• Non ci sono risultati.

gli organi di amministrazione e controllo» dell’arte, gli affidamenti, le responsabilità per SERVIZI PUBBLICI LOCALI: lo stato « LE SOCIETA’ DI GESTIONE DEI

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "gli organi di amministrazione e controllo» dell’arte, gli affidamenti, le responsabilità per SERVIZI PUBBLICI LOCALI: lo stato « LE SOCIETA’ DI GESTIONE DEI"

Copied!
46
0
0

Testo completo

(1)

Maria Cristina Colombo

ODCEC di BERGAMO 14 novembre 2013

« LE SOCIETA’ DI GESTIONE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI: lo stato

dell’arte, gli affidamenti, le responsabilità per gli organi di amministrazione e controllo»

In house providing, norme di riferimento in materia

di acquisizioni di beni e servizi

(2)

ALCUNE NOZIONI INTRODUTTIVE:

• Servizi strumentali/servizi pubblici locali;

• Servizi pubblici di rilevanza

economica.

(3)

SERVIZI STRUMENTALI/SERVIZI PUBBLICI LOCALI

• Sono strumentali le società che svolgono attività rivolte essenzialmente alla pubblica amministrazione e non al pubblico, come invece quelle costituite per la gestione dei servizi pubblici locali che mirano a soddisfare direttamente ed in via immediata esigenze generali della collettività (cfr. Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo, Lombardia, 17 dicembre 2012, n. 531; Cons. Stato, Sez. V, 5 marzo 2010, n. 1282; Cons. Stato, Sez. V, 12 giugno 2009 n. 3766).

(4)

SERVIZI STRUMENTALI/SERVIZI PUBBLICI LOCALI

• «Si postula in sostanza quale requisito essenziale della nozione di servizio pubblico locale che il singolo o la collettività abbiano a ricevere un vantaggio diretto e non mediato da un certo servizio, escludendosi, di conseguenza, che ricorre servizio pubblico a fronte di prestazioni strumentali a far sì che un’amministrazione direttamente o indirettamente, possa poi provvedere ad erogare una determinata attività» (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 3 maggio 2012 n. 2537).

(5)

I SERVIZI DI RILEVANZA ECONOMICA

• Nel nostro ordinamento non è rinvenibile la definizione legislativa di

«servizi pubblici di rilevanza economica», per i quali è previsto, a differenza di quelli privi di rilevanza economica, l’obbligo di rispettare la disciplina pro-concorrenziale in sede di affidamento degli stessi, nell’osservanza, dunque, delle procedure ad evidenza pubblica.

• Stante il carattere dinamico ed evolutivo della distinzione tra attività economiche e non economiche, non pare possibile fissare a priori un elenco definitivo dei servizi pubblici di rilevanza economica

• Pertanto, la giurisprudenza si è espressa in merito, dettando alcuni

“indici” della rilevanza economica dei servizi pubblici locali:

 il servizio pubblico a carattere commerciale si caratterizza per i suoi requisiti di economicità, dovendosi assicurare, ex art. 2082 del c.c., almeno l’equilibrio fra costi e ricavi del servizio (parere Corte dei Conti n. 195/2009).

(6)

I SERVIZI DI RILEVANZA ECONOMICA

Nei servizi pubblici di rilevanza economica va assicurata non solo la mera copertura delle spese sostenute, ma anche un potenziale profitto d’impresa, anche nel caso di servizi cosiddetti “sociali” (Cons. Stato, Sez. V, n.

50721/2006);

Oltre al carattere remunerativo delle attività, occorre seguire un criterio

«relativistico», ovvero che tenga conto delle peculiarità del caso concreto, quali la concreta struttura del servizio, le concrete modalità del suo espletamento, i suoi specifici connotati economico-organizzativi, la natura del soggetto chiamato ad espletarlo, la disciplina normativa del servizio (cfr.

