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1.3. DAL DECAMERON ALLE NOVELLE DELL’ORLANDO FURIOSO

1.3.2. La novella nel poema cavalleresco e il Cinquecento

Nel corso del XVI secolo è dunque l’idea di un novelliere organico su modello boccaccesco a interessare il panorama letterario italiano, in contrapposizione a una tendenza novellistica “spicciolata”87

nettamente preferita nel Quattrocento (complice anche una franca antipatia di matrice bembiana verso il genere narrativo) ma ora del tutto minoritaria:

il tipico gene decameroniano della novella “incorniciata” […] spiega la naturalezza con la quale il genere novellistico si insinua entro generi letterari diversi, che vengono così adibiti alla funzione di scena testuale dell’atto del novellare o, più schematicamente, di “cornice”. Sta di fatto che la prima fortuna del genere novellistico, nel Cinquecento, non si identifica con una

86 BRUSCAGLI 1996, pp. 836-837.

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fioritura di libri di novelle e neanche, a dire il vero, di prosa novellistica. La novella esordisce invece all’interno del romanzo di cavalleria in ottave, nel

Mambriano e nell’ Orlando furioso. 88

Per comprendere il fenomeno novellistico nell’ambito del romanzo cavalleresco, è necessario fare un piccolo passo indietro e riprendere alcuni passaggi della storia della novella.

Come già trattato nella prima sezione del presente capitolo, giungere a definire una caratterizzazione univoca e assoluta della novella in quanto genere letterario, è impresa ardua se non impossibile89: a questa situazione generale, si deve aggiungere il caso particolare della «novella presente nel poema e nel romanzo cavalleresco, la quale sembra sempre in qualche modo voler sfuggire a diverse delle caratterizzazioni che ne sono state date o perlomeno tentate»90; considerate anche la mobilità e la complessità degli intrecci narrativi dispiegati nell’intera produzione del poema e del romanzo cavalleresco, la classificazione della novella presenta infatti ostacoli ulteriori, specie nell’infondatezza dell’accostamento del genere novellistico alla sola prosa, come ad esempio la forma della “novella in versi” testimonia.

Riprendendo il breve excursus realizzato da Sangirardi circa gli inserimenti novellistici nei romanzi di cavalleria, si nota che

l’inscription de la nouvelle dans le corps du roman chevaleresque remonte aux grandes compilations en prose d’oïl du XIII ͤ siècle, du moins si l’on s’en tient à la définition formelle de la nouvelle […] récit métadiégétique d’une certaine longueur. En effet, l’artifice métadiégétique est largement présent dans le Tristan en prose et surtout dans Guiron le courtois. Dans ce dernier livre, le

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BRUSCAGLI 1996, p. 839 ; l’autore precisa inoltre che «già Boiardo aveva felicemente innestato la novella nel corpo del romanzo, sfruttando in modo caratteristico la coincidenza tra le suggestioni dell’argentea classicità apuleiana e il modello decameroniano […]: vale a dire, fermando il flusso della narrazione romanzesca nello spazio chiuso del racconto breve […], nel quale i contesto cavalleresco si pone nei confronti della novella negli stessi termini della cornice boccacciana.» (Ibidem ).

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Si veda il par. 1.1. ; alla voce “Novella” dell’Enciclopedia Italiana (XXIV p. 995) si legge: «Impossibile definire con sufficiente precisione la novella, che nei vari tempi e paesi assume aspetti diversi». Nell’Enciclopedia Europea (VIII p. 143) la si trova catalogata come «breve narrazione in prosa, più raramente in versi, di un fatto reale o immaginario.» (Cfr. FRANCESCHETTI 1989, p. 805.)

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réseau des récits métadiégétiques constitue […] la véritable ossature de l’édifice romanesque […] et une source très riche d’effets narratifs brillants. Les chevaliers du Guiron passent beaucoup de tempsà se raconter des histories, qu’il s’agisse d’expliquer l’origine d’une coutume ou la cause d’une aventure, ou encore de se remémorer leur passé.

l’inserzione della novella all’interno del romanzo cavalleresco risale ai grandi componimenti in lingua d’oïl del XIII secolo, più recentemente se si prende in considerazione la definizione formale di novella […] come racconto metadiegetico di una certa lunghezza. Infatti, l’artificio metadiegetico è presente in larga misura in prosa, nel Tristano e soprattutto nel Girone il

cortese. In quest’ultimo, il reticolo dei racconti metadiegetici costituisce […] il

vero scheletro della struttura romanzesca […] oltre che una ricchissima fonte di brillanti effetti narrativi. I cavalieri del Girone trascorrono gran parte del tempo a raccontare storie, le quali hanno lo scopo di dare una spiegazione sull’origine di un’usanza o di un’avventura, o ancora, di rimembrare un episodio del proprio passato.91

Nella prosa risulta quindi non inusuale l’inserimento di novelle come “racconto nel racconto”, attraverso la metadiegesi appunto (tecnica permettente una vera e propria «orchestrazione dei punti di vista nel racconto complessivo»92 particolarmente cara ad Ariosto per il suo Orlando furioso, come si vedrà), in cui i personaggi diventano narratori a loro volta, con lo scopo ad esempio di fornire informazioni su sé stessi o su un dato fatto, mirante a dilettare l’interlocutore (e allo stesso tempo il lettore) o a fornirgli, direttamente o indirettamente, la “chiave” per scoprire o imparare qualcosa su sé stesso e ciò che lo circonda.

Ed a interessare il genere novellistico nel Cinquecento è in particolare quest’ultima funzione della novella, funzione che trova pienamente il suo senso inserita, come già visto, in un determinato contesto storicizzato, presentando così l’opera come una sorta di “novelliere in romanzo”.

91 SANGIRARDI 2009, p. 117.

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Nel caso del poema cavalleresco, è proprio il contesto di cavalleria a rivestire, per la novella, lo stesso ruolo che la “cornice” aveva nel Decameron di Boccaccio; «proprio questa tipologia narrativa, della storia breve appaltata a un narratore implicato nella trama romanzesca, e che da questa attende la risoluzione della peripezia novellistica, è quella prediletta da Ariosto nel Furioso»93, in cui il contesto cavalleresco non deve figurarsi d’altro canto come evasione dalla realtà della vita: anzi, è attraverso la finzione romanzesca che Ariosto si avvicina ai grandi problemi della sua epoca, con un’attenta riflessione etica sull’uomo, sulla storia e, di riflesso, anche su sé stesso.

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