CAPITOLO 4: Commento traduttologico
4.1 DAL PROTOTESTO AL METATESTO
4.1.1 La tipologia testuale
Qualsiasi teoria o saggio sulla traduzione inizia col definire che cosa si intende con il termine di prototesto (o testo di partenza) e metatesto (o testo di arrivo). È questa, infatti, non solo una distinzione fondamentale all’interno dell’intero processo traduttivo, ma è anche il fattore che determina l’essenza e l’esistenza della traduzione stessa: senza un testo che necessita di essere ricodificato, sia che si tratti di una trasformazione «di segni verbali per mezzo di altri segni della stessa lingua (traduzione intralinguistica o riformulazione)»45, in un'altra lingua («traduzione interlinguistica o traduzione vera e propria»)46 o «di segni verbali per mezzo di segni di sistemi segnici non verbali (traduzione intersemiotica o trasmutazione)»47 non ci sarebbe nessuna traduzione e nessun traduttore. In proposito Bruno Osimo nella prefazione del libro di Popovič La scienza della traduzione: aspetti metodologici. La comunicazione traduttiva:
[...] Ma una tappa imprescindibile [...] è costituita dalla concettualizzazione in base alla quale è processo traduttivo qualsiasi trasformazione di un “primo” testo in un “secondo” testo, verbale o extraverbale che sia. Il primo testo, testo originale o precursore, viene da Popovič definito «prototesto». Il testo cronotopicamente successivo viene detto «metatesto».48
Pertanto, nel momento in cui ci avviciniamo per la prima volta a un testo da tradurre, di fondamentale importanza è la definizione di quelle che sono le qualità del testo in questione, dalle semplici caratteristiche formali a quelle di più difficile individuazione, che interessano il livello extratestuale e contenutistico. Questa identificazione ci permette infatti di operare le scelte necessarie in materia di strategia traduttiva, per generare un metatesto che rispetti il più possibile la versione originale (dove per rispettare non si intende però la riproduzione fedele e invariata di tutte le sue caratteristiche, in quanto «trattandosi di un processo di trasformazione, non vi può essere alcun parlare di “equivalenze”. Due testi sono equivalenti quando non sono
45
Roman Jakobson, On Linguistic Aspects of Translation, in On Translation, edited by R.A.Brower, Cambridge, Harvard University Press, 1959, p.429
46
Ibidem
47
Ibidem
48
Bruno Osimo, “Popovič e la ricerca contemporanea” in Anton Popovič, La scienza della traduzione: aspetti
tradotti, e quindi riformulati, ma sono uno la copia dell’altro, come nel caso delle fotocopie»)49.
All’interno delle caratteristiche del prototesto è possibile operare, prima di tutto, una distinzione fra tratti di carattere generale, che lo assegnano a una precisa tipologia testuale (e che sono quindi comuni in tutti i testi della stessa tipologia) e tratti particolari, che, al contrario, lo rendono unico e lo differenziano da qualsiasi altro testo, dello stesso autore ma anche di autori diversi.
Prendendo in esame l’oggetto della nostra traduzione, vale a dire le favole, e analizzandole dal punto di vista del primo gruppo di tratti distintivi, si può affermare come esse siano, prima di tutto, testi letterari a carattere narrativo, dove «oggetti e situazioni vengono disposti e raccontati in ordine di tempo»50. Inoltre, sono aperti e poco vincolanti: sia il traduttore che il lettore hanno quindi un discreto margine interpretativo.
