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LA FASE CONCLUSIVA MONITORAGGIO E RIESAME

Piano di Rotazione dei Responsabili e del Personale

LA FASE CONCLUSIVA MONITORAGGIO E RIESAME

Il monitoraggio e il riesame periodico costituiscono una fase fondamentale del processo di gestione del rischio attraverso cui verificare l’attuazione e l’adeguatezza delle misure di prevenzione nonché il complessivo funzionamento del processo stesso e consentire in tal modo di apportare tempestivamente le modifiche necessarie (cfr. Parte II, di cui al presente PNA 2019).

Monitoraggio e riesame sono due attività diverse anche se strettamente collegate.

Il monitoraggio è un’attività continuativa di verifica dell’attuazione e dell’idoneità delle singole misure di trattamento del rischio, mentre il riesame è un’attività svolta ad intervalli programmati che riguarda il funzionamento del sistema nel suo complesso.

L’Allegato 1 al PNA 2019 prevede la possibilità di realizzare un sistema di monitoraggio articolato su due livelli di cui:

1. il primo livello attiene i responsabili delle strutture organizzative o i referenti se nominati e si basa sulle autovalutazioni espresse circa lo stato di attuazione delle misure di prevenzione;

2. il secondo livello attiene al RPCT e viene svolto attraverso verifiche dirette dello stesso, sulla totalità delle misure di prevenzione previste.

Il Monitoraggio è e deve essere un momento importante della realizzazione del Piano in quanto dal monitoraggio parte la parte di attività che è finalizzata, attraverso il riesame del Piano stesso, al miglioramento dei momenti, delle attività e dei processi che hanno manifestato criticità.

Il monitoraggio delle misure non deve limitarsi alla sola attuazione delle stesse ma deve contemplare anche una valutazione della loro idoneità, intesa come effettiva capacità di riduzione del rischio corruttivo, secondo il principio guida della “effettività”.

L’inidoneità di una misura può dipendere da diversi fattori tra cui: l’erronea associazione della misura di trattamento all’evento rischioso dovuta ad una non corretta comprensione dei fattori abilitanti; una sopravvenuta modificazione dei presupposti della valutazione (es. modifica delle caratteristiche del processo o degli attori dello stesso); una definizione approssimativa della misura o un’attuazione meramente formale della stessa.

Qualora una o più misure si rivelino non idonee a prevenire il rischio, il RPCT dovrà intervenire con tempestività per ridefinire la modalità di trattamento del rischio.

Essendo il PTPCT un documento di programmazione, appare evidente che ad esso debba logicamente seguire un adeguato monitoraggio e controllo della corretta e continua attuazione delle misure.

In primo luogo, occorre ribadire che la responsabilità del monitoraggio è del RPCT.

Come si è detto in precedenza, esiste un monitoraggio di primo livello, attuato in autovalutazione da parte dei referenti della struttura organizzativa che ha la responsabilità di attuare le misure oggetto del monitoraggio. Anche se in autovalutazione, il responsabile del monitoraggio di primo livello è chiamato a fornire al RPCT (attraverso relazioni semestrali) evidenze concrete dell’effettiva adozione della misura.

È opportuno tener presente che questa modalità fornisce valutazioni di qualità meno elevata rispetto alle analisi condotte direttamente dal RPCT o da altre unità indipendenti (es. internal audit), poiché in questo caso si tratta di (auto) valutazioni effettuate dagli stessi soggetti che hanno la responsabilità dei processi/attività oggetto del controllo.

Vi è poi il monitoraggio di secondo livello, dunque, è quello che attua direttamente il RPCT, coadiuvato dalla seppur esigua struttura di supporto e/o dagli altri organi con funzioni di controllo interno, laddove presenti.

Il monitoraggio del RPCT consiste nel verificare l’osservanza delle misure di prevenzione del rischio previste nel PTPCT da parte delle unità organizzative in cui si articola l’amministrazione.

Per quanto riguarda i processi/attività oggetto del monitoraggio, il RPCT il Piano tiene conto delle risultanze dell’attività di valutazione del rischio per individuare i processi/attività maggiormente a rischio sui quali concentrare l’azione di monitoraggio.

