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La società italiana d’immigrazione Dati e interpretazioni.

politiche per l’integrazione sociale degli immigrati in Italia.

4.3 La società italiana d’immigrazione Dati e interpretazioni.

La società italiana, seppur abbia una storia immigratoria relativamente recente, attualmente si costituisce di una popolazione eterogenea dal punto di vista etnico e culturale. L‟estrema quantità di espressioni culturali non deriva direttamente dalla

presenza d‟immigrati308, ma con essi ha avuto un incremento notevole se si pensa

che gli immigrati regolarmente iscritti all‟anagrafe sono 4 milioni e 235mila309. Al

31 dicembre 2009 si possono contare presenze consistenti appartenenti a diverse collettività straniere estremamente diverse da un punto di vista culturale, sociale

ed etnico310. La forte differenziazione nella provenienza degli immigrati

rappresenta una caratteristica per la società italiana d‟immigrazione: in questo

senso si parla di policentrismo migratorio311. La società italiana, definibile come

multiculturale per via delle numerose appartenenze ed espressioni locali interne che ne hanno caratterizzato il tessuto sociale e culturale per molti secoli, è oggi definibile anche come multietnica, difatti la copresenza di persone immigrate provenienti da diverse zone del Pianeta rende il panorama etnico della società italiana estremamente composito. La percezione che la società italiana ha maturato negli ultimi decenni rispetto al fenomeno immigratorio si è articolata in maniera ambigua, a volte contraddittoria. La storia giuridica e normativa in tema

308 La forte differenziazione culturale interna è presente in Italia anche a causa delle

frammentazioni e unificazioni territoriali di origine politico-storica. Questo ha portato ad un‟estrema eterogeneità espressiva delle culture presenti in Italia.

309 Cfr. Dossier 1991-2010: per una cultura dell‟altro, “Immigrazione. Dossier Statistico 2010.

XX Rapporto sull‟immigrazione Caritas Migrantes”, pubblicato per IDOS – Centro Studi e Ricerche, Roma, 2010.

310 Ibidem. Le collettività registrate in ordine di maggiori presenze, sono: la Romania, l‟Albania, il

Marocco, la Rep. Popolare Cinese, l‟Ucraina, le Filippine, l‟India, la Polonia, la Moldova, la Tunisia, l‟ex Rep. Jugoslava di Macedonia, il Perù, l‟Ecuador, l‟Egitto, lo Sri Lanka, il Bangladesh.

311 Cfr. I volti dell‟integrazione. Il ruolo delle comunità locali, dei cittadini e dei mass media nei

processi di inclusione dei rifugiati in Italia, Pubblicato nel 2007 da ANCI (Assoc. Nazionale

d‟immigrazione evidenzia una tardiva attenzione istituzionale rispetto a tale fenomeno e, soprattutto con la L. 189/02, viene confermata la natura sicuritaria che ha orientato molte disposizioni giuridiche. Eppure la presenza immigrata, secondo quanto testimoniato da diversi rapporti sull‟immigrazione, ha avuto impatti positivi sulla situazione economica del Paese e sulle dinamiche di sviluppo economico ad esso connesse; così come riportato nel Rapporto Caritas Migrantes del 2010, “Gli immigrati assicurano allo sviluppo dell‟economia italiana un contributo notevole: sono circa il 10% degli occupati come lavoratori dipendenti, sono titolari del 3,5% delle imprese, incidono per l‟11,1% sul prodotto interno lordo (dato del 2008), pagano 7,5 miliardi di euro di contributi previdenziali, dichiarano al fisco un imponibile di oltre 33 miliardi di euro. Il rapporto tra spese pubbliche sostenute per gli immigrati e i contributi e le tasse da loro pagati (2.665.791 la stima dei dichiaranti) va a vantaggio del sistema Italia, specialmente se si tiene conto che le uscite, essendo aggiuntive a strutture e

