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LATTE, PRODOTTI LATTIERO-CASEARI E SALUTE

Nel documento Consumo di pesce e salute. (pagine 139-165)

Latte, prodotti lattiero-caseari e salute

LATTE, PRODOTTI LATTIERO-CASEARI E SALUTE

G. BERTONI1, F. M. CICOGNINI2, F. ROSSI2, A. CAROLI3, D. COCCHI3, A. BALDI4, C. PECORINI4 1 Istituto di Zootecnica, Facoltà di Agraria, Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza

2 Istituto di Scienze degli Alimenti e della Nutrizione, Facoltà di Agraria,

Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza

3 Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologie - Facoltà di Medicina e Chirurgia

Università degli Studi di Brescia

4 Dipartimento di Scienze e Tecnologie veterinarie per la Sicurezza Alimentare

Università degli Studi di Milano

PRESENTAZIONE

Quale premessa al tentativo di precisare il ruolo del latte e deri- vati nella alimentazione umana, non ci si può esimere dal conte- stualizzarlo all’interno della dieta mediterranea. Il capitolo 3 (Derni- ni e coll., 2012) del volume “Me- diterra 2012. The mediterranean diet for sustainable regional de- velopment” (CIHEAM – Sciences Po. Les Presses) è da questo pun- to di vista molto istruttivo poiché

nel definire questa dieta riporta ciò che il 16 novembre 2010 l’UNESCO ha riconosciuto “… consisting mainly of olive oil, cereals, fresh or dried fruit and vegetables, a moderate amount of fish, dairy and meat, and many condiments and spices, all accompanied by wine or infu- sions, always respecting the beliefs of each community”. A parte il fatto che viene codificata la presenza dei prodotti di origine animale, a differenza di molte altre interpretazioni, per lat- te e derivati in particolare, se ne suggerisce una presenza quotidiana (sia pure con preferenza per i prodotti a basso apporto lipidico (Dernini e coll., 2012).

Tale circostanza positiva è confermata da un complesso di lavori scientifici raccolti da Pu- fulete (2008) e dal suggerimento di usare questi prodotti (specie a basso apporto di grassi) in pazienti post-cancro (Tramm e coll., 2011). Viceversa, l’utilità del latte è posta in discussione da una serie di dubbi avanzati da alcuni autori, che fanno capo soprattutto a Melnik (2009), secondo i quali gran parte delle malattie degenerative dei paesi occidentali – ivi compresa l’osteoporosi – troverebbero origine nel latte e suoi derivati.

Pur riconoscendo che anch’essi, come tutti gli alimenti, hanno pregi e difetti che ne sugge- riscono un uso corretto all’interno di diete equilibrate, non v’è dubbio che l’elevata disponi- bilità di proteine “nobili”, di calcio e di alcuni micronutrienti essenziali, rende questi prodotti decisamente utili (e spesso indispensabili).

Interessante il fatto che, secondo Kuipers e coll. (2012), si dovrebbe tornare ad una dieta più simile a quella dei nostri progenitori del paleolitico: cacciatori-pescatori e raccoglitori di vegetali commestibili. In essa il latte non avrebbe posto oltre la prima infanzia, poiché non vi erano produzioni “agricole” di alcun tipo, ma osservando le prerogative più verosimili della suddetta dieta: proteine oltre il 20%, carboidrati 40% e lipidi 35-40% dell’energia, an- che il latte (od ancor più i latticini con poco-nulla lattosio) potrebbe avere un ruolo impor- tante, specie se ottenuto in condizioni relativamente naturali (pascolo) e quindi più ricco di PUFA quali ω3 e CLA.

Abbreviazioni utilizzate nel testo CLA = acido linoleico coniugato

IGF-I = fattore di crescita insulino-simile I IGF-II = fattore di crescita insulino-simile II

PPAR = recettore attivato della proliferazione perossisomale DMBA = dimetilbenzantracene

NMU = N-nitroso-N-metilurea BAT = tessuto adiposo bruno WAT = tessuto adiposo bianco

SRBP = proteina legante sterolo regolatrice VEGF = fattore di crescita vascolare endoteliale

