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2. Introduzione all’architettura militare d’epoca ottomana

3.1 La frontiera

Il concetto della frontiera e del confine, specie nella storia ottomana, è divisibile; perciò non sono esattamente la stessa cosa. Già nella prima storiografia ottomana si sottolineava il ruolo di Osman il fondatore come gazi, cioè come colui che combatte sulla frontiera della dār al-islām (letteralmente “la casa dell’Islam”) a difesa di una fede e per estenderla. Questa tesi “dell’ideologia della guerra santa” sostenuta da Paul Wittek nei primi anni trenta del Novecento venne messa in discussione solo dopo molto dalla sua morte. La figura del gazi tende quindi a spostare sempre più avanti la linea di frontiera che all’epoca del primo sultanato ottomano era una zona sempre molto ondivaga e in movimento. Al contrario del rex romano che si limita ad amministrare il 93 Faroqhi 2004, 21. 94 Peacock 2009, 2-3. 95 Peacock 2009, 3.

44 potere su un territorio definito, nella visione islamica invece prevale l’idea di una frontiera molto mobile, che forse viene fermata solo nel 1699 con il trattato di Karlowitz96. Negli ultimi anni si stanno compiendo studi specifici cercando di sottolineare non solo gli aspetti teorici o militari ma anche quelli sociali, religiosi ed economici97. Come ben sottolineato dalla Prof.ssa Pedani, la frontiera differisce dal confine, perchè s’intende «una fascia di territorio che racchiude in sé l’idea di ‘fronte’: al di là sta il nemico, che può avanzare o indietreggiare. Lo stesso vale per il francese frontière, l’inglese frontier e lo spagnolo frontera». Il termine frontiera in turco è serhat e in origine pare che la parola frontiera sia stata utilizzata per la prima volta nel 1059 d.C. nella penisola iberica, in relazione alla lotta tra cristiani e musulmani. All’inizio si ha la percezione della frontiera relativamente ad un potere stabile legato all’ambiente militare, di controllo; solo dopo in Francia si concretizza l’idea di frontiera come entità politica aggiunta a quella militare98. Nel primo periodo arabo la zona di frontiera veniva indicata con la parola ṯaġr (pl. ṯuġur) che indica non una linea ma una zona. Questa parola deriva infatti dalla radice ṯaġr, che racchiude un concetto lato di apertura e quindi, di rimando, di frontiera. È un termine molto antico che veniva per lo più utilizzato dagli scrittori dei primi omayyadi e dagli arabi di Spagna per designare una zona di frontiera sotto il loro controllo. Al plurale ṯuġur, invece veniva impiegato per indicare una linea di fortificazioni che si contrapponeva alla forze armate dell’impero bizantino. Questo termine quindi va contestualizzato in una momento di scontro tra le forze cristiane e quelle musulmane; indicava una zona di contatto. Nei casi in cui la frontiera veniva oltrepassata, la parte musulmana ricorreva al ğihād, la cosidetta guerra “giusta, legale”. La custodia delle frontiere era un dovere per il califfo, oltre a dover sostentare la religione e mantenere una fluida amministrazione fiscale99.

La frontiera quindi è una zona di transizione, ragion per cui per sua stessa natura è difficile da determinare poiché non vigono regole su dove essa inizia o termina; essendo spesso una frontiera militarizzata, sono le fortificazioni a fare da limiti sui territori: è per

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Il trattato di pace di Karlowitz, firmato il 26 gennaio 1699 a Sremski Karlovci (ora in Serbia), mise fine alle ostilità susseguitesi dal 1683 al 1697 tra la Sublime Porta e la Lega Santa. In sostanza con questo trattato iniziò il declino dell’impero Ottomano almeno in Europa e l’Austria ne uscì come la nuova potenza dominante (Mantran 2000, 276).

97 Pedani 2002, 3-4. 98 Pedani 2002, 4-5. 99 Pedani 2002, 5-6.

45 questo motivo che le fortezze possono passare molto velocemente da una parte all’altra dello schieramento100. Concettualizzare la frontiera sotto il punto di vista ottomano non è affatto facile, bisogna focalizzarsi sia sull’aspetto fisico che su quello sociale. La frontiera è una zona che circonda una linea di confine e spazia attorno a questa su entrambi i lati di tale linea, la frontiera può essere quindi determinata da strutture quali forti e fortezze che aiutano a delineare i limiti nei confronti dei territori adiacenti. Tra turchi ed europei non vi furono solo scontri ma anche anni di pacifica convivenza e le realtà frontaliere hanno giocato un ruolo fondamentale affinchè persone, leggi e religioni diverse potessere andare di comune accordo101.

