Dalla strada che, passando da Massarosa, giunge al Monte Pito- ro, è possibile scorgere la grande torre campanaria della chiesa di Pieve a Elici, che si trova al centro di un piccolo terrazzamento e che domina buona parte delle colline che la lambiscono.
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Sull’etimologia il Dinelli101 afferma come Elici derivi da Ilex, cioè leccio, specie presente nei boschi nelle vicinanze.
Una delle cause che durante il Medioevo rendeva la zona impor- tante, favorendone la scelta per la costruzione della pieve, fu la presenza di un piccolo scalo nell’ambito del lago di Massaciucco- li. Infatti, in una piccola insenatura ai piedi della collina su cui la pieve oggi sorge fu ricavato un piccolo porto che metteva in con- tatto la pievania con il mare, rendendola anche soggetta a sac- cheggi o scorrerie102. Successivamente il mare cominciò lenta- mente a ritirarsi e il porticciolo perse importanza fino a scompa-
rire103. Altro elemento che poneva l’area in una posizione di pri-
mo piano era la presenza di importanti arterie stradali, come la via Emilia Scauri, di cui si è detto (pagina 28)104.
La pieve aveva giurisdizione su di un territorio piuttosto ampio della diocesi di Lucca: che, si trovava compreso tra la pievania di Camaiore e quella di Massaciuccoli, estendendosi fino alla costa. Durante il periodo altomedievale, la Pieve a Elici ebbe tre intito- lazioni. Questo era un fatto piuttosto comune anche ad altre chiese e ciò poteva dipendere da alcuni fattori, quali un aumen- to d’importanza che l’edificio religioso poteva assumere nel tempo, oppure perché un particolare santo aveva visto accresce- re il suo culto o persino da una imposizione proveniente dalle gerarchie ecclesiastiche superiori. In particolare, la pieve passò dall’essere dedicata a sant’Ambrogio nel IX secolo, ai ss. Ambro-
101P. Dinelli, Storia di Camaiore dalle origine ai giorni nostri, Camaiore 1975, p.33. 102
A Lugnani, La chiesa romanica di Pieve ad Elici, Massarosa 1989, p.22.
103
S. Bongi, Nota sulle marine lucchesi, Lucca 1865, documento n° 51.
104 L. Pfanner, La pieve a Elici, in Giornale storico della Lunigiana e del territorio lucense, XII, La Spezia
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gio e Giovanni Battista nel X secolo, e infine dall’ XI secolo, ai ss. Pantaleone e Giovanni Battista105. L’ intitolazione della chiesa a san Pantaleone e san Giovanni Battista è ricavabile dalla senten- za di una contesa tra il pievano di Elici e i rettori di San Jacopo di Massarosa e dei Ss. Giusto e Clemente di Gualdo sui diritti della pieve, datata 22 aprile 1233: “*…+plebs sanctorum Iohannis et Pantaleonis de Ilice*…+”106. Questo non ci permette però di veni- re a conoscenza della data precisa del definitivo cambiamento di intitolazione in favore di san Pantaleone e san Giovanni, che probabilmente avvenne intorno al XII secolo in concomitanza con l’ampliamento della chiesa. Come infatti furono tre i santi patroni, tre risultano anche i momenti di innovazione e cambia- menti di ricostruzione della chiesa che evidenziano un cambia- mento sia dei gusti che dei mezzi espressivi107.
