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La normativa regionale sulle politiche del lavoro

Nel documento TESI di DOTTORATO (pagine 169-189)

10.1 - Il quadro normativo di riferimento

Il quadro normativo nazionale è solo una parte dell’articolata e complessa materia di riorganizzazione e riforma delle politiche attive del lavoro e dei servizi pubblici per l’impiego in Lombardia. Infatti, accanto alla legislazione nazionale in questi anni si sono introdotte tutta una serie di leggi regionali.

Tra queste norme, i punti di interconnessione vanno intese come il consolidarsi di un processo di decentramento (o meglio di sussidiarietà verticale) del welfare, che ha visto attribuire alle Regioni sempre maggiori competenze (Violini e Cerlini 2011).

Quest’ultime diventando istituzione fondamentale per l’attività di programmazione delle politiche e di riordino dell’intero sistema di welfare, si sono viste attribuire competenze nei settori delle politiche del lavoro. In tal senso si tende ormai a parlare di un sistema regionale di governance dei servizi pubblici per l’impiego (Di Bella 2007), perseguendo una evoluzione tanto nei rapporti verticali, tra diversi livelli di governo, quanto nei rapporti tra attori pubblici e privati (Violini e Cerlini 2011).

Di seguito verrà presentato l’elenco delle norme nazionali e regionali, selezionate in maniera ragionata tra i numerosi dispositivi che attengono al funzionamento del mercato del lavoro, che hanno influito direttamente nella riforma delle politiche attive del lavoro in Lombardia (Riquadro 10.1).

Riquadro 10.1 – Norme di riferimento politiche attive e servizi per l’impiego in Lombardia

L.R. n. 1/1999 Art. 6 Funzioni e compiti delle province nella gestione dei CPI. L.R. n. 22/2006 Legge di riforma del mercato del lavoro Lombardo.

L.R. n. 19/2007 Norme dei sistemi educativi di Istruzione formazione della Regione Lombardia

DCR n. 8-404/2007 Piano d’azione regionale (PAR) 2007/2010

L.R. n. 3/2008 Governo della rete degli interventi e dei servizi alla persona in ambito sociale e sanitario

Fonte : Regione Lombardia (2009), Rapporto di valutazione dell’intervento Labor Lab della Regione Lombardia; Servizio di valutazione del programma Operativo della Regione Lombardia Obiettivo 2 F.S.E. 2007/2013 Appalto Cod. GE.CA. n°31/2008 Primo Rapporto tematico “Dote formazione e lavoro: valutazioni preliminari” Settembre 2009;Lorenza Violini e Simone Cerlini Il sistema della «Dote» in Lombardia: prime riflessioni su un’esperienza in atto).

A partire dalla riforma del servizio sanitario il legislatore regionale è intervenuto per orientare il sistema lombardo verso la cosiddetta “libertà di scelta” dell’utente (Gori 2011). Tale principio, comunemente definito Shop-around, è declinato nella legge regionale n. 22/2006 sul mercato del lavoro (vedi paragrafo successivo), nella legge regionale n. 19/2007 sul sistema educativo di istruzione-formazione e nella legge regionale n.3/2008 sui servizi alla persona in ambito sociale e “socio‐sanitario”.

Si è così delineato un sistema delle politiche del lavoro che trova il suo punto unificante nel riferimento alla persona e nello sviluppo del capitale umano (Regione Lombardia 2009a; Di Bella 2007). Infatti, le linee di intervento del Piano d’azione regionale 2007/2010, evidenziano come snodo fondamentale della riforma sia l’attivazione di risorse a sostegno del sistema lombardo della conoscenza in modo da garantirne una maggiore competitività.

In tale contesto, le riforme legislative, che hanno disegnato un modello di welfare definito “universale e a geometria variabile”, si inseriscono nel processo di convergenza tra alcune prassi e metodi organizzativi del modello di welfare to work anglossassone (la libertà di scelta dell’utente) e alcune linee guida promosse dall’Unione Europea per la riforma del modello sociale europeo (la sviluppo del capitale umano) come fattori chiave dello sviluppo del tessuto economico lombardo.

