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altre imprese nel resto del mondo

sede centrale

altre imprese in Giappone altre imprese in Cina altre sussidiarie nel resto del mondo --%

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Per quanto riguarda poi il brevetto di Hong Kong affermiamo, innanzitutto, che ad esso sono affibbiate molte forward citation, ben 16.

Esso è, all’interno del gruppo delle quattro nazioni che stiamo analizzano, di gran lunga il brevetto con il più alto numero di forward ciation affibbiate, e in assoluto uno dei brevetti con il più alto numero di forward citation dell’intero database.

Anche in questo caso, comunque, tutte le citazioni fanno riferimento all’ultima categoria. Anche per Hong Kong, l’innovazione è prima di tutto open.

Nell’ultimo caso, quello relativo ai due brevetti australiani il numero delle forward citation è minore, ma comunque, l’analisi applicata ad Hong Kong e Singapore, può essere valida per l’Australia.

Siamo giunti, così, alla fine di questo paragrafo.

Esso ci ha dimostrato che il sistema di produzione tecnologia e scientifica che fa perno sulla Cina è tenuta in grande considerazione da ogni nazione che cerca di generare innovazione, e che tenta di diffonderla globalmente.

L’innovazione creata grazie anche al contributo cinese è utilizzata in tutto il mondo, e soprattutto in quei paesi di più lunga tradizione tecnologica, a sottolineare la qualità di tale innovazione.

Il percorso che deve percorrere il sistema dell’innovazione cinese è ancora irto di ostacoli, e allo stato attuale, esso è ben lontano dal ruolo di innovatore principale sulla scena globale. Eppure, come abbiamo visto, è certamente uno dei più attivi, sia dal lato della ricezione di innovazione, ed in questo senso è stato molto utile analizzare i rapporti che legano la Cina con Giappone e Stati Uniti, sia dal lato della diffusione dell’innovazione, la quale si serve principalmente delle collaborazioni interregionali con Taiwan, Hong Kong e Singapore.

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4. Conclusioni

In questa tesi è stato affrontato il tema della integrazione del sistema tecnologico e scientifico cinese all’interno del complesso ordine globale dello scambio di innovazione Tale argomento è stato analizzato seguendo tre distinte linee di ricerca, tutte mirate a conoscere ed approfondire le intricate maglie del progresso scientifico e tecnologico della Repubblica popolare cinese, senza però mai tralasciare l’importante contributo della ricerca accademica sul tema dell’innovazione tecnologica.

Il primo capitolo è stato dedicato alla scoperta di tutti quei piani di sviluppo e programmi strategici voluti e realizzati dalla macchina governativa della Repubblica popolare cinese. Il secondo ed il terzo si sono concentrati rispettivamente su uno studio approfondito dello stato dell’arte della ricerca accademica sugli strumenti di generazione ed integrazione della conoscenza innovativa, e su un caso di studio condotto su un contenitore di informazioni brevettuali, volto a comprendere le relazioni che intercorrono nello scambio di innovazione tecnologica tra le aree geografiche tradizionalmente più attive nella produzione di innovazione ed il mondo cinese.

Tale struttura tripartita è stata di fondamentale importanza per affrontare nella maniera più chiara ed inclusiva possibile il tema dell’integrazione dell’innovazione tecnologica cinese. Senza il primo capitolo infatti, non avremmo mai potuto comprendere il desiderio dello stato cinese di diventare protagonista del panorama tecnologico e scientifico globale, e di voler diventare entro il 2020 una nazione il cui progresso economico sia guidato dall’innovazione, ma allo stesso tempo, non ci saremmo mai potuti accorgere della profonda consapevolezza del governo centrale della RPC dello stato attuale di tale progresso tecnologico, ancora, per la verità, desideroso di profondi cambiamenti e miglioramenti strutturali.

E’ in ogni caso impressionante il peso con il quale la tecnologia scientifica ha dettato dall’inizio degli anni ’80 in poi la crescita economica nella Repubblica popolare cinese.

