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La Photographie: anticipazione di Derniers remords avant l’oubli

Nel documento LA DRAMMATURGIA DI JEAN-LUC LAGARCE (pagine 181-189)

3. L’Intimo e il Mondo

3.5 La Photographie: anticipazione di Derniers remords avant l’oubli

l’oubli

Pièce del 1986 scritta per una coreografia senza titolo di Hideyuki Yano, creata all’Espace Planoise di Besançon, risulta particolarmente interessante poiché è una sorta di preparazione alla successiva, Derniers remords avant l’oubli, la quale, come si vedrà, rappresenta un punto nodale nell’opera lagarciana. Le due pièces si costruiscono su un abbozzo di trama comune: un gruppo di amici che si ritrovano a distanza di anni e faticano a ritrovare ed a condividere gli affetti e le idee di un tempo. La Photographie, sebbene appaia come una sorta di cantiere per la pièce successiva, ha una sua propria originalità. Divisa in due parti, nella prima assistiamo ad una sorta di ritorno del teatro ioneschiano, con dialoghi assurdi; la seconda si struttura come un lungo monologo di un solo personaggio.

Ne La Photographie il drammaturgo si concede una libertà di sperimentazione che ci consegna una pièce del tutto originale. Essa è costruita in due parti, la prima a sua volta suddivisa in due capitoli, ognuno con un titolo. I personaggi indicati dal drammaturgo nel dramatis personae sono sette, ciascuno con un nome proprio, fatto che costituisce già di per sé una rarità nella produzione dello scrittore: Elisabeth, Hélène, Paul, Klaus, Marthe, Luise e Pierre471.

Nella prima parte del testo, si comprende che i protagonisti sono amici che si incontrano dopo vari anni e che faticano a riconoscersi e a ritrovare una comunicazione vera. Lagarce sceglie ancora una volta un registro completamente privo di determinazione psicologica e realistica. Questa prima parte si suddivide, come accennato, in due altre sezioni intitolate “Réception” e “Naufrage”. In questa prima parte la forma monologica è presente ma non imperante, lasciando spazio a soluzioni di tipo dialogico. L’aspetto originale della pièce risiede principalmente nella sua struttura: la seconda parte infatti è completamente occupata da un lungo monologo di un solo personaggio femminile, Catherine, la cui presenza non è annunciata nel dramatis personae: il personaggio è nominato a più riprese dagli altri nella prima parte dell’opera.

Béatrice Jongy traccia la relazione che unisce l’autore Lagarce all’arte della fotografia. Il suo articolo è scritto in funzione di una mostra fotografica dedicata al drammaturgo scomparso, in occasione dell’anno Jean-Luc Lagarce, il 2006,

471

inaugurato a Besançon. La mostra raccoglieva le fotografie scattate da Lin Delpierre472 durante le prove e le rappresentazioni di tre spettacoli itineranti diretti dal drammaturego stesso tra il 1992 e il 1994. Lagarce è stato uno scrittore particolarmente attratto dalla fotografia. Egli era solito collezionare album fotografici familiari e incollare fotografie di scrittori sulle pareti delle sue abitazioni.

L’articlo di Jongy risulta particolarmente interessante perché riflette, all’interno anche di un contesto teorico sull’arte fotografica, sui legami tra la fotografia ed altre pièces lagarciane quali, il dittico di Histoire d’amour e Juste la

fin du monde. Secondo l’autrice, la fotografia è un elmento costitutivo dell’opera

di Lagarce473. La fotografia ha infatti un rapporto stretto, secondo la riflessione di Roland Barthes, con la morte e l’autobiografia. Il tema della morte aleggia nelle pièces del drammaturgo a partire dall’introduzione nella sua opera della figura del ‘figliol prodigo’. A tale archetipo biblico si collega anche l’affermazione della dimensione autobiografica nella sue pièces. La fotografia può riferirsi inoltre a temi lagarciani maggiori come il ricordo e la memoria, il ritorno sulle tracce del proprio passato:

Dans Juste la fin du monde et Le Pays lointain, la pièce est introduite par le locuteur, déjà mort. La voix que l’on entend est d’outre-tombe. Aussi la photographie correspond-elle bien à cet œuvre, saisit ce qui est l’essence même du théâtre, à savoir le retour des morts. Barthes a nommé «spectrum» ce qui est photographié, car ce mot conserve dans sa racine un rapport au spectacle et ajoute l’idée du retour du mort. […] La photographie pour Lagarce s’apparente à l’acte qui consiste à marquer la page d’un livre […]. Philippe Ortel, dans La Littérature à l’ère de la photographie, a souligné le caractère autobiographique de la photographie mais aussi la dimension photographique de l’autobiographie […] C’est un processus de révélation. Le cas de Jean-Luc Lagarce est donc d’autant plus intéressant qu’il est l’auteur de pièces autobiographiques474

.