TAR Puglia Bari, Sez. I, 5 gennaio 2012, n. 24);

In tal senso, gli indicatori di un SPL privo di rilevanza economica sono:

un quadro economico comportante costi contenuti per gli utenti e la copertura dei costi sociali per garantire gli utenti deboli;

l’inadeguatezza del mercato a fornire soluzioni economicamente vantaggiose;

i vincoli normativi in ordine all’erogazione del servizio per garanzie di tutela sociale (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 10 settembre 2010, n. 6529)

(7)

I SERVIZI DI RILEVANZA ECONOMICA

Per qualificare un servizio pubblico come avente rilevanza economica o meno non si deve prendere in considerazione solo la tipologia o caratteristica merceologica del servizio, ma anche la soluzione organizzativa che l’ente locale, quando può scegliere, sente più appropriata per rispondere alle esigenze dei cittadini.

Dunque, non solo vi può essere un servizio che ha rilevanza economica o meno in astratto ma anche uno specifico servizio che, per il modo in cui è organizzato, presenta o non presenta tale rilevanza economica;

Si delineano pertanto due ipotesi:

1. servizi propriamente privi di rilevanza economica, in quanto resi in chiave meramente erogativa e senza alcuna organizzazione di impresa in senso stretto;

2. servizi astrattamente dotati di rilevanza economica, per i quali occorre valutare in concreto se le modalità di erogazione ne consentano o meno l’assimilazione alle attività prive di tale rilevanza. (segue)

(8)

I SERVIZI DI RILEVANZA ECONOMICA

(segue)

Quanto ai servizi di cui al punto 1. della slide che precede, un utile criterio discretivo può essere desunto dai criteri che, ai sensi dell’art. 2082 c.c., contraddistinguono l’attività d’impresa, vale a dire la presenza o meno di una struttura produttiva organizzata secondo metodo economico, dunque programmata per realizzare la copertura dei costi mediante i ricavi.

Quanto ai servizi di cui al punto 2. della slide che precede, vale a dire i servizi resi in modalità anti-economica, la rilevanza economica di un’attività va rigorosamente correlata alla sua astratta potenzialità di produrre un utile di gestione (non è un indice di anti-economicità la semplice irrilevanza dell’utile concretamente conseguito nell’esercizio dell’attività) (cfr. Cons.

Stato, Sez. V, 23 ottobre 2012, n. 5409).

(9)

Inquadramento

della disciplina sui servizi

pubblici locali

(10)

EVOLUZIONE DELLA DISCIPLINA NORMATIVA

a) Disciplina comunitaria;

b) art. 23-bis, D.L. n. 112/2008, convertito nella L. n. 133/2008:

conteneva la precedente disciplina in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica;

c) d.P.R. n. 168/2010 (regolamento di attuazione dell’art. 23-bis);

d) referendum abrogativo di giugno 2011: sono stati abrogati l’art. 23- bis e il regolamento di attuazione dello stesso;

e) art. 4, D.L. n. 138/2011, convertito nella L. n. 148/2011: contiene la nuova disciplina dei servizi pubblici locali in seguito al referendum popolare, in vigore dal 13 agosto 2011 fino al 19 luglio 2012, soggetto a diverse modifiche;

(11)

EVOLUZIONE DELLA DISCIPLINA NORMATIVA

f) Sentenza della Corte Costituzione del 20 luglio 2012, n. 199 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 del D. L. n.

138/2011, nel testo originario e in quello risultante delle successive modificazioni, con effetti dal 20 luglio 2012;

g) Art. 34, commi 20 e ss., del D.L. n. 179/2012, convertito nella l. n.

221/2012: ha introdotto alcune disposizioni con particolare riguardo alla procedura di pubblicazione degli affidamenti.

(12)

La disciplina attuale

(13)

LA SENTENZA COSTITUZIONALE N. 199/2012

• Le questioni di incostituzionalità erano state sollevate dalle Regioni Puglia, Lazio, Marche, Emilia-Romagna, Umbria e Sardegna;

• È venuta meno l’intera disciplina sui servizi pubblici locali, adottata all’indomani del referendum abrogativo relativo all’art. 23-bis del D.

L. n. 112/2008;

• La sentenza ha dichiarato incostituzionale l’art. 4 del D. L. n.

