2.5. Orvieto
2.8.1. Le preesistenze: dall'Eneolitico all'età del Bronzo Recente
L'area in cui si svilupperanno l'abitato e le necropoli del centro etrusco ha restituito alcune evidenze particolarmente interessanti che documentano l'inizio della frequentazione del sito in un'epoca molto antica.
In particolare, il settore occidentale del c.d. Piano di Castello o Acropoli - terrazzo sommitale dell'altura di Volterra - è interessato da una lunghissima occupazione a carattere verosimilmente abitativo che esordisce nell'Eneolitico e prosegue senza soluzione di
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continuità fino alle soglie dell'Orientalizzante medio, vale a dire fino all'installazione del principale santuario urbano che resta in uso per tutto il periodo etrusco e romano (dalla metà del VII sec. a.C. al III sec. d.C.). Per quanto riguarda le fasi precedenti all'età del Bronzo Finale, un cospicuo lotto di frammenti ceramici dell'Eneolitico, dell'età del Bronzo Antico, Medio e Recente è stato recuperato a più riprese in giacitura secondaria nelle stratigrafie etrusche e romane di varie zone del santuario: nella terra di riempimento dei podii dei due templi ellenistici ("Tempio A" e "Tempio B"), nei piani di calpestio che insistono direttamente sul banco roccioso e, soprattutto, nella terra di riempimento di una grossa faglia naturale della roccia che fu colmata per la messa in opera del più antico temenos dell'area sacra rimasto poi inglobato sotto al podio del "Tempio A"335.
All'Eneolitico è ascrivibile, inoltre, una sepoltura collettiva in grotticella appartenente alla c.d. facies di Rinaldone e rinvenuta sulla piccola collina ubicata immediatamente a N-W dell'altura di Volterra, nell'area del futuro sepolcreto villanoviano di Montebradoni: la tomba, che ha restituito un ricco corredo composto da manufatti litici, vasellame ceramico e, soprattutto, da oggetti metallici, rappresenta un'attestazione di grande importanza tra quelle eneolitiche dell'Italia centrale336.
Secondo M. Bonamici, le tracce di abitato sull'Acropoli e la sepoltura sul poggio adiacente al rilievo della futura città attesterebbero l'esistenza di un piccolo "insediamento su altura" tra l'Eneolitico e l'età del Bronzo Recente, che rappresenterebbe la prima tappa del lungo processo formativo di Volterra. Già in questo periodo sembra configurarsi in nuce l'articolazione tipica degli insediamenti della Prima età del Ferro, con l'abitato ubicato sul rilievo della futura città etrusca e le sepolture nei dintorni della rupe. Significativa è soprattutto la precoce occupazione del piccolo terrazzo sommitale dell'altura - una sorta di "rupe nella rupe" di 5 ha circa - che dall'Eneolitico prosegue ininterrottamente fino all'età storica, giocando un ruolo importante nelle dinamiche di strutturazione dell'insediamento volterrano: considerando la posizione arroccata nel punto più alto della collina, esposta a S-W e strategica per il controllo (anche visivo) delle valli fluviali del Cecina e dell'Era, della costa e di un vasto territorio circostante ricco di risorse minerarie, è stata avanzata l'ipotesi che l'abitato dell'Acropoli avesse svolto fin da questa fase più antica (Eneolitico- età del Bronzo Recente) la funzione di "central place", ovvero di centro egemone e di polo di attrazione del popolamento rispetto agli altri siti noti nelle vicinanze e che, in virtù della peculiare conformazione orografica e collocazione topografica, si sarebbe sottratto al processo di spopolamento caratteristico delle fasi avanzate dell'età del Bronzo; esso potrebbe aver rappresentato, inoltre, il nucleo generatore da cui sarebbe partito nella fase successiva (età del Bronzo Finale-Prima età del Ferro) l'ampliamento dell'insediamento con la progressiva occupazione dell'ampio pianoro sottostante all'Acropoli; il sito si
335
I frammenti ceramici dell'Eneolitico, dell'età del Bronzo Antico, Medio e Recente sono stati rinvenuti negli scavi del santuario dell'Acropoli (o di Piano del Castello) condotti dall'Università di Pisa a partire dal 1987 e tuttora in corso (Bonamici - Pistolesi 1997; Bonamici 2003b, pp. 517-520; Bonamici - Pistolesi 2003b, pp. 174-183; Cateni 2007; Bonamici 2009, soprattutto pp. 240-247; Acconcia 2012, p. 152).
