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La prima legge meccanica e la prima Analogia dell’esperienza.

Capitolo III. La Meccanica e le Analogie dell’esperienza.

IV.I La prima legge meccanica e la prima Analogia dell’esperienza.

Alla luce di quanto detto siamo nella posizione per considerare la prima Analogia dell’esperienza e la prima legge della Meccanica. Cosa affermano i rispettivi principi e in che consiste la loro connessione? Il principio della prima Analogia, il principio della permanenza della sostanza,

filosofo tedesco non ritenesse quella legge fondamentale o adatta alla sua indagine metafisica. Inoltre, osserva Watkins, la scelta di Kant non rappresenta affatto un’eccezione se si guarda al dibattito newtoniano in ambito tedesco (Wolff, Thümming, Bilfinger, Reusch, Crusius), dal momento che in esso è quasi del tutto assente la seconda legge di Newton. Cfr. Watkins, E. 1997, The Laws of Motion From Newton to Kant, pp. 311-348, in

Perspectives on Science, vol. 5.

652 Principi, p. 289 (AA IV, p. 537). “La quantità di materia si può misurare rispetto a una qualsiasi altra mediante la

quantità di movimento che possiede a una determinata velocità.”

653 Cfr. Carrier, M. 2001, Kant's Mechanical Determination of Matter in the Metaphysical Foundations of Natural Science,

pp. 118 ss., in Kant and the Sciences, ed. Watkins E., Oxford University Press, Oxford.

654 Solo tramite il movimento è possibile determinare la quantità di materia in modo universale e necessario,

come richiesto dai Principi, poiché in questo procedimento non rientrano elementi empirici o altre variabili, come invece accade per la densità e per il peso che rappresentano proprietà estrinseche della materia. D’altra parte l’affermazione secondo cui solo tramite il moto, e quindi tramite il confronto con altri moti, è possibile una stima della quantità di materia è una conferma del fatto che la sostanza è sempre più pensata in termini relazionali. Non è possibile considerare la quantità di una materia isolatamente.

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afferma: “In ogni cambiamento dei fenomeni, la sostanza permane e il quantum di essa nella natura non

viene né accresciuto né diminuito.”656. La prima legge della Meccanica, invece, afferma: “In tutti i cambiamenti della natura fisica la quantità di materia resta in totale la stessa, senza aumentare né diminuire.”657. Subito di seguito Kant aggiunge: “(Si presuppone la proposizione della metafisica generale, secondo cui in tutti i cambiamenti della natura nessuna sostanza si crea né si distrugge; qui si mostra soltanto che cosa sia la sostanza nella materia.)”658. Si nota subito come il principio

trascendentale della permanenza della sostanza in ogni cambiamento, cioè il principio della prima Analogia dell’esperienza, costituisca il fondamento della legge meccanica. Le due formulazioni del principio della metafisica generale, quella richiamata nei Principi e quella esposta nella seconda edizione della Critica della ragion pura, hanno il medesimo contenuto: in ogni cambiamento nei fenomeni o nella natura in generale, la sostanza permane e il cambiamento (Veränderung) deve essere considerato come una sua modificazione (Wechsel). Il principio della conservazione della sostanza materiale, allora, è una specificazione del rispettivo principio trascendentale, dal momento che nel principio metafisico la sostanza deve essere considerata come costituita di parti esterne. Si può notare, inoltre, come l’aggiunta del termine ‘quantum’ nella formulazione del principio della prima Analogia nell’edizione del 1787 sia un segno659, non solo dell’influenza dei Principi sulla seconda

edizione della Critica660 e quindi della capacità di ‘retroazione’ che hanno i Principi sul piano

trascendentale, ma anche del fatto che i Principi e la seconda edizione della Critica della ragion

pura possono essere considerati, su piani diversi, parte di uno stesso e progressivo sviluppo

del concetto kantiano di sostanza e di oggetto esterno.

Con la prima Analogia Kant intende mostrare in che modo sia possibile l’applicazione del concetto di sostanza661 all’esperienza662. Il compito del set integrato di principi, che prende il

656 KrV, p. 220 (B 225). Il testo della prima Analogia dell’esperienza è di notevole complessità e può essere

indagato da molti punti di vista. In questo caso ci limiteremo a far emergere gli aspetti rilevanti per la connessione con il piano metafisico.

657Principi, p. 301 (AA IV, p. 541). 658 Ibid.