138/2011 per violazione del divieto, desumibile dall’art. 75 Cost., di ripristino della normativa abrogata a seguito del referendum del 12 e 13 giugno 2011;

• La sentenza ha travolto anche la disciplina della delibera, introdotta dall’art. 4 e non prevista nell’art. 23 bis del D.L. n. 112/2008;

(14)

GLI EFFETTI DELLA SENTENZA COSTITUZIONALE

• La sentenza produce effetti dal 20 luglio 2012, data della sua pubblicazione, anche sui rapporti in corso alla suddetta data;

• Il quadro normativo attuale parrebbe corrispondere a quello esistente all’indomani dell’abrogazione dell’art. 23-bis del D. L. n. 112/2008. La pronuncia infatti non priverebbe il settore dei servizi pubblici locali di ogni disciplina normativa relativamente alla gestione;

• Si applicherebbe conseguentemente la normativa comunitaria relativa alle regole concorrenziali minime in tema di gara ad evidenza pubblica per l’affidamento della gestione di servizi pubblici di rilevanza economica (cfr. Corte Costituzionale del 26 gennaio 2011, n. 24);

(15)

GLI EFFETTI DELLA SENTENZA COSTITUZIONALE

• Secondo l’ordinamento comunitario, la gestione dei servizi pubblici può essere affidata mediante:

procedura ad evidenza pubblica;

sistema in house;

affidamento a società miste / gara a doppio oggetto.

• L’ordinamento comunitario prevede una disciplina meno restrittiva di quella dell’art. 4;

• E’ ammesso l’affidamento diretto in favore di società interamente pubbliche in presenza dei seguenti requisiti:

totale partecipazione pubblica del soggetto affidatario in house del servizio;

controllo analogo;

attività prevalente.

• L’ordinamento comunitario non prevede limitazioni di valore del servizio.

(16)

L’ART. 34, COMMI 20 e SS., DEL D.L. N. 179/2012

• Obbligo di pubblicare sul sito internet dell'ente affidante apposita relazione che dia conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall'ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisca i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche se previste (comma 20); [per «servizio universale» si intende, nell’ordinamento comunitario, un servizio di qualità a prezzi accessibili per tutti];

• Finalità: assicurare il rispetto della disciplina europea, la parità tra gli operatori, l'economicità della gestione e garantire adeguata informazione alla collettività di riferimento;

• Scadenza: 31 dicembre 2013

(17)

LA DISCIPLINA ATTUALE

Ad esito della citata sentenza della Corte Cost., è venuto meno il principio della eccezionalità del modello in house.

«Venuto meno il criterio prioritario dell'affidamento sul mercato dei servizi pubblici locali di rilevanza economica e l'assoluta eccezionalità del modello in house, si deve ritenere che la scelta dell'ente locale sulle modalità di organizzazione dei servizi pubblici locali, e in particolare la opzione tra modello in house e ricorso al mercato, debba basarsi sui consueti parametri di esercizio delle scelte discrezionali, vale a dire:

valutazione comparativa di tutti gli interessi pubblici e privati coinvolti;

individuazione del modello più efficiente ed economico;

adeguata istruttoria e motivazione».

(cfr. Cons. Stato Sez. VI, 11 febbraio 2013, n. 762)

(18)

LA DISCIPLINA ATTUALE

Allo stato attuale dunque l’ordinamento nazionale «non indica un modello preferibile – ossia non predilige né l’in house, né la piena espansione della concorrenza nel mercato e per il mercato, e neppure il partenariato pubblico-privato – ma rinvia alla scelta concreta del singolo Ente affidante.

In definitiva, si profila una maggiore autonomia degli Enti locali nella direzione da intraprendere, in quanto l'ordinamento non aderisce a priori ad un'opzione organizzativa ma delinea un percorso di adeguatezza alle condizioni esistenti. La scelta tra i differenti modelli va effettuata tenendo conto della concreta situazione di fatto, nel rispetto dei criteri introdotti all'art. 34 comma 20 del D.L. n. 179 del 2012 ossia la parità tra gli operatori, l'economicità della gestione e l'adeguata informazione alla collettività di riferimento. Detti obiettivi devono essere necessariamente correlati al preminente interesse dell'utente del servizio a godere del miglior servizio possibile alle condizioni più convenienti».

(cfr. TAR Lombardia Brescia, Sez. II, 11 giugno 2013, n. 558)

(19)

REALE EQUIPARAZIONE DELL’AFFIDAMENTO IN HOUSE ALLE PROCEDURE AD EVIDENZA PUBBLICA?

