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La più importante?

Nel documento Lo scettro di Platone (pagine 51-55)

Per analizzare il ruolo che queste due verità hanno entro il pensiero platonico, non solo entro gli scritti, tenterò di ordinare ed esprimere la sua complessità e l’indecifrabilità.

I risultati dialettici della Repubblica presuppongono un’ulteriore verità della quale essi ne sono in realtà solo l’immagine; rappresentano l’incarnazione nel mondo concreto e materiale degli uomini, delle idee di Bene o di Giustizia (che Platone usa come sinonimi e il cui rapporto non approfondisce).

Questo nuovo livello di verità, livello metafisico-ontologico, rappresenta la novità della filosofia rispetto alla poesia arcaica, una novità che non entra nella storia del pensiero con Platone (qui è in questione, credo, la stessa nascita della filosofia), ma che egli rielabora e fa proprio: è il celeberrimo mondo delle idee, dove ogni entità è immutabile e sempre uguale a se stessa; in seguito ritornerò sui modi e possibilità gnoseologiche riguardo a tale piano di verità.

L’idea di giustizia, che appartiene al mondo suddetto, viene indagata nella

Repubblica, partendo dall’esplorazione della giustizia nell’anima umana e

nella città: questi sono livelli ontologici inferiori al primo, riguardo ai quali ci sarà un diverso senso di verità ovvero quella etica, volta alla buona disposizione interiore (fra le parti dell’anima) e quella politica, volta al buon comportamento e ordinamento esteriore (convivenza civile). Questo secondo livello è messo in moto (chinoumena) dal racconto di Atlantide che dunque rappresenta un terzo livello ontologico il quale, a sua volta, godrà di una propria accezione di verità89.

A questi livelli di realtà diversi sono collegate diverse possibilità di comprensione, diversi piani gnoseologici da parte degli individui, dunque diversi strati “psycheologici”; infatti l’indagine socratica nella Repubblica si rivolge primariamente alla giustizia nell’anima90.

Penso sia opportuno cercare di individuare cosa voglia esprimere Platone, quale sia la verità, fra quelle individuate, più importante e soprattutto quale scopo si pone il filosofo Greco come principio, come elemento sovraordinato rispetto a tutti gli altri; è necessario91 indagare quali rapporti sussistano fra la

filosofia, la politica e l’etica e fra questi elementi, quale sia quello più 89 Vale a dire la realtà fattuale, ma soprattutto la congruenza alle verità superiori.

90 In realtà viene descritta prima la città, ma per necessità e comodità gnoseologica. 91 Anche a costo di una trattazione generale.

importante, che spinge Platone a scrivere e ancora prima, a pensare. Una tale indagine, che a ben vedere è lo scopo stesso di questa tesi, ne è al tempo stesso, in un certo senso il punto di partenza, la base in quanto l’approccio ad un pensatore complesso e denso come Platone, presuppone un punto di vista, un punto di partenza che, se non sufficiente ad illuminare il percorso almeno lo renda percorribile: in questo caso però, si rischia seriamente di incorrere in un circolo vizioso.92

Molte persone pensano delle cose senza saperle, senza esserne consapevoli e l’unica maniera con cui possono venire alla luce, letteralmente creandosi, è lo sdoppiamento. Il pensiero stesso in generale, si evolve in questa maniera ovvero si crea e ricrea attraverso la distinzione di elementi prima indivisi, entro sé stesso. Questi elementi non sono propriamente nuovi ma sono altresì vecchi cioè erano già presenti, ma latenti, nel pensiero che essi, venendo alla luce, rendono superato o vecchio. In questo senso la conoscenza è una anamnesi; non un ricordare ciò che si era dimenticato, ma un venire alla luce, un disvelamento (a-lethein) di fattori che possedevamo, ma senza rendercene conto93.