personale già in forze, devono avere pesato di meno”312. Mentre la crisi

economica che ha investito in Italia gran parte del settore lavorativo, ha indotto al licenziamento di moltissime persone (l‟Istat riporta un calo nell‟occupazione di 527mila unità), i lavoratori stranieri sono aumentati di 147mila unità, avendo

un‟incidenza dell‟8,2% sul totale della popolazione italiana di lavoratori313. Anche

il numero degli immigrati lavoratori ha subito un decremento, ma parrebbe inferiore rispetto a quello subito dagli italiani; questo potrebbe essere causato dal fatto che gli immigrati stranieri spesso ricoprono mansioni non considerate particolarmente appetibili dagli italiani. Il fatto di non rinunciare a mansioni umili ha, probabilmente, protetto maggiormente la categoria dei lavoratori stranieri rispetto a quella degli italiani314.

L‟età media italiana si è innalzata dai 31, 5 anni ai 43,3: questo dato non deriva sostanzialmente da una forte longevità delle persone, quanto dalla scarsa natalità

312 Cfr. Dossier 1991-2010: per una cultura dell‟altro, “Immigrazione. Dossier Statistico 2010.

XX Rapporto sull‟immigrazione Caritas Migrantes”, pubblicato per IDOS – Centro Studi e Ricerche, Roma, 2010, p. 6.

313 Ibidem. 314 Ibidem.

che in questi ultimi decenni ha interessato la società italiana315. Basti pensare che gli ultrasessantacinquenni stranieri rappresentano il 2,2% contro il 20,2% della popolazione italiana residente. Il tasso di fecondità, invece, sarebbe di 1,33% per le donne italiane contro il 2,05% delle donne straniere (da cui deriva la media totale pari a 1,41%).316 Fra il 1996 e il 2008 sono stati celebrati ben 236.405 matrimoni misti, arrivando ad un rapporto attuale di 10 matrimoni misti ogni 100. La stabilizzazione e i ricongiungimenti familiari hanno consentito di passare da un‟immigrazione composta soprattutto da uomini adulti ad un‟immigrazione composta da famiglie e bambini. Affrontare l‟integrazione solo dal punto di vista della forza-lavoro degli immigrati, significherebbe non tenere in considerazione questi aspetti modificatori dell‟assetto strutturale demografico italiano. Un altro dato importante riguarda l‟ausilio che le donne immigrate apportano al sistema di welfare, si pensi ad esempio a tutte le donne immigrate che operano nel settore del servizio alla persona317. Il numero di figli di immigrati nati in Italia si aggira intorno al mezzo milione e come rilevato dalla Banca d‟Italia essi contribuiranno significativamente nel “definire il livello e la qualità futuri del capitale umano che sarà disponibile in Italia”318.

Nonostante sia abbastanza evidente da un punto di vista statistico e quantitativo quanto sia importante la presenza immigrata soprattutto in questo momento di crisi economica, secondo diversi rapporti la società italiana, al pari di altre società europee e nord-americane, soffre della cosiddetta sindrome dell‟invasione319. La ricerca Transatlantic Trends. Immigrazione 2009 ha rilevato che la metà degli europei (italiani compresi) legga nel fenomeno immigratorio un problema per il proprio paese sebbene circa il 18% degli italiani intervistati ritenga che il fenomeno immigratorio dovrebbe avere la priorità sui tavoli dei decisori

pubblici320. Alla domanda su come venga ritenuta la gestione del Governo rispetto

all‟immigrazione e al trattamento dei soggetti immigrati, il 43% degli italiani

315 Ivi, p. 7. 316 Ibidem.

317 I volti dell‟integrazione. Il ruolo delle comunità locali, dei cittadini e dei mass media nei

processi di inclusione dei rifugiati in Italia, op. cit., p. 54.

318 Ibidem. 319 Ibidem.

risponde che è molto o abbastanza sufficiente, mentre il 63% ritiene che essa sia poco o per nulla soddisfacente. Si evince che dai dati statistici una divergenza nella percezione sia del fenomeno immigratorio, sia delle disposizioni e delle direttive istituzionali e governative nate in tal senso321.

