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IL LAVORO IMPORTATO ri Il timore è tanto maggiore quanto più basso è il salario delle

Immigrazione e salari nell’economia politica critica

76 IL LAVORO IMPORTATO ri Il timore è tanto maggiore quanto più basso è il salario delle

mansioni inferiori e quanto più alta è la probabilità di essere espulso dal segmento più privilegiato del mercato del lavoro e di ricadere in quello inferiore. Maggiore questo timore, mag- giore la sua disponibilità ad accettare remunerazioni più basse pur di conservare l’impiego. In effetti, se può avere qualche senso considerare nel più breve termine precluso l’accesso di un lavoratore al segmento superiore del mercato del lavoro, non è vero l’inverso. Un tecnico specializzato può sempre svolgere le mansioni di un tecnico non specializzato o di un operaio a bassa qualifica. Non vi è insomma alcun ostacolo al passaggio di lavoratori espulsi dall’esercito industriale attivo in quello stagnante, direttamente oppure transitando attraver- so l’esercito industriale fluttuante.

Il progresso tecnico gioca un ruolo importante nel favo- rire questo processo. Ciò avviene non soltanto attraverso gli incrementi della produttività del lavoro e le espulsioni di manodopera che, a parità di prodotto, ne derivano. Sem- plificando mansioni in precedenza complesse, esso riduce la segmentazione del mercato del lavoro e aumenta il grado di sostituibilità di ogni lavoratore. L’effetto depressivo sul salario esercitato dal lavoro immigrato aumenta così il suo raggio d’azione. Va inoltre considerato il fatto che il progres- so tecnico favorisce la disarticolazione del ciclo produttivo, operando quindi non soltanto nel senso di semplificare il lavoro e risparmiare lavoro, ma anche nel senso di rendere non più necessaria la concentrazione dei salariati nelle grandi fabbriche. dal momento che, all’interno dello stesso luogo di lavoro, tendono a svilupparsi legami di solidarietà tra la- voratori che assicurano una maggior capacità di resistere alle pressioni dei lavoratori non occupati, anche per questa via il progresso tecnico agisce come fattore in grado di amplificare l’influenza negativa degli immigrati sui livelli salariali degli indigeni. In un contesto di forte peso della grande fabbrica, l’immigrato entrava subito in contatto con un fronte coeso del lavoro indigeno ed era più facilmente controllabile e in- tegrabile; viceversa, in un conteso di riduzione del peso della

IMMIGRAzIONE E SALARI NELL’ECONOMIA POLITICA CRITICA 77 grande fabbrica, di disarticolazione del processo di creazio- ne del valore e di crescita di imprese più piccole e del peso del settore dei servizi, viene meno il controllo diretto dei lavoratori autoctoni e delle loro organizzazioni finalizzato a impedire fenomeni di divisione e di concorrenza.

Nel complesso, le implicazioni di questo modo di ragio- nare suggeriscono che, contrariamente a quanto sostenuto dalla teoria neoclassica, non vi è alcun conflitto tra lavora- tori qualificati da un lato e lavoratori non qualificati dall’al- tro, tale che l’immigrazione sarebbe benefica per i primi e dannosa per i secondi. L’immigrazione esercita il suo effetto depressivo sui salari di entrambe le categorie perché espo- ne i salariati alle feroce concorrenza di individui disposti a lavorare per la stretta sussistenza. Che questa esposizione sia diretta, come per i lavoratori poco qualificati, o indiretta, come per quelli più qualificati, poco importa. Quale che sia il livello della qualifica, i lavoratori indigeni appartengono allo stesso contesto sociale e hanno un comune interesse alla difesa del suo stadio di sviluppo.

Nota bibliografica

Alla distinzione marxiana tra “esercito industriale di riserva” e “esercito industriale attivo”, che è alla base di buona parte dell’ar- gomentazione sviluppata nel presente capitolo, è dedicato il ca- pitolo ventitreesimo del primo libro del Capitale. La nozione di “convenzione sociale”, di cui abbiamo fatto uso nel testo per la spiegazione del salario, corrisponde al “salario medio regolatore” di Marx, laddove egli argomenta che “[i]l valore reale della forza- lavoro differisce dal minimo fisico [la sussistenza meramente fisio- logica]; differisce a seconda del clima e del grado dello sviluppo sociale; dipende non solo dai bisogni fisici, ma anche dai bisogni sociali storicamente sviluppati, che diventano una seconda natura. Ma in un dato paese, per un dato periodo, questo salario medio regolatore è una grandezza data” (K. Marx, Il capitale, Libro terzo (1894), Editori riuniti, Roma 1965, p. 976).

La citazione di Mandeville nella quarta sezione è tratta da An

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private vices, publick benefits” (1729), vol. I, curato da F.B. Kaye, Clarendon Press, Oxford 1924. Marx, citando nel Capitale con approvazione questo passaggio, aggiunge: “ciò che Mandeville, uomo leale e di chiara intelligenza, non ha ancora compreso è che il meccanismo dello stesso processo di accumulazione aumenta con il capitale la massa dei ‘poveri laboriosi’, cioè dei salariati”. La citazione di Engels nella stessa sezione è da La situazione della clas-

se operaia in Inghilterra, 1845, nel capitolo V su “L’immigrazione

irlandese”. Si veda anche il precedente fondamentale capitolo IV su “La concorrenza”.

Più in generale, sulla nozione classica di salario, alternativa a quella neoclassica o marginalista cui abbiamo fatto riferimen- to nel capitalo precedente, si vedano: A. Smith, An Inquiry into

the Nature and Causes of the Wealth of Nations (1776), a cura di

E. Cannan, Methuen, Londra 1961, vol. II, p. 399; d. Ricardo,

Sui principi dell’economia politica e della tassazione (1821, terza

edizione), ISEdI, Milano 1976, pp. 96-7; R. Torrens, An Essay

on the External Corn Trade, J. Hatchard, Londra 1815 (prima

edizione), p. 63, e M. Pivetti, Il concetto di salario come “costo e

sovrappiù” e le sue implicazioni di politica economica, in M. Pivetti

(a cura di), Piero Sraffa. Contributi per una biografia intellettua-

le, Carocci, Roma 2000. Sull’immigrazione come uno dei deter-

minanti dell’indebolimento del potere contrattuale dei salariati avvenuto all’interno del capitalismo avanzato, cfr. M. Pivetti, On

advanced capitalism and the determinants of the change in income distribution: a classical interpretation, in S. Levrero, A. Palumbo,

A. Stirati, Sraffa and the Reconstruction of Economic Theory. Vol-

ume One (Theories of Value and Distribution), Palgrave Macmil-

lan, New York 2013.

Sugli “effetti di contorno” di abbassamenti del salario minimo, ai quali abbiamo assimilato nella quinta sezione gli effetti dell’im- migrazione sui salari dei lavoratori meno qualificati, si veda A. Bar- ba, M. Pivetti, Sul reddito di cittadinanza, in “Studi Economici”, nn. 118-119-120, 2016. O. Levin-Waldman, The broad reach of the

minimum wage, in “Challenge”, settembre-ottobre 2009, discute

più in generale la questione e riporta la principale bibliografia sull’argomento. Tra questa, merita di essere segnalato T. dunlop,

The Task of Contemporary Wage Theory, in The Theory of Wage Determination, a cura di T. dunlop, MacMillan & Co. LTd, Lon-

don 1964, dove questa nozione trova sviluppo e limiti all’interno dell’impostazione neoclassica.