Se quindi questi alimenti di origine animale hanno un ruolo nella dieta umana, soprattutto laddove la povertà ed il basso livello tecnologico non consentono una adeguata varietà di ci- bi e la necessaria cura nella loro preparazione (PVS), non pare tuttavia inutile rinnovare tali convinzioni tornando su come il latte viene prodotto e trasformato, nonchè sui fattori assai complessi che ne modificano composizione e quindi valore nutritivo, anche in relazione agli effetti di questi alimenti sulla salute umana. Sul primo aspetto sono intervenuti L. Bailoni e A. Buccioni con “Fattori che influenzano le caratteristiche chimiche e nutrizionali dei pro- dotti lattiero-caseari”. Infatti, sulla composizione del latte, giocano un ruolo fondamentale le tecniche di allevamento degli animali e, in particolare, l’alimentazione (soprattutto per gli effetti sulla quantità e sulla qualità della componente lipidica), ma anche le caratteristi- che degli animali in termini di specie, razza, stadio di lattazione e ordine di parto, le condi- zioni manageriali (legate ad esempio alle modalità di mungitura), nonchè quelle ambientali. Nel caso del formaggio, oltre alle caratteristiche del latte di partenza, le tecnologie di ca- seificazione e lo stadio di maturazione del formaggio sono determinanti nell’influenzare la composizione chimica e nutrizionale del prodotto finito. Il latte e i prodotti lattiero-caseari rappresentano nell’alimentazione umana una fonte importante di nutrienti (proteine, lipidi essenziali, macro e microelementi minerali e vitamine) e il loro consumo routinario (spe- cialmente del latte in alcune fasi fisiologiche) contribuisce in modo significativo al raggiun- gimento dei fabbisogni giornalieri (RDA) per alcuni di essi (basti pensare al calcio). Attra- verso l’affinamento delle tecniche di allevamento (in particolare dell’alimentazione) degli animali da latte e le innovazioni nel settore delle tecnologie alimentari è possibile miglio- rare ulteriormente le caratteristiche chimiche e nutrizionali di questi prodotti senza tuttavia stravolgerne le peculiarità naturali.

Circa gli effetti di tali alimenti sulla salute dell’uomo, si è ritenuto suddividerli in più contributi: - Prodotti lattiero-caseari e salute (F. Rossi e F.M. Cicognini) che hanno evidenziato

come al di là dei consueti nutrienti, dal latte e derivati possono venire composti pecu- liari quali i CLA (acido linoleico coniugato) che ha effetti positivi (calo del peso, della aterosclerosi e dei tumori). In particolare ciò sarebbe dovuto al fatto che inibisce l’an- giogenesi, riduce l’insulino-resistenza ed ha azione antiinfiammatoria. Oltre ai CLA (e talora i PUFA ω3), non va trascurato il fatto che gli acidi grassi saturi, non sono sempre e comunque nocivi (ad esempio l’acido stearico non lo è; infatti dalla meta-analisi di Alexander e coll. (2010), emerge che il cancro (almeno al seno) non è associato ai grassi animali, mentre secondo Pufulete (2008) vi sarebbero effetti positivi per il tipo di lipidi presenti, oltre che per la buona disponibilità di calcio e vitamina D;

- Ipertensione arteriosa, dimagrimento e prodotti lattiero-caseari (F. Rossi e F.M. Cicognini). È ormai accertato che durante la digestione del latte si liberano peptidi con effetto anti-ACE (enzima convertitore dell’angiotensina) riducendo così l’azione vaso- costrittrice dell’angiotensina cui fa seguito innalzamento della pressione. Questi peptidi si sono visti presenti anche nei formaggi stagionati, inoltre anche il calcio agisce in tal senso (anti-ipertensivo). Circa l’effetto sul peso corporeo il latte avrebbe effetti positivi soprattutto per la presenza del Ca-vitamina D in grado di ridurre l’appetito e di aumen- tare la lipolisi;

- Prodotti lattiero-caseari e salute delle ossa (A. Caroli – D. Cocchi). Calcio e vitami- na D sono notoriamente implicati con il metabolismo osseo (in particolare, se è corretto anche l’apporto di proteine, lo sviluppo osseo è pure adeguato e si riducono le fratture). Vi sono molte ricerche che lo dimostrano e vengono ampiamente illustrate. Nel latte vi sono anche sostanze bioattive che migliorano l’utilizzazione del calcio e l’attività delle cellule del t. osseo. Naturalmente vi sono molti altri fattori che incidono sul t. osseo e ciò può spiegare dati contrastanti (anche per le notevoli differenze fra i latticini). Ricordia- mo fra questi gli enfatizzati rischi di acidosi, da eccesso di proteine, da cui osteoporosi

o nessun effetto positivo del latte. Tuttavia, le autrici concludono essere più numerosi gli effetti positivi, sottolineando che, secondo Pampaloni e coll. (2011), il Parmigiano Reggiano può ritenersi un “functional food” per i riflessi favorevoli sulla salute, specie dello scheletro.

