane sui diversi mercati nazionali testimoniata dalla scarsa liquidità dei mercati all’ingrosso e dalle barriere all’entrata presenti in diversi segmenti della filiera;

 la scarsa trasparenza e la mancanza d’informazioni su elementi essenziali del mercato. Nel mercato del gas, TSO e gestori di terminali di rigassificazione e di siti di stoccaggio forniscono informazioni ampiamente controllate dall’incumbent. Esistono differenze di grado nelle problematiche dei diversi paesi, che riflettono anche le scelte radicali d’implementazione delle direttive europee, ma il tratto comune in tutti i mercati nazionali resta l’elevata concentrazione dell’offerta. Menzioniamo solo alcune tra le questioni più critiche sollevate.

La difficoltà di approvvigionarsi di gas da parte dei nuovi entranti

Presupposto indispensabile per aprire il mercato del gas è che i nuovi entranti siano sicuri di poter contare su basi stabili di volumi di gas per rispettare gli impegni con i propri clienti, condizione che ancora è lontana da poter essere soddisfatta.

Il mercato all’ingrosso, che si sta sviluppando ai principali hub, potrebbe essere una fonte di approvvigionamento, ma il trading è limitato e ancora fondato su transazioni spot, fa eccezione il NBP (punto di scambio virtuale sul mercato inglese) dove esiste anche un mercato forward. Uno dei motivi della scarsa liquidità è che nella maggior parte dei punti di scambio (in Francia, Italia, nell’Eurohub, o a Baumgarten) i volumi trattati dagli incumbent sono ridottissimi (al di sotto del 2% dell’offerta totale dell’incumbent stesso) o addirittura nulli. Unici punti di scambio con maggiore liquidità sono il NBP e Zeebrugge, dove è messo sul mercato più del 20% del totale degli scambi degli ex monopolisti. Quanto ai nuovi entranti in tutti i paesi essi si approvvigionano di gas con accordi bilaterali con gli ex monopolisti e solo sporadicamente con i produttori o attraverso operazioni di gas release. Tali operazioni sono state considerate criticamente da chi vi ha aderito in quanto: sporadiche, senza coordinamento con release della capacità di trasporto, costose, come nel caso dell’Italia, e non in grado di portare ad una concorrenza sul mercato finale con l’incumbent.

L’unbundling tra l’impresa che fornisce gas sul mercato e il gestore della rete di trasporto (richiesto dalle direttive europee) è stato incompleto e inefficacie; ciò traspare dalle dichiarazioni stesse degli ex monopolisti. Vi è stata una trasposizione parziale delle direttive, sia formalmente che in pratica, ed è rimasta una struttura proprietaria che vede l’incumbent rappresentato nei Consigli d’Amministrazione dei TSO, delle società che gestiscono i terminali di rigassificazione e delle società che gestiscono i siti di stoccaggio. In alcuni casi la società di rete trasporta gas per una società del gruppo anche senza un vero e proprio contratto di trasporto e sulla base di clausole di riserva di quote della capacità ad uso esclusivo del proprietario/operatore secondo prassi storicamente in essere (è il caso del 20% della capacità disponibile sull’asse Est/Ovest del gas proveniente dalla Russia). I nuovi entranti sottolineano discriminazioni nei loro confronti con riferimento a: nomination, trasparenza, accesso alla capacità disponibile, sistemi di bilanciamento. L’unbundling e il TPA nelle attività di stoccaggio rivestono importanza non minore della separazione delle attività di trasporto; su questo fronte la direttiva stessa ha sottovalutato il problema, non imponendo né la separazione legale né il vincolo dell’accesso regolato. Le infrastrutture per lo stoccaggio sono restate nella disponibilità degli ex monopolisti. I nuovi entranti lamentano scarsa trasparenza, inadeguatezza dei servizi, mancanza di un mercato secondario, prezzi elevati. Le informazioni raccolte nell’indagine conoscitiva hanno evidenziato come nei paesi analizzati non vi sia stata alcuna capacità di stoccaggio disponibile. Il lavoro svolto dai regolatori per individuare le linee guida per una buona pratica sottolinea come, anche quando una regolamentazione esiste, nella maggior parte dei casi le condizioni prevalenti sul mercato non sono monitorate adeguatamente.

