In questo capitolo, come nel successivo, viene analizzato il passaggio nei Cahiers
de Rodez delle donne, seguite una ad una, che compongono il gruppo stabile
costituito da sei nomi che Artaud propone nella versione dei suoi testi dedicata alla pubblicazione. Le prime tre donne prese in esame appartengono ad una sfera particolare della memoria, già mitica al di là della sua manipolazione in forma poetica. Catherine Chilé, nonna paterna di Artaud, appartiene alla memoria della famiglia di origine, ma muore di colera prima della nascita del nipote. Mariette Chilé, nonna materna di Artaud, è un ricordo d’infanzia, un ponte con l’Oriente, e muore quando Artaud ha 15 anni. Ana Corbin è un nome senza una storia dietro, salvo gli accenni forniti da Artaud, una figura che nella combinazione tra realtà e poesia resta sbilanciata su uno solo dei due versanti.
Come osservandole durante le prove quotidiane che preparano il debutto sulla scena della poesia, vengono tracciate le loro apparizioni e individuati i tratti che le contraddistinguono nei quaderni scritti nell’arco di un anno, tra il maggio del 1945 e il maggio del 1946, raccolti, nell’opera completa curata da Paule Thévenin, nei volumi dal XVI al XXI. I Cahiers de Rodez dei tre mesi precedenti (O. C. XV), attraverso i quali Artaud torna alla scrittura, hanno costituito in linea più generale l’analisi dell’immaginario dal quale prende le mosse l’elaborazione della genesi del nuovo corpo di Artaud e l’embrione della nascita delle sue figlie. Di ogni donna è fornita una scheda biografica più o meno dettagliata. Sebbene si possa affermare che tutte sono realmente esistite e hanno avuto rapporti di diverso genere con il loro “autore”, la vita di alcune di loro resta, allo stato attuale della ricerca, oscura o lacunosa.
I paragrafi che ne fotografano il passaggio nei Cahiers propongono tutti in apertura l’immagine che Artaud fornisce di loro come sintesi della loro lunga elaborazione in Suppôts et suppliciations, che è per tutte un’immagine di morte legata alle tracce che questa lascia sul corpo.
In conclusione ad ogni paragrafo, nei quali vengono riportati i brani più esplicativi dei tratti che caratterizzano ogni donna, le coordinate bibliografiche ne tracciano le apparizioni nell’arco dei Cahiers de Rodez.
Catherine Chilé Artaud – Scheda biografica
Catherine Chilé nasce a Smirne il 7 maggio 1833.
A soli tre anni perde il padre, Antoine Chili, e nel 1838 sua madre, originaria di Marsiglia, la affida ad uno zio italiano che vive nella città francese, Dominique Eschiano.
Catherine arriva a Marsiglia intorno al 1938, all’età di cinque anni. È in questa città che il 29 agosto 1950, compiuti i diciassette anni, sposa il capitano di lungo corso Marius-Pierre Artaud.
L’impresa marittima di Marius-Pierre Artaud comprendeva al massimo un paio di navi, e dopo la sua morte, avvenuta il 17 agosto 1893, prenderà il nome di “Veuve Marius Artaud et Seytres”.
Catherine e Marius-Pierre Artaud hanno avuto nove bambini, di cui solo tre sopravvissuti. Il primo di loro, Marius Dominique, nato nel 1953, è morto molto giovane. Gli unici ad avere figli saranno Guillaume, nato nel 1956, e Antoine Roi, nato nel gennaio 1964. Entrambi i fratelli sposeranno delle cugine smirniote, al matrimonio del primo Antoine Roi conosce la damigella d’onore della sposa, Euphrasie Nalpas, figlia della sorella di sua madre, che diventerà sua moglie nel 1894. Due anni dopo Euphrasie e Antoine Roi danno alla luce Antoine Joseph Marie, che chiamano Antonin per distinguerlo dal padre e, famigliarmente, Nanaqui.
La famiglia d’origine di Antonin Artaud è numerosa ed intricata, gli elementi più ricorrenti, e certo diffusi nelle famiglie dell’epoca, sono le morti infantili, la ricorrenza dei nomi dei figli morti dati ai figli successivi, e di quelli dei padri e degli zii che tornano identici nelle generazioni successive, ed infine i matrimoni tra consanguinei. La parte della famiglia che risiede in Grecia viaggia spesso verso Marsiglia e lo scambio di cugini e nipoti da una parte all’altra del Mediterraneo è molto frequente.