659 Con ciò non si intende dire che i Principi abbiano prodotto una modifica radicale nell’argomento della prima

Analogia. Al contrario, come vedremo dall’esempio del legno e del fumo scelto da Kant fin dal 1781, un punto di vista quantitativo nel principio della permanenza della sostanza è sempre stato presente. La modifica del 1787 è, però, indicativa di quello spostamento dell’attenzione sull’oggetto esterno (spaziale) ai fini dell’esperienza che culminerà con la Confutazione dell’idealismo.

660 A conferma di ciò, si può notare come la formulazione del principio della permanenza della sostanza

nell’edizione del 1781 non presentasse un riferimento diretto a considerazioni di carattere quantitativo: “Tutti i

fenomeni contengono il permanente (sostanza), come l’oggetto stesso, e il mutevole, come sua semplice determinazione, ossia come un modo in cui l’oggetto esiste”.

661 In questo caso si intende chiaramente il concetto schematizzato di sostanza e non la mera funzione logica.

Nello Schematismo (KrV, p. 194, A 144 B 183) Kant scrive: “Lo schema della sostanza è la permanenza del reale nel

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nome di Analogie dell’esperienza, è, infatti, quello di rendere possibile una determinazione oggettiva della posizione dei fenomeni nel tempo, secondo i tre modi del tempo (permanenza, successione e simultaneità), giacché solo tramite l’attribuzione ai fenomeni di una posizione oggettiva nel tempo può aver luogo l’esperienza. Cercheremo di seguito di ricostruire sinteticamente il nucleo dell’argomento kantiano. In primo luogo, Kant afferma che tutti i fenomeni sono nel tempo e che quest’ultimo è il sostrato in cui è possibile pensare la successione e la simultaneità dei fenomeni.

“Tutti i fenomeni sono nel tempo, nel quale soltanto, come sostrato (forma permanente dell’intuizione

interna), può venir rappresentata, tanto la simultaneità come la successione. Il tempo, quindi, in cui dev’essere pensato ogni cambiamento dei fenomeni, rimane e non muta; esso è, infatti, ciò in cui la successione e la simultaneità possono esser rappresentate soltanto come sue determinazioni.”663

Con l’affermazione secondo cui il tempo è il sostrato, “Substrat”, di ogni mutamento dei fenomeni Kant intende dire che il tempo permane nella sua unità e nel suo costante fluire664.

Ma, afferma Kant, “il tempo, per sé, non può essere percepito.”665. Sebbene, infatti, il tempo sia la

condizione di tutti i fenomeni, e così di ogni relazione tra di essi, esso non è oggetto di percezione; inoltre, la nostra apprensione nel tempo “è sempre successiva e sempre cangiante”666 e

quindi essa non può condurci per sé a nessuna applicazione del concetto di sostanza. Se non fosse possibile applicare il concetto di qualcosa di permanente, infatti, non avremmo che un flusso di rappresentazioni momentanee e irrelate.

rimane, nel variare di tutto il resto.”. La prima analogia è quindi chiamata a mostrare come (wie) si applichi il

concetto di sostanza all’esperienza.

662 Riguardo alla prima Analogia dell’esperienza esiste un’ampia letteratura secondaria. Tuttavia una discussione

dettagliata del testo, dei suoi nodi problematici non rientra nell’ambito della nostra indagine, che si concentra in particolare sulla connessione con il piano metafisico. E’, però, sufficiente che gli interpreti si sono divisi, oltre che sulla forza di argomentazioni svolte, sullo scopo della prima Analogia: a) se la sostanza serva a rendere conto del cambiamento o dell’alterazione; b) se la sostanza serva a rendere possibile la misurazione del tempo; c) se la sostanza serva a distinguere successione e coesistenza.

663 KrV, p. 220 (A 182 B 225).

664 Può apparire contraddittorio considerare il tempo come permanente e come mero fluire. Un modo di

scogliere la contraddizione è quello di distinguere i due aspetti secondo i quali il tempo è detto permanente e un mero fluire. Il tempo è considerato permanente se inteso come la forma dell’intuizione interna: in questo caso, infatti, il tempo è solo la condizione di ogni fenomeno, così come di ogni relazione tra i fenomeni. Da questo punto di vista allora si deve dire che il tempo “rimane e non muta”, ma solo in esso ha luogo il cambiamento. Se, invece, consideriamo il tempo all’interno del procedimento dell’apprensione, allora diciamo che il tempo è un costante fluire, in cui l’esistenza non ha la minima quantità. La prima Analogia intende quindi mostrare come solo tramite la sostanza sia garantita l’unità del tempo così come la possibilità delle sue determinazioni, quali la successione e la simultaneità.