Stando alla tradizione sarebbe una delle pievi fondate tra il V e VI secolo da San Frediano, vescovo di Lucca, durante la sua vasta opera di riordinamento delle chiese lucchesi108. Infatti, con l’arrivo dei Longobardi molte chiese e monasteri furono rasi al
105 Per sant’ Ambrogio si può considerare il documento dell’892 in cui il vescovo di Lucca Gherardo alli-
vellò a Cunimando le proprietà che il vescovo aveva nella zona, citando per la prima volta la “ecclesia illa
cuis vocabulum est beati Ambrosi, quod est plebs baptisimalis sita in lodem loco ilice.” D. Barsocchini, Memorie e documenti per servire all’ istoria del principato lucchese, Lucca 1860, tomo II, doc. CMLXXX,
p.605. Per Sant’ Ambrogio e San Giovanni Battista si può considerare ibidem, tomo III, doc.MCCCLXVIII, p. 265. Nell’atto considerato il vescovo Teudigrimo allivella a Gherardo i beni e le decime di questo pi- viere dovute dagli uomini delle ville e dei casali( corrispondenti agli antichi vici di romana memoria), che erano soggetti alla pieve a Elici: di Massa (oggi Massarosa), di Riscetulo (Ricetro), Luciano , Milliano ( Mi- gliano), Crescionatico, Exuspaticio, Montasciano ( Montigiano ), Spetio, Chonule (Conca), Orzale, Sclava (Stiava), Gabulare Sasseto. “Ecclesiae plebis cui vocabulum est Sant’ Ambrogi et san Johan Baptiste,
quod est plebem baptisimalem sita in loco et finibus Ilice.” Ibidem, doc. MDXXXIX, p. 422. 106
L. Pfanner, op. cit., pp. 97-112.
107
G. Lera, Rivista di archeologia, storia, economia e costume, dicembre 1974.
108P. Dinelli, op. cit., p 66 e V. del Bucchia, Storia di Massarosa e della Versilia sud,Massarosa 2008,
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suolo o dati alle fiamme, ma successivamente vennero riedificati e il vescovo di Lucca San Frediano, durante il suo mandato, fon- dò ben ventotto chiese battesimali, per darne uso e servizio alla sua diocesi109. La pieve di San Pantaleone risultava infatti una delle prime chiese battesimali della diocesi di Lucca, ottenendo così il diritto esclusivo di sepoltura dei morti in tutta la sua giuri-
109
A. Lugnani e E.Tomei Marrano, San Frediano e la pieve a Elici, Massarosa 1989, pp. 33-35. “ I Longo- bardi arsero chiese e monasteri e c’era bisogno di riedificarle. San Frediano, in ventotto anni di vescova- to, fondò 28 chiese battesimali dette pievi, per uso e servizio della sua diocesi. Ecco il catalogo di queste chiese battesimali, che ancora adesso serbano la tradizione ed il pregio di essere state alcune edificate, ed alcune restaurate da San Frediano. Nella città di Lucca sono le seguenti ( 1-2-3 ), e le chiese fuori città ( 4-28) :
1) La Pieve dei tre Leviti ,ora Basilica di San Frediano 2) Chiesa di San Giovanni Battista ( antica Pieve della città )
3) La Chiesa di San Martino, ora Metropolitana di tutta la diocesi lucchese 4) La Pieve di Lunata dedicata a San Giovanni Battista
5) La Pieve di Lammari, ora dedicata a San Giacomo Apostolo e a San Cristoforo 6) La Pieve di Segromigno, dedicata a San Lorenzo
7) La Pieve di Villa Basilica, dedicata a Santa Maria Assunta 8) La Pieve di San Gennaro
9) La Pieve di Compito
10) La Pieve di San Giovanni Battista di Camaiore 11) La Pieve di Diecimo, dedicata a Santa Maria assunta 12) La Pieve di Gallicano, dedicata a San Giovanni Battista 13) La Pieve di Controne, dedicata a San Giovanni Battista
14) La Pieve di Sesto a Moriano, ora dedicata a Santa Maria Assunta 15) La Pieve di Monsagrati, dedicata a san Giovanni Battista
16) La Pieve di Brancoli, dedicata a San Giorgio 17) La Pieve a Ilice, dedicata a San Pantaleone
18) La Pieve di Arliano dedicata a San Giovanni Battista
19) La Pieve di Santa Maria Assunta, ora Cattedrale di Pescia (Val di Nievole) 20) La Pieve di San Genesio di Vico Vallari, ora unita alla Cattedrale di San Miniato 21) La Pieve della Valle Arriana, ora diocesi di Pescia
22)La Pieve di San Pietro in Campo 23)La Pieve di Massa Buggianese
24)La Pieve di Monte Catino di Val di Nievole
25) La Pieve di Santa Maria in Monte, ora diocesi di San Miniato 26)La Pieve di San Giovanni Battista di Fosciana (Garfagnana) 27)La Pieve di San Giovanni Battista di Loppia (Barga)
28)La Pieve di San Giovanni Battista di Val di Castello, a Capezzano, detta di santa Felicita in Versilia , ora distretto di Pietrasanta.
