FISIOLOGIA ED ESPERIENZA
II. 2. 3 Le emozioni estetiche
«Le opere non sono protocolli di moti dell'animo» 226: per questo motivo l'atteggiamento dello spettatore deve mantenere un margine di distanza – come la concentrazione nel momento dell'urto estetico – tanto più accentuato quanto più intenso è il correlato emotivo suscitato dall'opera, come aveva già compreso Hegel nella sua presa di posizione contro il sentimento estetico 227. La soglia tra esperienza artistica e preartistica, del resto, si situa tra il dominio del meccanismo di identificazione da una parte e la disponibilità all'ascolto e all'apertura nei confronti dell'oggetto dall'altra
228. Il rapporto autentico con l'opera esige sì un atto di identificazione, che non corrisponde tuttavia alla “falsa” proiezione nelle sue immediate emozioni o persone empiriche; identificarsi nell'opera significa assoggettarsi alla sua disciplina, partecipare alla sua realizzazione preservandone la libertà, e non proiettare su di essa i propri vissuti e le proprie emozioni.
Ancora una volta, si può osservare come nell'esperienza estetica
dell'opera; cfr. ivi, p. 363 [trad. it. p. 328]: «Senza giudizi, le opere indicano quasi a dito il proprio contenuto, senza che esso diventi discorsivo. La reazione spontanea di chi recepisce l'opera è mimesi dell'immediatezza di questo modo di atteggiarsi. Ma le opere non si esauriscono in esso. La posizione che occupa quel brano in virtù del proprio modo di atteggiarsi soggiace, una volta integrata, alla critica che si chiede se la potenza dell'esserecosìenonaltrimenti, alla cui epifania hanno puntato tali attimi dell'arte, sia o meno indice della verità propria di questi ultimi. L'esperienza piena, sfociante nel giudizio sull'opera priva di giudizi, esige una decisione su ciò e pertanto il concetto. Il vissuto è soltanto un momento di tale esperienza».
226 Ivi, p. 407 [trad. it. p. 369].
227 «Hegel prende per la prima volta posizione contro il sentimento estetico, che in fondo vorrebbe cogliere il contenuto dell'opera d'arte in sé propriamente non in essa bensì nel suo effetto. La forma tarda di questo sentimentalismo è il concetto di intonazione emotiva, che assume nella storia un suo valore posizionale. Niente potrebbe caratterizzare meglio, nel bene e nel male, l'estetica di Hegel della sua incompatibilità con il momento dell'intonazione emotiva, o della disposizione d'umore, nell'opera d'arte. […] Il progresso che così egli compie viene però pagato con qualcosa di estraneo all'arte, l'obiettività con qualcosa di cosale, con un dare peso eccessivo agli argomenti trattati. Egli rischia di far ritornare al tempo stesso l'estetica al preartistico, al modo concretistico di comportarsi del borghese, che nel quadro o nel dramma vuol avere un contenuto saldo al quale potersi attenere e da poter seguire». Ibidem.
228 Cfr. ivi, p. 410 [trad. it. p. 372].
soggetto e oggetto si intreccino in un rapporto autenticamente dialettico:
l'obiettività estetica 229 conserva il momento soggettivo, che si configura come spirito legato alla cosa oggettiva e mediato da essa. Il soggetto fa esperienza dell'opera solo quando le è davanti in modo esterno, e compensa l'estraneità entrando in contatto con l'oggetto, ritirandosi di fronte a esso e revocando la propria autoposizione. Soltanto il soggetto dimentico di sé, prodotto della dominazione sulla natura, può trovare la forza di negarsi davanti all'opera e davanti al ricordo del rimosso che essa chiama in causa.
Nell'esperienza del sublime, l'Erschütterung, ben lontana dall'essere un semplice vissuto, permette l'irruzione dell'obbiettività nella coscienza soggettiva 230, liberando l'espressione della sofferenza dell'arte in un moto fisiologico. Nel pianto, il fruitore «non ha più la terra sotto i piedi: quella possibilità della verità che si incarna nell'immagine estetica diventa per lui concreta» 231. Una tale immediatezza nel rapporto con le opere è funzione della mediazione, di un'esperienza estesa che si addensa in un attimo, e che richiede la piena attenzione sensoriale del soggetto, non più disperso tra un'infinità di stimoli e reazioni puntiformi. L'Erschütterung fa parlare l'opera, facendo accedere alla sua eloquenza [Sprachcharakter] e al suo carattere di verità [Wahrheitsgehalt], riverberando nel soggetto la consapevolezza percepita del sacrificio che l'imposizione della razionalità
“illuminista” ha comportato 232. Si dovrà quindi approfondire la concezione
229 Cfr. ivi, p. 397 [ŧrad. it. pp. 358359]: «L'obiettività estetica non è immediata: chi crede di averla in mano viene tratto in inganno da essa. Se fosse qualcosa di immediato, essa coinciderebbe con il momento sensoriale dell'arte e sopprimerebbe il momento spirituale di essa; quest'ultimo è invece difettivo per sé e per gli altri». Allo stesso modo, la sopravvalutazione del momento soggettivo nell'opera d'arte e la mancanza di riferimento a quest'ultimo sono equivalenti (cfr. ivi, p. 247 [trad. it. p.
222]).
230 Cfr. ivi, p. 363 [trad. it. p. 328]
231 Ibidem.
232 Jauss critica la nozione adorniana di Erschütterung in quanto mera attitudine contemplativa, colpevole di ignorare il complesso rapporto tra opera, pubblico e autore,
adorniana dell'opera per meglio chiarire questa costellazione di elementi, e per capire che tipo di arte per Adorno si configuri come sublime.
che dovrebbe a suo parere fondare entro una costituzione dialogica, comunitaria, dell'identità. Si è visto tuttavia come attraverso l'Erschütterung il soggetto entri in contatto con l'altro da sé, seppur entro la mediazione che caratterizza il pensiero dialettico. Cfr. su questo punto K.H. Bohrer, Das absolute Präsens. Die Semantik ästhetischer Zeit, Suhrkamp, Frankfurt 1994, p. 8; P. Johnson, An Aesthetics of Negativity/An Aesthetics of Reception: Jauss's Dispute with Adorno, “New German Critique”, n. 42, autumn 1987; M. Martin, Rethinking the Communicative Turn:
Adorno, Habermas and the Problem of Communicative Freedom, SUNY Press, New York 2001, p. 176; C. MenkeEggers, Die Souveränität der Kunst. Ästhetische Erfahrung nach Adorno und Derrida, Athenäum Verlag, Frankfurt 1988, p. 12; H. R.
Jauss, Negativität und ästhetische Erfahrung: Adornos ästhetische Theorie in der Retrospektive, in B. Lindner, W. Lüdke (hrsg. von), Materialen zur ästhetischen Theorie: Theodor W. Adornos Konstruktion der Moderne, Suhrkamp, Frankfurt 1979.