L’accesso alle reti di transito internazionale rappresenta l’elemento forse più critico dell’intero quadro. Il TPA regolato non si applica in pratica alle reti di transito e ai relativi contratti; essi restano governati da differenti condizioni di accesso rispetto a quelle in vigore all’interno degli Stati Membri. Che i contratti in essere prima della liberalizzazione siano il principale ostacolo alla liberalizzazione è un fatto noto. L’inchiesta ha mostrato come solo in due Stati Membri la capacità disponibile sulle linee di transito diventi disponibile nei prossimi anni, in tutti gli altri casi essa è prenotata da contratti di lungo periodo per almeno i prossimi 5-10 anni. Inoltre in molti casi i contratti prevedono clausole di rinnovo che potrebbero prolungare la riserva di capacità per un ulteriore periodo. L’analisi dei gasdotti di transito sulle assi Benelux/Italia ed Est/Ovest mostra che la capacità primaria è in tutti e due i casi completamente prenotata fino al 2015-2017 e probabilmente anche oltre, come viene precisato in nota: a causa delle scarse informazioni riguardanti alcune clausole contrattuali, la durata non è sempre quantificabile. Dopo il 2015 e solo su alcune tratte si apre qualche possibilità di transito; il diritto di trasporto è inoltre detenuto per lo più da uno o due players storici, che sono poi gli incumbent sui rispettivi mercati nazionali di passaggio dei gasdotti, un’altra quota significativa è detenuta dai produttori (in qualche caso la riserva di capacità non richiede nemmeno un contratto) mentre solo il 3% (sull’asse Est/Ovest) e il 5% (sull’asse Benelux-Italia) della capacità di transito è detenuto da nuovi entranti. L’indagine ha messo in luce che non tutta la capacità nelle disponibilità degli operatori incumbent e dei produttori è utilizzata, in media prendendo come benchmark il picco invernale, circa il 10% di capacità resta inutilizzata. Molti TSO e proprietari dei diritti di transito in base a accordi commerciali siglati prima del 2004-2005 asseriscono che la clausola use-it-or-lose-it non può essere loro applicata. Infine poiché nella maggior parte dei gasdotti internazionali solo una o due compagnie posseggono diritti di trasporto sul mercato primario, esse tendono a non dare tutte le informazioni necessarie agli operatori, sulla base dell’argomentazione che la trasparenza danneggerebbe i loro interessi commerciali. È interessante soffermarsi su alcun risultati emersi dall’indagine:

- L’Integrazione in Europa è limitata. Ciò può essere determinato da tre fattori principali: o insufficienti infrastrutture;

o metodi di allocazione distorsivi;

o disegni dei mercati nazionali tra loro incompatibili.

Insufficienti infrastrutture su alcune frontiere si sovrappongono alla presenza di contratti di lungo periodo per la prenotazione della capacità di transito transfrontaliero. Le congestioni che si rilevano sulle frontiere Francia/Spagna, Olanda/Germania, Cecoslovacchia/Austria, e lungo il confine Nord dell’Italia vedono la presenza di una riserva di capacità derivante da contratti di lungo termine fino all’80%. Chiaramente gli incumbent hanno beneficiato in vario modo delle riserve di capacità di lungo periodo preesistenti diritti di prelazione. Da un punto

di vista legale tali diritti presentano numerosi problemi, come ha precisato la sentenza della corte di Giustizia della Comunità che ha stabilito l’incompatibilità delle riserve di capacità con la direttiva 96/92/EC, se l’eccezione non rientra tra quelle previste all’art. 24 della stessa direttiva.

- Poca fiducia nei meccanismi di formazione dei prezzi. Le risposte degli intervistati hanno messo in luce la mancanza di fiducia nei mercati, gli operatori dubitano cioè che i meccanismi di formazione dei prezzi siano in grado di fornire adeguati segnali dell’andamento dei mercati. Ciò non sorprende date le problematiche discusse sopra. Le puntuali lamentele riguardano però il costo del bilanciamento dove le regole non appaiono in molti casi condivise. Forti diversità nelle strutture contrattuali sono infine riportate per quanto riguarda i prezzi praticati ai grandi consumatori. Questo in parte dipende dalla diversa maturità raggiunta dai processi di liberalizzazione67. Infine la coesistenza tra mercato vincolato e mercato libero nei giudizi della Commissione pone un ostacolo al pieno sviluppo della concorrenza.