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sdizione110. La prima menzione, e quindi anche la più antica memoria che abbiamo della nostra pieve, è quella contenuta nel documento dell’ 862 in cui si dice che il vescovo di Lucca Gere- mia allivellò ad Aliprando, figlio di Domniprando, una casa in lo- co ilice111. Ma, come dice il Nanni 112, di nessuna pieve abbiamo una carta di datazione o informazioni di qualsiasi genere che ci forniscano notizie certe circa la sua origine, ma l’istituzione della chiesa di San Pantaleone può essere inserita in questo periodo di ricostruzione attuato tra il V e il VI secolo113.
Durante l’XI secolo, molte delle chiese della Lucchesia subirono degli interventi di ricostruzione e anche la pieve a Elici non sfuggì a questa sorte. Di conseguenza, la chiesa, come ci appare oggi, non è quella citata nei documenti precedenti al Mille, ma il risul- tato di una serie di interventi che ebbero di volta in volta lo sco- po di ampliare e abbellire l’edificio114. Come detto la chiesa ha quindi conservato poco del suo aspetto primitivo: fino al XIII se- colo essa era un piccolo oratorio con quattro nude pareti, la cui pianta corrispondeva più o meno a quella della navata setten- trionale, che si trova a sinistra di chi entra, con l’ abside posta a Levante e con il tetto a capriate coperto di lavagna. L’ampliamento avvenne nel XIII secolo, quando cioè la pieve crebbe di importanza e il piviere comprendeva i villaggi di: San
110
A. Lugnani, op. cit., p. 33. Dal testo è possibile dedurre che se nelle 28 chiese elencate risulta la pieve a Elici , è sottointeso che possedeva il fonte battesimale, avendo così anche il diritto di sepoltura carat- teristica propria dell’essere una pieve con fonte battesimale.
111
D. Barsocchini, op. cit.,tomo II, doc. DCCLVIII, p. 456 e P.Dinelli, op. cit., p. 66.
112
L. Nanni, La parrocchia studiata nei documenti lucchesi nei secoli VIII e XIII, Roma 1948, pp. 95-105.
113 A. Lugnani, op. cit., p. 33. 114
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Jacopo di Massarosa, San Pietro a Montegravati, Santa Lucia a
Montigiano, Santa Maria a Stiava e San Giusto a Gualdo115.
L’angusta e originale chiesa fu ingrandita in larghezza e lunghez- za. Dei primi autori di tali modifiche non sappiamo niente, ma si- curamente venne ricercata una certa semplicità, associata ad una sobria solennità116.
-Pianta
La pieve ha forma basilicale, cioè a pianta longitudinale a tre na- vate e la parte absidale, rispetto a quella frontale, ha una minore ampiezza dando così l’illusione che la chiesa abbia una maggiore profondità rispetto alla realtà117.
-I muri perimetrali.