Con riferimento alla periodicità, il RPCT è chiamato a definire la tempistica del monitoraggio più consona all’esposizione al rischio e alle caratteristiche organizzative dell’amministrazione ed a comunicarlo ai Settori. È evidente che maggiore è la frequenza del monitoraggio (ad esempio mensile, bimestrale o trimestrale), maggiore sarà la tempestività con cui un eventuale correttivo potrà essere introdotto.

Su questo aspetto si sottolinea che una maggiore frequenza dei monitoraggi si associa ad un maggiore onere organizzativo in termini di reperimento e elaborazione delle informazioni che, in un Ente come questo Comune, riesce di difficile attuazione.

Passando, infine, alla modalità di verifica, il RPCT dovrà verificare la veridicità delle informazioni rese in autovalutazione attraverso il controllo degli indicatori previsti per l’attuazione delle misure all’interno del Piano e attraverso la richiesta di documenti, informazioni e/o qualsiasi “prova” dell’effettiva azione svolta.

Il RPCT potrà svolgere degli audit specifici, con verifiche sul campo che consentono il più agevole reperimento delle informazioni, evidenze e documenti necessari al miglior svolgimento del monitoraggio di secondo livello. Tali momenti di confronto sono utili anche ai fini della migliore comprensione dello stato di attuazione delle misure e di eventuali criticità riscontrate, in un’ottica di dialogo e miglioramento continuo. Al fine di agevolare i controlli, inoltre, è utile ricorrere a sistemi informatizzati o spazi digitali condivisi (come le intranet) dove far confluire tutti i documenti che formalizzano le misure.

Tutti i dati del monitoraggio sono riportati in una apposita RELAZIONE al fine di favorire lo svolgimento dell’altra importante fase finale: il riesame periodico

Il riesame periodico della funzionalità del sistema di gestione del rischio è un momento di confronto e dialogo tra i soggetti coinvolti nella programmazione dell’amministrazione affinché vengano riesaminati i principali passaggi e risultati al fine di potenziare gli strumenti in atto ed eventualmente promuoverne di nuovi. In tal senso, il riesame del Sistema riguarda tutte le fasi del processo di gestione del rischio al fine di poter individuare rischi emergenti, identificare processi organizzativi tralasciati nella fase di mappatura, prevedere nuovi e più efficaci criteri per analisi e ponderazione del rischio.

A conclusione si provvederà, su base annuale, alla redazione di una relazione circa il funzionamento complessivo del sistema di gestione del rischio volta a mettere in luce le criticità e i punti di forza, anche al fine di effettuare proposte di miglioramento di cui tenere conto nella redazione del successivo PTPCT.

Consultazione e comunicazione

La fase che completa il sistema di gestione del rischio è quella della “consultazione e comunicazione”.

Questa fase riveste un ruolo trasversale e contestuale a tutte le attività che sono state precedentemente esaminate e si compone di due principali attività:

• Attività di coinvolgimento dei soggetti interni (personale, organo politico, ecc.) ed esterni (cittadini, associazioni, altre istituzioni, ecc.) ai fini del reperimento delle informazioni necessarie alla migliore personalizzazione della strategia di prevenzione della corruzione dell’amministrazione;

• Attività di comunicazione (interna ed esterna) delle azioni intraprese e da intraprendere, dei compiti e delle responsabilità di ciascuno e dei risultati attesi.

Sezione II – La Trasparenza

PREMESSA

La trasparenza rappresenta uno strumento essenziale per assicurare i valori costituzionali dell’imparzialità e del buon andamento delle pubbliche amministrazioni così come sanciti dell’art. 97 Cost., per favorire il controllo sociale sull’azione amministrativa e per promuovere la diffusione della cultura della legalità e dell’integrità nel settore pubblico. Essa è stata oggetto di riordino normativo per mezzo del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, che, sulla scia dell’abrogato art. 11 del d.lgs.

150/2009, la definisce "accessibilità totale delle informazioni concernenti l'organizzazione e l'attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e delle risorse pubbliche" (art.1, comma 1).

Il decreto legislativo 33/2013, rubricato “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni delle pubbliche amministrazioni”, è stato emanato in attuazione della delega contenuta nell’art. 1, comma 35, della legge 6 novembre 2012, n. 190,

"Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”.