Antonin Artaud non conosce la sua nonna paterna, Catherine Chilé. Questa, un anno dopo la morte di suo marito, esattamente il 3 agosto 1894, muore di colera.
Catherine e i suoi doppi
J’ai vu la syphilis méningée des jambes de ma fille Caterine, et les deux hideuses patates des cuves de ses rotules enflées, j’ai vu l’oignon de ses orteils boursouflés comme son sexe qu’elle n’a plus pu laver depuis un an qu’elle s’est mise en marche, je l’ai vu éclater du cerveau comme Anie de la « Sainte » Gorge, et j’ai vu la couronne d’épines intestinales de son sang couler d’elle aux jours sans menstrues.
(Suppôts et suppliciations, O. C. XIV*, p. 19)
Catherine è la figlia prediletta della famiglia mitica di Artaud. Abbiamo fatto cenno alla presenza del suo nome e all’annunciazione della sua venuta nella corrispondenza artaudiana degli anni di Rodez.
Dalle informazioni biografiche su du lei non possiamo non scorgere i tratti della storia personale come presagi della storia rielaborata da Artaud, che inverte l’ordine cronologico della genesi e crea delle figlie che invece di appartenere al futuro provengono da un passato sia mitico che reale. La famiglia inventata da Artaud, che prende le mosse da un rifiuto di appartenenza alla famiglia biologica, mantiene di quest’ultima l’attribuzione dei nomi dei morti che tornano nei nuovi nati, le unioni tra consanguinei, una sorta di vertigine degli scambi ai limiti dell’incesto. Il sistema di parentele è intricato al punto da condensare in una stessa figura più gradi di legame di sangue. L’immagine delle nonne sorelle, di questa madre duplice che viene dall’oriente, e quella dei figli morti è certo una delle matrici della proliferazione poetica di Artaud. Catherine, capostipite della famiglia reale, è negli scritti di Artaud la primogenita delle sue figlie. La sua immagine si presta più di altre alla trasfigurazione perché il suo nome appartiene alla memoria
reale della famiglia ma il suo corpo, Artaud, non lo ha mai visto. Catherine, il cui nome compare indifferentemente ortografato con o senza acca, è morta due anni prima della sua nascita, ma questa continua a vivere nei racconti famigliari, nel sangue di suo padre, e in un certo senso nel corpo di sua sorella Mariette, nonna materna di Artaud, chiamata famigliarmente Neneka, in greco “nonnetta”.
Il nome di Catherine ricorre nei Cahiers de Rodez con una frequenza straordinaria, ed è contraddistinto dalla molteplicità di personalità di cui è portatore. Artaud arriverà a distinguere tra Catherine I e Catherine II, o facendo seguire al nome delle diverse età, probabilmente relative all’età della morte delle sue diverse personificazioni, e a farla apparire attraverso donne con altri nomi e cognomi. Catherine contiene quindi più donne, è una delle figure più presenti e più duttili, e ne analizziamo qui il passaggio nei quaderni scritti tra il maggio del 1945 ed il maggio del 1946 riportando soltanto i brani più significativi dei tratti che la caratterizzano e rimandando alle coordinate bibliografiche la lista delle sue apparizioni, indicativa della sua presenza nei Cahiers de Rodez.
Catherine vi compare sotto il segno dell’attesa. È una delle donne a cui Artaud fa maggiormente riferimento, e affidamento, in relazione alla sua venuta, alla sua apparizione nella solitudine del manicomio, e alla sua volontà di liberarlo. Il suo nome compare dopo diverse apparizioni di membri della famiglia originaria di Artaud, ed è accompagnato da due nomi coi quali il suo, soprattutto nell’arco dei primi Cahiers, resterà intrecciato.
3 femmes viendront ici : Ana Corbin,
Catherine Chilé,
la bonne Madame Régis1.