A ciò si aggiunge che all’interno del processo di riforma in Lombardia, è intervenuta anche la Legge Finanziaria 2007, dove si disponeva lo stanziamento e le nuovi funzioni alle Province per realizzare le politiche del lavoro nel proprio territorio71.Tuttavia, seppur la Lombardia risulta l’unica regione ad aver ridimensionato il ruolo dell’attore provinciale nella gestione dei Servizi pubblici per l’impiego, questa norma non ha prodotto un conflitto con l'esecutività della Legge regionale 22/2006, ma piuttosto creato alcune criticità legate alla presenza di una pluralità di attori coinvolti nello stesso contesto e alla duplicazione delle attività72 (Regione Lombardia 2009a; OECD 2009).

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Proprio ai sensi della D.Lgs. 469/97, l’articolo 6 della Legge Regione Lombardia n.1/1999, definisce le funzioni e compiti attribuiti alle province, tra i quali è opportuno segnalare: costituzione della rete provinciale dei Centri per l'impiego(CPI); gestione ed erogazione dei servizi individuali e collettivi connessi alle attività del collocamento.

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Ad esempio il caso di Milano, dove la Provincia gestisce Afol Milano –Centro e contemporaneamente il comune gestisce il suo centro di collocamento.

10.2 - Le caratteristiche della Legge 22/2006

La Legge di riforma del mercato del lavoro lombardo (L.R. 22/2006), rappresenta la norma regionale più importante in materia delle politiche del lavoro che riguardano la Lombardia (Spreafico 2010; Marocco 2011). L’offerta pubblica dei servizi per l’impiego della Lombardia è caratterizzato da diversi elementi fondamentali, tra loro strettamente collegati, e vale a dire (Ibidem):

1. la centralità della persona a cui è indirizzato il servizio;

2. l’istituzione di un “mercato” dei servizi all’impiego, definito da modello di “accreditamento”, nei quali gli operatori pubblici e privati si trovano in una posizione di perfetta parità;

3. il passaggio dalla logica della preparazione all’occupabilità alla logica dell’occupazione;

4. la previsione di una procedura di valutazione delle performance degli operatori accreditati, cui è associato un sistema di premialità / sanzione degli stessi operatori.

Per quanto riguarda il primo punto, come è stato detto nel paragrafo precedente, l’attenzione si sposta dall’offerta di servizi da parte degli operatori alla domanda degli individui, che sono invitati a scegliere liberamente gli operatori accreditati cui rivolgersi per la fruizione di servizi personalizzati di formazione e lavoro finalizzati al loro inserimento nel mercato del lavoro (Regione Lombardia 2009b). Mentre, l’istituzione di un “mercato” dei servizi all’impiego è tutt’ora orientato alla condizione che gli operatori privati lavorino attivamente per la creazioni di reti (attualmente quasi inesistente), che agiscono in un contesto di libera concorrenza, in grado di offrire alla persona un’ampia gamma di servizi integrati e complementari (Regione Lombardia 2009b).

L’accesso alla rete degli operatori sia pubblici che privati è regolamentata dal sistema dell’accreditamento regionale (Bifulco 2011; Violini e Cerlini 2011). Infatti, il processo tuttora in atto trasforma un sistema fondato sulla esclusiva fornitura pubblica dei servizi, in un sistema in cui pubblico e privato concorrono nell’erogazione degli stessi servizi (Marotta 2011).

In tal senso, appare consolidato, un approccio che prevede alcuni capisaldi, ampiamente enfatizzati dalla “dottrina regionale” che consistono nella distinzione tra funzioni di: finanziamento (pubblica); di gestione (affidata a chi i servizi effettivamente eroga); e di acquisto (affidata agli utenti finali del servizio attraverso la leva dei voucher o delle Doti).

Qui l’accreditamento costituisce il titolo di legittimazione per l’accesso diretto ad un mercato competitivo costituito dalla autorità pubblica (Violini e Cerlini 2011). Al fine di garantire parità tra gli operatori pubblici e privati, nella legge 22/2006, il campo di applicazione soggettivo dell’accreditamento è esteso anche ai Centri per l’impiego e a tutti i centri lavoro pubblici comunali, i quali sono tenuti a dotarsi del titolo, pena l’esclusione dell’offerta dei servizi (in generale l’azione dotale conta circa 200 operatori accreditati, corrispondenti a circa 700 sportelli sul territorio).