• La Corte Cost. con la sentenza del 20 marzo 2013, n. 46, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 25, comma 1, lett. a), del D. L. N. 1/2012, convertito dall'art. 1, comma 1, della L. n. 27/2012, promossa dalla Regione Veneto.

La norma prevede il seguente meccanismo di premialità che «a decorrere dal 2013, l'applicazione di procedura di affidamento dei servizi a evidenza pubblica da parte di regioni, province e comuni o degli enti di governo locali dell'ambito o del bacino costituisce elemento di valutazione della virtuosità degli stessi ai sensi dell'articolo 20, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111».

(20)

REALE EQUIPARAZIONE DELL’AFFIDAMENTO IN HOUSE ALLE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO DEI SPL?

(segue…)

• In sede di legittimità la Regione Veneto aveva eccepito che il meccanismo premiale finisce, per estromettere la possibilità di affidamenti in house ad esito di una valutazione negativa operata ex ante e senza possibilità di contraddittorio.

• La Corte Cost. ritiene invece che la scelta del legislatore di introdurre il meccanismo premiale rispecchi la volontà di perseguire la tutela della concorrenza ed il contenimento della spesa pubblica. Ritenendo che ciò «si realizzi attraverso l’affidamento dei servizi pubblici locali col meccanismo delle gare ad evidenza pubblica, individuato come quello che dovrebbe comportare un risparmio dei costi ad una migliore efficienza nella gestione».

(21)

I presupposti

dell’in house providing

(22)

I REQUISITI DELL’IN HOUSE

La disciplina comunitaria configura la situazione di in house legittima, senza previa gara, nel rispetto dei seguenti requisiti (prospettati per la prima volta nella sent. Teckal, C. giust.

CE, 18 novembre 1999, C-107/98):

esercizio del controllo analogo a quello esercitato dall’ente affidante sui propri servizi;

realizzazione da parte dell’affidataria della parte più

importante della propria attività con l’ente o gli enti che

la controllano.

(23)

IL REQUISITO DEL CONTROLLO ANALOGO

La giurisprudenza comunitaria ha affermato che, ai fini dell’esercizio del suddetto controllo, la partecipazione pubblica totalitaria è necessaria ma non sufficiente, dal momento che occorrono maggiori strumenti di controllo da parte dell’ente rispetto a quelli previsti dal diritto civile. In particolare:

il consiglio di amministrazione della società in house non deve avere rilevanti poteri gestionali e l’ente pubblico deve poter esercitare maggiori poteri rispetto a quelli che il diritto societario riconosce alla maggioranza sociale

;

le decisioni più importanti devono essere sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante (cfr. la decisione della V sez. del Consiglio di Stato 8 gennaio 2007, n. 5, che ha affermato che se il consiglio di amministrazione ha poteri ordinari non si può ritenere sussistere un "controllo analogo");

(24)

IL REQUISITO DEL CONTROLLO ANALOGO

l’impresa non deve aver acquisito una vocazione commerciale che renda precario il controllo da parte dell’ente pubblico (tale vocazione risulterebbe, tra l’altro: dall’ampliamento dell’oggetto sociale;

dall’apertura obbligatoria della società, a breve termine, ad altri capitali; dall’espansione territoriale dell’attività della società a tutta l’Italia e all’estero. Al riguardo, le sentenze 13 ottobre 2005, causa C- 458/03 - Parking Brixen GmbH e 10 novembre 2005, causa C-29/04 - Mödling o Commissione c/ Austria);

in astratto, è configurabile un "controllo analogo" anche nel caso in cui il pacchetto azionario non sia detenuto direttamente dall’ente pubblico, ma indirettamente mediante una società per azioni capogruppo (c.d. holding) posseduta al 100% dall’ente medesimo;

il controllo analogo non è escluso nel caso in cui il pacchetto azionario della società sia posseduto da una pluralità di enti pubblici.