Oltre alla frontiera terrestre esiste anche quella marittima e forse il concetto di frontiera si sposa meglio con il mare che con la terra poiché è più difficile tracciare o porre dei segnali in acqua per definire ciò che è posseduto da quello che non lo è. La discussione sulla frontiera marittima è stato uno degli argomenti più approfonditi degli ultimi anni, si sono operati confronti tra il Mediterraneo romano simbolo di unità tra le civiltà e il Mediterraneo turco, elemento di frontiera che spezza l’unità a favore di una fede e di un popolo diverso102. Il luogo dove due entità territoriali interagiscono quindi è definito come frontiera, come zona di transizione dove le società si mescolano e i viaggiatori e le merci passano da una parte all’altra; così sembrerebbe che ogni regione possa essere zona di frontiera ma in realtà così non è. La vera zona di frontiera è dove sussiste sempre un carattere transitorio che deve essere dominante nella vita delle persone, dove le condizioni sociali ed economiche vengono regolate dall’interazione attraverso il confine stesso103.

Spesso si pensa anche che le popolazioni legate alle zone di confine possano essere diverse da quelle stabilitesi nell’interno, tuttavia, prendendo ad esempio la zona di frontiera militarizzata con l’Ungheria che separa come noto due potenze da sempre antagoniste, si può notare che entrambe le persone che vivono al di là e al di qua della linea di frontiera parlano ungherese e vivevano lo stesso tipo di vita dedita all’agricoltura. Questo è importante per capire che spesso, nonostante la separazione in due diverse entità politiche, i legami tra le popolazioni di frontiera sono più saldi di 100 Stein 2007, 13-14. 101 Stein 2007, 15. 102 Pedani 2002, 18-25. 103 Stein 2007, 15.

46 quanto si pensi. Anche la questione economica è una caratteristica peculiare della zona di frontiera; sempre riferendoci a quella ungherese è stato sottolineato che le truppe addette al presidio abbiano avuto maggior possibilità di arricchimento economico rispetto ad altre guarnigioni. Basti pensare alle possibilità offerte dal commercio, dai saccheggi o dalla vendita di schiavi che si fa presto a comprendere come il servizio di frontiera era visto come “un’opportunità di svolta”. Lo stato ottomano emerse d’altronde come principato nato dalle scorrerie sulla frontiera bizantina-selgiuchide e la questione frontaliera rimase aperta una volta approdati sui Balcani o sul Medio Oriente. Quando si esaminano le dinamiche delle frontiere ottomane emergono spesso temi ricorrenti come il carattere transitorio e le opportunità economiche offerte da tali zone104. Tutto ciò può e deve essere ricollegato alle fortificazioni, essendo queste il fulcro delle divisioni di frontiera. La fortezza rappresenta uno spazio di possesso lungo una linea contesa e può essere presa o perduta a seconda dell’esito delle battaglie. Il controllo del territorio e delle vie commerciali viene “contato” in base a quante fortezze sono state conquistate e spesso l’occupazione di queste roccaforti vengono inserite nelle mappe geografiche come indicatori per l’espansione o la contrazione del territorio imperiale. Le fortezze diventano inaspettati punti d’incontro tra culture diverse, assumono una precisa identità come punti-limite nel territorio posseduto105. Nelle aree frontierali persistono poi notevoli modi di controllo sulle zone circostanti, queste diverse opzioni in realtà riflettono soprattutto la potenza dello stato e del sovrano che gestisce le frontiere e che cerca di tenere sotto controllo la situazione politica. Dietro queste azioni si nota una volontà di persuasione nei confronti delle popolazioni di frontiera e di chi le governa poichè si cerca di dar loro privilegi affinchè mantengano una lealtà allo stato centrale; tuttavia non sono questi i metodi più comuni con cui le frontiere vengono gestite. Ci sono frontiere che vengono create ad hoc per siglare trattati coi vicini, questi sono luoghi situati su una linea di territorio precisa che divide gli stati in questione. Le fortificazioni come abbiamo visto sono invece create per segnalare delle zone di frontiera indipendetemente se si dovesse gestire un trattato o un accordo; queste sono erette in punti chiave, ad una certa distanza dalla linea di confine e ciò indicava quello che doveva essere protetto. Abbiamo poi una sorta di schema “a

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Stein 2007, 20-26. 105

47 raggiera” tra il centro amministrativo statale e le fortificazioni di frontiera, in questo modo si cercava di essere sempre al corrente sui movimenti delle popolazioni assoggettate. Un altro metodo era la creazione di zone di terreno incolte lasciate a divisori e confine con le terre nemiche106. Si è potuto mostrare come ad oggi la questione “frontiera” almeno in ambito ottomano risulta essere molto complessa e camminare su un filo sottile. Se le tesi di Wittek sono state revisionate è pur vero che almeno all’inizio di questi nuovi avvenimenti accademici non si ebbero particolari clamori o repentini cambi di posizione sull’argomento. Il primo che obiettò le posizioni wittekiane fu l’ungherese Gyula Káldy-Nagy e dopo di lui anche R. Lindner nel 1982 asserì che “lo zelo per la ğihād non era un motivo per supportare la nascita dell’impero Ottomano”. Oggi, dopo aver riconosciuto il poco interesse per questo tipo di studi, si può dire che almeno agli albori non sussisteva un’idea di limes all’interno del nascente sultanato ottomano, questo perché l’idea di una frontiera sempre aperta e conquistabile (serhat al-mansūra) rimase a lungo nel loro ideale. Ciò non deve trarre in inganno, non significa difatti che lo stato ottomano dipendesse da un’ideologia107.

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