336
La tomba eneolitica fu individuata nel maggio 1897 durante l'estrazione di pietra da costruzione sul versante settentrionale dello sperone di Montebradoni, nella zona di "Poggiarone" (Cocchi Genick - Grifoni Cremonesi 1989, pp. 32-ss., fig. 14A; Cateni 2007; Rosselli - Tinè 2007; Bonamici 2009, p. 228).
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sarebbe caricato di valenze ideologiche e il suo riconoscimento come fulcro originario del processo formativo della città e come luogo di autoidentificazione simbolica della comunità sarebbe stato sancito dalla sacralizzazione dell'area e dall'installazione del santuario poliadico già nell'Orientalizzante medio337.
Sempre più numerosi sono i contesti d'Etruria nei quali la frequentazione continuativa del pianoro/sito della futura città inizia già nell'età del Bronzo Finale, nella forma di un piccolo abitato su altura ubicato su una propaggine naturalmente munita oppure nella forma di una più estesa occupazione dell'intera unità orografica. La peculiarità del caso volterrano consiste nell'esistenza di un nucleo abitativo nel punto più elevato del rilievo che appare frequentato ininterrottamente da un momento molto più antico (dall'Eneolitico), che può essere riconosciuto come il motore dell'espansione sull'intero pianoro e che diviene parte integrante dell'abitato "protourbano" e poi "urbano". Allo stato attuale delle conoscenze, tale precocità trova riscontro in Etruria solo nel caso ben documentato di Tarquinia, dove cospicui affioramenti di superficie dimostrano che la piccola propaggine della Castellina è occupata ininterrottamente dall'età del Bronzo Antico fino all'epoca storica, rientrando appieno nello sviluppo dell'abitato esteso sull'intero sistema orografico della Civita. Secondo M. Bonamici, in virtù della loro antichissima occupazione, Volterra e Tarquinia potrebbero aver svolto un ruolo egemone (come "città primigenie") agli esordi del processo di formazione urbana, rispettivamente per il comparto settentrionale e meridionale dell'Etruria338.
2.8.2. L'ETÀ DEL BRONZO FINALE (tavv. LVIII, LIX e LXII)
Esaminando i dati disponibili per le fasi specificamente analizzate nel presente studio, la ricostruzione delle dinamiche di strutturazione dell'insediamento di Volterra tra l'età del Bronzo Finale e la Prima età del Ferro risente di pesanti lacune documentarie relativamente all'abitato, dovute, in primo luogo, all'impossibilità di condurre ricognizioni sistematiche sul pianoro a causa della sovrapposizione dell'attuale centro urbano e, in secondo luogo, al recupero occasionale o al rinvenimento negli scavi di soli materiali mobili - per lo più frammenti ceramici in giacitura secondaria nelle stratigrafie più recenti - e all'assenza di tracce riferibili a strutture (l'unica parziale eccezione è rappresentata dal contesto del PF individuato in giacitura primaria presso la Porta San Felice, ma indagato solo con un breve saggio di ridotta estensione); viceversa, ci si può basare su una conoscenza più ampia delle aree funerarie, scaturita dalle esplorazioni e dai recuperi fortuiti effettuati soprattutto nel XIX sec.
Nella fase iniziale dell'età del Bronzo Finale (BF1-2) non si registrano sostanziali cambiamenti rispetto al precedente assetto insediativo: il settore occidentale del Piano di
337
Bonamici 2009, pp. 235-240.