- Attività funzionali delle componenti bioattive del latte (A. Baldi - C. Pecorini). Oltre le componenti nutrizionali, nel latte vi sono numerosi composti bioattivi già presenti come tali o che si liberano per idrolisi di molecole originarie. Si tratta di:

• componenti antimicrobiche costituite da numerose proteine-enzimi, ma anche da alcuni lipidi (CLA), glicoconiugati, oligosaccaridi;

• una azione pre-biotica sul microbioma intestinale (lattoferrina, oligosaccaridi); • componenti immunomodulatrici, cioè in grado di attenuare od accentuare la risposta in

rapporto alle circostanze (ridurre reazioni di tipo allergico, ma accentuare la difesa dai patogeni). Vi sono al riguardo peptidi originari o frutto di idrolisi da caseine, così alcu- ni lipidi comi i CLA;

• peptidi bioattivi in particolare con effetto anti-ipertensivo e anti-trombotico. Anche in questo caso sono peptidi originari del latte o frutto di idrolisi delle proteine del latte; • azione anti-osteoporotica per calcio e componenti del latte che ne facilitano l’assorbimento. Da questi importanti contributi emerge pertanto che i prodotti lattiero-caseari hanno un ruolo fondamentale nella dieta umana post-allattamento, quanto più le condizioni alimentari sono precarie: elevata presenza di alimenti vegetali, trattamenti preparatori grossolani, ridotta disponibilità e varietà di cibi ecc..

Va da sé che, come tutti gli alimenti, essi hanno pregi (a.a. essenziali, calcio, taluni oli- goelementi e vitamine, acidi grassi polinsaturi ecc.) e qualche difetto (eccesso lipidico e di alcuni acidi grassi saturi). Tuttavia è pure emerso che esiste la possibilità di accrescere i pri- mi e di limitare i secondi e ciò costituisce una importante sfida per il mondo scientifico e per quello produttivo.

Appare infine utile ricordare che la Commissione ASPA “Sicurezza e Tracciabilità nei Si- stemi di Produzione del latte” ha recentemente elaborato un documento che rappresenta il presupposto irrinunciabile ai lavori della presente Commissione, in particolare per quanto ri- guarda la produzione di latte e derivati (Cassandro et al., 2010). Le proprietà nutrizionali e nutraceutiche di un alimento, infatti, non possono prescindere dalla sua sicurezza e dalla pos- sibilità di tracciare e rintracciare il prodotto in tutta la filiera. A questo complesso documento ci richiamiamo, quindi, per tutti gli aspetti connessi alla tracciabilità della filiera latte, ai rischi della produzione del latte, al quadro normativo, al sistema di tracciabilità nella legislazione italiana, nonché alla tracciabilità geografica e genetica nel settore latte.

PRODOTTI LATTIERO CASEARI E SALUTE

La definizione di prodotti lattiero-caseari si riferisce al latte e ai suoi derivati come il bur- ro, il formaggio, yoghurt e prodotti fermentati, creme.

I prodotti lattiero-caseari sono alcuni dei principali componenti della dieta mediterranea, che è stata riconosciuta Patrimonio dell’Unesco dall’inizio del 2010.

Questi prodotti sono un’importante fonte di proteine ad alto valore biologico e di varie ti- pologie di grassi.

Nell’ultimo decennio sono stati sviluppati molti studi sull’effetto dei costituenti dei pro- dotti lattiero-caseari sulla salute umana: questo articolo si propone di raccogliere alcune con- clusioni globali riguardo al consumo di tali alimenti.

COMPONENTI DEI PRODOTTI LATTIERO CASEARI CHE HANNO EFFETTI SULLA SALUTE: ACIDO LINOLEICO CONIUGATO (CLA)

CLA e peso corporeo

È stato dimostrato che il CLA può ridurre la massa grassa e aumentare la massa magra. Sono stati ipotizzati alcuni meccanismi per la riduzione dei grassi: aumento dell’energia con- sumata e riduzione dell’energia introdotta; aumento dell’ossidazione dei grassi; diminuzio- ne della dimensione degli adipociti e inibizione degli enzimi coinvolti nel metabolismo degli acidi grassi e nella lipogenesi (Bhattacharya et al., 2006).

