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La Visualizzazione del corpo nell’era digitale

Nel documento TRASPARENZE (pagine 81-84)

A partire dagli albori della modernità, con i disegni anatomici di Leonardo da Vinci e l’atlante del corpo umano dell’anatomista Ve- salius (De Humani Corporis Fabrica, 1543) [Fig. 1], attraverso la sco- perta dei raggi X effettuata da Röntgen nel 1895 e sino al corpo biomedicale digitalizzato, le tecniche di imaging diagnostico hanno reso possibile una riconfigurazione concettuale della storia culturale del corpo umano, catalizzando nuovi modi di ‘vedere’ grazie alle im- magini biomedicali prodotte. La categoria della trasparenza funziona sia come un ideale da perseguire sia come un’ideologia che incarna la fantasia del corpo trasparente e quindi accessibile, conoscibile e controllabile (Van Dijck 2005).1 Il corpo anatomico sembra essere progressivamente dissolto, in un primo momento, attraverso la se- rie delle bio-immagini digitali del corpo umano ottenute grazie al Visible Human Project (1994-1995) e, successivamente, attraverso la mappatura genetica e molecolare realizzata dal Progetto Genoma Umano (Human Genome Project 1990-2003). Il mito di Medusa di cui parla Sawday (1996) sopravvive ancora e, con esso, la curiosità e l’orrore di affacciarsi, con un effetto straniante e pietrificante, alla nostra interiorità.2

1 Tra gli studi culturali sul corpo, la trasparenza e le tecnologie biomedicali si veda Cartwright (1995), Holtzmann Kevles (1998) e Joyce (2008).

2 Il Visible Human Project® (1989) è un atlante di bio-immagini digitali del corpo umano ottenute utilizzando la tomografia e la risonanza magnetica sui corpi uma- ni di un uomo e una donna. Le immagini tridimensionali sono anatomicamente

La medicina moderna, nonostante la sua evidente capacità di svelare e mappare il paesaggio corporeo interno rendendolo trasparente, fa in modo che questo interno sia accessibile solo attraverso una serie di visualizzazioni (viste, si potrebbe affermare) di dati frutto di procedure complesse, basate sulla statistica e mediate dalla tecno- logia, visualizzazioni di dati che non sono, perciò, istantanee fotogra- fiche. La categoria della trasparenza, collegata ai concetti di visibile e invisibile, non è sufficiente da sola per comprendere la nuova fisionomia assunta dalla biomedicina e il passaggio dal corpo molare (visibile, anatomico) a quello molecolare, genomico e proteico per comprendere il quale serve la categoria della potenzialità più che della trasparenza.3

È consuetudine guardare le immagini biomedicali della struttura anatomica interna e delle funzioni cerebrali. A partire dalla Seconda

dettagliate. L’obiettivo a lungo termine era quello di produrre un sistema di strut- ture della conoscenza che collegasse in modo trasparente forme di conoscenza visiva a formati di conoscenza simbolica come i nomi delle parti del corpo. Il Pro- getto Genoma Umano (HGP), completato nell’aprile 2003, è stato un progetto di ricerca internazionale volto alla identificazione e mappatura di tutti i geni del genoma umano. L’obiettivo era la comprensione della sequenza dei geni della specie umana e la loro posizione sui vari cromosomi così da poter costruire una mappa del genoma.

3 Il passaggio dal corpo atomico a quello atomizzato è stato teorizzato da Liljefors et al. (2012).

guerra mondiale, grazie all’avvento del computer e ai progressi della ricerca in biomedicina e genetica, si è passati a una nuova fase ca- ratterizzata dal passaggio dal corpo anatomico a quello molecolare. Grazie all’informatizzazione dell’osservazione medicale, l’imaging ha guadagnato un primato inimmaginabile. La procedura di visualizza- zione dei dati resa possibile dalle tecniche di imaging (tra cui la risonanza magnetica sia strutturale che funzionale e la tomografia a emissione di positroni) è divenuta centrale sia nelle procedure dia- gnostiche e terapeutiche che nell’esperienza del paziente (Mitchell, Thurtle 2004).