665 KrV, p. 220 (A 182 B 225).

666 Ibid. Cfr. KrV, p. 221 (A 183 B 226). “Nella semplice successione, infatti, l’esistenza è sempre in via di dissoluzione e di

ricostruzione e non ha mai la benché minima quantità.”; “Denn in der bloßen Folge allein ist das Dasein immer verschwindend und anhebend, und hat niemals die mindeste Größe.”.

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E’, quindi, necessario che si dia nella percezione del fenomeno, qualcosa che ‘rappresenti’ il tempo come sostrato:

“Perciò, negli oggetti della percezione, ossia nei fenomeni, deve ritrovarsi il sostrato che rappresenti [vorstellt]

il tempo in generale e nel quale possa esser percepito ogni cambiamento e simultaneità, per mezzo della relazione dei fenomeni con tale sostrato.”667

E’ necessario trovare nel fenomeno quella sostanza tramite la quale solamente è possibile introdurre una struttura nel fluire del tempo668: “E’ infatti soltanto la permanenza a costituire la ragione della nostra applicazione ai fenomeni della categoria di sostanza, […] Perciò, negli oggetti della percezione, ossia nei fenomeni, deve ritrovarsi il sostrato che rappresenti [vorstellt] il tempo in generale e nel quale possa esser percepito ogni cambiamento e simultaneità, per mezzo della relazione dei fenomeni con tale sostrato.”.669

Ma ciò che nei fenomeni può rappresentare670 il tempo e fungere da sostrato di tutto ciò che

appartiene all’esistenza delle cose, è la sostanza. Nel fenomeno deve, quindi, essere percepita la sostanza, rispetto alla quale tutte le altre determinazioni sono considerate come accidenti: la sostanza nel fenomeno, o il reale in esso, è ciò che resta sempre identico e rende possibile la durata dell’esistenza e il cambiamento671.

“Fuori di questo permanente non si dà quindi rapporto di tempo. Ma poiché il tempo non può essere percepito

in se stesso, questo permanente costituisce il sostrato di tutte le determinazioni temporali nei fenomeni e, conseguentemente, anche la condizione di possibilità di qualsiasi unità sintetica delle percezioni, ossia dell’esperienza.”672

A questo punto, è lecito chiedersi cosa intenda Kant con sostanza nel fenomeno, o meglio, cosa per Kant tra i fenomeni funga da sostanza. Che l’autore non abbia in mente quelle che si

667 KrV, p. 220 (A 182 B 225).

668 Bisogna sempre tenere a mente che, per Kant, il tempo si presenta di per sé privo di qualunque struttura o

ordine. Senza l’introduzione di un ordine oggettivo da parte dell’intelletto il tempo sarebbe infatti una mera successione. Con ciò Kant intende affermare che non è possibile attribuire ai fenomeni una posizione nel tempo in base a una struttura che quest’ultimo già presenta. Ma, come chiarito da Kant, l’intelletto può introdurre un ordine nel tempo solo se nel fenomeno è percepito qualcosa che svolga il ruolo della sostanza. Se non si presentasse quest’occasione o segno, l’intelletto non avrebbe la possibilità di applicare effettivamente il

Principio in questione. E’ necessario, allora, che una sostanza sia percepita nel fenomeno o, altrimenti, che nel

fenomeno si dia qualcosa che “incorpori” il concetto di sostanza che altrimenti resterebbe senza applicazione. Cfr. Allison, H. 2004, Kant’s Trascendental Idealism. An Interpretation and Defense, p. 237, Yale University Press, New Haven.

669 KrV, pp. 220-222 (A 184 B 227). “Denn bloß diese Beharrlichkeit der Grund, warum wir auf die Erscheinung die

Kategorie der Substanz anwenden, …”.

670 Kant spiega come ciò che è permanente nel fenomeno esprima il tempo in generale, ovvero come correlato

costante di qualsiasi esperienza di ogni mutamento e di ogni coesistenza.

671 Cfr. KrV, p. 113 (A 41 B 58) “il tempo come tale non muta, bensì muta qualcosa che è nel tempo. Perciò si richiede dunque

la percezione di un qualche esistente e la successione delle sue determinazioni: quindi l’esperienza.”.