Alcuni studi con isomeri purificati hanno reso chiaro che l’isomero C18:2 trans-10,cis12 CLA è legato alle ultime tre funzioni citate, mentre il C18:2 cis-9,trans-11 CLA non è coin- volto ed è meno efficace nell’aumentare il consumo di ossigeno e di energia.

Le proteine uncoupling sono regolatori fondamentali del dispendio energetico ed è stato ipotizzato che l’espressione della regolazione positiva della UCP-2 è mediata dal CLA nel tessuto adiposo.

Un altro potenziale meccanismo che può spiegare la crescita del dispendio energetico ad opera dei CLA è l’aumento in catecolamine (Bhattacharya et al., 2006).

Tutti questi studi sono stati effettuati su modelli animali, mentre gli studi clinici hanno mo- strato un effetto positivo dei CLA sulla riduzione della massa grassa, anche se l’effetto non era altrettanto vistoso come nei modelli animali (Bhattacharya et al., 2006).

CLA e aterosclerosi

Un’altra funzione dei CLA positiva per la salute è correlate al sistema cardiovascolare: si è infatti ipotizzato che i CLA proteggano tale sistema contro l’aterosclerosi.

L’accumulo di lipidi induce un’infiammazione cronica stimolando l’ingresso di macrofagi e la loro attivazione (Stachowska et al., 2010).

Durante lo stato infiammatorio i macrofagi si accumulano nell’intima dell’arteria e in que- sto modo si creano le basi per la formazione della placca aterosclerotica.

1ma fase: comparsa di cellule endoteliali non funzionanti correttamente, le cui molecole adese attivate e chemochine espresse richiamano nell’intima i monociti e i linfociti circolanti;

2nda fase: accumulo di LDL nella parete dell’arteria, dove si verificano delle modifiche a causa dei macrofagi. Tali modifiche fanno aumentare l’inglobamento di LDL da parte dei ma- crofagi attraverso una sovra-espressione di CD36 e SRA.

CD36 e SRA sono recettori sulla superficie dei macrofagi la cui stimolazione aumenta la captazione di colesterolo da parte dei macrofagi (Stachowska et al., 2010).

La placca aterogenica può essere ridotta con l’attivazione dei PPARs (recettori attivati del- la proliferazione perossisomiale) in particolare il PPARg che aumenta la sintesi di adiponec- tina e di conseguenza provoca dow- regolazione negativa dei geni pro-infiammatori (Zhang et al., 2011; Kadoglou et al., 2008; Delerive et al., 1999).

I meccanismi di azione del CLA suggeriti si basano sui PPARs, sulla Desaturasi Stearoil- COA (SCD) e sulle proteine leganti i regolatori degli steroli (SREBPs).

I PPARs sono recettori nucleari che agiscono come fattori di trascrizione regolando l’e- spressione dei geni che controllano l’omeostasi lipidica e glucidica.

Ci sono due principali tipi di PPAR coinvolti in questi meccanismi: PPAR α, che ha un ruolo basilare nella regolazione dell’espressione dei geni per l’ossidazione degli acidi grassi e per l’omeostasi dell’energia, e PPARg che aumenta l’espressione dei geni che promuovo- no l’accumulo di grasso e che controllano l’espressione dei CD36, a loro volta coinvolti nella promozione dell’endocitosi delle LDL ossidate da parte dei macrofagi.

La regolazione negativa dei PPAR g da parte dell’isomero t10,c12 riduce l’espressione del recettore macrofagico CD 36 e la deposizione di grasso nei macrofagi riducendo così la for- mazione di foam cells (Stachowska et al., 2010). La riduzione dei processi aterosclerotici ad opera di c9,t11 CLA è invece legata ad un’azione di down-regolazione dei geni pro-infiam- matori (Ringseis e Eder, 2009).

L’isomero c9,t11 è più efficace nella modulazione dei PPAR, mentre entrambi c9,t11 e t10,c12 sono legandi di PPAR α.

Le SREBP regolano la sintesi degli acidi grassi e dei trigliceridi.

