La Prima guerra mondiale, che terminava «sulla fronte italiana» il 4 Novembre 1918, ve-deva dopo tanti mesi di lotta silenziosa la Regia Marina finalmente padrona dell’Adriatico.
Con la vecchia nave da battaglia Saint Bon l’ammiraglio Umberto Cagni entrava nella gran-de base gran-dell’Imperiale e Regia Marina austriaca di Pola prengran-dendone possesso come nuovo comandante in capo dell’Alto Adriatico. Uno dei suoi primi atti fu la ricerca del corpo l’eroico Nazario Sauro per dargli degna sepoltura, mentre nel porto, vera testimonianza del-la nostra vittoria, giaceva distrutta da Paolucci e Rossetti del-la corazzata Viribus Unitis, che nel «suo stesso nome ostentava la vecchia menzogna delle forze, non riunite ma coatte» co-me proclamava il Bollettino della Vittoria Navale che Paolo Thaon di Revel, Capo di Stato Maggiore e Comandante in Capo delle Forze Navali Mobilitate, aveva firmato a Brindisi l’11 Novembre del 1918.
La vittoria sugli Imperi Centrali era costata molto agli Italiani anche sul mare: avevamo perso 167 Ufficiali, 2.898 tra sottufficiali e marinai, cinque grandi Navi, tra cui la modernis-sima corazzata Leonardo Da Vinci, 1 esploratore, 8 caccia, 6 torpediniere, 8 sommergibili, 11 navi minori, 153 aerei e 5 dirigibili. Dalla pace ci si aspettava non solo i riconoscimenti politici e territoriali, che il Patto di Londra con gli Alleati ci aveva promesso nel 1915, ma anche una parte delle unità navali degli ex nemici quali riparazioni di guerra.
Nel confuso e complesso periodo che seguì la vittoria le trattative per venire in possesso almeno delle navi superstiti della Flotta Austriaca furono veramente difficili, a buon diritto avevamo chiesto di incorporare nella nostra Marina in sostituzione delle grandi navi perdute la moderna corazzata Te-getthoff e la più vecchia Radestzky, i cui nomi mol-to significativi avrebbero rappresentato anche la fi-ne vittoriosa del nostro Risorgimento. Gli Alleati non consentirono tali ac-quisizioni, ma concessero solo l’incorporazione nelle nostre forze di due incro-ciatori-esploratori ex au-stro-ungarici e di tre in-crociatori leggeri ex tede-schi oltre ad alcune unità sottili.
Queste per noi furono le «navi della vittoria».
La SMS Tegetthoff, nave da battaglia tipo dreadnought della K.u.k. Kriegsmarine (Fonte USMM)
Esaminiamone con più attenzione la loro storia. Le Unità appartenenti alla ex Marina Austro-ungarica, che alzarono il tricolore furono i due Incrociatori leggeri o scout della clas-se «Novara» di cui si riportano i dati d’interesclas-se nella Tabella 7,
Tabella 7
e i sette Cacciatorpediniere della classe «Tatra», a noi ben noti per la loro intensa attività in guerra nell’Adriatico, che avevano le seguenti caratteristiche riportate in Tabella 8.
Tabella 8
A queste navi si aggiunsero poi circa 16 unità ausiliarie di vario tipo e di scarso valore mi-litare.
Con il bottino germanico ci andò un po’ meglio, infatti ci furono assegnati tre moderni In-crociatori leggeri, di cui ne riportiamo le caratteristiche nella Tabella 9,
Tabella 9 Nome Austriaco
(varo) Nome Italiano Dislocamento Armamento
principale Anni in servizio nella Regia Marina
Helgoland (1911) Brindisi 3500 9-100/47 1921-1937
Saida (1911) Venezia 3500 9-100/47 1921-1937
Nome Austriaco Nome Italiano Dislocamento Armamento
principale Anni in servizio nella Regia Marina
Lika (1916) Cortellazzo 880 2-100/47 1920-1923
Tatra (1911) Fasana 880 2-100/47 1920-1939
Triglaw (1916) Grado 880 2-100/47 1920-1937
Uszok (1916) Monfalcone 880 2-100/47 1920-1939
Czepel (1912) Muggia 880 2-100/47 1920-1929
Orjen (1912 Pola 880 2-100/47 1920-1937
Balaton (1911) Zenson 880 2-100/47 1920-1923
Nome Tedesco
(varo) Nome Italiano Dislocamento Armamento
principale Anni in servizio nella Regia Marina
Graudenz (1912) Ancona 4912 7-149/43 1925-1937
Strassburg (1910) Taranto 4570 7-149/43 1925-1943
Pillau (1913) Bari 4390 8-149/43 1924-1943
e tre Cacciatorpediniere, di cui uno più grosso classificabile esploratore riportate nella Tabella 10.
Tabella 10
A queste unità di buon valore si aggiunsero il Sommergibile U 16 (praticamente mai im-piegato) e 62 navi ausiliarie di vario tipo tra cisterne, rimorchiatori e cannoniere.