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possono definire “sostanze individuali” (la casa, l’albero …) appare chiaro, innanzitutto, dal fatto che egli fa riferimento ad un’unica sostanza che svolge il ruolo di sostrato per tutte le determinazioni di tempo possibili. Ma per essere il sostrato di ogni determinazione temporale, la sostanza deve essere considerata esistente in ogni tempo673: nel fenomeno deve

quindi darsi una sostanza esistente in ogni tempo, così da rendere possibile la rappresentazione del passaggio da una determinazione all’altra in tutti i fenomeni. Se, infatti, Kant avesse in mente una pluralità di sostanze ‘relativamente’ permanenti la condizione di cui sopra non potrebbe essere rispettata: se il ruolo di sostrato fosse svolto dalla sostanze individuali - come il riferimento di Kant al nascere e perire potrebbe far credere - non sarebbe possibile rendere possibile il passaggio, o avvicendamento, tra tutte le determinazioni dei fenomeni e così l’unità del tempo verrebbe divisa in diverse linee temporali.

“Il sorgere di talune sostanze o il cessare di altre toglierebbe come tale l’unica condizione dell’unità empirica

del tempo, con la conseguenza che i fenomeni si riferirebbero a due sorta differenti di tempi, in cui l’esistenza avrebbe corso parallelamente: ma ciò è assurdo. Infatti, non c’è che un solo tempo.”674

Se non vi fosse un unico tempo, e così un sostrato di tutte le determinazioni temporali dei fenomeni, qualsiasi cambiamento sarebbe impossibile: è possibile, ad esempio, pensare il passaggio dallo stato liquido a quello solido dell’acqua come un cambiamento solo in virtù della permanenza della sostanza, giacché in virtù della sostanza quei due stati risultano connessi: I) se non pensassi la sostanza come permanente i due stati non risulterebbero affatto connessi e, anzi, apparterrebbero a sostanze e tempi diversi; II) se non considerassi la sostanza permanente, in un cambiamento come il passaggio di stato potrei pensare la prima sostanza come annullata in un momento del tempo, e una sostanza nuova sorta in un momento successivo. Se così fosse, tra il venir meno della prima sostanza e il sorgere della seconda avrebbe luogo uno iato675 (vuoto) assoluto nella percezione, nel tempo e

nell’esperienza676: uno iato in contrasto con l’unità del tempo e dell’esperienza, giacché

quest’ultima non è che la rappresentazione di una connessione necessaria delle percezioni.

673 Questa affermazione condurrebbe ad un conflitto interno alla ragione se la sostanza in questione fosse intesa

come cosa in sé. Al contrario, questa affermazione deve essere intesa alla luce dell’idealismo trascendentale: la sostanza che deve essere pensata esistente in ogni tempo è un oggetto empirico (fenomeno).

674 KrV, p. 225 (A 188 B 231).

675 Come abbiamo visto nell’analisi della Dinamica e delle Anticipazioni della percezione, Kant ha escluso che sia

possibile l’assenza del reale nella percezione perché interromperebbe l’unità dell’esperienza. Se in un presunto cambiamento di stato, la prima sostanza cessasse di esistere e subito dopo ne sorgesse una nuova, non avremmo modo di misurare il tempo trascorso tra la cessazione della prima sostanza e il sorgere della seconda. L’assenza del reale nel fenomeno in quello iato del tempo costituisce dunque una violazione dell’unità del tempo e dell’esperienza.

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Ma poiché per Kant non vi è che un solo tempo677 e una sola esperienza, e la sostanza deve

rappresentare il tempo in generale, non può esservi che “un sostrato” nei fenomeni che renda possibile il cambiamento. Kant, quindi, non sta svolgendo un’indagine empirica e non ha in mente una condizione che renda possibile il riconoscimento ‘pragmatico’ di uno specifico avvicendamento di determinazioni come sarebbe, ad esempio, nel caso dell’albero e delle foglie nel procedere delle stagioni. Egli sta invece svolgendo un’indagine trascendentale che sia in grado di mostrare la condizione di possibilità del mutamento per mezzo di una sostanza ‘assolutamente’ permanente. Il punto emerge con chiarezza dall’esempio scelto da Kant:

“A un filosofo fu chiesto: «Quanto pesa il fumo?» Al che rispose: «Diminuisci il peso del legno bruciato del

peso della cenere rimasta, e troverai il peso del fumo». Egli assumeva dunque come incontestabile che neppure nel fuoco la materia (sostanza) si distrugga, non mutandosi che la sua forma.”678

