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La tradizione psicologica

2. La dipendenza

2.2. La tradizione psicologica

I modelli psicologici di dipendenza si basano sull’assunto che questo fenomeno sia misurabile su scala continua e che i segni e i sintomi che lo contraddistinguono (ad esempio, quelli elencati dal DSM-5) non siano semplicemente presenti o assenti, ma possano presentare diversi gradi di gravità che possono modificarsi nel tempo e che determinano differenze fenotipiche nella dipendenza. Il primo approccio di stampo psicologico alla misurazione della dipendenza è stato fatto da Fagerström che nel 1978 ha sviluppato la scala self-report denominata Fagerström Tolerance Questionnaire (FTQ; Fagerström, 1978). Partendo dall’assunto che la dipendenza da nicotina fosse sia fisica che psichica, e che questi due aspetti fossero complessi da distinguere, gli 8 item che compongono la FTQ erano volti a rilevare i fenomeni di tolleranza e risposta all’astinenza valutando il comportamento di fumo quotidiano. La FTQ è stata sviluppata come strumento che potesse aiutare medici e psicologi a stabilire in modo attendibile l’entità della dipendenza e a definire una terapia personalizzata di disassuefazione dal fumo. Le carenze dal punto di vista psicometrico e la sua possibile struttura multifattoriale (Heatherton & Kozlowski, 1989; Lichtenstein & Mermelstein, 1986; Lombardo, Hughes, & Fross, 1988), però, hanno condotto a rivedere lo strumento e a svilupparne altri. Dalla riduzione della FTQ e dalla modifica e adattamento delle scale di risposta ai suoi item, sono nati due ulteriori strumenti: la Fagerström Test for Nicotine

Dependence (FTND; Heatherton, Kozlowski, Frecker, & Fagerström, 1991) e la Heaviness of Smoking Index (HSI; Heatherton & Kozlowski, 1989). La HSI consiste semplicemente

nei due item che la letteratura sulla FTQ ha identificato come quelli che spiegavano la maggior parte della varianza del suo punteggio, cioè le domande che richiedevano di stimare entro quanto tempo dal risveglio si fumasse la prima sigaretta (aspetto fortemente connesso alla riduzione dei sintomi derivanti dall’astinenza notturna) e il numero di sigarette fumate al giorno. Oltre a questi due, nella FTND sono stati mantenuti anche altri quattro item che, rilevando alcune caratteristiche del comportamento di fumo, misurano principalmente tolleranza e craving.

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La FTND ha avuto un grande successo ed è ancora oggi utilizzata sia in campo medico che psicologico, soprattutto per l’ampia letteratura che riguarda lo strumento e per la sua facilità e velocità di somministrazione. Anche questo strumento, però, presenta evidenti carenze dal punto di vista psicometrico. Innanzitutto, alcuni item sono adatti ad indagare livelli elevati di dipendenza, ma faticano a discriminare tra light e medium

smokers (Etter, Duc, & Perneger, 1999). In secondo luogo, la FTND sembrerebbe essersi

trascinata dietro il problema di multifattorialità già evidenziato per la FTQ, rendendo difficile capire cosa misuri esattamente (Etter et al., 1999; Huang, Lin, & Wang, 2006; Payne, Smith, McCracken, McSherry, & Antony, 1994; Radzius et al., 2003). Infine, diversi studi hanno mostrato che lo strumento ha problemi di coerenza interna e di validità predittiva nei confronti della cessazione (Etter, 2005; Payne et al., 1994; Pomerleau, Carton, Lutzke, Flessland, & Pomerleau, 1994). In ogni caso, la FTND è stata sviluppata per misurare tolleranza e astinenza, ovvero quelle caratteristiche della dipendenza strettamente connesse agli aspetti farmacologici, cioè alla dipendenza fisica, tralasciando in larga misura il lato più prettamente psicologico.

Allo scopo di superare i limiti della FTND e di valutare la dipendenza nei suoi molteplici aspetti, Etter, Le Houezec, e Perneger (2003) hanno sviluppato la Cigarette Dependence

Scale (CDS-12). Questo strumento comprende 12 item volti a misurare su scala continua

la dipendenza dal fumo così come descritta dai criteri diagnostici elencati dal DSM-IV-TR (American Psychiatric Association, 2000), la versione precedente del DSM-5. Esiste anche una versione a 5 item dello strumento, la CDS-5 (Etter et al., 2003), che è costituita da un sottoinsieme di item, ma la CDS-12 ha mostrato di possedere caratteristiche migliori. La letteratura su questo strumento mette in luce le sue buone proprietà psicometriche, tra le quali spiccano coerenza interna, affidabilità test-retest e potere predittivo nei confronti della cessazione del consumo di tabacco e dell’intensità degli episodi di astinenza (Courvoisier & Etter, 2010; Etter, 2008; Stavem, Røgeberg, Olsen, & Boe, 2008). Nonostante ciò, lo strumento non include alcun item che misuri la tolleranza, costrutto fondamentale per la definizione della dipendenza. Come indicato dagli autori, questo problema verrebbe superato attraverso somministrazioni ripetute dello strumento, ma la mancata misurazione puntuale della tolleranza resta un limite non totalmente trascurabile.