La pièce non è divisa in scene o sequenze, tuttavia le due pagine iniziali, prima della sezione dal titolo “Réception”, costituiscono una sorta di prologo in cui i personaggi si incontrano e mettono in scena la cerimonia convenzionale dei saluti,

472

Queste foto sono state raccolte e pubblicate in un volume: Un ou deux reflets dans l’obscurité, Besançon, Les Solitaires Intempestifs, 2004.

473

Béatrice Jongy, «Jean-Luc Lagarce, l’écrivain exposé», dans Interférences littéraires, nouvelle série, n° 2, «Iconographies de l’écrivain», (s. dir. Nausicaa Dewez & David Martens), mai 2009, p. 161. La fotografia costituisce un ulteriore legame tra la drammaturgia di Lagarce e il Nouveau Roman.

474

che ritroveremo con le medesime modalità comico-parodistiche in Derniers

remords avant l’oubli. Tale aspetto di comicità e parodia risiede fin dalla prima

battuta della pièce affidata ad Hélène, la quale recita una sorta di lista di parti strutturali di un testo o di un libro. All’interno di tale lista una parentesi inserisce una citazione, tra virgolette, che deforma l’incipit biblico:

Hélène. - «Avant», introduction, préface, le début, la préface à la première édition, la préface à la seconde édition, le prologue, oui aussi, le prologue, les préliminaires, le commencement, («au début était le commencement»), l’avant-propos, la seconde préface à la première édition, l’avertissement, le prière d’insérer, la première page, frontispice, avant…475

.

La seconda battuta della pièce è una sorta di didascalia introduttiva interiorizzata nel testo, quasi una specie di sinopsis: “Elisabeth. – Cela se passe quelques années après que nous nous sommes rencontrés, tous, la première fois. Cela se passe de nos jours”476. Un’indicazione simile la si troverà nella didascalia

iniziale di Derniers remords avant l’oubli, pièce nella quale il realismo acquisterà una rilevanza mai riscontrata prima nel teatro lagarciano.

Un’accurata introduzione della pièce allo spettatore viene quindi conclusa da altre due battute, di Hélène e Elisabeth:

Hélène. – Nous nous étions perdus de vue. C’est l’histoire (si on veut), c’est l’histoire de gens qui se sont perdus de vue, qui se retrouvent, et qui se souviennet qu’ils se connaissainet, « avant », quelques années auparavant. C’est la même histoire que la dernière fois, à quelques détails près.

[…]

Elisabeth. – Nous nous connaissions, nous en sommes certains, c’est l’histoire de gens (la dernière fois, c’était déjà la même chose), c’est l’histoire, à quelques variantes près, de gens qui sont persuadés de s’être connus, quelques années plus tôt: (c’est ici même que cela se passa), la dernière fois, c’était sur un temps plus long, qui sont persuadés de s’être connus, lorsqu’ils étaient plus jeunes477

.

Segue una serie di presentazioni al pubblico da parte dei personaggi che semplicemente dicono il loro nome, ricalcando lo stile del teatro dell’Assurdo:

Paul. – Je m’appelle Paul.

475

J.-L. Lagarce, La photographie, in Théâtre complet II, cit., p. 247. 476

Ibidem. 477

Klaus. – Je m’appelle Klaus (C’est un prénom d’origine autrichienne.) […]

Marthe. – Mon prénom est Marthe. Louise. – Louise.

[…]

Pierre. – Moi, c’est Pierre.

Elisabeth. – Mon prénom, c’est Elisa, mais on m’appelle généralement (tout le monde) Elisabeth.

Hélène. – Hélène478.