(25)

IL REQUISITO DEL CONTROLLO ANALOGO

«Il "controllo analogo" dei soci pubblici sulla società in house costituisce un potere assoluto di direzione, coordinamento e supervisione dell'attività del soggetto partecipato e riguarda l'insieme dei più importanti atti di gestione del medesimo. In presenza di tale assoluto potere, l'amministrazione può prescindere dall'applicazione delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, non in virtù di apposite clausole di esclusione contenute nelle rispettive normative di settore, ma perché si è in presenza di un modello di organizzazione meramente interno, qualificabile in termini di delegazione interorganica»

(Cons. Stato Sez. VI, 11 febbraio 2013, n. 762)

(26)

IL REQUISITO DEL CONTROLLO ANALOGO

• La condizione per cui, ai fini del rispetto del requisito del controllo analogo, il consiglio di amministrazione della società affidataria «in house» non abbia rilevanti poteri gestionali e che le decisioni più importanti siano sempre sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante è rispettata nel caso in cui i soci « sono dotati di penetranti poteri ispettivi e informativi e vantano il diritto di esercitare il controllo in itinere dello stato di attuazione degli obiettivi, anche per quanto concerne l’efficacia, l’efficienza e l’economicità dell’azione della società, con facoltà di sottoporre alla valutazione dell’assemblea dei soci le questioni relative al puntuale perseguimento degli obiettivi e degli indirizzi sociali»

(TAR Piemonte Sez. I, 17 aprile 2013, n. 461)

(27)

IL REQUISITO DEL CONTROLLO ANALOGO

«In astratto, è configurabile un “controllo analogo” anche nel caso in cui il pacchetto azionario non sia detenuto direttamente dall’ente pubblico, ma indirettamente mediante una società per azioni capogruppo (c.d. holding) posseduta al 100% dall’ente medesimo.

Tuttavia una tale forma di partecipazione “può, a seconda delle circostanze del caso specifico, indebolire il controllo eventualmente esercitato dall’amministrazione aggiudicatrice su una società per azioni in forza della mera partecipazione al suo capitale” (cfr. la citata sentenza Carbotermo, 11 maggio 2006, causa C – 340/04). In tale ottica, la partecipazione indiretta, anche se totalitaria, è in astratto compatibile, ma affievolisce comunque il controllo”.

(Cons. Stato, Sez. II, parere del 18 aprile 2007, n. 456)

(28)

IL REQUISITO DEL CONTROLLO ANALOGO

Secondo la giurisprudenza comunitaria «quando più autorità pubbliche, nella loro veste di amministrazioni aggiudicatrici, istituiscono in comune un’entità incaricata di adempiere compiti di servizio pubblico ad esse spettanti, oppure quando un’autorità pubblica aderisce ad un’entità siffatta, la condizione enunciata dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, secondo cui tali autorità, per essere dispensate dall’obbligo di avviare una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico in conformità alle norme del diritto dell’Unione, debbono esercitare congiuntamente sull’entità in questione un controllo analogo a quello da esse esercitato sui propri servizi, è soddisfatta qualora ciascuna delle autorità stesse partecipi sia al capitale sia agli organi direttivi dell’entità suddetta»

(C.G.U.E. – sez. III – sentenza 29 novembre 2012 in cause riunite C- 182/11 e 183/11)

(29)

IL REQUISITO DEL CONTROLLO ANALOGO

• Si tratta di principio accolto anche da una parte della giurisprudenza nazionale: «nel caso di affidamento in house conseguente alla istituzione da parte di più enti locali di una società di capitali da essi interamente partecipata per la gestione di un servizio pubblico, il controllo, analogo a quello che ciascuno di essi esercita sui propri servizi, deve intendersi assicurato anche se svolto non individualmente ma congiuntamente dagli enti associati, deliberando se del caso anche a maggioranza, ma a condizione che il controllo sia effettivo, dovendo il requisito del controllo analogo essere verificato secondo un criterio sintetico e non atomistico, sicché è sufficiente che il controllo della mano pubblica sull'ente affidatario, purché effettivo e reale, sia esercitato dagli enti partecipanti nella loro totalità, senza che necessiti una verifica della posizione di ogni singolo ente».

(T.A.R. Toscana Firenze Sez. I, 20 dicembre 2012, n. 2090)

(30)

CONTROLLO ANALOGO: REQUISITO COMPATIBILE CON IL DIRITTO SOCIETARIO?

