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Capitolo III: PRESENTAZIONE DEL LAVORO DI RICERCA

Fase 4: Analisi delle interviste

4. La quotidianità dei nuovi Trentini: racconti sul presente

Le storie sulla quotidianità delle persone immigrate attive nelle associazioni di immigrati in Trentino sono prevalentemente storie di famiglie, di genitori e di figli: la maggior parte delle persone incontrate vivono in Trentino con il proprio coniuge e i loro bambini e ragazzi in età scolastica. Questo dato può essere legato alla definizione del campione stesso, che prevedeva di intervistare persone in età adulta, quindi più facilmente a capo di un proprio nucleo familiare. All’interno del gruppo di studio si nota che le famiglie più numerose sono quelle provenienti dal Kosovo, infatti ben tre nuclei sui quattro intervistati, sono composti dai genitori e da cinque figli,

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con età ravvicinate gli uni dagli altri. A seguire Tunisia e Marocco che vedono comunque la presenza di famiglie composte da un minimo di quattro persone ad un massimo di sei.

In due casi fra quelli analizzati la persona vive con la propria famiglia allargata, presso il nucleo del fratello in un caso oppure con il proprio nucleo e la propria famiglia di origine nell’altro; le nazionalità di origine sono rispettivamente Albania e Pakistan. L’intervista 16 riguarda invece un nucleo composto da una sola persona, in prossimità dell’arrivo per ricongiungimento della propria moglie e dei propri figli. L’intervista 19 tratta invece di un nucleo composto dalla madre e da due figli, di cui uno è l’intervistata stessa. Infine il gruppo di indagine si conclude con due situazioni in cui il nucleo è composto semplicemente dalla coppia: nel primo caso si tratta di una giovane coppia convivente, nell’altro di due coniugi i cui figli sono già usciti dal nucleo in quanto adulti ed autonomi; si tratta dell’intervista n. 5 e della n. 9, con protagoniste in entrambi i casi persone di origine albanese.

In merito alla sistemazione abitativa predominano gli alloggi in affitto (in totale 12 interviste, pari a 11 nuclei familiari), a seguire le case di proprietà (6 interviste) e l’edilizia abitativa pubblica (5 interviste). Le persone intervistate dichiarano di non avere in programma trasferimenti, tranne casi eccezionali i quali riguardano ovviamente le locazioni in affitto, gli appartamenti vecchi e con problemi strutturali.

In affitto. due camere da letto, un soggiorno, cucina separata. È grande abbastanza perché prima abitavamo assieme io e mia sorella con suo marito ma adesso che è nato il secondo bambino loro hanno cambiato. Adesso stiamo cercando, appena ho un lavoro dobbiamo cambiare casa perché è molto vecchia, c’è sempre qualcosa di rotto. […] Con i vicini ci troviamo bene, molto bene, tutti sono simpatici. (Intervista 8)

In affitto. Io ho preso per cinqie anni e dopo ho rinnovato per altri cinque anni mi sembra. Non è facile (cambiare), se trovo un’altra più bella casa allora magari cambio. Per il resto va bene, proprietario, vicini tutto va bene, però è una casa al primo piano e c’è umidità, questo è il problema. Però se guardi un’altra casa in agenzia subito ti chiedono tre mesi e questo è problema; per il resto tutto va bene, con il proprietario tutto andiamo d’accordo. Aspettiamo

nell’itea80…! Una camera, un salone e poi c’era uno spazio e abbiamo fatto una cameretta per

figlio. (Intervista 4)

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Siamo in affitto. due stanze, un soggiorno, cucina e due bagni. Se posso cambiare perché da una parte costa tanto e dall’altra ha solo due stanze e la bambina adesso sta crescendo quindi se trovo tre stanze meglio. (Col vicinato) Ottimo! (Intervista 13)

In affitto, tre stanze. Per adesso non ho idea di cambiare. Con i vicini bene, bene. (Intervista 20)

In affitto, tre stanze, stabile, sempre qua. Con il vicinato molto bene, non abbiamo nessun problema e anche loro non hanno nessun problema con noi. (Intervista 22)