Nel fianco settentrionale sono facilmente visibili i tre momenti di rinnovamento che, come abbiamo già visto, corrispondono al cambiamento di gusto estetico e alle tecniche espressive di tre epoche diverse. La maggior parte del muro è costruito con conci di calcare irregolari disposti in un allineamento orizzontale. Suc- cessivamente troviamo una struttura più regolare di bozze ret- tangolari sempre con un allineamento orizzontale. Durante il se- condo momento di cambiamento, furono rialzati il tetto sia della
115
D. Barsocchini, op. cit., tomo II, doc. CMLXXX, p. 605.
116
P. Bacci, Per i compiuti restauri dell’ antica chiesa di Pieve a Elici nella Versilia, Versilia 1912, p.65.
117 A. Lugnani, op. cit., p.33 e L. Pfanner, op. cit., p. 97-112. Le misure odierne della chiesa sono:
20,05 metri di lunghezza interna ( escluso l’abside ) 11 metri di larghezza interna presso la facciata
10,25 metri presso l’ abside, con un evidente minore larghezza verso il coro, che contribuisce a dare un senso di maggiore profondità alla chiesa.
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navata centrale che quello delle due laterali e ciò è visibile dalle file di bozze più grandi e meglio squadrate. Sul lato nord, vi è la traccia di una porta con arco a tutto sesto che fu chiusa intorno al 1500118.
-Nel fianco meridionale troviamo la porta detta delle Palme, risa- lente al XIII secolo che serviva da ingresso in chiesa alla fine della
processione effettuata la Domenica delle Palme119. Il muro fu e-
dificato con bozze più piccole e rozze rispetto a quelle della fac- ciata, ma anch’esse disposte su filari regolari120.
-Struttura interna.
Per quanto riguarda la struttura interna, si nota immediatamen- te la sequenza di archi a tutto sesto impostati su pilastri in pietra calcarea a base quadrangolare con spigoli smussati, che dividono la chiesa in tre navate121. La navata di sinistra è la parte più anti- ca e qui in alto dalla parte dell’ingresso, troviamo un’apertura che una volta metteva in comunicazione l’interno della chiesa con l’esterno. Vi si accedeva con delle scale piccole e strette. Sempre nella navata sinistra vediamo un’antica monofora a forte strombatura, forse appartenente al corpo primitivo. Andando verso l’altare troviamo una porta oggi murata dalla quale entra-
va il clero e che dava sulla corte del pievano122. Questa però ha
una strana posizione, infatti, si trova rialzata rispetto al piano at-
118
M. Gavioli Andres e L. Luisi Galleni, Pievi romaniche della Versilia. Itinerari storico artistici, Viareggio - Versilia 1988 , p. 25.
119
A. Lugnani, op. cit., p. 33.
120
M.P. Gavioli Andres e L. Luisi Galleni, op. cit.,. p. 27
121 C. Taddei, Lucca tra l’XI e il XII secolo: territorio, architettura, città, Parma 2005, pp. 400-417. 122
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tuale del presbiterio. Purtroppo non abbiamo una tesi certa che ci aiuti a darne una spiegazione, ma solo due ipotesi, formulate da Aquilio Lugnani, che devono ancora trovare una sicura con- ferma: la prima dice che: “*…+la presenza di un gradino d’accesso per il dislivello fra il piano della sagrestia e quello della chiesa, è dovuto alla pendenza del terreno.” La seconda afferma invece che: “[…]il pavimento del tempio sembra si trovasse per poco al di sotto della soglia d’ingresso*…+”123.
Nella navata destra notiamo delle monofore situate a diverse al- tezze con lo scopo di distribuire la luce in modo uniforme e nello stesso tempo, essendo piccole, di far passare il minor freddo possibile124.
-L’abside.
L’ abside si trova sul fronte orientale ed è possibile dividerla in due parti distinte che sono il risultato di due interventi effettuati a due secoli di distanza. Il primo avvenne quando il tempio fu portato all’attuale grandezza e alla suddivisione in tre navate125. Qui possiamo vedere come la tecnica muraria non avesse ancora raggiunto la perfezione dell’antico opus quadratum, ed è co- struita quindi con piccole bozze rettangolari regolarmente di- sposte in pile orizzontali. Questa parte è riferibile all’XI secolo. Le tre monofore presenti hanno lo scopo di illuminare tenuamente
123
A. Lugnani, op. cit., p. 34.
124 M. P. Gavioli Andres e L. Luisi Galleni, op. cit., p. 25. 125
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l’interno per creare quell’atmosfera crepuscolare più adatta al raccoglimento spirituale.