È stato ipotizzato, riguardo a queste ipotesi, che una riduzione nella sintesi e nella sepa- razione cleavage delle SRBP-1 epatiche ad opera dell’isomero c9,t11, influenzano positiva- mente il metabolismo lipidico (Bhattacharya et al., 2006).

Un’altra ipotesi è basata sull’inibizione dell’attività del SCD ad opera di entrambi gli iso- meri, con la conseguente riduzione della sintesi lipidica (Bhattacharya et al., 2006).

Queste ipotesi sono basate sostanzialmente su studi condotti in vitro o su modelli animali, gli studi clinici hanno invece dato risultati contrastanti.

Gli studi iniziali effettuati sui conigli hanno mostrato che a seguito del consumo di una dieta al 14% di grassi e 0.1% di colesterolo, i conigli alimentati con CLA presentavano una minore aterosclerosi dell’aorta. Successivi studi hanno suggerito che solo l’isomero t10.c12 sia attivo contro tale patologia.

CLA e cancro

Cancro gastrointestinale

Gli studi sugli effetti di inibizione del cancro gastrointestinale da parte dei CLA sono so- prattutto basati su modelli animali ed in vitro.

Gli studi clinici hanno riportato che il CLA induce l’apoptosi delle cellule cancerogene del colon HT-29. In particolare l’isomero t10,c12 CLA si è mostrato come l’unico agente in grado di inibire IGF-II.

È stato inoltre dimostrato che il CLA riduce le metastasi di tumori gastrici e del colon in- dotte in topi; livelli dell’1% di CLA sull’alimento ingerito, può ridurre il cancro al colon gra- zie all’abbattimento dei livelli delle prostaglandine PGE2 (Bhattacharya et al., 2006).

Uno studio scandinavo (Larsson et al., 2005) ha osservato come per un aumento di due por- zioni di latticini ad alto tenore in grasso si avesse una riduzione dell’incidenza tumorale pari al 13% nel distretto colon-rettale e del 3-4% nel solo colon distale. Gli Autori attribuiscono solo parzialmente tale effetto protettivo al CLA. La relazione inversa tra consumo di lattici- ni e tumori intestinali è comunque documentata anche da altri studi epidemiologici ed attri- buita ad una pluralità di fattori (calo pH, apporto di lattobacilli probiotici, apporto di peptidi immuno-modulatori, Ca) (Elwood et al., 2004).

Cancro mammario

I CLA hanno una doppia funzione: agiscono come agenti preventivi e terapeutici in diver- si modelli di tumori umani e murini.

I CLA possono inibire la cancerogenesi mammaria agendo su cellule epiteliali già avviate verso la cancerogenesi o normali, per inibire la loro crescita, modificare la loro differenzia- zione e/o per stimolare la apoptosi.

Questi effetti possono essere diretti, via trasporto del CLA attraverso il flusso sanguigno, o indiretti attraverso il rilascio del CLA dagli adipociti della mammella e/o con l’alterazione del tessuto mammario (Banni et al., 2001; Palombo et al., 2002; Ip et al., 2003).

dei topi indotta da dimetilbenzantracene (DMBA) e N-nitroso-N-metilurea (NMU): i CLA sono stati trovati efficaci quando somministrati in concomitanza con il carcinogeno, sug- gerendo che un’azione del CLA può essere l’inibizione dell’attivazione del carcinogeno (Ip et al., 2003).

Il CLA fornito con la dieta riduce il numero delle cellule epiteliali bersaglio nella ghiando- la mammaria e stimola l’apoptosi in cellule pre-neoplastiche (Banni et al., 2001).

Alcuni studi hanno indicato che un livello dello 0.1% di CLA nella dieta è sufficiente per produrre una inibizione significativa dei tumori mammari dei topi indotti con un carcinoge- no (Ip et al., 1991).

In uno degli studi fatti sul cancro mammario nei topi, si è usata una miscela degli isomeri del CLA (approssimativamente 1:1 c9,t11 e t10,c12 e una piccola parte degli altri isomeri). L’effetto si è rivelato essere dose-dipendente: allo 0.05% (p/p) è corrisposto un basso effetto, mentre ad un livello dello 1% si è riscontrato l’effetto massimo (indipendentemente dal tipo o dal livello del grasso nella dieta). Il CLA è efficace allo stesso modo somministrato sia in forma di trigliceride che di acido grasso libero.