Questo processo non è solo un guardarsi dentro, ma è anche e soprattutto un guardarsi DA dentro; in tale movimento consiste il conoscere se stessi e

92 Queste mie riflessioni sul metodo si intromettono e irrompono nel testo, ogniqualvolta sento di

non essere sincero o meglio, di non dire tutte le cose come stanno; è veramente come se un eu

daimon, un buon demone, mi costringesse non a una palinodìa ma ad un cambio, ad un

approfondimento del livello con cui stavo argomentando.

Questo demone (che non è quello di Socrate, non ho davvero tali pretese e d’altronde credo sia un’esperienza comune a molti), non è nient’altro che me stesso, ovvero uno strato inferiore, nel senso di più profondo, della mia psiche, della mia coscienza, il quale mi costringe a guardarmi allo specchio, a sdoppiarmi per rendermi consapevole di ciò che sto scrivendo (ma anche facendo).

93 Il richiamo all’anamnesi è solo un’immagine suggestiva, che non potevo non cogliere trattando di

Platone. Naturalmente non credo a questa dottrina se non nel senso appena spiegato, che sicuramente non è quello di Platone.

questo è fare filosofia secondo me, la quale è un modo di porsi davanti a sé stessi.

Non tutta la filosofia come ho ora inteso, ha lo stesso valore per il pensiero: credo esistano varie gradazioni di importanza delle “scoperte”, che vanno dall’importanza per un individuo (come nel mio caso e come nel caso di molte persone che fanno filosofia senza saperlo), all’importanza per una comunità più o meno grande, fino all’importanza per il pensiero umano in generale; queste sono propriamente oggetto di studio, che oggi sembra l’unico modo di fare filosofia.

In questo modo intendo un aforisma di Alfred N.Whitehead: “La storia della filosofia non è altro che un immenso commento della filosofia platonica”.

La ricchezza di temi presenti nei dialoghi di Platone fa sì che l’interprete spesso trovi in essi riscontro a tematiche a lui care, che lo interessano direttamente, ma che non sono presenti consapevolmente in Platone; questo procedimento porta a vedere tutto in tutti, e non mi sembra un buon metodo per fare filosofia.

Non è una novità l’importanza della consapevolezza nella filosofia e credo che rappresenti una della caratteristiche maggiormente distintive di questa disciplina.

Ritornando a Platone, per evitare il circolo vizioso su menzionato, è opportuno ridimensionare il problema e le pretese, prendendo in considerazione i diversi principi che in Platone potrebbero assurgere al rango di messaggio e scopo fondamentale del suo pensiero. Per sviluppare questa riflessione prenderò come guida la Repubblica, dove più che in ogni altro dialogo sono presenti riflessioni poetiche, politiche, metafisiche ed etiche.

Non credo che per una riflessione seria su Platone si possa schematizzare e soprattutto cercare di gerarchizzare questi elementi che sono fra loro complementari e si richiamano l’un l’altro: distinguere la dottrina delle idee, dalla suddivisione dell’anima umana, e dalla costituzione della città come compartimenti stagni e vedere se sono posti in una scala gerarchica, ha solo la pretesa di esplicitare alcuni presupposti del mio approccio a Platone, presupposti che non sono preconcetti in quanto non fissi e sempre in discussione.

Non è presente l’elemento poetico che per il filosofo greco non è l’elemento principale ma piuttosto uno strumento per scopi maggiormente elevati. Cito da Gaiser94: “[…] questo è certo: agli scritti di Platone, secondo l’intenzione

dell’autore, non ci si può avvicinare solo per diletto; essi intendono condurre il lettore sulla via della verità, verso una vita buona e felice”. Anche in questa frase di Gaiser rimangono i tre elementi che ho prima richiamato: verità (metafisica, dottrina delle idee), vita buona (etica, buon rapporto fra le parti dell’anima) e felice (politica, buona convivenza civile): si tratta ora, attraverso la ricerca di un “ fine in sé stesso” fra questi, di orientarci sui loro rapporti.

Nel documento Lo scettro di Platone (pagine 51-55)

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