Abbiamo incontrato Ana Corbin e Adrienne Régis nel capitolo precedente, parlando della gestazione della figura della “fille”. Madame Régis è l’unica donna con cui Artaud ha un contatto diretto. Sorvegliante dell’asilo psichiatrico, Artaud la vede ogni giorno, sente la sua voce, ed è nei suoi gesti di gentilezza che egli intravede l’anima delle donne amate lontane nel tempo e nello spazio. Adrienne Régis funge da involucro, da corpo ambasciatore, ed è il territorio della battaglia tra la purezza e il peccato. All’interno del manicomio appare come un angelo, al cospetto delle sue figlie mitiche una volgare peccatrice, e la sua facoltà di farsi portatrice delle loro anime assume ciclicamente i tratti dell’inganno ai danni di Artaud.
Lo scambio di anime e corpi tra Ana Corbin, Adrienne Régis e Catherine Chilé costituisce una scena ricorrente ed esemplare del funzionamento del passaggio di nomi ed energie da un corpo all’altro.
Avant la conscience prise le 4 septembre 1896 il y avait l’âme et c’est Madame Régis ici présente qui me l’a prise pour être et a été cause que Catherine a péché d’intention et est morte, mais vierge,
Et saint Antonin a fait Ana Corbin avec l’âme de Catherine Chilé morte et enterrée- comme il a fait une grue vierge du café Lutétia avec l’âme de Mariette Chilé,
1
avant l’âme il y avait l’esprit des os, non intelligence mais principe volatil, non moral mais radio-actif2.
L’intreccio con Ana Corbin appare spesso nella battaglia per farsi un corpo, battaglia che riguarda Artaud sia in relazione a se stesso, sia nella creazione del corpo delle figlie, che sorge sempre dall’incontro tra la sua evocazione e l’aiuto di un corpo morto a disposizione dell’anima evocata.
Je n’oublierai jamais l’aide de Catherine Chilé pour faire les 2 croix dans le jardin de l’homme révolté avant la conscience et dans le moral pur qui n’a pas à mettre des éternités pour trouver des forces puisqu’il les a toutes en lui, [...].
Catherine Chilé s’aidera des ossements récents d’Ana Corbin pour se faire un corps par son âme et Ana Corbin fut un corps huméral à son âme volé3.
Sancito l’ingresso delle “filles” in questo meccanismo gli scambi si susseguono come in una vertiginosa danza macabra, nella quale i corpi morti prendono e lasciano la vita, e la venuta al mondo delle donne evocate non è mai definitiva, ma soggetta ad una gestazione complessa nella quale continuamente l’identità e l’esistenza vengono affermate e negate. Vediamo Catherine prendere il corpo di altre donne, poi assistiamo alla negazione della sua esistenza, e Mariette Chilé, sua sorella sia nel paesaggio mitico che in quello reale, prendere la sua anima4.
L’être de Catherine Barrat s’appelait sur la terre Génica Athanasiu : Moi je voudrais bien avoir une petite place de rien du tout auprès de vous, je vous aime vraiment5.
Catherine da qui il nome a Helene Barrat, internata a Ville-Évrard nello stesso periodo di Artaud, che ha trascorso in quell’ospedale gli anni più duri dell’internamento. L’essere che abita questa donna nata dall’unione di due nomi tratti dalla propria storia e sottratti all’ordine lineare del tempo è l’attrice rumena Génica Athanasiou, compagna di vita e di lavoro di Artaud negli anni Venti, unico vero amore, figura importante della sua memoria di uomo e di attore che attraversa di tanto in tanto il territorio delle “filles”.
Catherine è un’anima in cerca di un’incarnazione, Artaud passa in rassegna molte figure come possibili medium della sua venuta, Madame Régis è la più ricorrente. Le due donne costruiscono i due poli opposti nell’elaborazione affettiva, la più lontana e la più vicina nel tempo e nello spazio, una figura mitica a tutti gli effetti, il cui volto è il frutto dello sforzo creatore di Artaud, ed una figura reale, concreta e quotidiana che cerca di farsi mitica attraverso il passaggio dell’altra, ma che resta radicata nella realtà del manicomio. Il confronto tra loro, molto frequente nei quaderni di questo periodo, torna a più riprese anche nei Cahiers successivi, e si vena talvolta dei toni di una vera e propria possessione, o di quelli di una penetrazione sessuale, di un concreto intreccio di corpi. Catherine diventa talvolta il nome che portava Madame Régis prima di cedere al peccato, o al tradimento.
