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LA VISITA GINECOLOGICA DOPO LA VIOLENZA SESSUALE

DIAGNOSTICA CLINICA

2.2 LA VISITA GINECOLOGICA DOPO LA VIOLENZA SESSUALE

La visita ginecologica dopo una delle esperienza più devastanti e mortificanti che possono capitare ad una donna ha evidentemente degli aspetti peculiari. Innanzitutto, a differenza di altre visite, ci troviamo spesso di fronte ad una donna che non vuol essere visitata e che si presenta perché accompagnata dalle forze dell‟ordine o da conoscenti, perché preoccupata dalle conseguenze e per svariati altri motivi.

È importante capire cosa ha spinto la donna a presentarsi, e da lì partire per rispondere ai suoi bisogni, cercando di creare un clima che faciliti l‟affidamento e spigandole intanto che faremo altre cose oltre a quelle che lei chiede, che forse in questo momento possono risultare noiose, ma in futuro possono essere utili. Infatti il compito è innanzitutto di cura, ma anche di raccolta di prove che possono servire in un eventuale iter giudiziario; si compila, scrivendo nel modo più chiaro possibile, una scheda clinica di cui verrà data copia firmata alla donna. La scheda deve comprendere le generalità della donna e dei suoi accompagnatori, il nome dell‟operatore/i, la data e l‟ora in cui la donna si presenta alla visita.

Si procede a raccogliere il racconto, facendo attenzione a come è accaduta la violenza, se c‟è stata penetrazione, se c‟è stato uso di preservativi, se si è lavata successivamente alla violenza, se ha cambiato gli indumenti. Dopo il racconto si passa al momento delicato della visita. Se ne spiegano tutte le fasi nel modo più chiaro possibile e dando il tempo alla donna di comprendere

affinché possa dare il suo consenso verbale (sia perché è sempre d‟obbligo, sia perché la donna abusata possa ritrovare la sensazione del controllo sul proprio corpo). Va esaminato tutto il corpo per evidenziare lesioni entra genitali; se si ritiene opportuno si fotografano le lesioni per avere una ulteriore prova da utilizzare in caso di denuncia.

Mentre la donna si spoglia si deve fare molta attenzione a non perdere eventuali reperti tipo peli, capelli dell‟aggressore o eventuali detriti, foglie, ecc.

(se il fatto è avvenuto all‟esterno); si può usare a questo scopo un grande foglio di carta bianca su cui far spogliare la donna. L‟esame ginecologico può essere fatto ad occhio nudo o con colposcopio, con parti colare attenzione all‟imene e all‟ano (vanno descritte eventuali ferite, presenza di sangue o liquido seminale, ecchimosi, ematomi, fessurazioni, cicatrici); anche in questa fase i possono fare foto, se significative, ponendo un‟etichetta identificativa con il numero della cartella a fianco alla zona interessata. Si effettuano poi gli esami per la ricerca spermatozoi ed eventuale tipizzazione DNA; le sedi di prelievo vanno valutate in base al racconto: si usano due batuffoli per sede: uno verrà strisciato su due vetrini, che verranno poi fissati e mandati nel laboratorio per la ricerca spermatozoi e batteriologico morfologico (pap test); l‟altro verrà usato per strisciare due vetrini non fissati da inviare all‟istituto di medicina legale.

I batuffoli e i vetrini non fissati dovranno essere asciugati all‟aria per almeno 1/2 ora, in seguito verranno messi nell‟apposite provette, etichettati, imbustati in carta e conservati in frigo. Lo stesso dicasi per macchie di saliva, liquido seminale o sangue sulla cute (in questo caso il batuffolo verrà inumidito con soluzione fisiologica). Se la donna riferisce di essersi difesa con le unghie, si può procedere allo scrabbing sub ungueale, per cui si usano stuzzicadenti imbustati singolarmente.

Importante è la catena di custodia dei referti:

 Vengono prelevati (bene conservati ed etichettati) dal Servizio di Medicina Legale e tenuti per un anno a disposizione della magistratura, che se riterrà opportuno darà l‟incarico ai periti di estrarre il DNA e confrontarlo con quello dei sospetti.

 Se si ritiene opportuno si somministra la contraccezione post-coitale. Questo è utile solo se dal racconto della vittima emerge la possibilità che ci sia stata una violenza con penetrazione vaginale tale da far emergere la possibilità dell‟instaurarsi di una gravidanza. Questo tipo di contraccezione post-coitale

deve avvenire entro le 120 ore dal momento dell‟aggressione; superate le 120 ore non è garantita l‟efficacia del trattamento e più passano le ore più diminuisce in modo esponenziale.

 È importante l‟informazione della paziente durante questo trattamento;

informarla che il suo ciclo mestruale potrebbe ritardare per 2 o 3 settimane e questo implica che sia instaurata una gravidanza.

 È bene informare la donna sui possibili effetti collaterali e raccomandare di eseguire un ulteriore test di gravidanza dopo un mese, anche se nel frattempo si è riassestato il ciclo mestruale. In accordo con la paziente si effettuano gli esami infettivo logici (batteriologico vaginale e sierologici per lue, epatiti, HIV, chlamydia).

 Importante e tranquillizzante per la donna è la somministrazione della profilassi antibiotica, (per esempio ceftriazione 250 mg i.m. e azitromicina 1 g per os in unica somministrazione).

 Dopo la somministrazione degli antibiotici la paziente deve rimanere in osservazione in ambulatorio almeno 30 minuti, questo per valutare eventuali reazioni allergiche o la comparsa di effetti collaterali immediati. In rari casi, se dal racconto o dalla situazione clinica ci sembra che la donna possa essere stata narcotizzata si eseguono gli esami tossicologici su sangue e urine (in doppio, in modo che una delle provette possa essere tenuta a disposizione della Magistratura).

 Se si valuta come ad alto rischio per HIV (aggressore sieropositivo o appartenente a gruppi a rischio per sieropositività), si informa la donna della possibilità di eseguire una profilassi post-esposizione, da iniziare entro 72 ore e da continuare 4 settimane, molto impegnativa dal punto di vista degli effetti collaterali e di cui i pochi dati esistenti non possono garantire l‟efficacia.

 Si discute comunque con la donna il problema, facendole leggere e firmare un foglio di informazioni e consenso/rifiuto.

 È previsto un appuntamento per ritiro esami e per un eventuale colloquio col psicologa o assistente sociale.

 Prima di dimettere la donna si ha cura di verificare l‟idoneità della situazione abitativa (se è a rischio se non ha una dimora);

 In casi particolari si può ricorrere al ricovero (esiste un DRG per la violenza sessuale);

 Purtroppo non sono disponibili dei reparti o delle camere a debite per questi tipi di pazienti, così solitamente ci si appoggia ai normali reparti di ginecologia, magari prediligendo camere singole, vista la delicatezza del caso;

 Alla fine dell‟intervento in emergenza ci si occupa dell‟eventuale denuncia all‟Autorità giudiziaria.

2.3 PROTOCOLLO SANITARIO PER IL SOCCORSO ALLA DONNA VITTIMA

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