Dal momento che l’assemblea dei soci ha di norma competenza solo con riguardo agli atti fondamentali e strategici di governo della società (essendole spesso preclusa la possibilità di influenzare sull’ordinaria gestione della stessa), la stessa non potrebbe impartire direttive generali, né, a maggior ragione, specifici ordini agli amministratori concernenti il compimento di atti di impresa;

Ne consegue che anche un socio con una partecipazione rilevante non sembra possa incidere sulla gestione ordinaria della società controllata. Dunque, nell’osservanza del diritto societario, non pare praticabile un pieno esercizio del controllo analogo, nella sua accezione restrittiva e puntuale offerta dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale;

Si segnala che il concetto di controllo analogo non è assimilabile a quello di cui all’art. 2359 c.c.;

(31)

CONTROLLO ANALOGO: STRUMENTI PER ESERCITARLO

Dal momento che la giurisprudenza europea e nazionale, come illustrato nelle slides precedenti, definisce il controllo analogo quale controllo strutturale, non limitato agli aspetti formali, ma effettivo e svincolato da qualsiasi condizione, futura ed eventuale, occorre definire concretamente gli strumenti che rendono possibile il suo esercizio nel contesto societario in cui, in base al diritto comune, l’assemblea dei soci normalmente non detiene poteri di ingerenza rilevanti nei confronti dell’operato del consiglio di amministrazione.

E’ necessario che l’organo amministrativo non sia titolare di rilevanti poteri gestionali e che l’ente pubblico affidante eserciti poteri di ingerenza e di condizionamento superiori a quelli tipici del diritto societario, caratterizzati da un margine di rilevante autonomia della governance rispetto alla maggioranza azionaria. (segue)

(32)

CONTROLLO ANALOGO: STRUMENTI PER ESERCITARLO (segue)

Quali strumenti possono in concreto garantire ai soci pregnanti poteri di ingerenza e di condizionamento superiori a quelli tipici del diritto societario?

Al riguardo, la Corte Cost. ritiene che:

«la possibilità di influenza determinante è incompatibile con il rispetto dell’autonomia gestionale, senza distinguere – in coerenza con la giurisprudenza comunitaria – tra decisioni importanti e ordinaria amministrazione» e che pertanto

«il condizionamento stretto, richiesto dalla giurisprudenza comunitaria, non può essere assicurato da pareri obbligatori, ma non vincolanti, resi peraltro sugli atti fondamentali del soggetto gestore in house».

(cfr. Corte Cost., 28 marzo 2013, n. 50)

Il carattere non vincolante dei suddetti pareri risulta in contrasto con quella forma di controllo assoluta e svincolata da qualunque condizione qual è il controllo analogo richiesto.

(33)

CONTROLLO ANALOGO: STRUMENTI PER ESERCITARLO

Pertanto, i possibili strumenti utilizzabili per esercitare il controllo analogo sono:

le clausole statutarie:

possono dotare l’assemblea dei soci di una competenza generale autorizzatoria inerente le scelte gestionali della società;

possono prevedere la costituzione di organi atipici, i c.d. comitati paritetici formati dai Sindaci dei Comuni soci o loro delegati, spesso denominati «Comitati di controllo analogo» ( Cfr. Cons. St., Sez. V, sent. 26 agosto 2009, n. 5082);

patti parasociali: con questo strumento i soci con partecipazioni minoritarie potrebbero influire sulle nomine dei membri del consiglio di amministrazione;

(34)

CONTROLLO ANALOGO: STRUMENTI PER ESERCITARLO

Statuto / Patti parasociali

«I limiti dell’oggetto sociale e i poteri di direttiva e controllo dei soci devono essere evincibili dall’atto costitutivo e dallo statuto, al fine dell’opponibilità ai terzi e della tutela di questi ultimi. Un eventuale patto parasociale (soggetto a iscrizione solo nelle società quotate in borsa, ex art. 122, t.u. n. 58/1998) avrebbe efficacia solo tra le parti (Cass. Civ., sez. I, 5 marzo 2008, n. 5963) ma non inciderebbe sull’azione delle società nei rapporti con i terzi»

(cfr. Cons. Stato (Ad. Plen.), 3 giugno 2011, n. 10)

(35)

IL REQUISITO DELL’ATTIVITA’

PREVALENTE

• Per la giurisprudenza prevalente tale condizione è soddisfatta quando l’affidatario diretto non fornisca i suoi servizi a soggetti diversi dall’ente controllante, anche se pubblici, ovvero li fornisca in misura quantitativamente irrisoria e qualitativamente irrilevante sulle strategie aziendali, ed in ogni caso non fuori dalla competenza territoriale dell’ente controllante.