Essa è considerata come il motore principale per la crescita economica dello Stato, senza la quale è da escludersi una leadership mondiale che possa reggere sulla lunga distanza.

La Cina di oggi è una nazione che si sta costruendo secondo un preciso piano di sviluppo strategico ed il governo centrale, mai come prima d’ora, finanzia sia i progetti di crescita

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tecnologica guidata dall’imprenditoria privata che quelle iniziative di sviluppo innovative sotto il controllo dello stato centrale.

E’ indispensabile creare a questo punto una rete infrastrutturale fatta di università, centri di ricerca, laboratori e cluster industriali che inglobi sempre più e sempre meglio quelle realtà potenzialmente in grado di poter fornire un importante contributo alla crescita scientifica e tecnologica del paese, ma che per molto tempo non sono state rese partecipi di tale crescita innovativa.

E’ quindi, in atto, allo stesso tempo, un processo di adeguamento effettivo di tutte quelle leggi e regolamenti di settore relativi alla difesa della proprietà intellettuale di marchi e brevetti, oltre che in relazione al contrasto della concorrenza sleale e della contraffazione. Lo sforzo compiuto dal legislatore cinese è da intendersi come un progressivo e costante avvicinamento degli istituti legislativi che disciplinano la materia della protezione dell’attività di sviluppo di innovazione ai canoni della legislazione che è in vigore nei paesi di più lunga tradizione scientifica e tecnologica.

Il governo centrale reputa tali traguardi indispensabili per la crescita tecnologica del paese, e ciò è confermato per di più dall’attenzione posta nel contrasto al fenomeno shanzhai, il quale non può essere semplicemente paragonato ad una mera abitudine alla contraffazione di marchi e prodotti famosi, ma deve essere inteso anche come un fenomeno culturale e sociale forte e pervasivo, il quale fa presa principalmente sulle nuove generazioni.

Alla fine del primo capitolo abbiamo svolto anche una breve ricerca riguardante il percorso storico dell’innovazione scientifica e tecnologica in Cina dalla fine del maoismo in poi, segnando le tappe più importanti nella realizzazione di una crescita innovativa consapevolmente guidata dallo stato centrale.

Il primo capitolo, quindi, ha introdotto il tema proposto in questo studio nella maniera più inclusiva e generale possibile, affrontando il tema dell’innovazione tecnologica da una prospettiva macroeconomica e conferendo alla trattazione un taglio di ricerca non solo economico o legislativo, ma anche storico, culturale e linguistico.

Ciò è stato indispensabile per comprendere profondamente i cambiamenti avvenuti, o ancora in atto in Cina, in relazione al tema della crescita innovativa.

La bibliografia utilizzata principalmente per la redazione del primo capitolo è in lingua cinese, ci siamo serviti di tali fonti perché era necessario, ai fini della nostra ricerca, comprendere in

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che modo la Cina e i cinesi vedono la propria capacità di generare e diffondere oltre i propri confini nazionali, innovazione tecnologica.

Nel secondo capitolo, invece, la discussione si apre alla ricchissima e vasta bibliografia accademica manageriale sul tema della capacità di produzione di innovazione.

Il nostro sguardo, come è ovvio, si è concentrato sempre sulla realtà cinese, ma gli strumenti utilizzati non sono unicamente utilizzabili per il caso cinese, anzi, hanno una validità pressoché universale poiché trattano il tema della generazione di innovazione in maniera specifica e da una prospettiva microeconomica.

Essi indagano, cioè, in che modo l’innovazione viene generata, come si diffonde, dove si diffonde, da quali fonti proviene quella tecnologia innovativa con un più alto quid rivoluzionario, in che maniera essa deve essere protetta una volta integrata nei processi produttivi di una rete tecnologica e i vantaggi e gli svantaggi di tutte quelle forme di appropriazione ed integrazione di conoscenza diversa e distante da quella che può essere trovata in un cotesto scientifico e tecnologico vicino e familiare.