In affitto. Ma adesso momentaneamente ce la ho con tre stanze e soggiorno e un bagno. Però se mi chiedevi prima di questo qua c’avevo una con un soggiorno e una stanza avevo e una cucina. Adesso c’ho questo appartamento qua e per questo ti dico in questo momento non avrei intenzione di… (cambiare ndr). (Intervista 23)

Nel 2004 abbiamo comprato un appartamento a Xxx (l’intervistata dice il nome del paese di

residenza) perché mio marito diceva pago l'affitto e poi non rimane niente; se compriamo un

appartamento, quando finiamo di pagare e noi decidiamo di tornare in Bangladesh possiamo venderlo e abbiamo qualcosa. Ha tre stanze da letto, un soggiorno/un salotto e la cucina, due balconi, due bagni, una cantina e una soffitta. Una bella casa! (Intervista 3)

Casa di proprietà, tre stanze da letto, è composta in tre piani la mia casa: al primo piano è zona notte, al secondo piano è zona giorno e la cucina, il soggiorno, il bagno. La superficie è grande. Non so dirti di precisione. Rapporti col vicinato buoni, buoni. (Intervista 9)

L’anno scorso, da ottobre 2012 abbiamo avuto la possibilità di avere una casa Itea, casa popolare. Adesso abitiamo in via Xxx è una casa composta da due camere, il soggiorno e la cucina e il bagno e il corridoio, due balconi. È abbastanza grande, di 70 mq, si vive bene adesso. Perché prima, proprio quando abbiamo avuto questa offerta del comune stavamo proprio cercando un’altra casa perché abbiamo avuto la seconda figlia e dovevamo cambiare per il fatto dei documenti ma anche perché eravamo stretti, avevamo solo un soggiorno con cucinino e camera da letto; non ci stavamo tutti e quattro. Per forza stavamo cercando un’altra casa e è arrivata proprio questa offerta del comune. […]. È una casa Itea, non cambiamo più. Abbiamo già cambiato due volte la casa e non è stato bello e poi costano tanto. Quando eravamo io e mio marito a Xxx (l’intervistato dice il nome di una zona periferica della città di

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Trento) uscivano alle otto di mattina e entravamo alle dodici di sera, eravamo sempre fuori e

non avevamo rapporti col vicinato. Poi siamo trasferiti in via Xxx (dice l’indirizzo

dell’abitazione), là era diverso perché non era un palazzo per studenti ma per famiglie e lì

praticamente non abbiamo avuto un rapporto di vicinanza come quello in Albania che io mi aspettavo, come scambiarsi le cose in caso di bisogno eccetera, però c’era la caposcala che era una signora bravissima di ottant’anni, era veramente bravissima e per ogni problema che avevamo lei era molto vicina, ci dava una mano e non ci siamo sentiti da soli.

Il resto poi del vicinato non avevamo chissà che rapporti a parte “ciao” perché è così, non so. Invece dove abitiamo adesso abbiamo una vicina di casa che è italiana, molto gentile, veramente. Perché noi facciamo da soli la pulizia delle scale e a volte che io… perché io esco la mattina e torno magari con i bimbi la sera. Quando vede che io sono molto occupata fa lei il mio turno delle pulizie delle scale. E poi i bimbi hanno solo un anno di differenza di età e a volte litigano ad esempio per i giocattoli, sempre le stesse cose e capita spesso a quest’età purtroppo, sono in lotta per le stesse cose. Le chiedo sempre scusa che ti disturbiamo perché i bimbi piangono e lei è sempre molto gentile, ci dice no anzi quando sento qualche voce mi fa sentire bene perché vuol dire che in questo palazzo si vive. Mi ha fatto molto piacere avere una vicina di casa così gentile. Avere un rapporto di vicinanza così è molto bello, che se hai bisogno e bussi alla porta qualcuno te la apre e ti da una mano. (Intervista 6)

Come si può notare in questi pochi esempi le persone intervistate descrivono rapporti con i vicini di casa positivi, talvolta con fasi iniziali caratterizzate da una certa diffidenza poi superata grazie ad un’attenzione alla relazione e alla dimostrazione di rispetto reciproco. Di seguito si riportano altre citazioni in merito a questo tipo di relazione:

Molto bene con il vicinato, anche se lavoriamo tutto il giorno e ci salutiamo solo sul corridoio o in ascensore quando arriviamo ma sono ottimi rapporti perché quando vanno in ferie andiamo ad innaffiare le loro piante. (Intervista 7)

Una persona che abita da tanto tempo dopo diventi amici, no? Come io rispetto gli altri anche gli altri mi rispettano. Se io non rispetto l’altro anche l’altro non rispetta. Io questo ho capito. Però vedo che andiamo d’accordo tutti, non ho avuto altri problemi. Se cambio zona, se vado in un altro appartamento, i primi anni succede problema, questa è una cosa normale, bisogna farsi conoscere, questo è importante. (Intervista 4)

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(Vicinato ndr) Fino adesso buono, non abbiamo trovato nessun problema. Qualche volta magari

qualche vicino, sempre c’è la pecora nera ovunque; però noi facciamo finta di niente e noi rispondiamo sempre educatamente, finché cambia, infatti il risultato ha avuto un successo perché prima era lì che attaccava, ogni rumore lo attribuiva ai figli eccetera, poi ha visto che la risposta è sempre “al suo posto” e allora adesso cerca sempre di salutare. Poi noi come stile di vita mussulmano abbiamo questo rispetto del vicino; è una cosa obbligatoria per noi il buon rapporto, chiedere del tuo vicino, salutare il tuo vicino, questo è nella nostra fede. Poi se uno si comporta male devi avere la pazienza prima come persona devi cercare sempre di non andare contro con lo stesso comportamento fino a quando riesci a trovare un equilibrio. Sia perché il vicino di casa comunque ce lo hai. (Intervista 10)

Come detto più volte nel corso dell’analisi dei dati le persone intervistate vivono sul territorio da molti anni e fanno parte a tutti gli effetti del tessuto sociale trentino. Nella loro quotidianità si alternano i suoni di diverse lingue: quella di origine, l’italiano e le lingue coloniali come l’inglese e il francese. Da una parte si riscontra una particolare attenzione al mantenimento della propria lingua di origine e alla trasmissione della stessa ai propri figli, dall’altra parte i bambini e ragazzi nati in Italia portano sempre più la lingua italiana all’interno dei contesti domestici. Le nuove generazioni, pur conoscendo la lingua dei genitori, non ne hanno piena padronanza e fanno prevalentemente riferimento all’italiano per esprimere concetti complessi, costringendo i genitori a fare lo stesso nella relazione con loro. La lingua italiana, seppur con modalità e spazi diversi, entra nella quotidianità delle persone non solo negli ambienti lavorativi ma anche in quelli domestici; sono rari i casi di totale “non contaminazione” seppur siano presenti nel gruppo di studio. Altrettanto rari i casi in cui la lingua italiana va a sostituire pressoché totalmente la lingua madre. Quindi l’esito finale è che nel contesto domestico le persone prediligono l’utilizzo della propria lingua madre, ma lo alternano a parole italiane, soprattutto in presenza di figli scolarizzati in Italia; nella quotidianità la scelta della lingua da utilizzare dipende dall’interlocutore: fra connazionali si utilizza la lingua madre mentre in presenza di altre persone si utilizza l’italiano.

(Lingua utilizzata in contesto domestico ndr) Albanese. Adesso che c'è il nipotino, lui tende a

parlare italiano ma noi parliamo in albanese e sempre perché è la nostra lingua. Pensano mio fratello e sua moglie che è meglio parlare l'albanese perché il piccolo deve imparare.

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Urdu preferisco, però dipende… se sono in ufficio non posso usare l’urdu, tra i miei coetanei italiani parlo italiano, se una persona parla inglese per esempio all'università dove ci sono molti ricercatori che provengono dal Pakistan ma preferiscono parlare inglese con loro comunico in inglese, a casa cerco di parlare urdu perché non voglio dimenticare questa lingua; perché l'italiano si impara perché siamo in Italia e si impara ascoltando e sentendo le cose si impara. Però visto che siamo lontani dal Pakistan dove si parla l’urdu che è la lingua nazionale, io voglio mantenere questa lingua e cerchiamo di parlare e di insegnare ai miei figli. Con i ragazzi eccetera si parla punjabi. insomma parlo queste quattro lingue. (Intervista 2)