2 Ivi, p. 157. 3 Ivi, p. 164. 4 Ivi, p. 168. 5 Ivi, p. 179.
La morsure, les pleurs, le c’est moi me paraissent signifier que Catherine Chilé voudra un jour exister, et c’est elle qui était l’âme de Madame Régis. Mais cette âme doit avoir corps et non Madame Régis, il faut donc que Madame Régis s’en aille. Et elle s’en ira à tout prix sans échange de corps. J’ai besoin de son corps entier en enfer – et Catherine Chilé mourra en moi, sa mère, ou elle sera damnée.
Mes filles sont toutes les consciences de moi que j’ai aimées quand j’étais un être et que j’avais une misère pour exister et d’abord un mal à être au lieu de demeurer dans la fièvre de ma volonté6.
Le figlie sono le coscienze che Artaud, quando era un essere, ovvero un uomo padrone del suo corpo e della sua anima, ha amato. Nei quaderni del giugno 1945 si va definendo lo statuto delle donne evocate, chiamate alla vita con insistenza, ed il suo ruolo di padre e madre, di possessore di queste anime sfuggite. Lo scambio di corpi necessario alla venuta è il tema ricorrente dei quaderni di questo periodo, nei quali Catherine appare quasi sempre accanto ad Ana Corbin e ad Adrienne Régis, ed è con quest’ultima che combatte la sua guerra di incarnazione. Sono molti i brani che tracciano un’immagine di scambio, l’anima di Catherine nel corpo di Adrienne, il corpo di Ana Corbin che veste Catherine, la morte di una come condizione dell’esistenza dell’altra, e la nascita di figure che nascono dall’abbinamento dei loro nomi, come figli nati da una madre che rinuncia al suo cognome e porta, e tramanda, quello del marito. La vertigine degli scambi risponde alla ricerca incessante di far aderire il corpo alla coscienza, e nell’officina di questa ricerca che sono i Cahiers la sperimentazione riguarda corpi e coscienze di persone diverse, che nella fusione possono avvicinarsi alla nuova nascita.
L’entrée de Catherine Chilé par les foudres du cœur sans chute mais gouffre incompréhensible de la lumière ;
les bombes.
On ne sépare pas le corps de la conscience ni la conscience du corps7.
Le “filles” partecipano all’attivazione della coscienza e della volontà come fossero anch’esse delle facoltà sostanziali alla riconquista del corpo e dell’essere. Nelle liste che ricorrono nei quaderni, nelle quali i nomi vengono ripetuti, associati ad altre figure della memoria, o ai cibi, o a luoghi, appaiono talvolta come vere e proprie attitudini. Le figlie sono la coscienza di Artaud così come la coscienza e la volontà sono sue figlie.
Ma fille Cécile, ma fille Yvonne, ma fille volonté, ma fille Catherine8. 6 Ivi, p. 184. 7 Ivi, p. 315. 8 Ivi, p. 327.
La figlia è dunque il frutto dello sforzo e dell’amore, è l’anima che attraversa il tempo ed i corpi. Le figlie di Artaud, oltre ad essere figlie sue, si generano tra loro, complici l’una dell’esistenza dell’altra, e moltiplicano le possibilità di esistenza e resistenza, le combinazioni di parentela, corrodendo dall’interno l’istituzione famigliare.
Neneka Chilé est morte et sa fille Catherine la porte en elle, l’ombre de la mère et la fille,
c’est vrai,
mais elles vivront toutes deux.
La fille Catherine est la petite que j’ai vue ici et qui est partie et qui a grandi et qui a dit alors : C’est moi,
l’ombre de la mère derrière la cuisine avec sa fille,
les vraies du cœur contre les spectres de l’escalier qui n’ont pas voulu avoir de cœur mais supplier par l’esprit et pomper par lui tout le monde,
[...]9.