L’obiettivo di tale sistema è quello di assicurare che gli operatori che hanno accesso ai finanziamenti pubblici offrano sufficienti garanzie di qualità dei servizi prestati e di efficacia degli strumenti erogati73. La mappatura del processo di accreditamento è importante, poiché in esso sono presenti le condizioni che permettono agli operatori pubblici e privati di erogare le politiche attive del lavoro (Fig. 10.1).

Fig. 10.1 - Processo di accreditamento (sintesi)

Fonte: Nostre elaborazioni.

Il nuovo sistema di accreditamento, (regolato successivamente dal DGR 6273/2007), introduce un elemento di novità rilevante: una procedura unica di accreditamento per

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L’accreditamento delle strutture di formazione era già stato sperimentato nella programmazione 2000‐2006 e, per contenuti e processi attuativi, è stato riconosciuto dalla stessa regione come un modello avanzato di gestione dei servizi (Regione Lombardia 2009c).

tutti i servizi. Infatti, in Lombardia il processo di osmosi tra accreditamento dei servizi formativi e di quelli al lavoro è formalizzato, essendo stato costituito un unico elenco, con requisiti tendenzialmente univoci, per entrambe le tipologie di operatori (Regione Lombardia 2009c).

Questo perché la riforma delle politiche del lavoro in Lombardia, analogamente a quanto avviene nel Regno Unito con il programma New Deal, segna il passaggio dalla logica della preparazione all’occupabilità alla logica dell’occupazione. Infatti, la procedura di accreditamento fa parte di un modello integrato che comprende l’intera filiera di servizi di formazione, orientamento e lavoro, con l’esplicito obiettivo di favorire il raggiungimento degli obiettivi dell’occupazione, superando la visione suddivisa per competenza d’area.

In altre termini, il processo di erogazione delle azioni di sostegno di politica attiva del lavoro non si dovrebbe concludere al termine della realizzazione delle azioni finalizzate all’inserimento lavorativo, bensì al momento della soddisfazione del bisogno primario e centrale dell’utente/cliente, cioè al momento dell’effettivo inserimento al lavoro.

Infine, l’ultimo elemento distintivo della legge 22/2006 e del successivo Piano d’Azione Regionale (2007-2010) consiste nella valutazione delle politiche attive del lavoro. Tenendo conto delle specificità implicate dai regolamenti comunitari, il Piano di Valutazione (PdV) si articola, ancora adesso, nelle seguenti funzioni:

1. verifica del rispetto a tutti gli adempimenti richiesti (siano esse verifiche documentali, amministrative o qualitative) per l’accreditamento;

2. monitoraggio procedurale e finanziario delle iniziative messe in atto;

3. valutare il “sistema dei servizi ”, per identificare la performance dei servizi stessi e di chi li attua (il rispetto dei criteri, i corsi attivati, gli allievi formati, l’inserimento occupazionale per singolo soggetto erogante, le eventuali criticità attuative o procedurali nella realizzazione del servizio o per il rispetto della normativa regionale, ecc.) (valutazione dei servizi);

4. valutare gli effetti delle politiche e degli interventi messi in atto in termini di efficienza (risultati raggiunti/risorse impiegate), di efficacia (raffronto tra effetti

ottenuti e attesi). In altri termini, si intende capire cosa è stato realizzato con l’intervento e quali criticità attuative hanno limitato gli effetti dell’intervento (valutazione operativa);

5. valutare la performance complessiva delle politiche messe in atto, in termini di capacità “effettiva” di rispondere ai bisogni “macro” del territorio e quindi agli obiettivi generali di sviluppo prefissati, indipendentemente dalle fonti o dagli strumenti utilizzati (è stato ridotto il tasso di disoccupazione regionale?) (valutazione strategica verticale).