Tutte le unità erano in non eccellenti condizioni di manutenzione e risentivano, in special modo quelle austriache, dell’intenso impiego bellico. La guerra in Adriatico era stata infatti una vera guerriglia di siluranti e i Novara e i Tatra erano stati certamente tra gli attori più attivi in quel difficile scenario fatto di agguati, di sorprese e di fughe nei porti protetti.
Inoltre l’armamento delle unità, che venivano ad aggiungersi a quelle in servizio nella Regia Marina, non era certo analogo a quello delle omologhe navi italiane. Il pezzo da 100/47 della Skoda (nella KuK Mari-ne era noto come 10/50, utilizzando gli Austriaci i cm anziché i mm per il calibro e misuran-do la lunghezza delle canne in mo-do differente da noi) si rivelò un ot-timo cannone, ma i grossi lanciasiluri imbarcati (da 533 mm) furono da noi presto sostituiti con impianti da 450 mm simili a quelli di tutte le altre nostre siluranti. Il pezzo tedesco da 149/43 (per la Ger-mania 15/45) aveva una buona cadenza di tiro (7 colpi al minuto), ma un munizionamento completamente diverso dal nostro. Tutto ciò comportò che queste unità rappresentarono spesso più un problema che un vero guadagno per la nostra Marina e infatti le unità cedute in conto riparazioni furono impiegate prevalentemente in compiti addestrativi o di presenza navale nelle acque coloniali.
Nome Tedesco Nome Italiano Dislocamento Armamento
principale Anni in servizio nella Regia Marina
V 116 (1916) Premuda 2555 4-149/43 1920-1939
S 63 (1913) Ardimentoso 1050 3-100/47 1920-1939
B 95 (1914) Rossarol 1756 3-120/45 1920-1939
L’eploratore leggero Premuda (Fonte USMM)
Gli incrociatori furono inizialmente inclusi nella Divisione Esploratori dell’Armata nava-le, ma ebbero ruolo diverso a seconda delle loro caratteristiche. Il Venezia fu a lungo stazio-nario a Smirne e poi impiegato spesso in Mar Rosso, successivamente fu sede di comando di una Divisione Siluranti per essere radiato nel 1937. Il Brindisi fu spesso in Libia e in Egeo, ebbe poi funzione di nave caserma per essere anche esso radiato nel 1937. Il Taranto dopo es-sere stato incorporato quale nave ammiraglia di un reparto di siluranti fu a lungo in Somalia a disposizione del Governatore di quella Colonia, rientrato in Italia fu a Venezia come mezzo addestrativo della Scuola Meccanici e poi a Taranto quale sede dell’Ispettore dei Sommergi-bili. All’inizio del Secondo conflitto mondiale fu utilizzato quale posamine da Brindisi e poi fu assegnato alla Forza Navale Speciale dell’ammiraglio Tur, che raggruppava le «forze an-fibie» nazionali per la progettata e mai realizzata azione di conquista di Malta. All’armisti-zio l’unità fu autoaffondata alla Spezia. L’Ancona fu utilizzato nei suoi primi anni nella no-stra Marina quale nave comando, imbarcando a lungo il Comando in Capo dell’Armata;
svolse alcune crociere nel Levante, ma fu presto disarmato e quindi radiato nel 1937. Anche il Bari fu impiegato quale nave sede di comandi prima dell’entrata in Squadra dei nuovi in-crociatori da 10.000 t, durante la guerra d’Etiopia ebbe l’importante ruolo di unità ammira-glia della Divisione Navale in Africa Orientale. Fu quindi sede di comando in guerra della già citata Forza Navale Speciale e da questa impiegato in azioni belliche in Grecia e in Cor-sica, colpito da bombardieri americani a Livorno rimase a lungo semiaffondato per essere demolito dai Tedeschi dopo l’8 Settembre 1943.
La storia dei Cacciatorpediniere è ancora meno brillante. Il Fasana e lo Zenson non furo-no mai impiegati per le loro precarie condizioni di efficienza e radiati già nel 1923, il Muggia fu impiegato in Cina, ma affondò per incaglio presso Hea Chu nel 1929. Cortellazzo, Grado, Pola, Monfalcone furono declassati a torpediniera nel 1929 e impiegati quali unità da pattu-glia in Libia e per addestramento del personale nelle basi di Taranto e Venezia per essere ra-diati alla fine degli anni Trenta. Anche l’ex tedesco Ardimentoso ebbe una breve vita opera-tiva presso le Scuole CREM e disarmato nel 1938. Il Rossarol subì importanti lavori di mo-difica presso l’arsenale di Pola da cui uscì con l’armamento completamente mutato e fece parte negli anni Venti dei Gruppi Esploratori e della Divisione Navale Leggera, successiva-mente fu impiegato come nave sperimentale alla Spezia per essere radiato nel gennaio 1939.
L’unica unità che ebbe una buona vita operativa fu l’«esploratore leggero» Premuda, che fece prima parte della Divisione del Levante a Costantinopoli, poi ebbe un importante ruo-lo nelle operazioni di sbarco a Corfù nel 1923 ove eseguì il bombardamento della Fortezza Bassa e costrinse alla rapida resa il presidio dell’isola in quella che possiamo considerare co-me una delle poche imprese di Gunboat Diplomacy italiane. Successivaco-mente fu impiegato quale unità di Squadra sia in Tirreno che in Adriatico e fece a lungo servizio anche in Egeo sino alla sua radiazione nel 1939. L’impiego delle unità ausiliarie è di fatto senza storia avendo queste avuto un ruolo esclusivamente locale presso le varie basi navali dove erano state dislocate.