338
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Castello (o Acropoli) [166] continua ad essere anche in questo periodo l'unica area abitata dell'altura di Volterra, come attestano i frammenti ceramici rinvenuti nei recenti scavi del santuario etrusco e romano, nelle medesime zone e condizioni di giacitura secondaria già illustrate per le fasi più antiche. Del tutto assenti per il BF1-2 sono, invece, le evidenze archeologiche riferibili a contesti funerari.
Nella fase avanzata dell'età del Bronzo Finale (BF3) sembra avvenire un notevole salto di qualità nell'organizzazione insediativa dell'area che si coglie, ancora una volta, soprattutto dalla distribuzione delle esigue attestazioni di carattere abitativo, rappresentate da alcuni nuclei di frammenti ceramici rinvenuti in giacitura secondaria nelle stratigrafie più recenti oppure frutto di rinvenimenti occasionali di superficie.
In particolare, i numerosi frammenti ceramici del BF3 rinvenuti nei depositi stratigrafici del santuario etrusco dell'Acropoli, in giacitura unitaria con gli altri materiali databili tra l'Eneolitico e l'inizio dell'Orientalizzante medio, attestano l'ininterrotta continuità di frequentazione abitativa dell'area nord-occidentale del Piano di Castello [166]. Altre due aree di rinvenimento di materiali ceramici del BF3 riferibili a contesti d'abitato documentano, invece, l'occupazione di nuove zone del rilievo dislocate rispettivamente ai margini settentrionale e sud-orientale del terrazzo immediatamente sottostante all'Acropoli, ma poca distanza da quest'ultima (a 200-300 m circa in linea d'aria): in particolare, un piccolo nucleo di frammenti ceramici è stato rinvenuto in giacitura secondaria nell'area centro-settentrionale del colle durante lo scavo del Teatro romano di Vallebuona [169], in uno scarico di materiali del riempimento della summa cavea, ed è ipotizzabile che sia precipitato dall'estremità settentrionale del pianoro soprastante al Teatro; un altro piccolo nucleo di frammenti ceramici riferibili al BF3, frutto di un rinvenimento occasionale di superficie, è stato individuato in giacitura secondaria in uno scarico di materiali su un terrazzo ubicato a mezza costa del versante sud-orientale della rupe di Volterra [170], a S del Piano di Castello e poco a N-W della necropoli villanoviana delle Ripaie, in prossimità di una sorgente e di un breve corso d'acqua (il Botro) e in posizione dominante sulla valle del Cecina.
Secondo la sopraccitata ricostruzione di M. Bonamici, che si basa sui risultati delle indagini più recenti e su un importante studio di G. Cateni e A. Maggiani, il BF3 rappresenterebbe una tappa decisiva nel processo formativo dell'insediamento di Volterra, dal momento che si passerebbe dal piccolo abitato arroccato sul terrazzo sommitale del rilievo ad un sistema più complesso esteso anche su una piccola porzione del pianoro sottostante all'Acropoli, in particolare nelle aree ad essa più prossime concentrate nel settore sud-orientale della collina. Tale processo è stato interpretato, al pari del caso meglio conosciuto della Castellina-Civita di Tarquinia, come la prima "irradiazione del popolamento" e come una "emanazione" da parte del nucleo preesistente dell'Acropoli e
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corrisponderebbe all'inizio della strutturazione di un aggregato "multifocale" a carattere unitario che si sarebbe, poi, consolidato nel corso della Prima età del Ferro339.
Un aspetto che caratterizza l'evoluzione dell'abitato di Volterra a partire da questo periodo e per tutte le successive fasi protostoriche e storiche consiste nel fatto che non si registra fin dall'inizio un'occupazione, seppur rada, dell'intera superficie disponibile del rilievo, ma solo attraverso una lunga e complessa sequenza di ampliamenti e restringimenti dei limiti dell'abitato si arriva in età ellenistica alla completa occupazione dei vari terrazzi, come attesta il perimetro del circuito murario ellenistico.