Per realizzare il PdV, la legge 22/2006 individua diversi attori che hanno il compito di realizzare queste valutazioni. In particolare, l’Osservatorio Regionale del Mercato del Lavoro (art. 2 LR 22/2006) raccoglie ed analizza dati utili ai fini del monitoraggio (ovvero i primi due punti appena elencati), nonché fornisce analisi relative all’andamento del mercato del lavoro locale74.

Per quanto riguarda la valutazione (i restanti tre punti), l’Osservatorio è coinvolto solo nella verifica del sistema delle fonti necessarie all’elaborazione, mentre l’effettiva analisi viene svolta dal Valutatore Indipendente (art.17 LR 22/2006) per quanto riguarda la “valutazione dei servizi” e da un valutatore ad hoc per la valutazione strategica/operativa.

A tale valutazione sembrava connesso il sistema di remunerazione degli operatori accreditati e autorizzati. Infatti, seppur non effettivamente realizzato, le linee guida regionali prevedevano che una quota non inferiore al 75% dei finanziamenti regionali per i servizi per il lavoro fosse assegnata sulla base dei risultati della valutazione relativa all’ultimo anno (Marocco 2011).

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L’istituzione dell’Osservatorio MdLF integra le funzioni attribuite al Servizio Statistico Regionale e all’IReR per le attività statutarie di ricerca. Per maggiori informazioni si veda: www.eupolis.regione.lombardia.it (aggiornato giugno 2012).

10.3 - Accordo Stato e regione sugli ammortizzatori in deroga

Gli obiettivi regionali definiti nella legge 22/2006 e nel PAR hanno tuttavia dovuto confrontarsi con la pesante recessione economica e con i relativi interventi di carattere “straordinario” introdotti per contrastarla. Infatti, per effetto della crisi sono state varate una serie di “Accordi” tra Stato e Regioni che hanno permesso di implementare la strategia regionale di contrasto alla crisi produttiva e occupazionale che ha investito il territori lombardo dal 2009 ad oggi (Riquadro 10.2).

Riquadro 10.2 – Principale percorso degli interventi “anti-crisi”

16 aprile 2009 Accordo con il Ministero del Lavoro che stabilisce la ripartizione delle risorse dei fondi tra Governo e Regione per gli ammortizzatori sociali in deroga e le politiche attive.

16 giugno 2009 Patto per le Politiche Attive, al fine di personalizzare gli interventi di politica attiva rivolti a valorizzare le caratteristiche individuali e a favorire la riqualificazione o il reimpiego.

10 dicembre 2009 DDUO n. 13639, dove sono affrontate le problematiche gestionali ed operative relative all’implementazione dello strumento Dote – Ammortizzatori Sociali.

27 gennaio 2010 Aggiornamento dell'Accordo quadro per gli ammortizzatori sociali in deroga.

Fonte : ISFOL e Italia Lavoro S.p.A , 2010, Report: Le misure regionali di contrasto alla crisi occupazionale connesse

con l’Accordo Stato – Regioni, disponibile al sito www.italialavoro.it (aggiornamento giugno 2012).

Tali “Accordi” sono centrata su una serie di fattori, quali (ISFOL e Italia Lavoro 2010): 1. un ampliamento della platea dei lavoratori beneficiari di ammortizzatori sociali

attraverso l’estensione delle coperture degli “ammortizzatori in deroga” a categorie di lavoratori finora non coperte da alcuna forma di sostegno al reddito in caso di sospensione e di perdita del posto di lavoro;

2. assicurare la più ampia base occupazionale attraverso una redistribuzione dell'orario di lavoro, favorendo contratti di solidarietà, cassa integrazione a rotazione/riduzione di orari di lavoro;

3. la definizione di un pacchetto di servizi (es. Lombardia, Veneto) o strutturazione degli stessi per macrotipologie di percorsi (es. Puglia, Liguria) comprensivi di servizi al lavoro e alla formazione, opportunamente modulati e dettagliati75

;

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Attraverso l’erogazione di due tipi di servizi: a fronte di una ridotta disponibilità alla fruizione di politiche attive dettata da una condizione di sospensione breve dal lavoro, l’offerta di servizi proposti si è collocata in un range che andava da un minimo di orientamento, informazione e accompagnamento alle scelte formative sino ad un massimo

4. una maggiore integrazione tra politiche passive e politiche attive del lavoro, rendendo più stringente la partecipazione a misure di politica attiva da parte dei soggetti destinatari di forme di sostegno al reddito, pena la perdita dell’indennità76

.