Nel solco dell’attuale dibattito accademico tra coloro che sostengono che la globalizzazione dell’innovazione è in atto e coloro che invece credono che essa non sia effettivamente mai germogliata, ci schieriamo dalla parte dei primi, senza però tralasciare, effettivamente, il contributo fornitoci dai cosiddetti sostenitori della teoria della “non-globalizzazione” tecnologica.

Il nostro intervento, che non è stato certamente incentrato su tale dibattito, ma che ha tratto conclusioni simili a quelle forniteci dai teorici della globalizzazione tecnologica, ha in ogni caso appurato i pro e i contro di questo vasto e complicato fenomeno in atto.

La globalizzazione tecnologica e scientifica, infatti, avviene tramite modalità che differiscono significativamente da settore industriale a settore industriale.

Alcuni settori infatti, sono nati e si sono sviluppati attorno ad un ristretto numero di laboratori di ricerca, università, infrastrutture scientifiche e accademiche e hanno continuato ad utilizzare la conoscenza prodotta in questi ambienti ristretti con buoni, o perfino ottimi risultati per un lungo periodo di tempo.

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Ricordiamo, ad esempio, l’industria dei semiconduttori, nata e cresciuta nel distretto statunitense della Silicon Valley, ovvero di quella località geografica che si estende a sud di San Francisco e che comprende città quali Fremont, Palo Alto, Santa Clara, San José, vere e proprie cittadine della scienza, e che ospita rinomati centri scientifici e culturali come le università di Berkeley e Stanford.

Pur essendo un’area metropolitana poco estesa, nella quale abitano circa quattro milioni di abitanti, in essa, tutt’ora, vengono create le più importanti scoperte in materia di semiconduttori, microchip e software informatici.

Fino a qualche decade fa, la Silicon Valley era l’unico vero centro mondiale dell’innovazione nel campo dei semiconduttori, e all’interno della rete di scambi di conoscenza, condotta tramite canali formali ed informali, che dettava regola in quel contesto geografico, si risolvevano tutte le procedure di generazione e utilizzo dei cambiamenti innovativi.

Oggi ciò non è più vero: per rimanere competitivo il sistema della Silicon Valley deve entrare in contatto con altri sistemi tecnologici geograficamente distanti da esso e sviluppatisi attraverso metodi di produzione dell’innovazione sensibilmente diversi.

Abbiamo compreso nel secondo capitolo, infatti, che la ragione di tale cambiamento risiede appunto nella impossibilità delle reti di produzione di innovazione locali di creare vantaggi competitivi effettivi senza condurre ricerca scientifica e tecnologica in luoghi diversi e lontani dalla dimensione domestica.

Abbiamo tuttavia compreso che la delocalizzazione dei laboratori di ricerca e sviluppo in territori che si sono affacciati recentemente al mondo della produzione di innovazione tecnologica e scientifica, non è sempre la via più corretta per acquisire nuovo vantaggio competitivo per le aziende multinazionali occidentali.

Esistono infatti diversi altri strumenti, quali l’assorbimento di capacità innovative tramite reti di contatti tra scienziati e inventori con formazione accademica differenziata, ma tutti in grado di poter dare un valido contributo alla crescita della ricerca in un determinato settore scientifico.

Lo scambio di conoscenza diversificata è indispensabile per tutte quelle nazioni, come la Cina, che vogliono acquisire un vantaggio competitivo sostanziale nello sviluppo di innovazione tecnologica.

La Cina è quindi attiva sia nella ricezione di tecnologia e conoscenza tecnologica proveniente dall’estero, sia nella diffusione di tale conoscenza all’esterno.

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Abbiamo altresì compreso anche quali strumenti di tipo manageriale devono essere utilizzati da parte delle rete multinazionali di produzione dell’innovazione per salvaguardare la capacità produttiva nel momento in cui all’interno del processo di sviluppo innovativo vengono integrati sistemi economici caratterizzati da una scarsa protezione della proprietà intellettuale.