Il secondo intervento avvenne quando l’abside originaria fu ri- costruita con la tecnica ispirata all’opus quadratum. La parte è quindi formata da bozze più vistose e meglio squadrate e quindi databili al XIII secolo. Bisogna invece escludere un piccolo rial- zamento del tetto realizzato nel XVIII secolo che andò probabil-
mente a sostituire quello medioevale126.
Di ulteriori modifiche fu committente il pievano Minutoli di cui si parlerà più avanti127.
- La trabeazione.
Nel passato, e soprattutto nel Romanico, era molto comune l’utilizzo del tetto a capriate per la costruzione di chiese, tecnica caratterizzata da una certa semplicità. Nella pieve a Elici le ca- priate della navata centrale e l’ intelaiatura di base di travi e tra- vicelli di quella meridionale sono ancora del tetto del XIII seco- lo128. Nella struttura dei pilastri e delle pareti poggianti sulle ar- cate, si ritrova l’ uso di conci regolari. La volta a catino dell’interno ha una struttura semicircolare e non è noto se origi- nariamente fosse affrescata.
-La facciata.
126
P. Bacci, op. cit., pp. 66-71.
127 A. Lugnani, op. cit., p. 34. 128
44
Quella che oggi ammiriamo risale alla fine del XII secolo quando fu verosimilmente attuata la seconda grande ristrutturazione. In- fatti, il tessuto della muratura è il racconto dell’ evoluzione stori- ca e architettonica dell’edificio, narrato attraverso le diverse po- se delle pietre che testimoniano epoche diverse129. La tecnica muraria utilizzata è quella di derivazione romana, l’opus quadra- tum. A causa della mancanza di documenti non sappiamo però se questa facciata fu innalzata sulle fondamenta della preceden- te, andandone a sostituire la vecchia parete, oppure se essa an- dò a prendere il posto di quella già presente ritenuta pericolante o forse si volevano soddisfare alcune esigenze estetiche prove- nienti da quel risveglio artistico che dopo il Mille aveva imper- versato in tutta l’Italia.
Possiamo dividerla in due settori: quello inferiore che, “*…+poggiato su una semplice zoccolatura basamentale in ogget- to, forma con il primo lato del tratto di mezzogiorno un modello di perfezione messo in risalto dalle due porte, sprovviste di fregi tranne che nelle mensole di sostegno dei loro architravi e delle soprastanti lunette e quello superiore, dove troviamo una bifora
posizionata centralmente coronata dai timpani rialzati“130. La lu-
netta del portale centrale è conservata nella forma originale. In- torno vi rimangono le tracce di un antico tettuccio di un protiro con tre buche per i travicelli che lo sostenevano131.
129
A. Lugnani, Massarosa e dintorni, Massarosa 1980, pp. 55-56.
130 G. Lera, op. cit., Dicembre 1974. 131
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-Nel 1547 risultava terminata la costruzione del portico davanti alla facciata, struttura che risultava ancora esistente nel 1802, ma che successivamente venne sostituita dalla tettoia sopra la porta maggiore132.
-Il Campanile.