Tutti gli strumenti fino ad ora esposti si basano sul presupposto che la dipendenza sia un costrutto unidimensionale, ma Piper e colleghi (2004) hanno proposto un modello

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multifattoriale di dipendenza. L’approccio di Piper si fonda sull’assunto che la dipendenza sia un fenomeno motivazionale cha va ben oltre la mera dipendenza fisica. Sebbene riconoscano l’esistenza di un nucleo di manifestazioni prototipiche legate alla dipendenza di tipo farmacologico (e.g., la tolleranza), gli autori sostengono che tale nucleo costituisca solo una parte del fenomeno: l’aspetto farmacologico ci dice se un individuo sia o meno dipendente dalla nicotina, ma non è utile a conoscere la natura della sua dipendenza, l’eziologia. Per Piper, la dipendenza è data dalla propensione dell’individuo a rispondere a stati interni, comportamenti e situazioni esterne con l’uso di una sostanza, in questo caso il tabacco. Le motivazioni, dunque, sono strettamente connesse con la dipendenza perché riflettono le cause che la generano e la mantengono nel tempo. Da qui deriva anche la concezione della dipendenza come costrutto multi-dimensionale: le motivazioni che sottendono questo fenomeno sono molteplici, dunque per una descrizione accurata della dipendenza è necessario prendere in considerazione tutte le sue sfaccettature. Su queste basi, Piper et al. (2004) hanno sviluppato uno strumento a 68 item, la Wisconsin Inventory of Smoking Dependence Motives (WISDM). La WISDM misura i 13 fattori motivazionali di dipendenza riportati di seguito:

1. Affiliative attachment – fumare a causa del forte legame affettivo col fumo per cui le sigarette vengono percepite come fossero delle amiche da cui non è possibile separarsi e sulle quali fare affidamento nei momenti critici o di solitudine

2. Automaticity – fumare senza averlo deciso intenzionalmente o senza averne completa consapevolezza, bensì a causa di un automatismo

3. Behavioral choice / Melioration / Alternative reinforcement – fumare come scelta personale, nonostante le restrizioni e le conseguenze negative per la salute, ma anche come metodo di rinforzo in mancanza di altre alternative (e.g., usare la sigaretta come ricompensa che si sostituisce ad una ricompensa superiore ma assente in quel determinato momento)

4. Cognitive Enhancement – fumare per migliorare o aumentare le proprie funzioni cognitive, quali l’attenzione e la concentrazione

5. Craving – fumare per ridurre il craving, cioè per soddisfare il desiderio urgente, intenso e/o frequente di consumare tabacco

6. Cue exposure / Associative processes – fumare in corrispondenza di stimoli non sociali che, col tempo, sono stati associati al fumo (e.g., dopo il caffè, dopo i pasti)

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7. Loss of control – fumare perché non si riesce ad opporre resistenza all’atto stesso, cioè a causa della credenza che la dipendenza, ormai radicata nel tempo, abbia fatto perdere il controllo volitivo sul proprio comportamento di fumo e che, dunque, non si possa decidere consapevolmente di evitare di fumare

8. Negative reinforcement – tendenza o desiderio di fumare per eliminare o ridurre stati interni negativi che vanno dalla disforia, allo stress, ai sintomi di astinenza 9. Positive reinforcement – tendenza o desiderio di fumare per accrescere stati

interni positivi preesistenti (i.e., emozioni o esperienze positive) o per produrli 10. Social and environmental goads – fumare in risposta a stimoli o contesti sociali

che inducono o invitano a farlo (e.g., trovarsi in un gruppo di persone che stanno fumando, ricevere l’offerta di una sigaretta)

11. Taste and sensory properties – desiderio o tendenza a fumare per provare le sensazioni piacevoli date dal gusto e dalla gestualità legata al rito della sigaretta 12. Tolerance – fumare in risposta alla necessità di aumentare la quantità di tabacco

assunto per raggiungere gli effetti desiderati

13. Weight control – fumare per mantenere sotto controllo peso corporeo e appetito

Nonostante queste dimensioni non siano ulteriormente riducibili, adottando una metodologia person-oriented (cioè impiegando tecniche di clusterizzazione degli individui) Piper e colleghi (2008) hanno mostrato come i fattori motivazionali siano riconducibili a due grandi categorie. Le dimensioni automaticity, craving, loss of control e

tolerance sono state definite motivazioni primarie in quanto rappresentano il nucleo

fondamentale della dipendenza, le motivazioni maggiormente connesse all’aspetto farmacologico. Le altre dimensioni, invece, sono state definite motivazioni secondarie perché non costituiscono la base fisica della dipendenza, ma rappresentano le caratteristiche accessorie che contraddistinguono la dipendenza di ciascun fumatore. Nel medesimo studio, sono stati individuati per la prima volta fenotipi differenti di fumatori, cioè individui con profili motivazionali distinguibili gli uni dagli altri. L’individuazione di profili motivazionali di dipendenza e la loro associazione a comportamenti di fumo diversi costituisce proprio l’apporto unico che la psicologia può dare allo studio del tabagismo.

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La letteratura ha dimostrato che la WISDM ha buone proprietà psicometriche, quali una elevata coerenza interna delle sotto-scale e ottime validità di costrutto, predittiva e discriminante (Baker et al., 2007; Payne, McClernon, & Dobbins, 2007; Piasecki, Piper, Baker, & Hunt-Carter, 2010; Piasecki, Piper, & Baker, 2010; Piper et al., 2008; Reitzel et al., 2009; Shenassa, Graham, Burdzovic, & Buka, 2009). Successivamente, è stata sviluppata anche una versione più breve della WISDM, la Brief Wisconsin Inventory of

Smoking Dependence Motives (B-WISDM; Smith et al., 2010), ma su questo strumento le

evidenze sono ancora limitate e costituiscono il tema dello Studio 1 presentato in questo elaborato.