Il processo ha visto i diversi livelli di governo, nazionale e regionale, impegnati in una azione congiunta, sancita dall’Accordo tra Stato e Regioni del febbraio 2009, nel quale i due attori si sono impegnati a cofinanziare le diverse misure di ampliamento degli ammortizzatori in deroga per il 2009 ed 2010 anche utilizzando le risorse del Fondo Sociale Europeo. Infatti, per la prima volta, in Italia l'uso dei finanziamenti FSE univa strumenti che coniugano sostegno al reddito e interventi di politica attiva del lavoro77. Sulla base degli accordi stipulati, l’onere a carico dei fondi nazionali ha riguardato il 70% dell’importo, nonché l’intero costo legato alla contribuzione figurativa. Tale importo, è integrato da un contributo del 30% a carico delle Regioni con l’utilizzo del risorse comunitarie. Inoltre, sempre attraverso le risorse del Fondo sociale europeo (per un valore non superiore alla quota regionale) si sono finanziate le politiche attive del lavoro e anche il loro monitoraggio (Fig. 10.2).

di erogazione di formazione breve; nel caso di sospensioni lunghe o di condizioni di mobilità, l’offerta di politiche attive ha potuto prevedere un approccio più personalizzato, comprensivo di un mix di azioni che vanno da un minimo di orientamento approfondito e formazione sino ad un massimo di formazione lunga e accompagnamento al lavoro o consulenza all’autoimpiego.

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L’INPS, sulla base degli Accordi stipulati tra le Regioni e le Parti Sociali, acquisita la dichiarazione di immediata disponibilità da parte dei lavoratori beneficiari eroga il sostegno al reddito. A questo punto, attraverso la “presa in carico nominativa” del lavoratore da parte della Regione, quest’ultima autorizza l’erogazione al lavoratore del contributo di sostegno al reddito di sua pertinenza. Qualora il lavoratore rifiuti il percorso di azioni formative e di politiche attive, l’INPS comunica l‟avvenuta decadenza dei trattamenti di sostegno al reddito. In realtà, per i trattamenti in deroga, il riferimento alla perdita del sostegno al reddito nel caso di rifiuto di una offerta di formazione o di lavoro era già contenuto nella legge 3 dicembre 2004, n. 291, in questo contesto è reso più stringente. Infatti, non soltanto il destinatario del sostegno al reddito è tenuto a dichiararsi disponibile e a non rifiutare le offerte di formazione o di lavoro, ma per la prima volta l‟INPS è chiamato a predisporre una banca dati nazionale contenente i nominativi delle persone.

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Il cofinanziano (tramite i Programmi operativi regionali del Fondo sociale europeo) anche una quota del sussidio al reddito è una concessione della Commissione Europea in via eccezionale solo per il periodo 2009 – 2012.

Fig. 10.2 – Schema ripartizione delle Risorse dei base all’accordo Stato regioni del Febbraio 2009

Fonte: ISFOL e Italia Lavoro S.p.A (2010), Report: Le misure regionali di contrasto alla crisi

occupazionale connesse con l’Accordo Stato,(www.italialavoro.it).

In generale, l’Accordo Stato Regioni, per il solo target dei percettori di ammortizzatori sociali in deroga ha assegnato alle politiche attive una “inedita funzione” di complemento all’ammortizzatore sociale nel periodo di non lavoro (sospensione o mobilità).