• In origine si affermava che l’attività esterna non dovesse superare la soglia del 40% del fatturato ai fini del rispetto del requisito in esame.

(Cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. II, sent. 13 febbraio 2006, n. 198).

• Successivamente è stato proposto anche un approccio di tipo qualitativo che tenga conto di elementi concreti in ordine alla gestione del servizio.

(36)

IL REQUISITO DELL’ATTIVITA’ PREVALENTE

«E’ necessario assegnare rilievo anche ad eventuali aspetti di natura qualitativa, perché solo attraverso tale analisi è possibile desumere, ad esempio, la propensione dell'impresa ad effettuare determinati investimenti di risorse economiche in altri mercati - anche non contigui - in vista di una eventuale espansione in settori diversi da quelli rilevanti per l'ente pubblico conferente: enunciazione, quest'ultima, da cui il Collegio trae conferma dell'infondatezza, ai fini dell'opposta insussistenza del secondo requisito Teckal, dell'assunto della società ricorrente basato sulla mera incidenza quantitativa e proporzionale (il 42%, cfr. pag. 2 della CTP) del patrimonio del Comune di Milano (circa 30.000 unità immobiliari) sul patrimonio gestito dalla stessa azienda (circa 71.000 unità immobiliari)».

(cfr. T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, 26 ottobre 2012, n. 2620)

(37)

Le recenti pronunce della

Corte Costituzionale

(38)

LE RECENTI SENTENZE DELLA CORTE COSTITUZIONALE

Corte Cost., 23 luglio 2013, n. 229: dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1, 2, 3, 3-sexies ed 8, dell’art. 4 del D. L. n. 95/2012 (c.d. «Spending Review»), concernenti la liquidazione e privatizzazione di società pubbliche, nella parte in cui si applicano alla Regioni.

Corte Cost. 24 luglio 2013, n. 236: dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 4, del decreto Spending Review, che prevede la soppressione ope legis di tutti gli enti strumentali di natura non societaria degli enti locali, qualora non diano attuazione al precetto normativo contenuto nell’art. 9 dello stesso decreto.

(39)

PREMESSA COMUNE AD ENTRAMBE LE SENTENZE

• L’ambito soggettivo di applicazione degli artt. 4 e 9 del decreto Spending Review riguarda le c.d. società strumentali, ovvero, come precedentemente ricordato, «le società che producono beni e servizi a favore della P.A. e che sono regolamentati generalmente attraverso un contratto di appalto o di fornitura», mentre la disciplina prevista dai suddetti articoli «non si applica alle società che erogano servizi di interesse generale, tra le quali rientrano le società che gestiscono servizi locali a rilevanza economica», la cui erogazione è rivolta, invece, al pubblico (cfr. Corte dei Conti Lazio, 10 luglio 2013, n. 143).

(40)

SENT. CORTE COST. N. 229/2013

• Nello specifico, con la sent. n. 229/2013 la Corte Cost. analizza i commi 1, 2, 3, 3-sexies ed 8 dell’art. 4 del D. L. n. 95/2012, i quali prevedono per le P.A. di cui all’art. 1, comma 2, del D. Lgs. n.

165/2001, fra cui rientrano anche le Regioni, forti limitazioni organizzative, fra cui:

l’obbligo di sciogliere le società strumentali dalle stesse controllate (che hanno conseguito nel 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore delle P.A. superiore al 90% dell’intero fatturato) entro il 31 dicembre 2013, oppure di alienare, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, le partecipazioni detenute nelle suddette società (art. 4, comma 1);

in violazione di quanto sopra illustrato, il divieto per le suddette società di ricevere affidamenti diretti di servizi e di rinnovare quelli di cui sono già titolari (art. 4, comma 2)

(41)

SENT. CORTE COST. N. 229/2013

in caso di impossibile ricorso al mercato, in deroga alla disciplina dettata dai commi precedenti, l’obbligo di predisporre un’analisi del mercato ed una relazione contenente le risultanze delle suddetta verifica all’AGCM per l’acquisizione del parere vincolante, che l’Autorità emetterà nel termine di 60 giorni dalla ricezione della richiesta (art. 4, comma 3);

facoltà per le P.A. di predisporre dei piani di ristrutturazione e razionalizzazione delle società controllate onde individuare le attività connesse esclusivamente all’esercizio di funzioni amministrative di cui all’art.