In un testo aperto (artistico, poetico), di contro, il lettore non è un fruitore passivo, ma avviene un continuo lancio d’ipotesi interpretative e di loro verifiche, sulla base del lettore e delle sue capacità inferenziali. Tale sequenza di lanci d’ipotesi e di loro verifiche viene definita circolo ermeneutico.51
La loro funzione principale è di tipo espressivo: l’enfasi viene posta sull’emittente, il quale esprime il suo giudizio e il suo punto di vista nei confronti di determinati comportamenti e atteggiamenti all’interno di relazioni interpersonali. Nella maggior parte dei casi, questo avviene in modo non diretto: il narratore è quasi sempre di terza persona, a parte qualche rara eccezione in cui interviene direttamente nella narrazione, come si può vedere, ad esempio, alla fine della favola 48 dove si legge: «但是,甭说甭说甭说包甭说
谷了,就是就是就是就是包谷的孙子也见不着一根毫毛» «Non dico il grano, ma neanche i suoi
più lontani parenti a quell’ora esistevano più!» (p.68). O ancora, sempre in chiusura, nella storia 59: «结果呢,大家不会大家不会大家不会大家不会不知道吧?» «La fine della storia, immagino la sappiate tutti!» (p.74); per il resto egli esprime il proprio punto di vista o il proprio giudizio morale attraverso le parole e i comportamenti dei suoi personaggi.
Una volta individuata la tipologia testuale è possibile passare al secondo livello di analisi proposto in precedenza, vale a dire a una breve presentazione delle caratteristiche più specifiche e per così dire “concrete” delle favole in questione.
49
Bruno Osimo, La traduzione saggistica dall’inglese: guida pratica con versioni guidate e glossario, Milano, Hoepli, 2007, p.3
50
In primo luogo i personaggi e l’ambientazione. Anche se esistono casi, come ad esempio le storie 2, 10, 11, 17 e 28 dove compaiono figure umane, o le storie 1, 32 e 54 dove i protagonisti sono oggetti inanimati e rispettivamente un pozzo, dei ciottoli e un mattone, Zhang Xiaocheng usa, per la maggior parte, protagonisti animali, in rispetto alle caratteristiche che distinguono questo particolare genere letterario. Non si tratta, tuttavia, di semplici animali, come quelli che si potrebbero trovare in testi scientifici o enciclopedici; oltre ad avere il cosiddetto “dono della parola”,infatti, pensano e provano sentimenti ed emozioni, proprio come gli esseri umani. L’elemento magico si mescola a personaggi e avvenimenti che appartengono al mondo reale e alla quotidianità: in questo modo le vicende diventano più verosimili e, allo stesso tempo, anche il messaggio che l’autore vuole trasmettere risulta più credibile.
A questo proposito vale la pena spendere due parole sull’ambientazione: fitte foreste, grandi montagne, ruscelli e campi coltivati fanno da sfondo alla materia narrata. I personaggi sono calati nel loro habitat naturale, e questo offre all’autore l’occasione di fornire, unitamente a insegnamenti etici e morali, anche nozioni e conoscenze in materia scientifica. Attraverso la storia «Oche in “e- formazione”», ad esempio, il bambino impara che questi uccelli sono soliti volare disponendosi in linea retta o a forma di ‘V’ rovesciata; o ancora, proseguendo con la lettura, che il cibo prediletto delle volpi sono i polli, che le capre sono vegetariane, che gli orsi mangiano grano e vermi, e via dicendo. Infine, la favola «Il pulcino nell’uovo» insegna che servono ventuno giorni perché un uovo si schiuda.
In secondo luogo la trama: questa è quanto mai semplice e lineare, non viene data importanza al “come succede” ma semmai al “cosa succede”, ed è per ottemperare a questo scopo che anche il lessico, la struttura dei periodi e il registro utilizzati sono semplificati il più possibile, per quanto sempre nel rispetto delle caratteristiche grammaticali e sintattiche della lingua cinese. Le frasi sono brevi, concise, il lessico utilizzato quotidiano, colloquiale, privo di espressioni formali o strutture arcaiche, comprensibile quindi a un bambino di età e istruzione media, si esso di lingua cinese (nel caso del prototesto), o di lingua italiana (nel caso del metatesto).
Date queste le caratteristiche principali del prototesto, si è cercato di riprodurle anche nel metatesto, cercando una traduzione che fosse il più fedele possibile all’originale, sia nei tratti generali, a livello di tipologia testuale, sia in quelli più particolari e caratteristici di ogni singola storia.