L'albanese. Siamo solo in due e anche con gli amici usiamo principalmente l’albanese. Siamo purtroppo contaminati tutti dall'uso delle parole italiane nel linguaggio quotidiano e io sono fra quelli che rompo agli altri per non farlo, correggo fin che posso insomma, però poi diventa antipatico e quindi mi fermo.. ma anche perché mi rendo conto che le uso anch'io. (Intervista 5)

Adesso siamo io, anche mio marito e anche i bimbi siamo in una fase di misto (si riferisce alle

lingue utilizzate per comunicare ndr): usiamo delle parole in albanese ma anche in italiano, cioè

facciamo un misto per la maggior parte del tempo. Anche in questo momento stiamo lavorando su questo punto e abbiamo deciso di parlare a casa sempre in albanese e fuori sempre in italiano perché abbiamo visto che questo è il giusto metodo di fare imparare anche ai bimbi la nostra lingua. Non per il fatto che se non sanno la lingua non hanno un’identità, non è questo il problema, ma il problema è che se ha una possibilità di studiare un’altra lingua e ha questa opportunità perché non fargliela imparare. Abbiamo visto che adesso che il bimbo che da settembre va alla scuola materna lui è bravissimo, parla l’italiano meglio di me. Però anche a casa adesso lui trova facile parlare in italiano. Lui l’albanese a volte mi chiede: “Cosa vuol dire questa parola in albanese? Cosa vuol dire?”. Cioè non riesce a prendere il senso della parola in albanese. Anche noi parliamo di più in italiano. Anche con mio marito parliamo questa lingua mista. Anche a loro non abbiamo ancora trasmesso la lingua perché la prima lingua per noi è l’italiano. Si parla pochissimo l’albanese, loro lo sentono pochissimo.

Con i miei amici sempre in italiano, perché ho solo un’amica albanese all’università ma la vedo pochissimo, perché ha un altro indirizzo di studi. Io faccio sociologia e ricerca sociale e tutti i miei compagni sono italiani, anche stranieri pochissimi però parliamo sempre in italiano. Invece quando esco che vado all’università con mio marito, perché anche lui sta finendo la specialistica, allora parliamo albanese. Però il resto è tutto in italiano. (Intervista 6)

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(Lingua utilizzata ndr) Di tutto. Anche italiano. A casa parliamo anche italiano perché la

bambina di tre anni ha iniziato già da febbraio ad andare all’asilo e ha iniziato già a parlare italiano, quindi io devo parlarlo perché quando sbaglia le devo insegnare. Parlo più l’italiano fuori casa. (Intervista 8)

Noi parliamo in arabo, io e la moglie sempre. Con i bambini parliamo in arabo però loro spesso ci parlano in italiano e noi parliamo comunque in arabo anche se delle volte rispondiamo in italiano automaticamente, però noi cerchiamo di parlare l’arabo apposta per farli imparare. In generale (fuori casa ndr) con gli italiani l’italiano, con gli arabi l’arabo… però l’italiano non manca mai, spesso si usa anche l’italiano. A volte si parla più l’italiano, soprattutto in presenza di qualcuno che non sa l’arabo e allora è facile che parlino tutti l’italiano, però se mi trovo adesso con un amico singolo parlo l’arabo direttamente, magari qualche parola in italiano sì, anche. (Intervista 10)

Sia in urdu che in punjabi. Il punjabi è la madre lingua mentre l’urdu la lingua nazionale. Durante il giorno mi capita sia per lavoro che per scelta propria di parlare, comunicare in quattro o cinque lingue: due le abbiamo già come lingue di origine, in più italiano e inglese per motivi di lavoro. (Intervista 11)

Come a casa, come fuori: misto. Quando mi arrabbio cerco di parlare in arabo (ride). Anche il figlio più grande mi dice quando ti arrabbi in strada, perché è timido, cerca di parlare in arabo. Certe cose che so che loro non capiscono allora gli parlo italiano, se le cose sono semplici allora gli parlo in arabo. (Intervista 12)