Come si vede bene dal passo, Kant ha in mente il permanere della sostanza e non l’avvicendarsi di diverse sostanze: l’argomento non riguarda diverse sostanze bensì un’unica sostanza e il riferimento al nascere e perire deve essere inteso, innanzitutto, come l’avvicendarsi dei predicati della sostanza e non come il nascere e perire della sostanza stessa. Infatti, se da un lato, in seguito alla combustione non vi è più legno ma cenere e fumo, dall’altro, cenere e fumo non vi erano prima della combustione. Propriamente parlando, non vi è stato un passaggio o mutamento, “Veränderung” del legno in cenere e fumo, giacché esse costituiscono sostanze diverse quanto un avvicendamento, “Wechsel”, tra il legno e la cenere e il fumo679. Ciò che nell’esempio rappresenta la sostanza non è dunque il legno, che non

permane dopo la combustione, ma la materia680 che nemmeno il fuoco può distruggere: è la

materia che permane, prima nella forma del legno e poi nella forma della cenere e del fumo681. Che Kant non abbia quindi in vista l’alternarsi o avvicendarsi di sostanze solo

677 In tutte le opere critiche Kant insiste ripetutamente sul fatto che l’esperienza è una o non è affatto. 678 KrV, p. 223 (A 185 B 228).

679 Non sarebbe corretto dire che il legno è mutato in cenere e fumo, poiché non vi è legno dopo la

combustione né cenere e fumo prima di essa. E’ corretto, invece, dire che la materia che prima si presentava come legno è mutata in materia sotto forma di cenere e fumo. Sebbene il riferimento al nascere e al perire possa far pensare all’avvicendarsi di diverse sostanze, cioè a quello che Aristotele chiamava “mutamento sostanziale”, va osservato che prima Analogia riguarda la sostanza e non una pluralità di sostanze. Solo nella discussione della terza Analogia verrà introdotta la pluralità delle sostanze, poiché il concetto di una comunanza nello spazio richiede necessariamente il darsi di una pluralità di sostanze.

680 Si potrebbe obiettare che se il tempo non può fungere da sostrato perché non è oggetto di percezione lo

stesso vale per la materia dal momento che noi percepiamo le singole sostanze (il legno, la cenere e il fumo) ma non la materia per sé. La materia sarebbe allora semplicemente ‘concepita’ e non percepita, esattamente come il tempo. Tuttavia, per Kant la materia è l’oggetto del senso esterno e oggetto (il reale) della percezione. e quindi può svolgere il ruolo di sostrato. Sul tema torneremo nell’ultimo capitolo.

681 E’ interessante notare che mentre sul piano metafisico Kant afferma la permanenza assoluta della materia,

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relativamente permanenti (il legno, la cenere …) ma il permanere assoluto di una sostanza, appare nuovamente dal fatto che la sostanza deve rappresentare l’unità del tempo e dell’esperienza. Dal passo emerge anche il carattere quantitativo del principio trascendentale della permanenza della sostanza: il riferimento al peso del legno, prima, e della cenere e del fumo, poi, è un chiaro segno del fatto che affinché la sostanza (la materia) possa garantire l’unità del tempo e dell’esperienza, essa deve permanere anche nella sua quantità totale. L’aumento o la diminuzione della quantità della sostanza non è infatti possibile se non tramite il nascere di nuova sostanza o il perire di vecchia sostanza, ma ciò è impossibile, perché verrebbe meno l’unità del tempo. “Poiché la sostanza non può cambiare quanto all’esistenza,

anche il suo quantum nella natura non potrà venire né accresciuto né diminuito.”682. Quest’ultima

considerazione ci introduce alla prima legge meccanica, dal momento che essa stabilisce che in ogni evento naturale la quantità totale di sostanza non può né accrescersi né diminuire. “In ogni materia il mobile nello spazio è il soggetto ultimo di tutti gli accidenti che ad essa ineriscono, e

l’insieme delle parti esterne di questo mobile è la quantità della sostanza. Dunque la grandezza della materia, dal punto di vista della sostanza [der Substanz nach], non è altro che l’insieme delle sostanze che lo costituiscono. Perciò la quantità di materia non può né aumentare né diminuire, se non mediante la creazione di nuova sostanza materiale o la sua distruzione. Ora, in ogni cambiamento della materia la

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