Proprio questo “inedita funzione” è stato oggetto di controversia; infatti, sebbene l’intento di combinare la componente “passiva” degli ammortizzatori sociali in deroga con una componente “attiva” appaia lodevole in una prospettiva di flexicurity, nell’ottica di un “patto di servizio” tra percettore dell’indennità e servizi per l’impiego, una contraddizione emergeva chiaramente nella sua stessa progettazione: da un lato, il lavoratore sospeso rimaneva formalmente dipendente dal suo datore di lavoro, dall’altro, secondo quanto prescritto dalla legge, lo stesso doveva dichiararsi immediatamente disponibile al lavoro (pena il decadimento dei benefici), per realizzare programmi di riqualificazione professionale e di ricollocamento realizzati su base regionale (Pizzuti 2010). Paradossalmente, il datore di lavoro che richiedeva l’accesso a questo strumento per superare una fase di temporanea difficoltà economica si sarebbe trovato a rischio di “perdere” alcuni dei propri dipendenti, qualora il Centro per l’impiego competente avesse trovato loro una nuova occupazione o avesse fornito strumenti di riqualificazione adeguati per trovare un nuovo impiego.

Questo possibile nonsense lasciava intendere che difficilmente questa parte delle legge potesse realmente trovare effettiva applicazione. Infatti, non pochi sono gli studiosi che hanno evidenziato come lo strumento, più che rincorrere una prospettiva

di flexicurity, non intendesse invece rappresentare un modo alternativo per ottenere il finanziamento di una parte dei sostegni economici con le risorse comunitarie.

10.4 - L’azione dotale in Lombardia

Con il Piano d’azione Regionale (PAR) 2007-2010, la Regione Lombardia ha definito le linee-guida per gli interventi di politica del lavoro avviando una sorta di “grande sperimentazione” del nuovo modello di servizi per il lavoro disegnato con la legge 22/2006 (Regione Lombardia 2009a).

Strumenti centrali di attuazione del processo di riforma del welfare lombardo sono il piano di intervento personalizzato (PIP) e la Dote78. In linea con i principi di attivazione della Strategia europea per l’occupazione, questi strumenti prevedono la definizione di un piano, che costituisce una sorta di contratto ove sono indicati i reciproci impegni del lavoratore e dell’ente accreditato, nel quale sono individuati i servizi ritenuti fondamentali per favorire il reimpiego del soggetto in difficoltà occupazionale (Expert Italia et al. 2009; Spreafico 2010; Isfol 2011).

La Dote o “azione dotale” viene assegnata a particolari categorie di soggetti, di volta in volta individuati come destinatari di specifiche iniziative, pubblicizzate tramite avvisi pubblici. Essa va “spesa” tra gli operatori che hanno aderito a ciascun avviso e il suo valore è predeterminato in funzione del costo del pacchetto di servizi previsto come necessario ai fini di conseguimento degli obiettivi formativi ed occupazionali previsti . Ciascun individuo può beneficiare, nell’anno solare, di più di un titolo entro un limite di spesa massima (il cosiddetto borsellino Dote) e comunque delle disponibilità finanziarie programmate e comunitarie (Marocco 2011).

I destinatari delle iniziative possono accedere alle Doti tramite una procedura che si svolge tutta in via informatica (tramite il Sistema informativo GEFO). Gli operatori vengono remunerati sulla base del costo dei servizi erogati in favore del titolare della

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La sperimentazione fondato sul concetto di Dote è avvenuto per la prima volta in Veneto, da cui deriva la sua definizione.

Dote, nei limiti di una durata massima in ore. Il pagamento avviene “a processo”, e vale a dire in relazione all’avanzamento dell’attività, ovvero “a risultato” (Ibidem).

In realtà, una prima sperimentazione era già stata realizzata dal programma regionale 2007 dal titolo LaborLab (Linee di sviluppo del capitale umano), promosso mediante un protocollo di intesa con il Ministero del lavoro e finanziato per 15 milioni di euro (Cicciomessere e Sorcioni 2009). Tuttavia, a differenza del passato, la Dote Lavoro, Formazione o Lavoro Ammortizzatori sociali rappresentano lo strumento centrale tramite il quale alcune categorie di soggetti, in possesso di determinate caratteristiche definite dalla programmazione regionale, posso usufruire delle politiche attive del lavoro.

In pratica il percorso Dote si articola in vari step, inizia con l’operatore accreditato che una volta verificato il possesso dei requisiti soggettivi fissati nella singola iniziativa ed effettuata la profilazione dell’utente79, stipula con il beneficiario della Dote il Piano

Nel documento TESI di DOTTORATO (pagine 169-189)