1.3 La georeferenziazione nei diversi settori applicativi della statistica
1.3.3. La georeferenziazione nella problematica ambientale
La possibilità di disporre di informazioni georeferenziate risulta di fondamentale importanza per affrontare analisi quantitative di fenomeni connessi con la qualità dell’ambiente ed individuare le interazioni presenti fra i fenomeni ambientali e le attività umane.
In base alle finalità, si possono identificare diverse tipologie di studi quali:
a. studi mirati alla mappatura di indicatori ambientali ivi comprese variabili ambientali legate alla
manifestazione di fenomeni meteorologici, fisici e geologici;
b. studi mirati alla stima delle esposizioni degli individui a fattori inquinanti o ambientali;
c. identificazione dei cluster di fenomeni ambientali; d. pianificazione di rilevazioni campionarie e definizione
di reti di monitoraggio ambientale.
La necessità di costruire mappe tematiche di indicatori ambientali è legata essenzialmente ad esigenze di monitoraggio relativo, ad esempio, alla qualità dell’aria o delle acque. Questa attività di monitoraggio è spesso propedeutica ad interventi di mitigazione, ma anche necessaria per la pianificazione di attività di approfondimento sulle eventuali cause delle situazioni anomale evidenziate.
Le stime sulla quantità di sostanza presente nel terreno o sulla quantità di inquinante a cui è esposto un individuo residente in un determinata porzione di territorio o la popolazione presente in una determinata area, oppure le stime sulla numerosità della popolazione che vive entro una certa distanza dalla rete stradale o dalle traiettorie di decollo e atterraggio degli aerei ed è quindi esposta ad un determinato livello (isolinea) di rumore possono fornire un’informazione rilevante sia da un punto di vista epidemiologico (si vedano i già citati Xiang et al., 2000; Gatrell e Dunn, 1995) o economico (Anselin et al., 2009) ma anche ai fini normativi. Tra le numerose applicazioni in questo ambito, Cressie (2000) descrive come le quantità di esposizione al PM10 nei diversi punti del territorio possono essere stimati utilizzando tecniche di tipo geostatistico come il kriging ordinario, mentre il testo di Goovaerts (1997) presenta una vasta rassegna di casi di studio dove questo approccio è utilizzato nell’ambito della valutazione delle risorse naturali e nella geologia.
Analogamente studiare il clustering sul territorio dei fenomeni franosi, delle valanghe o dei movimenti tellurici al fine di identificare possibili aree a maggior rischio può essere un’informazione preziosa per la prevenzione e la protezione della popolazione. Analisi di questo tipo, come molte altre che
potrebbero essere facilmente immaginabili, richiedono l’identificazione precisa sul territorio delle fonti di emissione, dei punti di rilevazione e la posizione relativa dei siti d’interesse.
Una menzione particolare richiedono le problematiche connesse con il campionamento e la definizione delle reti di monitoraggio, che costituisce un passo preliminare e una premessa a tutte le attività di monitoraggio e analisi sopra ricordate.
Il monitoraggio di fenomeni ambientali, come la propagazione di inquinanti, richiede la definizione di strategie di campionamento specifiche adatte al contesto analizzato. Le tecniche classiche di campionamento sono spesso applicate a questo proposito. In particolare ricorrenti sono i seguenti piani campionari: il campionamento casuale semplice secondo il quale i siti sono scelti all’interno della regione considerata indipendentemente l’uno dall’altro; il campionamento casuale stratificato dove la regione d’interesse viene divisa in sotto-aree simili per alcune caratteristiche (come ad esempio la conformazione del sottosuolo) ed in ognuna di esse viene estratto casualmente un numero di siti solitamente proporzionale alla grandezza dell’area considerata e il campionamento casuale sistematico secondo il quale i siti da campionare sono selezionati attraverso l’identificazione di una griglia regolare di punti sulla regione d’interesse, il primo dei quali viene scelto in modo casuale. Il ricorso a tali procedure è spesso motivato in base a richieste di rappresentatività delle unità spaziali campionate.
È altresì vero che spesso la raccolta dell’informazione avviene in maniera diversa in quanto i piani di campionamento classici possono risultare difficili da implementare e, perfino, non adeguati. In alcuni casi una scelta equiprobabile dei siti può non essere di interesse o politicamente poco giustificabile se si ritiene necessario monitorare particolari situazioni che ci si aspettano a
priori particolarmente rilevanti (o a rischio) per il fenomeno
considerato. Spesso, in particolari situazioni è possibile soltanto campionare i dati in modo non probabilistico a seguito di difficoltà nel reperire l’informazione.
In alcuni casi, invece, si dispone di una rete di rilevazione preesistente e l’obiettivo è quello di integrare l’informazione tramite misurazioni su siti diversi da quelli inizialmente selezionati. È questo il caso di una nuova campagna di misura che vada ad integrarne una avvenuta in passato o di una rete di monitoraggio che si componga di una parte fissa ed una mobile (per esempio centraline). Un problema analogo può sorgere nel momento in cui si debba ridurre la dimensione di una rete di rilevazione preesistente. In tutti questi casi si dispone di una quantità d’informazione pregressa che può essere utilizzata per definire la scelta dei siti da eliminare o da introdurre nella rete. Questo tipo di problematica è descritto ampiamente nella letteratura recente (Cressie 1993, van Groenigen et al. 1997, 1999, Thompson, 2002)
In tali situazioni l’informazione preesistente può essere inglobata in un’opportuna funzione obiettivo che “guidi” l’identificazione di quei siti, da eliminare o da introdurre nella rete, secondo dei criteri di ottimalità.
La possibilità di disporre di informazione georeferenziata, e di eventuali modelli digitalizzati del territorio, diviene in questo caso rilevante per almeno due motivi. In primo luogo, permette di stimare le strutture di correlazione dei dati e di tenerne conto nella definizione del piano campionario anziché ricorre a disegni che assumono l’indipendenza delle osservazioni poco sostenibile nel caso di dati spazialmente distribuiti. In secondo luogo, permette di vincolare la scelta dei siti in modo che sia il più possibile garantita la consistenza spaziale dell’informazione: se si devono campionare edifici per rilevare la quantità di radioattività in essi presente la scelta dovrebbe escludere quelle porzioni di territorio, come laghi o aree agricole, in cui gli edifici non sono, di fatto, presenti.
1.3.4. La georeferenziazione nelle problematiche socio-