Alternativamente Catherine è annunciata nel corpo o al posto di altre donne. “Prenderà il posto di Sonia10”, “verrà nel corpo di Adrienne11”, in quello di Ana
Corbin12, e partecipa alle scene di gruppo quasi orgiastiche nelle quali si snoda in
lunghe liste il ritorno di una donna nel corpo di un’altra, con infinite varianti e combinazioni. Il tema della venuta è legato a quello del ritorno, la venuta presso Artaud e il ritorno in un corpo che la renda possibile.
Gli esempi di questo tipo sono moltissimi, il nome di Catherine vi figura sempre, come un dato costante nella molteplicità combinatoria. Ma ciò che accade di rilevante alla sua figura, e che non accade alle altre, è lo sdoppiamento. Dando un nome a queste guardiane delle coscienze sfuggite dal controllo del suo corpo e della sua vita, o rendendole le coscienze stesse, Artaud polverizza Catherine in diverse figure che rispondono allo stesso nome, ma morte in età diverse.
Je suis ici tout entier mais toute ma conscience est bien loin d’être sortie en moi, Mes filles s’en souviennent :
Cécile, Yvonne, Annie,
Catherine Chilé la mère, Catherine Chilé la fille13.
La sua anima in altri nomi, il suo nome per più anime. Madre e figlia, talvolta sorelle tra loro.
Non sappiamo se nella famiglia di Artaud sia deceduta una bambina col nome della nonna.
Sotto il regno del suo nome che contiene una molteplicità di figure la distinzione più frequente, a partire dai quaderni del mese di luglio del 1945, è tra la grande e
9 O. C. XVII, p. 12. 10 Ivi, p. 36. 11 Ivi, p. 73. 12 Ivi, p. 83. 13 Ivi, p. 59.
la piccola, che man mano si farà più esatta, una ha 18 anni e una 6 giorni. Spesso le vicende mitiche di queste figure si sovrappongono alla storia personale e reale di Artaud.
[...] la petite Catherine Chilé prisonnière dans un asile d’aliénés est morte à 6 jours, elle vivra,
la grande Catherine Chilé reviendra dans le corps d’Ana Corbin,
s’il y a encore une fille elle le prouvera avant la fin du compte et le dernier jour à Rodez14.
In una delle frequenti liste che riportano, accanto ai nomi delle figlie, le date delle loro morti, e nelle quali vengono definiti gli anni del decesso anche di donne in realtà ancora vive, oltre che, con esattezza, quelli di donne realmente morte, la piccola “Catherine 6 jours” viene riportata come morta nel 186815. Paule
Thévenin, in nota, osserva che l’anno rientra nel periodo in cui Catherine Chilé e Marius-Pierre Artaud hanno dato alla luce diversi bambini che non sono sopravvissuti, ma nessuna informazione permette di affermare con certezza, benché sia probabile, che tra questi ce ne fosse una col nome della madre.
Nelle stesse pagine in cui elabora questo sdoppiamento Artaud inizia a scrivere il suo nome in diversi modi, Caterine, o Catine, al punto da far perdere le tracce, in alcune zone dei quaderni, della matrice originale di questa figura.
Lo sdoppiamento e la successiva moltiplicazione del nome di Catherine non si sostituisce alla tematica dello scambio di corpi e nomi con le altre donne, vi si sovrappone invece creando un continuo movimento dei nomi, un’incessante proliferazione che nel corso degli scritti assume sempre maggiore importanza, indicata anche dall’intensificarsi delle apparizioni. Catherine entra ed esce continuamente e coinvolge nelle sue continue morti ed incarnazioni altre donne, complici o testimoni del suo continuo movimento. La qualità del movimento diventa, per le figlie così spesso presenti nelle pagine artaudiane, un’attestazione della loro vitalità.
Madame Adrienne Régis sera égorgée ici dedans par Catherine Chilé parce qu’elle n’a rien voulu rendre.
[...]
C’est moi, m’a rappelé ma fille Cécile, qui a mis la petite Catherine Chilé 6 jours dans le corps d’une femme qui voulait porter le mal absolu, souffrir et aimer toujours, et c’est cette petite Catherine, maintenant Adrienne Régis qui a fait dans son ventre toutes les petites âmes inconscientes qui volaient autour de moi et qui est cette âme de petite fille merveilleuse et émerveillée, [...]16.
Le figlie vedono ciò Artaud vede, esse testimoniano di passaggi e scambi e li