Ulteriore peculiarità locale è che Volterra, a differenza di molte altre realtà d'Etruria, appare nell'età del Bronzo Finale isolata al centro di un grande vuoto, dal momento che il territorio circostante risulta del tutto spopolato per un ampio raggio chilometrico.
2.8.3. LA FASE INIZIALE DELLA PRIMA ETÀ DEL FERRO (tavv. LX e LXII)
I dati attualmente disponibili suggeriscono che il passaggio tra la fase finale dell'età del Bronzo Finale (BF3) e quella iniziale della Prima età del Ferro (PFI) sia avvenuto senza evidenti soluzioni di continuità nelle dinamiche di occupazione dell'area della futura città; cambiamenti più sensibili si avvertono, invece, nella fase avanzata della Prima età del Ferro (PFII).
La continuità tra il BF3 e il PFI si evince, soprattutto, dalle attestazioni di carattere abitativo che si concentrano ancora nel solo settore sud-orientale dell'altura, sia sul terrazzo sommitale che su quello immediatamente sottostante: l'area del Teatro romano di Vallebuona [169] e quella del santuario dell'Acropoli [166] sono, infatti, frequentate anche nel corso del PFI, come provano i nuclei di materiali ceramici rinvenuti in giacitura secondaria nelle stratigrafie più recenti. Meno chiara appare la situazione dell'area ubicata a mezza costa del versante sud-orientale della rupe [170], poco a N-W della necropoli delle Ripaie: nel lotto di materiali ceramici recuperati occasionalmente in superficie e riferibili ad un contesto d'abitato oltre ai frammenti ascrivibili al BF3, ve ne sono alcuni di più difficile inquadramento, la cui attribuzione oscillerebbe tra il BF3 e il PFI e che potrebbero suggerire l'uso abitativo dell'area anche all'inizio della Prima età del Ferro340.
Un ampio dibattito, tuttora aperto, si è sviluppato a proposito dell'inquadramento cronologico dell'impianto della necropoli delle Ripaie [163], situata nella parte bassa del versante sud-orientale della collina di Volterra e a pochissima distanza dalla suddetta area d'abitato individuata lungo il medesimo versante. Il dato su cui concordano gli studi finora condotti è che il sepolcreto è sicuramente in uso fin dal momento più antico del PFI. Opinioni discordanti sono state, invece, formulate a proposito della cronologia di alcuni
339
Cateni - Maggiani 1997, pp. 43-52; Bonamici 2003b, p. 520; Maggiani 2007, pp. 48-50; Maggiani 2010, pp. 36-39; Bonamici 2009, pp. 233, 239.
340
Per le varie ipotesi interpretative: Cateni 1997, pp. 159-160; Cateni - Maggiani 1997, pp. 44-48, 52; Bonamici 2009, p. 235; Rosselli 2009, p. 300.
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materiali - un cinerario biconico sporadico e un altro proveniente dalla tomba G - resi noti da G. Cateni nel 1997, i quali includono nella sintassi decorativa sia elementi tipici del BF3 che del PFI. Lo studioso ritiene che "essi occupino una posizione borderline: infatti la loro esuberante ornamentazione presenta, su un impianto decorativo canonicamente villanoviano (con tutti gli elementi tipici sia sul piano formale che sostanziale di questa fase), innestati con assoluta naturalezza elementi caratteristici del Bronzo Finale" e li attribuisce al PFI, riconoscendovi la tendenza a "conservare elementi del Bronzo Finale, inseriti ed elaborati in una realtà ben codificata"341. A fronte di coloro che hanno ribadito la validità dell'attribuzione al PFI riconducendo i motivi decorativi del Bronzo Finale ad una forma di arcaismo e di persistenza di specifici stilemi ornamentali, altri studiosi tendono piuttosto a riferire i due cinerari, e dunque l'impianto della necropoli, alla fase avanzata dell'età del Bronzo Finale o al momento di passaggio tra l'età del Bronzo Finale e la Prima età del Ferro; in entrambi i casi (fenomeno di conservatorismo culturale o impianto del sepolcreto nel BF) si tratterebbe di un ulteriore elemento a sostegno della continuità insediativa tra il BF3 e il PFI342.