Le «navi della vittoria» quindi non rappresentarono per usura dei materiali e per diffe-renti criteri costruttivi un nucleo importante della Regia Marina tra le due guerre mondiali, risultarono infatti superate per concezione già nei primi anni Venti. Possiamo in conclusione affermare che queste acquisizioni in conto di riparazioni belliche non mutarono ne il profilo
operativo della nostra Marina ne accrebbero la sua efficienza dimostrando che era tramonta-ta l’epoca in cui la cattura di unità avversarie potevano considerarsi un ambito bottino, co-me ai tempi delle guerre marittico-me narrate nei testi di A. T. Mahan.
Questo saggio è apparso sulla rivista elettronica Analisi Difesa.
NOTE CAPITOLO II
(64) Vedi Gabriele M., Le convenzioni navali della Triplice, USMM, Roma 1969.
(65) Ibidem, Verbali delle riunioni in allegato.
(66) La famosa divisione Goeben-Breslau.
(67) Vedi USMM, Vigilia d’armi sul mare, vol. 1ode «La Marina Italiana nella Grande Guerra», Vallecchi, Firenze 1935.
(68) Gli Austriaci dovettero ricorrere al sabotaggio prezzolato per ottenere a Taranto una «vittoria in porto» (affonda-mento della Leonardo da Vinci) mentre tutte la basi nemiche adriatiche erano costantemente minacciate dai nostri mezzi insidiosi e aerei.
(69) Vedi USMM, op. cit., pag. 331 e seguenti.
(70) Con questo aggettivo il poeta D’Annunzio soprannominò il Mare Adriatico.
(71) Venezia non mai violata da unità navali avversarie e fu attaccata solo dall’aria con mediocri risultati. I canali la-gunari a ridosso del fronte, ampliati durante il conflitto, permisero lo schieramento di batterie galleggianti, monitori e pic-cole unità che ebbero un importante ruolo nel sostenere la 3aArmata nelle sue azioni sia difensive che offensive.
(72) Vedi Koudelka A., Rotta su Trieste, Ed. Goriziana, Gorizia 1990.
(73) Vedi USMM, op. cit., pag. 339.
(74) La tradizione storica ci indica il gruppo formato dal Duca degli Abruzzi, dai contrammiragli Enrico Millo e Um-berto Cagni e da qualche altro più giovane Ufficiale come esponenti di questa scuola di pensiero, ma ci pare di poter affer-mare che la stima giustamente riscossa per le loro azioni nella Guerra di Libia da questi ammiragli influenzò poco i nostri programmi navali, che erano più legati a una concezione di well balanced fleet intesa a dimostrare il ruolo politico delle no-stre Forze Navali nel quadro della visone generale del nostro posto tra le Grandi Potenze.
(75) La perdita degli incrociatori corazzati Amalfi e Garibaldi affondati da sommergibili tedeschi, ma inquadrati nella flotta A.U., rispettivamente il 7 luglio e il 18 luglio 1915, dimostrarono non solo la pericolosità di esporre le grandi navi alle possibili azioni insidiose del nemico, ma anche la assai limitata protezione subacquea che il loro progetto originale preve-deva essendo mezzi concepiti in anni in cui il sommergibile era veramente ai suoi primi vagiti operativi e i combattimenti erano previsti utilizzando al meglio le grosse artiglierie di dotazione.
(76) Durante il conflitto, per esempio, ottenemmo di acquistare nei cantieri nordamericani sia parecchie decine di MAS antisom del tipo ELCO sia gli ottimi otto sommergibili della classe «H».
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Il 1919, un anno difficile Il 6 Novembre 1918, per motu proprio del re, Paolo Thaon di Revel, Coman-dante in Capo delle Forze Navali Mobilitate e Capo di Stato Maggiore della Mari-na, veniva promosso al gra-do apicale di «ammiraglio».
Dal lontano 1866 nessun ufficiale della Regia Marina aveva raggiunto tale digni-tà, l’ultimo essendo stato lo sfortunato Persano, le car-riere anche le più brillanti si arrestavano al grado di «vi-ce-ammiraglio» e tali erano stati personaggi del calibro di Saint Bon, di Mirabello e di Bettolo. L’armistizio del 4 novembre doveva essere però festeggiato anche con un riconoscimento solenne a chi aveva diretto la guerra sul mare con grande equili-brio, ma anche grande de-terminazione.
Dalla sua nave ammira-glia Etna, sventolante la
nuova insegna blu con tre stelle gialle e ancorata a Brindisi, principale centro operativo della lotta in Adriatico, Revel il 12 Novembre emanava il suo «Bollettino della Vittoria Navale», che pur se molto meno conosciuto di quello scritto da Armando Diaz per celebrare la defini-CAPITOLO TERZO