Il nuovo assetto normativo riordina e semplifica i numerosi adempimenti già in vigore, a partire da quelli oggetto del d.lgs. n. 150/2009, ne aggiunge di nuovi ma soprattutto fornisce un quadro giuridico utile a costruire un sistema di trasparenza effettivo e costantemente aggiornato. Il suindicato decreto 33/2013 lega il principio di trasparenza a quello democratico e ai capisaldi costituzionali di eguaglianza, imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell'utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio della nazione (art. 1, comma 2). Si tratta di misure che costituiscono il livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche con il fine ultimo di prevenire fenomeni di corruzione, illegalità e cattiva amministrazione. Il d.lgs. 97/2016 «Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013 n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124 in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche» ha apportato numerosi cambiamenti alla normativa sulla trasparenza, rafforzandone il valore di principio che caratterizza l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni e i rapporti con i cittadini.

Il d.lgs.97/2016 è intervenuto, con abrogazioni o integrazioni, su diversi obblighi di trasparenza: tra le modifiche di carattere generale di maggior rilievo, si rileva il mutamento dell’ambito soggettivo di applicazione della normativa sulla trasparenza, l’introduzione del nuovo istituto dell’accesso civico

“generalizzato” agli atti e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni (che ricorda l’istituto di matrice statunitense del cd Freedom Of Information Act – F.O.I.A.), l’unificazione fra il Programma triennale di prevenzione della corruzione e quello della trasparenza, l’introduzione di nuove sanzioni pecuniarie nonché l’attribuzione ad ANAC della competenza all’irrogazione delle stesse.

L’art. 1 del d.lgs. n. 97/2016 definisce la trasparenza "come accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all'attività amministrativa, favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche".

Il nuovo quadro normativo consente di costruire un insieme di dati, informazioni e documenti conoscibili da chiunque, che ogni amministrazione deve pubblicare nei modi e nei tempi previsti dalla norma, sul proprio sito istituzionale, nella Sezione denominata “Amministrazione trasparente”. E’ di tutta evidenza, dunque, che l'attuazione puntuale degli obblighi di trasparenza diviene oggi elemento essenziale e parte integrante di ogni procedimento amministrativo e coinvolge direttamente ogni ufficio dell'amministrazione, al fine di rendere l'intera attività dell’ente conoscibile e valutabile dagli organi preposti e, non ultimo, dalla cittadinanza e dai portatori d’interesse.

In conseguenza della cancellazione del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità, ad opera del decreto legislativo 97/2016, l’individuazione delle modalità di attuazione della trasparenza diventa parte integrante del PTPC in una “apposita sezione” (che, per mera comodità espositiva, nel presente Piano, è

stata definita anche “Programma”).

Il presente Programma, da aggiornare annualmente entro il 31 gennaio, trae origine - in attuazione dell’art.10 del decreto 97/2016 - dalle Linee guida fornite prima dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT), che è anche Autorità Nazionale Anticorruzione, e, poi dalla delibera n. 1310 del 28.12.2016 della medesima A.N.A.C. e descrive le fasi di gestione interna attraverso cui il Comune mette in atto la trasparenza. In esso vi sono descritte le azioni che hanno portato all'adozione dello stesso, sono chiariti i vari obblighi di pubblicazione, i soggetti interni responsabili dell’elaborazione dei dati da pubblicare e della trasmissione al soggetto competente alla loro pubblicazione, nonché le iniziative di comunicazione e, soprattutto, le misure organizzative volte ad assicurare la regolarità e la tempestività dei flussi informativi nonché, in generale, l’adeguatezza dell’organizzazione interna agli adempimenti previsti dalla legge. Il Programma, inoltre, mira a definire il quadro essenziale degli adempimenti anche in riferimento alle misure tecnologiche fondamentali per un'efficace pubblicazione che, in attuazione del principio democratico, rispetti effettivamente le qualità necessarie per una fruizione completa e non discriminatoria dei dati attraverso il web. E’ bene, infatti, segnalare che in base all’art. 2, comma 2, “per pubblicazione si intende la pubblicazione, in conformità alle specifiche e alle regole tecniche di cui all’allegato A, nei siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni”:

pertanto non sussiste valida ed idonea pubblicazione, se non effettuata con le modalità previste dal decreto e nell’apposita sotto-sezione della sezione del sito denominata “Amministrazione Trasparente”

(art. 48, commi 1 e 2 d.lgs. 33/2013).

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