Tra le aree sepolcrali note per il PF, la necropoli delle Ripaie è l'unica ad essere già utilizzata nel PFI, mentre tutte le altre sono impiantate solo nel corso del PFII. La sua posizione alla base sud-orientale della rupe ben si accorda con la configurazione dell'abitato di Volterra che nel PFI risulta ancora poco esteso e si concentra solo nelle aree più elevate del rilievo, poste proprio nel settore sud-orientale dell'altura e in posizione sovrastante rispetto al sepolcreto.
Quanto all'entità della documentazione disponibile, la necropoli delle Ripaie è una delle poche ad essere stata scoperta di recente: pur trattandosi della più estesa area funeraria del PF, essa è stata indagata e documentata in condizioni di emergenza, e non in maniera sistematica e completa, con una breve campagna di scavo nel 1969-1970, durante i lavori per la costruzione dello Stadio Comunale; in quella occasione furono individuati almeno una sessantina di contesti tombali integri (di cui 36 della Prima età del Ferro) e una notevole quantità di reperti sporadici, ceramici e metallici, che attestano la continuità d'uso della necropoli dal momento più antico della Prima età del Ferro fino alla fine dell'Orientalizzante e, dopo una lunga interruzione, la sua ripresa in età ellenistica e romana; benché nel corso del tempo ne siano stati studiati e pubblicati numerosi contesti e materiali, la necropoli risulta ad oggi solo parzialmente edita. Al PFI si riferisce il più consistente gruppo di sepolture della Prima età del Ferro (almeno 21 tombe a incinerazione in pozzetto), che risultano fittamente distribuite nel settore orientale della necropoli, in un'area che non sembra più utilizzata dopo la fine del PF; ad esse si aggiungono per il PFI anche numerosi materiali sporadici, sia ceramici (ossuari, ciotole-coperchio e fuseruole)
341
Cateni 1997, pp. 181-185; Cateni - Maggiani 1997, pp. 49-52.
342
Per una sintesi del dibattito attuale: Delpino 2009. L'impianto del sepolcreto nel momento iniziale del PFI è sostenuto, oltre che da G. Cateni, anche da: Maggiani 2007, p. 49; Delpino 2009, pp. 54-56; Maggiani 2010, p. 37 e fig. 3; Acconcia 2012, p. 152. Per l'impianto del sepolcreto nella fase avanzata dell'età del Bronzo Finale: Zanini in Bietti Sestieri et alii 2001, p. 122; Rosselli 2007. Per l'impianto del sepolcreto nel momento di passaggio tra l'età del Bronzo Finale e la Prima età del Ferro: Bietti Sestieri in Bietti Sestieri et
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che metallici (fibule). L'uso del sepolcreto prosegue anche nel corso del PFII, quando il numero di tombe tende progressivamente a diminuire, forse in relazione ad alcuni cambiamenti nella configurazione insediativa dell'area.
2.8.4. LA FASE AVANZATA DELLA PRIMA ETÀ DEL FERRO (tavv. LXI-LXII)
Pur con le dovute cautele legate all'esiguità e all'entità delle evidenze note per il periodo protostorico, dalla disamina finora compiuta si evince che tra il BF3 e il PFI l'abitato si concentra soltanto nell'area sud-orientale dell'altura di Volterra e che ad esso corrisponde l'uso di un'unica necropoli, quella delle Ripaie, posta nell'area immediatamente sottostante alla parte abitata della rupe. Nella fase avanzata della Prima età del Ferro (PFII) si registrano alcuni cambiamenti che sembrano attestare il progressivo ampliamento dell'insediamento, sia attraverso la probabile espansione dell'abitato verso settori del rilievo precedentemente inoccupati sia con l'impianto di nuovi nuclei sepolcrali in altre aree circostanti all'abitato.