Ha quindi inizio la sezione intitolata “Réception”. Ciò che il drammaturgo costruisce qui è una sequela di dialoghi tra sordi che ricorda molto il teatro ioneschiano. Ogni personaggio parla, ma in fondo nessuno sembra ascoltare. I personaggi non sono dotati di nessun particolare segno distintivo che li differenzi l’uno dall’altro. Protagonista assoluto risulta allora ancora una volta il linguaggio, ma, come spesso nel Lagarce più ‘maturo’, e secondo la lezione di Ionesco, le parole non consentono la comunicazione tra gli individui. Un esempio di tale Assurdo, che ricorda proprio La Cantatrice chauve, lo si trova in questa battuta:

Klaus. – Je vous prie de m’excuser. Je ne vous ai pas très bien entendu. Je suis Klaus. Je ne vous écoutais pas. Toi, je ne t’écoutais pas. Je ne prêtais pas attention à vous. Nous nous connaissons, nous nous connaîtrions? C’est drôle, je ne me souviens pas479.

Elemento che caratterizza lo scambio verbale tra i personaggi è il ricorrere in modo insistito agli atti linguistici delle forme di cortesia, i quali si uniscono alle consuete ripetizioni di interi sintagmi che appartengono indelebilmente alla creatività lagarciana. Scambi molto simili, con forme di cortesia e di saluti, sono presenti sempre in Derniers remords avant l’oubli:

Klaus. – Je te demande pardon? Je vous demande pardon?

478

Ibidem. 479

Marthe. – Excusez-moi, je ne désire pas être désagréable immédiatement, je ne désirerais pas être désagréable immédiatement. Je vous prie de m’excuser, bien vouloir m’excuser, je ne vous ai pas très bien entendu480

.

Nelle fome di cortesia, si assiste ad uno strano continuo passaggio fra il voi e il tu, che simbolizza l’incertezza, l’imbarazzo e forse il malessere dei personaggi nella situazione in cui si sono venuti a trovare. Esempi ne sono queste due brevi battute: “Elisabeth. – Excusez-moi; je vous demande pardon? Qu’est-ce que tu as dit?” 481; “Marthe. – On se disait «tu»? Je vous disais «tu» et tu me disais «tu»?

Ah?”482

.

I protagonisti faticano a ricordare il passato vissuto insieme o non vogliono ricordarlo, anzi dichiarano a più riprese di volerlo dimenticare. Ciò che è dato comprendere allo spettatore è che i rapporti tra di loro sono cambiati. Come al solito in Lagarce, le motivazioni che hanno portato i personaggi ad allontanarsi tra loro restano oscure. Viene solo fatto accenno ad una scena del passato in cui un incidente, non spiegato, avrebbe minato per sempre i rapporti di tutti:

Elisabeth. – Il ne s’agit pas tant de ne pas entendre que de ne pas vouloir écouter. […] Je souhaite beaucoup oublier, ne plus me souvenir de rien, c’est tout à fait moi, cela. C’est ce que j’ai décidé et c’est peut-être là qu’il faut chercher l’explication.

Louise. – Paul! Tu ne me regardes pas et je reste sur le pas de la porte à attendre, je ne sais pas, à attendre que tu me voies à ton tour. Lorsque je suis partie (la dernière fois, j’étais plus jeune), après tout ce qui se passa, cette violence, le départ de l’autre, la huitième, ces scènes pénibles, tu ne me regardais pas, non plus.

Marthe. – Moi. J’habite avec un autre homme. Je vis avec lui. Nous avons un enfant. Personne ici ne les connaît. Mon mari n’a pas souhaité venir, il n’y a pas été convié. Nous ne parlons jamais de cela, reparlons jamais de cela, toute « cette histoire », c’est le passé […]483

.

