Kulturgeschichte o storia sociale dell’arte?
3.1. La recensione ad Antal
Nel 1948 Frederick Antal pubblicò il suo poderoso Florentine
Painting and Its Social Background, in cui le diverse tendenze stilistiche
da Giotto a Masaccio erano spiegate in relazione alla differente composizione sociale della committenza, sullo sfondo della storia economica, politica e sociale di Firenze tra la fine del XIII e l’inizio del XV secolo1. Benché lo studioso ungherese definisse il proprio approccio “sociologico”, la critica sostanzialmente lo identificò come “marxista” e ne criticò la rigida impostazione deterministica2. Meiss, nella propria
1 f. antal, Florentine Painting and Its Social Background: the Bourgeois Republic before Cosimo de’ Medici’s Advent to Power; XIV and Early XV Centuries, Routledge & Ke-
gan Paul, London 1948 (trad. it. id., La pittura fiorentina e il suo ambiente sociale nel
Trecento e nel primo Quattrocento, Einaudi, Torino 1960). Su Antal (1887-1954), oltre
ai necrologi su «Società» (X, 5, 1954, p. 763) e «The Burlington Magazine» (XCVI, 617, 1954, pp. 259-260), si rimanda a d.l. kroHn, Antal and His Critics: A Forgotten
Chapter in the Historiography of the Italian Renaissance in the Twentieth Century, in Memory and Oblivion, Atti del XXIX Congresso Internazionale di Storia dell’Arte,
Amsterdam 1-7 settembre 1996, a cura di W. Reinink, J. Stumpel, Kluwer, Dordrecht 1999, pp. 95-99; k. kókai, Impulse der Wiener Schule der Kunstgeschichte im Werk von
Frederick Antal, in Wiener Schule. Erinnerung und Perspektiven, a cura di M. Thei-
sen, Böhlaus, Wien 2005, pp. 109-119; P. stirton, Frederick Antal, in Marxism and the
History of Art. From William Morris to the New Left, a cura di A. Hemingway, Pluto
Press, London 2006, pp. 45-66.
2 Cfr. H.d. Gronau, Florentine Painting and Its Social Background, in «The Burlin-
gton Magazine», XC, 547, 1948, pp. 297-298; t.e. mommsen, Antal’s Florentine Pain-
ting, in «Journal of the History of Ideas», XI, 3, 1950, pp. 369-379; m. weinberGer,
Frederick Antal, Florentine Painting and its Social Background, in «College Art
Journal», X, 2, 1951, pp. 199-202. Cfr. anche d.d. eGbert, English Art Critics and Mo-
dern Social Radicalism, in «The Journal of Aesthetics and Art Criticism», XXVI, 1,
dettagliata recensione sulle pagine dell’«Art Bulletin», si unì al coro mettendo a nudo le debolezze della visione storica manichea da cui prendeva nettamente le distanze3. Se lo storico dell’arte statunitense accoglieva positivamente il superamento del formalismo tout court attraverso la spiegazione sociologica, questa formulazione a priori non poteva essere l’unica chiave di lettura per i fenomeni artistici, né tantomeno per i complessi problemi di committenza, inoltre, l’artista in questo quadro era privato di ogni libertà nell’atto creativo e condannato a riflettere i cambiamenti socio-politici con gli occhi
del suo mecenate4. Dopo alcune contro-argomentazioni in merito
ad alcuni casi specifici, lo studioso americano cercò di mitigare le proprie critiche, riconoscendo di aver adottato un punto di vista analogo nell’analizzare i legami tra la pittura del tardo Trecento e i cambiamenti sociali coevi5. Questo tono conciliatorio in chiusura sembra rispondere a una captatio benevolentiae profferta da Antal in una lettera allo stesso Meiss:
«So I can only hope that you have brought out, in your review, not only where you differ from me in the interpretation but also our agreement on the main line and on the method itself. In England where the intellectuals are much more conservative than in America, the method we are both using, has far more adversaries than you over there can imagine».
Nella stessa missiva gli comunicava di avere appena scritto un articolo «on the development of the method of art history in the last decades»6, il famoso Remarks on the Method of Art History, un saggio in cui Antal ritracciava una comune radice metodologica rispetto ai diversi approcci post-wölffliniani delle due sponde dell’Atlantico7.
3 m. meiss, Frederick Antal, Florentine Painting and Its Social Background, in «The
Art Bulletin», XXXI, 2, 1949, pp. 143-150: 145: «His monist conception of class as the sole determinant (along with ecclesiastical allies or agents) of the character of art leads him to schematize the texture of history». Sulla recensione di Meiss e sulla ricezione di Antal mi permetto di rimandare a J. cooke, Storia sociale dell’arte
o Kulturgeschichte? Millard Meiss e la recensione a Frederick Antal, in «Crepusco-
li Dottorali», II, 2011, https://crepuscoli.wordpress.com/2011/10/28/storia-socia- le-dell%E2%80%99arte-o-kulturgeschichte-millard-meiss-e-la-recensione-a-frede- rick-antal/#[6].