(Lingua prevalente ndr) L’italiano. Fuori anche l’italiano. Poi dipende se sei con gente araba

che non sanno parlare… comunque un nome o qualcosa in italiano, anche se sei con le amiche, una parola esce sempre. Con i miei figli anche loro sono nati qua, parlano l’italiano e l’arabo non è che lo parlano così benissimo. Se tu vieni da noi capisci tutto quello che ascolti anche se è in arabo, perché una parola così e una parola così, non riescono a dire tutta una frase in arabo. È difficile per loro, perché è una lingua molto difficile. Una volta parlano in marocco, una volta a casa tra loro in italiano, con me arabo- italiano… Loro sanno leggere e scrivere l’arabo, glielo ho fatto imparare da piccoli, però è difficile. (Intervista 15)

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Kosovaro. Ma anche a casa parlo con i bambini ogni tanto italiano perché i bambini ci sono tante cose che non conoscono, quando ho da dire qualcosa a loro di lungo ci vuole la parte italiana. Un po’ e un po’. (Intervista 20)

La totalità delle persone intervistate ha dichiarato di avere parenti sul territorio nazionale, di cui in 21 casi i riferimenti parentali sono proprio nel territorio provinciale. Questo va a confermare per l’ennesima volta il carattere di stabilità del fenomeno migratorio in Trentino, ma anche il ruolo delle catene migratorie nel determinare i flussi di arrivo e la scelta delle mete. La rete parentale rappresenta sia una fonte relazionale e di socializzazione, dal momento che gli intervistati hanno dichiarato di trascorrere il proprio tempo libero in compagnia dei propri familiari e parenti, sia un elemento di sostegno nella cura dei figli e nell’affrontare le situazioni di precarietà.

Intanto pochissimi sabati che abbiamo li usiamo per i bimbi, per soddisfare i bimbi, li portiamo al parco o al centro commerciale dove ci sono i giocattoli, o anche dai nonni dove ci sono anche gli altri nipotini così giocano assieme. (Intervista 6)

L’affitto non lo sto pagando, ho parlato con il proprietario e gli ho chiesto un po’ di tempo. I miei genitori e fratelli mi aiutano un po’ ma con quello non riesco a pagare l’affitto.

Intanto l’affitto non lo sto pagando, ho parlato con il proprietario e gli ho chiesto un po’ di tempo. (Intervista 8)

Abbiamo quasi tutti i famigliari qui in Italia, ho cinque zii, una zia, no aspetta facciamo i conti: ho cinque fratelli di mio papà che sono qua, più una sorella di mio papà che è mia zia, più due fratelli di mia mamma che sono qua, più i miei nonni paterni che sono qua. Tutti a Xxx (dice il

nome della città). Secondo me siamo la famiglia più allargata.[…] (Con chi passi il tempo libero? ndr) Famiglia. Parenti soprattutto parenti perché ne abbiamo tanti. A parte che io

personalmente non riesco ad incontrarli durante la settimana per cui cerchiamo di trovarci nei fine settimana. Questo è il nostro giro. Amici va bene, però do la priorità ai famigliari, se ho tempo libero vado da familiari piuttosto che dagli amici. (Intervista 2)

Guardando alla socializzazione un ruolo fondamentale è ricoperto dall’associazionismo, sia “immigrato”, sia sportivo e altro; infatti la partecipazione ad attività volontaristiche funge da punto di incontro e costruzione di relazioni non solo per il singolo ma per l’intero nucleo

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familiare. Anche il mondo universitario è una realtà favorevole alla socializzazione, mentre il mondo del lavoro permette di entrare in contatto con varie persone ma non sempre di costruire relazioni amicali, soprattutto quando è un’organizzazione di piccole dimensioni. Altro spazio di incontro privilegiato è quello che ruota attorno ai figli, quindi la scuola e le varie attività a cui loro partecipano accompagnati dai genitori. Nella rete di amicizie e conoscenze compaiono anche gli italiani, che non vanno per forza identificati con i trentini come si può leggere negli esempi di seguito riportati. In generale le persone immigrate tendono ad avere una realtà di riferimento multiculturale, non per forza composta da connazionali bensì da persone provenienti da varie nazioni fra cui anche l’Italia.

(Come passi il tempo libero?) Mah.. abitando a Xxx (dice il nome del paese di residenza) là non

ho nessuno, soltanto i miei paesani. A Trento ho i miei compagni dell'università ma loro si sono