Nella seconda sezione della prima parte, intitolata “Naufrage”, si assiste ad una sorta di spiegazione dei fatti passati. Hélène, nella prima battuta, scrive quasi un sottotitolo al capitolo: “Ce qui se passa (notre vie à tous les huit)…”484. In un lungo monologo Hélène fa rivivere la scena capitale che ha condizionato le

480 Ivi, p. 248. 481 Ivi, p. 250. 482 Ivi, p. 252. 483 Ivi, pp. 253-254. 484 Ivi, p. 256.

relazioni nel gruppo di amici. Il personaggio di Catherine, la donna assente alla riunione, sembra aver rivestito un ruolo decisivo nella rottura che si è creata. Tale scena funziona come una visione, una sorta di flash back cinematografico, che tuttavia si limita a rievocare e rendere palpabile un avvenimento del passato senza spiegare le cause e le motivazioni della lite che tenta di raccontare. Il riferimento al flah back cinematografico viene fatto dallo stesso Klaus nella battuta precedente il monologo di Hélène: “Le retour, le long retour, jamais cru que je reviendrai, flash back encore, le flash back, terme anglo-cinématographique”485.

Un altro elemento che accomuna La photographie con Derniers remords

avant l’oubli consiste nella crescente ricerca da parte del drammaturgo di

commistione linguistica tra letterarietà e oralità quotidiana, quest’ultima resa dalle pause, dalle esitazioni, dagli incisi, dalle correzioni all’interno dell’enunciazione, dal consueto ricorso ai deittici:

Hélène. – […] Elle, là, la huitième… appelons-la… je ne sais pas, cela m’est bien égal, m’a toujours été bien égal… au bout du compte, Catherine, quelque chose comme ça… la huitième jette le contenu de son verre à la tête d’un garçon, lequel je ne sais pas, je regarde par la fenêtre et il la gifle en retour. Possible aussi que les choses aient été inversées, qu’il l’ait giflée en premier, le premier, je ne sais pas, je regardais par la fenêtre. Lui, là, un des autres hommes qui est près de lui, essaie de l’empêcher, de l’en empêcher, elle, elle sort, Catherine, n’importe qui. Personne ne la retient. Deux hommes se battent, ils étaient amis auparavant. […] Tout est fichu. Je pars, je traverse la salle, tu ne me regardes pas, je reste sur le pas de la porte à attendre, je ne sais pas, à attendre que tu me voies à ton tour. (Je ne raconte pas très bien les choses). On sen quitte, c’est bête, on se dit cela, il ne se passa rien, on se quitte, on ne se revoit plus de toutes ces années486.

La seconda parte della pièce è interamente occupata da un monologo della misteriosa Catherine. Tutto il monologo non è altro che la descrizione di una fotografia, nella quale compaiono i personaggi presenti nella prima parte, ancora giovani. In tale descrizione non vi è quasi niente di realistico. Ciò che conta ancora una volta in Lagarce è il linguaggio e lo stile letterario. Ritroviamo tutto il bagaglio estetico lagarciano: ripetizioni e correzioni di sintagmi e parole, incisi e parentesi, commenti, pause, utilizzo dei deittici, fusione tra letterarietà e oralità.

La vera novità riesiede nella ricerca di una musicalità interna alla prosa, offerta non solo nelle ripetizioni-variazioni-correzioni (fondamentali, come

485

Ibidem. 486

vedremo, in Derniers remords avant l’oubli) o dalla punteggiatura, ma anche da pause indicate visivamente da uno spazio bianco sulla pagina (indicazioni tipografiche), all’interno di frasi lasciate come per un istante in sospeso e poi riprese nella linea successiva. Nella parte iniziale del monologo troviamo esempi di quanto affermato:

Catherine. – Là, sur la seconde photographie (page ci-contre, en haut), mais c’est quelques années après que nous nous sommes rencontrées, et peut-être ce jour-là que nous nous sommes quittés, date anniversaire aujourd’hui, avec le recul (toujours avece le recul),

Deux ou trois années après que nous nous sommes rencontrés (il me semble que nous nous connaissions parfaitement),

sur la seconde photographie, là, moi, je suis très exactement (cela ne fit aucun doute, à peine un regard jeté et je me retrouvai, reconnue aussitôt, «premier coup d’œil». Je n’ai pas tellement, oh!, pas tellement changé, tout ça, le visage, mon allure, apparence générale – toujours ce problème d’apparence générale - , mes cheveux sont plus longs, étaient plus longs, «à cette époque», «en ce temps-là»),

sur la seconde photographie, là, moi, je suis très exactement […]

je suis très exactement la deuxième, seconde, à gauche («à gauche», sur la photographie, pour l’observateur attentif, le photographe aussi, bien sûr, logique, placé en face de nous, c’est un point d’enfantillage, je sais cela, je ne l’ignore pas, combien on me le reproche! me le reprocha! mais j’aurai très souvent l’occasion de revenir sur ce point, cet aspect-là des choses, ce serait mal me connaître que d’imaginer le contraire…) […]487

.

