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Corte Cost., 23 luglio 2013, n. 229: dichiarazione di illegittimità

costituzionale dell’art. 4, commi 1, 2, 3, 3-sexies ed 8, dell’art. 4 del D. L. n. 95/2012 (c.d. «Spending Review»), concernenti la liquidazione e privatizzazione di società pubbliche, nella parte in cui si applicano alla Regioni.

Corte Cost. 24 luglio 2013, n. 236: dichiarazione di illegittimità

costituzionale dell’art. 9, comma 4, del decreto Spending Review, che prevede la soppressione ope legis di tutti gli enti strumentali di natura non societaria degli enti locali, qualora non diano attuazione al precetto normativo contenuto nell’art. 9 dello stesso decreto.

PREMESSA COMUNE AD ENTRAMBE LE SENTENZE

• L’ambito soggettivo di applicazione degli artt. 4 e 9 del decreto

Spending Review riguarda le c.d. società strumentali, ovvero, come precedentemente ricordato, «le società che producono beni e servizi a

favore della P.A. e che sono regolamentati generalmente attraverso un contratto di appalto o di fornitura», mentre la disciplina prevista dai

suddetti articoli «non si applica alle società che erogano servizi di

interesse generale, tra le quali rientrano le società che gestiscono

servizi locali a rilevanza economica», la cui erogazione è rivolta, invece, al pubblico (cfr. Corte dei Conti Lazio, 10 luglio 2013, n. 143).

SENT. CORTE COST. N. 229/2013

• Nello specifico, con la sent. n. 229/2013 la Corte Cost. analizza i commi 1, 2, 3, 3-sexies ed 8 dell’art. 4 del D. L. n. 95/2012, i quali prevedono per le P.A. di cui all’art. 1, comma 2, del D. Lgs. n. 165/2001, fra cui rientrano anche le Regioni, forti limitazioni organizzative, fra cui:

l’obbligo di sciogliere le società strumentali dalle stesse controllate (che hanno conseguito nel 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore delle P.A. superiore al 90% dell’intero fatturato) entro il 31 dicembre 2013, oppure di alienare, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, le partecipazioni detenute nelle suddette società (art. 4, comma 1);

in violazione di quanto sopra illustrato, il divieto per le suddette società di ricevere affidamenti diretti di servizi e di rinnovare quelli di cui sono già titolari (art. 4, comma 2)

SENT. CORTE COST. N. 229/2013

in caso di impossibile ricorso al mercato, in deroga alla disciplina dettata dai

commi precedenti, l’obbligo di predisporre un’analisi del mercato ed una relazione contenente le risultanze delle suddetta verifica all’AGCM per l’acquisizione del parere vincolante, che l’Autorità emetterà nel termine di 60 giorni dalla ricezione della richiesta (art. 4, comma 3);

facoltà per le P.A. di predisporre dei piani di ristrutturazione e

razionalizzazione delle società controllate onde individuare le attività connesse esclusivamente all’esercizio di funzioni amministrative di cui all’art. 188 Cost., che possono essere riorganizzate/accorpate attraverso società che rispondono ai requisiti comunitari in house (art. 4, comma 3-sexies);

possibilità di affidamento diretto solo a favore di società a capitale interamente pubblico, nel rispetto dei principi comunitari in materia in house, fatta salva l’acquisizione in via diretta di beni e servizi con valore pari o inferiore a 200.000 euro in favore di enti di volontariato, associazioni di promozione sociale, associazioni sportive dilettantistiche ecc. ecc. (art. 4, comma 8).

SENT. CORTE COST. N. 229/2013

• La Corte Cost., nei riguardi delle critiche mosse alla disciplina illustrata, - a detta dei ricorrenti preclusiva per le Regioni, titolari di competenza legislativa e primaria in materia di organizzazione, della possibilità di scegliere una delle possibili modalità di svolgimento dei servizi strumentali alla proprie finalità istituzionali – afferma che:

le disposizioni statali in tema di coordinamento della finanza pubblica, fra cui rientrano certamente quelle oggetto di censura, possono incidere su una materia di competenza della Regione, come l’organizzazione ed il funzionamento dell’amministrazione regionale;

la soccombenza della competenza regionale in nome dei principi di coordinamento della finanza pubblica, è ammessa solo se i limiti di spesa imposti siano correlati da obiettivi di riequilibrio della medesima e se non sono previsti in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi.

SENT. CORTE COST. N. 229/2013

• Nel caso di specie, la Corte ritiene che i commi 1, 2, 3, 3-sexies ed 8 dell’art. 4 del decreto Spending Review dettino una disciplina puntuale e dettagliata, tale da vincolare totalmente le scelte delle Regioni, con conseguente lesione dell’autonomia organizzativa delle stesse.

• Viene pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale dei commi da ultimo citati dell’art. 4 del decreto Spending Review, nella parte in cui si riferiscono anche alle Regioni, ferma la loro applicazione nei confronti delle altre pubbliche amministrazioni quali elencate all’art. 1, comma 2, del D. Lgs. n. 165/2001.

SENT. CORTE COST. N. 236/2013

• La Corte dichiara costituzionalmente illegittimo il comma 4 dell’art. 9 del decreto Spending Review, in totale disaccordo con la disciplina dettata dai commi precedenti del suddetto articolo.

• Nello specifico, l’art. 9 del D.L. n. 95/2012 introduce l’obbligo, da parte degli enti territoriali, di soppressione o accorpamento di enti, agenzie e organismi di qualsiasi natura giuridica che esercitano funzioni fondamentali di cui all’art. 117, comma 2, lett. p) della Cost., o funzioni amministrative di cui all’art. 118 della Cost.;

• In ogni caso, gli enti territoriali devono assicurare una riduzione degli oneri finanziari in misura non < al 20%;

• L’obbligo in discorso non riguarda le aziende speciali, gli enti e le istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali, educativi e culturali.

SENT. CORTE COST. N. 236/2013

• Il comma 4 dell’art. 9 del decreto Spending Review prevede che in caso di violazione dell’obbligo di soppressione/accorpamento di cui alla slide precedente, gli enti in discorso sono considerati soppressi di diritto e gli atti dagli stessi adottati sono nulli.

• La Corte rileva la contraddittorietà della disposizione in esame, in quanto discordante con quanto sancito dai precedenti commi 2 e 3 dell’articolo in esame, i quali prevedono un procedimento volto alla ricognizione dei suddetti enti e all’individuazione dei criteri e della tempistica per l’attuazione della norma con il coinvolgimento delle autonomie locali.

SENT. CORTE COST. N. 236/2013

• Inoltre, l’automatica soppressione di enti, agenzie e organismi comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica che esercitano, anche in via strumentale, funzioni nell’ambito delle competenze spettanti a Comuni, Province, e Città metropolitane ai sensi dell’art. 118 Cost., prima che tali enti locali abbiano proceduto alla necessaria riorganizzazione, pone a rischio lo svolgimento delle suddette funzioni, rischio ulteriormente aggravato dalla previsione della nullità di tutti gli atti adottati successivamente allo scadere del termine;

• La Corte pertanto, ritiene che la difficoltà di individuare quali siano gli enti strumentali effettivamente soppressi e la necessità per gli enti locali di riorganizzare i servizi e le funzioni da questi svolte rendono l’art. 9, comma 4, del d.l. n. 95 del 2012 manifestamente irragionevole.

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