Secondo gli studi più recenti, con il passaggio dal PFI al PFII l'area dell'abitato si amplierebbe notevolmente in direzione nord-occidentale, verso zone sempre più distanti rispetto al nucleo originario dell'Acropoli (o Piano di Castello), e arriverebbe ad occupare - seppur in maniera "multifocale" e discontinua - quasi tutta la superficie del pianoro, con l'esclusione dell'estrema punta nord-occidentale e dei due lobi protesi verso N e verso N-E. Tale fenomeno è limitatamente leggibile dalla distribuzione delle esigue tracce d'abitato attualmente note, ma trova conferma in alcune osservazioni di carattere topografico basate sulla distribuzione dei coevi sepolcreti343.
I nuclei di materiali ceramici di tipo abitativo rinvenuti in giacitura secondaria nelle stratigrafie più recenti documentano, anche per il PFII, la continuità di frequentazione dell'area del futuro santuario dell'Acropoli - al limite occidentale del terrazzo sommitale - [166] e di quella del Teatro romano di Vallebuona - all'estremità settentrionale del terrazzo immediatamente sottostante all'Acropoli - [169]. A tali aree di rinvenimento già attestate dalle fasi precedenti, se ne aggiunge un'altra nei pressi della Porta San Felice e dell'omonima Fonte medievale [168] che attesta l'occupazione di un nuovo settore del rilievo, dislocato un po' più ad W, presso il margine sud-occidentale del terrazzo principale: un breve saggio effettuato durante lavori di arredo urbano del pendio antistante, in una situazione compromessa dall'intervento dei mezzi meccanici, ha permesso di individuare le tracce di un focolare e un consistente gruppo di frammenti ceramici, riferibili verosimilmente ad uno stanziamento e cronologicamente inquadrabili tra un momento avanzato-finale del PFI e il PFII.
L'ampliamento dell'abitato verso la porzione nord-occidentale del pianoro sembrerebbe indirettamente suggerito anche dai cambiamenti che si registrano a livello
343
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funerario nel PFII. Se l'unica necropoli attestata nel PFI era quella delle Ripaie [163], ubicata alla base sud-orientale della collina di Volterra ovvero in prossimità dell'unica area del rilievo abitata in quel periodo, con il passaggio al PFII si registra l'impianto di nuove necropoli che si aggiungono a quella preesistente delle Ripaie e che occupano nuove zone. Osservando la distribuzione topografica dei sepolcreti attestati per il PFII, essi si concentrano in due settori posti subito a S-E (aree funerarie delle Ripaie e di Poggio alle Croci [167]) e a N-W (aree funerarie di Piano della Guerruccia [165], di Badia [162] e di Montebradoni [164]) dell'area verosimilmente destinata ad uso abitativo. L'occupazione di nuovi spazi funerari dislocati non solo nell'area sud-orientale, come già nel PFI, ma anche in quella nord-occidentale potrebbe confermare l'espansione dell'abitato in quest'ultima direzione, ad inglobare nuovi spazi pianeggianti da utilizzare a scopo residenziale o da destinare ad attività agricole e di sussistenza, e potrebbe suggerire la funzione delle necropoli di delimitarlo alle due estremità; il moltiplicarsi dei sepolcreti rispetto al PFI è stata, inoltre, letta come possibile indizio di una segmentazione del corpo sociale344.
I nuclei sepolcrali del PFII occupano posizioni diversificate rispetto all'altura di Volterra: quello delle Ripaie, già in uso dalla fase precedente, si pone alle sue pendici sud-orientali; quello di Poggio alle Croci si sviluppa su un poggio posto subito ad E della collina principale, ma ad essa collegato da una sella; similmente, quelli di Badia e Montebradoni - molto vicini tra loro - sorgono entrambi sullo stesso poggio ubicato a N-W del rilievo di Volterra e ad esso collegato da una sella; il sepolcreto di Piano della Guerruccia è l'unico