Come argomenterò in quanto segue, l’imaging diagnostico ha cau- sato un cortocircuito nella relazione tra medico, corpo del paziente e immagine medicale. Tale cortocircuito non può essere compreso sino in fondo se si utilizza soltanto la categoria della trasparenza. L’immagine, infatti, diventa interfaccia operativa supportata da una matrice di algoritmi e calcoli statistici che hanno il loro nucleo nella categoria del potenziale. Lo sviluppo dell’imaging biomedicale deve essere inquadrato all’interno della più ampia tendenza a cogliere e rappresentare il corpo in termini tecno-visuali (Joyce 2006). Ecco perché è più corretto parlare di visualizzazione dei dati che di im- magine. Se è vero che le procedure di imaging non invasive mettono il corpo vivente del paziente al centro della loro indagine, si tratta sempre di un’operazione mediata a livello visuale, o da un’interfac- cia, o da una app per l’assistenza sanitaria: il corpo del paziente con i propri segni e sintomi rimane spesso assente o esclusivamente rappresentato da un’immagine biomedicale.

Molti artisti si sono interrogati sul corpo reso (soltanto in apparen- za) trasparente e accessibile dallo sguardo delle tecniche di imaging diagnostico, investigando in particolare il rapporto tra dati biomedi- cali, la loro visualizzazione e le interfacce tecnologiche che mediano la relazione di cura. Qui di seguito traccerò il passaggio dal corpo trasparente a quello potenziale e mostrerò come, nel pieno del- la rivoluzione apportata dalla medicina biomolecolare predittiva e personalizzata, sia ancora possibile riportare al centro il corpo e le parole del paziente. La fotografa e artista visuale Liz Orton, come spiegherò, ha costruito progetti volti a creare una sorta di linguaggio Fig. 1

Vesalius (1543), De humani corporis fabri- ca, ‘Tertia musculatorum’. Creative Com- mons.

quotidiano capace di resistere alla scomparsa del corpo del pa- ziente (incontrato sempre di più soltanto attraverso un’immagine o un’interfaccia tecnologica), creando uno spazio in cui la voce e il corpo del paziente stesso possano riappropriarsi del sé nonostante e attraverso le immagini medicali che permettono diagnosi e cura. II. Trasparenza e inconscio ottico

La teorica dei media José Van Dijck (2005) ha dimostrato come le antiche e nuove tecnologie per indagare la struttura e le funzioni del corpo, lungi dall’offrire registrazioni meccaniche e oggettive degli interni corporei, consentano e perpetuino l’illusione di trasparenza e un certo voyeurismo. Mentre nei primi giorni dell’imaging biome- dico, le scansioni del corpo e del cervello ottenute con tomografia computerizzata (CT) e risonanza magnetica (RM) mancavano di alta risoluzione e nitidezza, viceversa, come sottolinea la sociologa Regula Burri nelle sue ricerche sull’imaging biomedicale, “le imma- gini medicali contemporanee sono ad alta risoluzione e contrasto, rendendo così la tecnologia sofisticata, “trasparente” e in grado di retrocedere dietro l’immagine” (Burri 2014: 166).4 Il paradosso, quindi, è che le tecnologie di imaging che hanno contribuito all’affermarsi della categoria della trasparenza in relazione all’oggetto visualizzato (il corpo umano), sono diventate esse stesse trasparenti, creando così nel pubblico di non esperti la convinzione di un’accessibilità diretta e totale a corpo e cervello.

La trasparenza totale, tuttavia, è un obiettivo irraggiungibile, indipen- dentemente dalla tecnologia utilizzata per accedere e visualizzare i meccanismi interni del corpo. A cavallo tra diciannovesimo e ven- tesimo secolo, i raggi X, il cinema e la psicoanalisi – che furono tutti scoperti o inventati nel 1895 – furono in grado di rivelare l’interno del corpo senza la necessità della dissezione (raggi X), di rappresentare il movimento della vita (gli esperimenti proto-cinematografici) e di ana- lizzare le profondità della psiche umana (la psicoanalisi). Questo favorì un nuovo tipo di visualità che mise in discussione il mito e l’ideologia del corpo trasparente, come sottolinea Mizuta Lippit:

4 Traduzione mia dall’originale in inglese.

Queste tre tecnologie hanno introdotto nuovi significanti dell’interio- rità, cambiando i termini con cui l’interiorità era stata concepita, im- maginata e vista. Queste tecnologie hanno trasformato la struttura della percezione visiva, spostando i termini della visione dal registro fenomenologico a quello fantasmatico, da una visione percepita a una immaginata. Dal visivo al non visivo [a-visual] (Lippit 1999: 58).5

È un’altra natura, un’altra realtà, anche corporea, quella che emerge attraverso l’uso della fotografia, del cinema e dei raggi X.