Secondo Zincone sono andate delineandosi alcune nuove tendenze nelle politiche

d‟integrazione europee e italiane322. Una tendenza sarebbe quella che vede le

politiche orientate verso un modello di integrazione neoassimilazionista. Esso si riferisce alla necessità che gli immigrati approfondiscano la conoscenza della lingua, della storia e della cultura del paese d‟arrivo, in modo da poterne condividere a fondo i valori fondanti. Questa disposizione è contenuta nel Patto europeo per l‟immigrazione e l‟asilo e ad essa rimanda la legge italiana 94/2009 in cui viene previsto l‟uso di un permesso di soggiorno a punti.

Come si può notare vi sono state delle similitudini fra il caso francese e il caso italiano; a partire dalla L. 189/02 in Italia si è proceduto con politiche per l‟immigrazione che non tenevano conto realmente della dimensione integrativa degli immigrati, analogamente a quanto accedeva con alcune disposizioni dei governi di destra francesi. L‟aspetto focalizzato in queste politiche era maggiormente inerente la pianificazione di strumenti di controllo e di sicurezza per la nazione che non per l‟integrazione degli immigrati. Ma si può sostenere che vi siano anche delle sostanziali differenze. Il movimento dei sans-papiers, i fatti conflittuali delle banlieues, sono fenomeni ancora non conosciuti in Italia. Le situazioni problematiche di alcuni quartieri periferici delle grandi città italiane (in cui oggi risiedono molti immigrati per via del costo meno esoso per l‟alloggio) non derivano dalla presenza dei soggetti immigrati, ma sono datate da lungo tempo. Bergamaschi, rispetto alle differenze tra Francia e Italia in tema d‟integrazione degli immigrati, afferma che le politiche francesi miravano a comprimere le differenze per promuovere processi socializzanti rispetto al solo credo francese. Le politiche francesi così orientate sono, sempre secondo Bergamaschi, entrate in crisi dal momento in cui si è raggiunta la consapevolezza

321

I volti dell‟integrazione. Il ruolo delle comunità locali, dei cittadini e dei mass media nei

processi di inclusione dei rifugiati in Italia, op. cit., p. 54.

dell‟esistenza di forti discriminazioni basate sull‟appartenenza etnica degli immigrati323.

Proprio in virtù della recente storia immigratoria, la società italiana potrebbe attingere dalle altre società con un forte tasso d‟immigrazione aspetti positivi e riflettere sulle dinamiche gestionali rivolte all‟immigrazione e all‟integrazione. La società italiana, potrebbe essere un laboratorio in cui possano essere sperimentate nuove procedure per la pianificazione dei processi d‟integrazione che muovano dalla consapevolezza della ricca compositezza della popolazione; compositezza conseguente alla diversificazione regionale, locale, culturale, geografica degli autoctoni e arricchita dalla presenza di persone immigrate provenienti da molte zone del Pianeta. Soggetti immigrati dotati di un capitale complesso, sociale, culturale, umano che può essere, però, investito ai fini di uno sviluppo generale per tutta la società italiana, composta da autoctoni e da immigrati. Il tessuto socio-culturale italiano viene, grazie anche alla presenza immigrata, arricchito di nuovi elementi ritenuto fondamentali per incentivare processi di sviluppo sociale, economico e civico.

323 Nel 1998 l‟Haute Conseil à l‟Intégration ha espresso vive preoccupazioni rispetto a questo stato

di cose. Cfr. Cfr. A. Bergamaschi, L‟immigrazione in Italia alla luce della crisi del modello di

<<integrazione alla francese>>, in “Affari sociali internazionali”, Fascicolo 4, 2006; inoltre si

rimanda a P. A. Taguieff, La force du prefugé. Essai sur le racisme et ses doubles, La Découverte, Paris, 1998.

CAPITOLO 5

La teoria dell’insularità come categoria euristica per la