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La mappa geografica nell’arte contemporanea

4. Fondamenta 0

4.4 La mappa geografica nell’arte contemporanea

Nella storia dell’arte, da quella moderna a quella contemporanea, troviamo ricorrente il tema della mappa geografica, interpretata e studiata secondo diversi punti di vista.

Il rapporto tra arte e geografia è sempre esistito, e sono molti gli artisti che hanno fatto delle carte geografiche un soggetto iconografico delle loro opere, spaziando la loro attenzione verso diverse forme di rappresentazione e interpretazione del territorio.

La geografia, solitamente vista come disciplina scientifica e oggettiva, quando dialoga con l’arte viene messa in discussione, con il risultato di una trasformazione del concetto di geografia stesso e con la creazione di diversi tipi di indagine geografica.

Nel caso di Fondamenta 4.0 infatti l’analisi di mappatura ha indagato varie realtà, che sono state a loro volta reinterpretate in modi differenti dagli artisti.

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Probabilmente l’arte che ha fatto ricorso al linguaggio geografico può aver contribuito alla trasformazione della definizione della mappa, iniziando a far ripensare al territorio secondo punti di vista insoliti.

Ovviamente ogni artista interpreta la realtà nella propria modalità, secondo la sua sensibilità e visione del mondo, c’è quindi chi ha iniziato a pensare le sue opere a partire da mappe geografiche e mappamondi e chi invece è intervenuto direttamente e realmente nel territorio.

Le carte geografiche realizzate nel Medioevo e nell’età moderna sono fonti preziose sia per la nostra conoscenza del sapere antico sia come simbolo dell’ingegno dei nostri antenati. Molte delle carte geografiche realizzate in quei secoli possono essere considerate oggetti d’arte, e infatti vengono collezionate. Dagli inizi del Novecento inizia un cambiamento: da carte geografiche considerate opere d’arte a opere d’arte che sono anche carte geografiche. Esempio lampante sono le famosissime mappe di Alighiero Boetti, uno tra i maggiori esponenti dell’Arte Povera.

Verso la seconda metà del Novecento Boetti inizia a compiere dei viaggi in Afghanistan, dove commissiona alle ricamatrici del posto una serie di grandi arazzi, raffiguranti planisferi e mappe. Ogni paese viene ricamato dalle donne afghane con diversi colori, forme e bandiere nazionali.

La maggior parte di queste mappe, come detto prima, partono dall’analisi della carta geografica, sono quindi visivamente delle semplici carte politiche ma colorate in modo insolito, in realtà sono frutto di una riflessione sui cambiamenti geopolitici nella storia.

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Dopo la prima mappa fatta realizzare nel 1971, nel corso dei vent’anni successivi Boetti ne fece realizzare altre durante i suoi frequenti soggiorni in Afghanistan, fino a ottenere una vera a propria serie prodotta nell’arco di circa vent’anni.

La sua è stata un’operazione tipica dell’arte concettuale, egli dice infatti: “Il mondo è fatto com’è e non l’ho disegnato io, le bandiere sono quelle che sono e non le ho disegnate io, insomma non ho fatto niente assolutamente; quando emerge l’idea base, il concetto, tutto il resto non è da scegliere”42.

Oltre a Boetti un altro artista italiano attivo in quel periodo si occupa di mappe, Piero Manzoni. Egli infatti ha progettato per la rivista “Gorgona” una prima serie delle Tavole d’accertamento, la cui versione definitiva verrà edita per Vanni Scheiweller prima nell’ottobre del 1961 e poi nell’ottobre dell’anno sucessivo. Queste otto Tavole di accertamento contengono opere ideate tra il 1958 e il 1960, e comprendono in tutto due alfabeti, un'impronta, una linea, le impronte della

42A. Boatto, Di tutti i colori. Da Matisse a Boetti, le scelte cromatiche dell’arte moderna, Laterza, 2008, p.122.

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mano sinistra e della mano destra e due carte geografiche dell’Irlanda e dell’Islanda.

In particolare questo lavoro viene descritto come “Repertorio dei segni essenziali”43 proprio perché Manzoni indaga su quelli che effettivamente sono i segni basilari della nostra vita: le lettere, le impronte digitali, le linee le e le mappe appunto, tutto ciò presentato su carta bianca che fa da sfondo al grado di astrazione concettuale a cui Manzoni punta.

Guardando oltreoceano troviamo il lavoro che Jasper Johns ha fatto sia sulle bandiere americane sia sul tema della mappa.

In particolare mi riferisco alla sua opera “Map” del 1961, che rappresenta gli Stati Uniti e parte del Messico e del Canada, ispirata forse da Robert Rauschenberg che l’anno prima gli regalò una di quelle mappe geografiche degli Stati Uniti che si usano a scuola. 43 Da: http://www.pieromanzoni.org/index_it.htm Robert Rauschenberd, Map, 1961, MoMa.

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Anche se in questa tela i confini degli stati sono riconoscibili, i colori con la quale sono dipinti gli stati non li rispettano, forse a voler suggerire la fragilità e la confusione dalla politica interna della società americana dopo la guerra.

Interessanti sono le parole dello stesso Johns che commenta dicendo "I was painting a map, not making a painting of a map"44, sottolineando che il suo lavoro non era di semplice mimnesi o copiatura, ma che grazie al suo processo creativo aveva dato vita ad una nuova forma di mappa degli Stati Uniti, intervenendo quindi realmente nell’ambito della geografia grazie alla sua arte.

Dal momento che le mappe geografiche ci sono familiari da sempre perché già studiate a scuola, l’osservazione della sua opera si tinge di un connotato immaginifico, dovuto dai confini (s)confinati, ma allo stesso tempo familiare. Restando oltreoceano, Christo e Jeanne-Claude, esponenti di punta della Land Art, fanno parte invece del gruppo di autori che intervengono direttamente e realmente nel territorio. Il loro team di volontari infatti, sotto la loro supervisione, impacchetta isole, monumenti, coste marine e ponti, tutto ciò dopo un attento studio da parte degli artisti delle mappe geografiche dei luoghi interessati.

Luciano Fabbro, tornando a parlare di artisti italiani che indagano il tema della mappa geografica, è un’altro protagonista dell’Arte Povera e vicino a Manzoni che ha creato opere partendo da appunto carte geografiche, come “Mappa delle strade d’Italia” del 1989 in cui incornicia lo stradario d’Italia a forma di stivale. Molti altri artisti sono partiti dal concetto di mappa geografica per creare le loro opere, come Emilio Isgrò con il suo “Mappamondo” del 2008, Wim Delvoye con “Atlas” del 1989, Oyvind Fahlstrom e il suo “Section of World Map- A Puzzle” del

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1973 e tanti altri, a dimostrazione che due mondi, quello della geografia e quello della storia dell’arte, che sembrano distanti in realtà hanno sempre dialogato e continuano a dialogare tra di loro.

Partendo anche da questa considerazione, per la terza edizione di Fondamenta si è deciso di far interagire gli artisti e il pubblico con il contesto territoriale, sociale, culturale, turistico e naturale della fondamenta; da qui nasce il processo di mappatura del territorio che ha dato il via ai lavoro degli artisti.

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