Riferendosi alla fotografia, Walter Benjamin sostenne che, nonostan- te si sappia cosa si intenda con il concetto di camminare e come si svolga l’azione collegata ad esso,

(...) Non abbiamo idea di cosa accada durante la frazione di secondo nella quale una persona muove un passo. La fotografia, grazie anche alle tecniche di ingrandimento e ripresa al rallentatore, ne rileva il se- greto. È attraverso la fotografia che per prima cosa scopriamo l’e- sistenza dell’inconscio ottico, proprio come scopriamo per la prima volta l’inconscio mentale attraverso la psicoanalisi. La tecnologia e la medicina si occupano normalmente dei dettagli relativi alla struttura, al tessuto cellulare - tutto questo, piuttosto che il paesaggio atmosferico o il ritratto dell’anima, ha le sue origini nella fotografia e nel cinema (Benjamin 2005[1931]: 7).

Quando Benjamin utilizzò la fotografia per teorizzare l’inconscio ot- tico, si fidò della capacità della stessa di rivelare gli aspetti invisibili alla vista umana. L’esperienza di noi stessi e del mondo fenomeni- co è sempre più mediata dalla fotografia e dalle onnipresenti tec- nologie di generazione delle immagini. Benjamin esplorò i modi in cui questa mediazione si verificava a livello dell’inconscio. Sebbene la sua definizione di inconscio ottico sia rimasta allo stadio germi- nale, essa fu resuscitata dalla sperimentazione tecnologica dei suoi tempi, come gli studi sul movimento animale e umano condotti dal fotografo Eadweard Muybridge e dal fisiologo Étienne-Jules Marey (Shawn, Sliwinski 2017: 5) [Fig. 2].

Fotografia e cinema consentono di accedere a ciò che non è direttamente percepibile dall’apparato sensoriale umano, o perché troppo rapido o perché troppo piccolo. Durante gli albori degli esperimenti cinematografici sul movimento, per esempio, cineasti e scienziati collaboravano utilizzando tecniche di microcinematografia, cronofotografia e time-lapse per rallentare o accelerare i processi, per ingrandire le strutture e così via. Spesso, i fenomeni visualizzati erano fugaci tracce di qualcosa che non c’era più. Nel mentre, la psicoanalisi apriva la strada agli impulsi dell’inconscio e la macchina da presa inaugurava l’inconscio ottico registrando aspetti della realtà che non si sposavano con l’ottica umana.

Il concetto di inconscio ottico dovrebbe essere esteso dalla foto- grafia analogica ad altre tecnologie generatrici di immagini. Visione digitale e analogica, algoritmica e ottica coesistono in molte tecno- logie di imaging biomedicale come la risonanza magnetica nella sua variazione strutturale e funzionale (RM e fRM) e la tomografia a emissione di positroni (PET). Queste tecnologie producono visua- lizzazioni di dati che non si basano sulla “posizione dell’osservatore in un mondo ‘reale’, percepito da una visione di tipo ottico” (Crary 1990: 72).6 Il cambiamento tecnologico dello sguardo delle tecniche di imaging diagnostico è chiamato “cyborg visuality” dal sociologo della scienza Amid Prasad (2005: 310), che sottolinea come il tipo di visione di cui si parla sia matematico e algoritmico piuttosto che umano.

L’inconscio ottico crea l’oggetto anziché semplicemente mostrarlo.

6 Si veda anche Michael Lynch (1991: 51-78).

In linea con i primi studi cinematografici sul movimento, anche le tecniche di imaging biomedicale sono modalità di riconfigurazione della nostra percezione, non del movimento, tuttavia, ma di fenome- ni che non sono direttamente percepibili dai nostri sensi. Ad essere reso disponibile è un nuovo ordine di realtà, precedentemente inos- servato come, per esempio, quello della dinamica delle molecole d’acqua, dell’ossigeno nel sangue o delle proteine. La vitalità della materia a scala molecolare e atomica diventa improvvisamente ac- cessibile. L’intreccio tra tecnologia e visione umana media il modo in cui ci relazioniamo con il corpo. In particolare, l’inconscio tecnologi- co che emerge con tecniche di imaging quali fRM, PET, ecc., sebbene non ancora codificato, ruota attorno al concetto di potenzialità – il passaggio dal corpo molare e trasparente al corpo molecolare e potenziale.

Nel documento TRASPARENZE (pagine 81-84)

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