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La ricerca dell’altrove: virtualità, semplicità, disconnessione

Nel documento Italia 2018:la ricerca dell’identità (pagine 91-94)

In una società sfaldata che non fa più da collante tra le molte-plici individualità, sempre più persone si rifugiano, ed evadono in una dimensione ‘altra’, giocando con lo spazio e con il tempo. Mai come oggi si assiste ad una forte commistione tra reale e virtuale: la Virtual Reality è oggi sempre più uno strumento con cui molti hanno sempre più familiarità.

Ne è stata fatta di strada dopo il gioco virale di PokemonGO del 2016, ad un anno di distanza, nella direzione di democratizzare sempre più augmented e virtual reality, rendendole più vicine al consumatore medio e incentivando le grandi aziende a servir-sene per diverse attività, spesso di tipo promozionale.

La comunicazione Samsung di quest’anno ‘Do what you can’t’ ha avuto un forte impatto: tutti si sono immedesimati nel vede-re lo struzzo che imparava a volavede-re attraverso delle riproduzioni di esperienze di volo.

Trovarsi altrove significa anche questo: andare alla ricerca di un luogo ed esperienze così immersive da poter mettere in pausa la propria vita.

Apparentemente specularmente opposto è il fenomeno del ‘digital detox’: una diffusa abitudine ad interrompere la

pro-pria connessione con il mondo esterno. Sempre più luoghi ed esperienze volte a staccarsi dalle tecnologie. Il fenomeno è in costante aumento. Nascono soggiorni ad hoc, si sviluppa il ‘di-sconnetting tracking’ (volto alla riscoperta del legame con la na-tura mentre si abbandonano gli apparati tecnologi).

Ma non solo: questo è stato l’anno in cui si è legiferato in favore del ‘digital detox’. A gennaio 2017, la Francia ha infatti approva-to il ‘diritapprova-to alla disconnessione’: la nuova legge sul lavoro dà ai dipendenti il diritto di non rispondere a mail e telefonate fuori dall’orario di lavoro. Oggi infatti si è spesso più incapaci o im-possibilitati a separare il tempo di lavoro e il tempo libero. Vivia-mo ormai da tempo in un sistema dove la vita privata inizia, si combina e a volte finisce, con quella professionale e la presenza della tecnologia informatica fa sì che spesso sia richiesta una disponibilità costante (ma ingiustificata).

Il bisogno di tranquillità è visibile anche nei nuovi trend d’ab-bigliamento, come dimostrato dal perdurare del fenomeno ‘normcore’: la scelta di abiti semplici nelle forme e nei colori... Come a dire che la vera bellezza risiederebbe nella semplicità e nel distacco dalle luci della moda contemporanea.

Questo bisogno di ‘disintossicarsi’ è fortemente legato anche al bisogno di semplicità a livello informativo, cioè di ricevere po-che ma chiare informazioni, dritte al punto.

I consumatori ci chiedono etichette sui prodotti sempre più es-senziali: confezioni ‘pulite’ con poche informazioni esemplifica-tive sul contenuto (ingredienti, provenienza...) quelle per lui più rilevanti e in grado di fare entrare il prodotto nel cerchio della fiducia personale.

Un ulteriore esempio è il massiccio uso di emoticon nel nostro linguaggio, da tempo entrato nel nostro quotidiano modo di comunicare privato, oggi è parte integrante anche del linguag-gio professionale (nelle tabelle, nelle mail) tanto che anche le marche sempre più spesso le adottano per attività promoziona-li. Un esempio recente: acqua Lete, che ha di recente introdot-to il ‘packaging emozionale’ sul mercaintrodot-to delle acque minerali. Il prodotto diventa così interprete delle emozioni e degli stati d’animo del consumatore attraverso le Letemoji, (emoji a forma di goccia d’acqua, create in esclusiva da Acqua Lete, stampate sui tappi delle bottiglie da 50cl). Con Letemoji, l’attenzione del

consumatore alla marca verrebbe quindi stimolata anche a livel-lo emotivo, permettendo di scegliere la bottiglia che meglio si avvicina all’emozione esperita o che si desidera ‘regalare’. Per farsi notare all’interno del caos informativo, le marche de-vono quindi utilizzare ogni mezzo per mostrarsi come marche amiche, entità realmente esistenti calate nel contesto reale e capaci di dialogare con le persone.

Emblematico ciò che è successo durante le elezioni di Trump. New Balance aveva dichiarato di supportare Trump ed è scat-tata una rivolta sui social tra i sostenitori della controparte che hanno bruciato le scarpe e postato le foto sui social. Reebok si è quindi offerto di regalare delle scarpe nuove a tutti coloro che avessero aderito a questa protesta.

Anche il mondo retail adotta soluzioni per semplificare la vita di chi lo visita. Lo store fisico diventa sempre più uno spazio che offre diversi servizi in grado di snellire le ‘fatiche’ dello shopper. Oggi si possono infatti portare a termine diverse attività in un unico spazio fisico. Un esempio? Carrefour ha aperto a Milano ‘Urban Life’, non solo un supermercato: al suo interno offre an-che: un’area ristoro molto particolare e uno spazio per il cowor-king.Nel 2018 a Bologna aprirà Camilla, il primo supermercato autogestito. Questo permette sia di abbattere i costi di gestione, ma anche di scegliere i fornitori, sulla base della qualità delle materie prime e sulla sostenibilità dei produttori.

Inoltre, il retail si adatta nel far convivere reale e virtuale, dando vita a soluzioni d’acquisto ibride che facilitano la vita dei con-sumatori. Come ad esempio Amazon Go, uno store fisico dove è possibile far acquisti ed uscire... senza pagare. Un sistema di telecamere e sensori tiene traccia di ogni prodotto preso. All’u-scita, gli acquisti sono addebitati sulla carta di credito. O, ancora, il Bicocca Village, annunciato e presentato l’anno scorso a Expo. Una realtà di circa mille metri quadrati ad alta tecnologia, svilup-pata da Accenture, che permette ai consumatori milanesi di fare la spesa in condizioni di realtà aumentata, accedendo in tempo reale a varie informazioni sui prodotti. Il supermercato alla Bi-cocca offre notizie dettagliate su tutti i seimila articoli in vendita. Per molti compaiono i file informativi sui pannelli sopra i banchi di esposizione, per altri basta passare il codice a barre sulla spia presente in uno dei totem disseminati nel locale, ed ecco tutto quello che si voleva sapere sul tortello di zucca: provenienza di

uova, zucca, grano da cui è stata ricavata la farina, apporto nu-trizionale, eventuali allergeni presenti (forse la cosa più impor-tante), istruzioni per lo smaltimento del packaging. Aggirandosi con il carrello si può sapere con sicurezza, per esempio, se un tacchino è nato, cresciuto e, ahilui, morto in Italia. Se mangian-do la coscia da tot grammi, quante calorie contiene, proteine, sale, fibre, carboidrati, per un apporto energetico pari a tot.

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Nel documento Italia 2018:la ricerca dell’identità (pagine 91-94)