4 meiss 1949b, pp. 147-148.
5 Ivi, p. 150: «I have in fact already proposed a connection somewhat similar to
Antal’s between later Trecento painting and (among other things) the social mo- vements of the time».
6 AAA, MMP. Lettera di Frederick Antal a Millard Meiss, 22 febbraio 1949.
7 f. antal, Remarks on the Method of Art History, in «The Burlington Magazine»,
XCI, 551-552, 1949, pp. 49-52, 73-75 (trad. it. id., Osservazioni sul metodo della storia
Questo profilo storico partiva dalle teorie sul milieu di Taine e Comte, continuando con la Geistesgeschichte di Riegl e Dvořák per giungere alla Kulturgeschichte contemporanea rappresentata da una pletora di studiosi europei e americani: Herbert Read, Richard Krautheimer8, Meyer Schapiro, Ernst Gombrich, Anthony Blunt, Siegfried Giedion e appunto Millard Meiss; in particolare, riguardo a quest’ultimo sottolineò come le loro ricerche indipendenti avessero portato alle medesime conclusioni9. Castelnuovo rimarcò che l’appello di Antal «Todos caballeros» – tra cui mancava Erwin Panofsky – serviva sostanzialmente a stemperare le derive marxiste connesse con il proprio metodo e a rivendicare, con un bilancio della propria produzione, una scuola di appartenenza10. Non si conservano altre lettere di Antal né le risposte di Meiss nell’archivio americano, quindi non è possibile sapere quale fu la sua reazione a questo tentativo di ricomposizione storiografica, ma questo articolo ebbe una discreta fortuna, tanto da essere subito tradotto in italiano, sicché rafforzò la generale percezione di continuità tra Florentine Painting and Its Social
Background e Painting in Florence and Siena after the Black Death11. Uno dei pochi a mettere in guardia dalla fallacità di tale assimilazione fu il filosofo Valentino Gerratana, il quale cercò di sciogliere l’equivoco tra marxismo e sociologia cui lo studioso ungherese aveva prestato il fianco12. Proseguiva precisando che i diversi storici dell’arte
8 Richard Krautheimer aveva pubblicato una recensione ad Antal mantenendo
una posizione sostanzialmente analoga a quella di Meiss: r. krautHeimer, Antal, Flo- rentine Painting and its Social Background, in «Magazine of Art», XLI, 8, 1948, p. 318.
9 antal 1949 [1975], pp. 209-210. Anthony Blunt, in particolare, sarebbe potuto
diventare il vero allievo di Antal, ma in realtà passò in seguito sotto l’influenza di Rudolf Wittkower, che lo indirizzò verso l’arte e architettura del XVII secolo, si veda a. cHastel, Anthony Blunt, art historian (1907-1983), in «The Burlington Maga- zine», CXXV, 966, 1983, p. 547.
10 e. castelnuoVo, Per una storia sociale dell’arte I, in «Paragone», 313, 1976, ried. in
id., Arte, industria, rivoluzioni. Temi di storia sociale dell’arte, Einaudi, Torino 1985, ed. cons. Edizioni della Normale, Pisa 20072, p. 25. Cfr. a. neumeyer, Frederick Antal,
Classicism and Romanticism, with other studies in art history, in «Art Journal», XXVII, 2, 1967-1968, pp. 226-227; f. Haskell, Classicism and Romanticism, with other
studies in art history, in «The Burlington Magazine», CX, 780, 1968, p. 161: «The sup-
position is tempting not only because the scholars whom he evokes as exemplars – Warburg, Saxl, Wind, Gombrich and many others – have never been associated with the methods he had himself applied so strictly, but also because it is in the light of these extremely valuable and suggestive Remarks that his most famous articles, which are dated between 1935 and 1941 and which give their title to the present volume now read disappointingly».
11 f. antal, Osservazioni sul metodo della storia dell’arte, in «Società», X, 5, 1954, pp.
749-762.
12 V. Gerratana, Marxisti onorari, in «Il Contemporaneo», I, 35, 1954, p. 1: «L’equivoco
di ritenere che nella lotta contro il formalismo, contro le teorie dell’arte per l’arte, il marxismo si trovi schierato sullo stesso fronte di qualsiasi generico storicismo,
menzionati da Antal erano unicamente accomunati dall’avversione per il formalismo condotta però da punti di vista differenti, prendendo a esempio proprio il caso di Meiss, eletto, suo malgrado, dallo studioso ungherese a “marxista onorario”13.