Gli isomeri c9,t11 e t10,c12 si sono rivelati ugualmente efficaci nell’inibizione dello svi- luppo di tumori della ghiandola mammaria indotti con NMU, e la stessa efficacia è stata con- fermata anche nello studio delle metastasi a livello mammario (Ip et al., 2003).

I risultati degli articoli sono qui riportati nella Tabella 1. Si è cercato di confrontare i dif- ferenti esperimenti in via quantitativa.

Tabella 1. Effetto della dose di CLA (g/100 g di mangime) sull’incidenza (%) di tumori mammari in ratti. I valori sulla stessa riga derivano da diversi esperimenti con la me- desima concentrazione di CLA.

Concentrazione CLA

nella dieta % Incidenza Corretta (%)

0 100 0,05 103,57a 0,1 75a 128,57b 91,43c 0,25 60,71a 114,29b 85,71c 0,5 75,03a 64,29a 65a 53,57b 57,14c 0,8 53,57d 57,14e 60,71f 1 53,59a 43,75a 1,5 50,05a 37,5a

a c9,t11+ t10,c12: 42% del primo e il 46% del secondo Hubbard et al., (2003) b c9,t11: solo c9,t11

c t10,c12: solo t10,c12

d CLA-burro: c9,t11 per il 92% (Ip et al., 1992) e Matreya CLA: c9,t11 e c9,c11 (Ip et al., 1992)

f Nu-Check: c11,t13; c9,t11; t10,c12; t8,c10 (Ip et al., 1992)

La relazione tra l’introduzione di CLA e l’incidenza del cancro mammario si può vedere chiaramente nel grafico sottostante (Figura 1) che riassume i dati presenti nella tabella 1. L’in- cidenza è in relazione inversa con il livello di CLA introdotti con la dieta fino allo 0.25% di CLA. Per quantità maggiori di questo valore non è incrementata l’attività anti-tumora- le del CLA.

Fig 1. Relazione tra CLA e incidenza del tumore mammario in ratti.

Uno studio recente ha mostrato che una miscela di isomeri del CLA può cambiare forte- mente la composizione del grasso della ghiandola mammaria, esclusivamente grazie all’iso- mero t10,c12 (Masso-Welch et al., dati non pubblicati citati, cit in Ip e tal., 2003). In questo studio topi di ceppo CD2F1 sono stati nutriti addizionando la dieta con livelli da 0,5 a 1,0% di t10,c12 CLA e il risultato è stato la completa eliminazione del tessuto adiposo scuro (BAT) e una riduzione significativa di quello chiaro (WAT) .

Ciò è stato supposto essere il risultato di una forte riduzione della vascolarizzazione el tessuto adiposo indotta dal t10,c12 CLA Non si è verificato un aumento dell’apoptosi de- gli adipociti mammari, né dei capillari dello stroma negli animali alimentati con l’isomero c9,t11 CLA.

Al contrario, l’integrazione alimentare all’1%, con questo l’isomero c9,t11 CLA ha au- mentato la porzione di tessuto BAT, probabilmente per l’effetto stimolante del CLA sulla dif- ferenziazione in senso adipogenetico delle cellule stromali totipotenti, presenti nella ghian- dola mammaria (Ip et al., 2003).

I due principali isomeri del CLA hanno meccanismi differenti per inibire la proliferazione cellulare (Chujo et al., 2003; Hubbard et al., 2003).

Il meccanismo con cui i CLA inibiscono la cancerogenesi mammaria include l’azione sul fattore di crescita vascolare dell’endotelio VEGF-A.

VEGF è una citochina nota per lo stimolo della permeabilità e migrazione vascolare, del- la proliferazione e apoptosi delle cellule endoteliali: può determinare l’aumento e l’attitudine invasiva del cancro alla mammella.

Una miscela degli isomeri del CLA può ridurre il livello di VEGF nel siero e agisce contro uno dei recettori per i VEGF, colpendo direttamente la carcinogenesi mammaria nell’epitelio oppure indirettamente agendo sull’angiogenesi [12,(Masso-Welch et al., 2002; Ip et al., 2003).

Alcuni studi in vitro hanno dimostrato come il CLA sia citotossico e induca la perossida- zione dei lipidi in colture di cancro mammario umano della linea MCF-7.

Una concentrazione di CLA pari a 3.5 × 10−5 M inibisce in modo significativo (tra il 65

Nel documento Consumo di pesce e salute. (pagine 139-165)

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