Le multinazionali che dislocano i loro centri di ricerca e sviluppo in nazioni quali la Repubblica popolare cinese devono considerare che il contributo portato dalla divisione cinese è uno fra i tanti disponibili globalmente, e che esso pur essendo fondamentale per la creazione e produzione di una specifica parte di un intero progetto innovativo, non verrà mai a conoscenza di tale progetto in tutta la sua interezza.

Dalla somma delle parti, le imprese multinazionali creano il loro progetto innovativo, ma nessuna di queste parte, prese singolarmente è in grado di realizzare in toto il progetto. In questo modo si eliminano alla base gli svantaggi della delocalizzazione e si sfrutta allo stesso tempo quel quid di innovazione differente impossibile da reperire nella dimensione domestica della sede centrale a cui fa capo l’impresa multinazionale.

Il terzo capitolo, infine, è quello in cui, più degli altri, si è condotta una ricerca personale ed autonoma.

Tramite il sostanziale contributo della professoressa Alessandra Perri, è stato dato vita ad un database di informazioni brevettuali che è stato analizzato al fine di comprendere e di verificare le ipotesi che avevamo enunciato nei capitolo precedenti, ovvero che il sistema tecnologico e scientifico cinese è integrato nel sistema dello scambio tecnologico globale. I brevetti analizzati sono stati scelti, come abbiamo già affermato nell’ultimo capitolo, secondo diverse e precise caratteristiche, la più importante delle quali è sicuramente quella che tutti gli inventori che hanno dato un maggiore contributo all’invenzione brevettuale, i cosiddetti first inventor, sono cinesi.

Le imprese che possiedono tali brevetti, sono tutte non cinesi.

Così facendo, abbiamo creato una base per la nostra ricerca solida e coerente, visto che il nostro obiettivo era quello di scoprire l’integrazione delle capacità innovative cinesi con il resto del mondo tecnologico e scientifico.

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I risultati ottenuti hanno dimostrato che è fortissima la collaborazione scientifica tra la Repubblica popolare cinese e quelle nazioni del sud-est asiatico che hanno sperimentato negli ultimi anni alti tassi di crescita del Pil nazionale.

I partner tecnologici preferiti dalla Cina in relazione alla collaborazione e alla creazione di progetti innovativi sono Taiwan e Singapore, con il primo che è di gran lunga l’interlocutore preferito.

Dal punto di vista, invece, della conoscenza acquisita e diffusa, la Repubblica popolare cinese vede nelle nazioni di più antica tradizione tecnologica i modelli da seguire.

La maggior parte della conoscenza acquisita dal sistema tecnologico cinese proviene dal Giappone ed in particolar modo dagli Stati uniti d’America, nazione con la quale la Cina ha ancora un fortissimo debito commerciale in relazione propria all’acquisto di brevetti e di diritto di utilizzo di conoscenza.

Essere integrate con il sistema scientifico e tecnologico statunitense e giapponese ci permette anche di affermare che il sistema tecnologico e scientifico cinese è tutt’oggi integrato globalmente, anche se non con un ruolo di importanza primaria.

Le conclusioni, più obiettive, quindi, in merito all’integrazione della Rpc nel sistema di scambio tecnologico globale sembrerebbero indirizzarci verso un modello di produzione dell’innovazione attivo e vivace, ma ancora in fortissima fase di crescita, che non ha ancora totalmente imparato a fare da sé, e a produrre innovazione in maniera completamente autonoma, ma che sta avendo sempre più il consenso e l’appoggio dei principali protagonisti del sistema tecnologico e scientifico mondiale.

La Repubblica popolare cinese diventerà una nazione in grado di trainare la propria economica, e l’economia mondiale tramite l’innovazione solo se i suoi metodi di produzione tecnologia e scientifica saranno ritenuti validi da tutti, e solo se il nuovo vantaggio competitivo a cui essa darà vita potrà avere un risvolto positivo per l’intero ordine scientifico-tecnologico del pianeta.

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BIBLIOGRAFIA

ADAMS, KING, MA, China: Research and Collaboration in the New Geography