Nel prosieguo del monologo, Catherine offre un accenno di descrizione di sé:

[…] placée seconde de gauche, donc, au dernier rang, le quatrième, je l’ai dit, assez facile, aisé de reconnaître, remarquer, jeune femme à l’époque, habillée de noir, en noir (le procédé photographique employé ne précise rien, il est vrai: jeune femme à l’époque habillée de la manière la plus sombre), regardant l’objectif, le fixant, sans sourire, incapable peut-être, bien possible, incapable de sourire, à l’époque, jamais, mais pas triste, non, pas triste, ce n’est pas ce que je dis, ce que je souhaite dire, et les cheveux, je l’ai dit, oui, je l’ai dit, les cheveux plus longs que maintenant, aujourd’hui […]488

.

Infine, Catherine, descrivendo l’immagine della fotografia, evoca tutti gli altri personaggi protagonisti della prima parte della pièce:

[…] Légèrement décalée, donc, avec la main de Marthe (appelons-la Marthe, cela sera plus commode), avec la main de Marthe posée sur l’épaule, sur son épaule, il y a (sur la photographie), il y avait (dans la réalité, à l’heure de la pose), et c’est là que je souhaitais en venir, en arriver, coûte que

487

Ivi, pp. 261-262. 488

coûte, il y a Elisabeth (nous la nommions par ce nom, ce prénom, uniquement ainsi, jamais entendu nommer autrement, d’une autre manière, prénom ou diminutif, surnom pas mieux, non, même pas, sobriquet pas davantage, non…)

[…]

À sa gauche, légèrement décalé pour moi, toujours à ma gauche, mais presque imperceptiblement tourné vers l’autre côté, prêt à lui donner le dos, la laisser, l’ignorer, rien, presque imperceptiblement, ce sont les jambes qui indiquent cela, croisées la droite sur la gauche et entraînant légèrement le corps vers son voisin (Paul),

à sa gauche, à la gauche d’Elisabeth, et moi encore, juste au milieu d’eux, au quatrième rang, à sa gauche, il ne sourit pas, et je ne me souviens pas l’avoir jamais vu sourire, l’avoir jamais connu souriant, jamais, autant que je cherche dans ma mémoire,

à sa gauche, solitaire, les mains sur les genoux, regardant l’objectif, sans autre lien avec personne (et moi, j’aurais pu poser ma main sur son épaule, comme le fit Marthe pour Elisabeth),

à sa gauche, Pierre, il a vingt-deux ans489.

Béatrice Jongy evidenzia la centralità del monologo di Catherine come costitutivo della pièce, proponendo che la fotografia descritta sia la fotografia di una classe a scuola, in cui compaiono gli stessi personaggi della pièce:

L’intrigue de la pièce La Photographie – c’est un personnage qui parle –, «c’est l’histoire de gens qui se sont perdus de vue, qui se retrouvent, et qui se souviennent qu’ils se connaissaient, ‘avant’, quelques années auparavant. C’est la même histoire que la dernière fois, à quelques détails près ». Car

cette scène de retrouvailles qui affirme un échec de la reconnaissance se répète à intervalles réguliers. Jean-Luc Lagarce illustre ici ces photographies d’un passé à demi oublié, ces visages vaguement familiers, et la réitération de ce geste que permet la photographie, mais qui n’autorise aucun progrès. À chacune de leurs rencontres, les personnages reprennent tout à zéro. L’image est prise, on peut la regarder à nouveau, mais elle ne livrera rien de plus. La deuxième partie de la pièce est le commentaire d’une photographie, de classe sans doute, par l’une d’entre eux, dans l’album qu’ils feuillettent. Comme l’écrit Barthes, la Photographie ne remémore pas le passé, ne restitue pas ce qui est aboli, mais atteste «que cela que je vois, a bien été»490.

489

Ivi, p. 266. 490

3.6 Derniers remords avant l’oubli: il ritorno alla tradizione. Un

Nel documento LA DRAMMATURGIA DI JEAN-LUC LAGARCE (pagine 181-189)