Nel IX secolo fu costruito un castello vicino alla chiesa per pro- teggere la borgata sottostante dalle scorrerie dei pirati. Sembra che la torre campanaria della chiesa in origine appartenesse al castello, con uno scopo esclusivamente difensivo. Era infatti consuetudine che alcuni campanili di antiche chiese fossero del- le torri di segnalazione o di difesa di castelli e fortilizi, che intor- no al IX secolo erano sorti numerosi con lo scopo di proteggere e tutelare i signori dalle incursioni dei barbari. Quindi probabil- mente anche questo campanile ebbe per tre secoli la funzione di torre di guardia o di segnalazione finché non fu trasformata in torre campanaria, quando venne innalzato e corredato di bifore, di cella campanaria e di quattro merli guelfi posti agli angoli della
sommità133. E’ costruito con una tecnica che mostra bozze di cal-
care sempre regolari e con una struttura angolare formata inve- ce da bozze più grandi134. Le aperture oggi visibili si trovano sot- to la cella campanaria e sono: un finestrone arcuato, un’ampia bifora con archetti in bozze ben levigate e snelle colonnine con
132
A .A. L .sin, n° 15,c 155r ; A.A.L. visite pastorali n°46, c 770 anno 1660 e A.A.L. visite pastorali n° 186 , c 242.
133 V. Verole, Alla scoperta della Garfagnana, Vergemoli 1997, p. 42. 134
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capitello a stampella e una feritoia (tutti di epoche diverse). Sul fianco orientale possiamo invece notare una finestrella, un fine- strone, un altro finestrone che sostituisce la bifora uguale a quella del lato meridionale135. Durante il 1920 furono messe in opera le diverse catene che aggrappano l’ edificio al fine di ga- rantirne la stabilità che, a causa di numerosi terremoti era stata compromessa. Nonostante le modifiche che durante i secoli la torre ha subito, in genere rimangono visibili le caratteristiche proprie di una costruzione militare.
-Il sagrato.
Una volta questo era il luogo dedicato alla sepoltura dei defunti fino a quando, con l’editto napoleonico di Saint Cloud emanato il 12 giugno 1804 e promulgato in Italia il 5 settembre 1806, fu vietato l’uso di seppellire i morti davanti o a fianco delle chiese. Davanti alla facciata troviamo tre pozzi funebri chiusi da tre bo- tole: quella a nord era destinato ai bambini, quello al centro agli uomini e quello a sud alle donne136.
A partire dalla seconda metà del XV secolo la chiesa subì delle trasformazioni che la privarono di alcune parti caratteristiche e più importanti. Lavori di restauro eseguiti durante gli anni del XX secolo hanno tolto le aggiunte apportate nel corso dei secoli, ri-
135
A. Lugnani, op. cit, p. 34 , M. Gavioli Andres e L. Luisi Galleni, op. cit., p.26, L. Pfanner, La pieve a Elici, Lucca 1962, p.45
136
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portando la chiesa al suo carattere originario per quanto possa essere stato possibile137.
Le alterazioni che la chiesa subì dal XV al XVIII secolo, ebbero ini- zio proprio nel 1470 con il pievano Spinetta de’ Nobili, quando venne eliminata la primitiva mensa e sistemato sul nuovo altare il monumentale polittico di marmo (pagina 50)138. Successiva- mente nel 1709 l’ arcivescovo di Lucca affidò ad Antonio Girola- mo Minutoli l’ incarico di pievano per la chiesa di Pieve a Elici. Egli ritenendola di aspetto povero, disadorno, austero e spoglio,
decise di far compiere dei lavori che ne cambiarono l’ aspetto139.
Gli interventi principali furono: gli spigoli dei pilastri di sostegno alle otto arcate furono smussati e ricoperti di calce, facendoli co- sì somigliare a finte colonne di marmo. Un soffitto incannicciato a volta fu imbastito sotto la trabeazione di ogni navata, tranne che nella navatella di Nord, dove fu ricavata una stanza per la stagionatura delle olive. Una cantoria di legno venne costruita sulla parte interna della parete di ponente sopra il portale cen- trale, installandovi un organo. Per questa realizzazione venne chiusa una bifora con calce e pietre. Tutte le pareti interne, e quindi anche quella dell’abside, furono ricoperte con uno strato