188 Cost., che possono essere riorganizzate/accorpate attraverso società che rispondono ai requisiti comunitari in house (art. 4, comma 3-sexies);

possibilità di affidamento diretto solo a favore di società a capitale interamente pubblico, nel rispetto dei principi comunitari in materia in house, fatta salva l’acquisizione in via diretta di beni e servizi con valore pari o inferiore a 200.000 euro in favore di enti di volontariato, associazioni di promozione sociale, associazioni sportive dilettantistiche ecc. ecc. (art. 4, comma 8).

(42)

SENT. CORTE COST. N. 229/2013

• La Corte Cost., nei riguardi delle critiche mosse alla disciplina illustrata, - a detta dei ricorrenti preclusiva per le Regioni, titolari di competenza legislativa e primaria in materia di organizzazione, della possibilità di scegliere una delle possibili modalità di svolgimento dei servizi strumentali alla proprie finalità istituzionali – afferma che:

le disposizioni statali in tema di coordinamento della finanza pubblica, fra cui rientrano certamente quelle oggetto di censura, possono incidere su una materia di competenza della Regione, come l’organizzazione ed il funzionamento dell’amministrazione regionale;

la soccombenza della competenza regionale in nome dei principi di coordinamento della finanza pubblica, è ammessa solo se i limiti di spesa imposti siano correlati da obiettivi di riequilibrio della medesima e se non sono previsti in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi.

(43)

SENT. CORTE COST. N. 229/2013

• Nel caso di specie, la Corte ritiene che i commi 1, 2, 3, 3-sexies ed 8 dell’art. 4 del decreto Spending Review dettino una disciplina puntuale e dettagliata, tale da vincolare totalmente le scelte delle Regioni, con conseguente lesione dell’autonomia organizzativa delle stesse.

• Viene pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale dei commi da ultimo citati dell’art. 4 del decreto Spending Review, nella parte in cui si riferiscono anche alle Regioni, ferma la loro applicazione nei confronti delle altre pubbliche amministrazioni quali elencate all’art. 1, comma 2, del D. Lgs. n. 165/2001.

(44)

SENT. CORTE COST. N. 236/2013

• La Corte dichiara costituzionalmente illegittimo il comma 4 dell’art. 9 del decreto Spending Review, in totale disaccordo con la disciplina dettata dai commi precedenti del suddetto articolo.

• Nello specifico, l’art. 9 del D.L. n. 95/2012 introduce l’obbligo, da parte degli enti territoriali, di soppressione o accorpamento di enti, agenzie e organismi di qualsiasi natura giuridica che esercitano funzioni fondamentali di cui all’art. 117, comma 2, lett. p) della Cost., o funzioni amministrative di cui all’art. 118 della Cost.;

• In ogni caso, gli enti territoriali devono assicurare una riduzione degli oneri finanziari in misura non < al 20%;

• L’obbligo in discorso non riguarda le aziende speciali, gli enti e le istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali, educativi e culturali.

(45)

SENT. CORTE COST. N. 236/2013

• Il comma 4 dell’art. 9 del decreto Spending Review prevede che in caso di violazione dell’obbligo di soppressione/accorpamento di cui alla slide precedente, gli enti in discorso sono considerati soppressi di diritto e gli atti dagli stessi adottati sono nulli.

• La Corte rileva la contraddittorietà della disposizione in esame, in quanto discordante con quanto sancito dai precedenti commi 2 e 3 dell’articolo in esame, i quali prevedono un procedimento volto alla ricognizione dei suddetti enti e all’individuazione dei criteri e della tempistica per l’attuazione della norma con il coinvolgimento delle autonomie locali.

(46)

SENT. CORTE COST. N. 236/2013

• Inoltre, l’automatica soppressione di enti, agenzie e organismi comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica che esercitano, anche in via strumentale, funzioni nell’ambito delle competenze spettanti a Comuni, Province, e Città metropolitane ai sensi dell’art. 118 Cost., prima che tali enti locali abbiano proceduto alla necessaria riorganizzazione, pone a rischio lo svolgimento delle suddette funzioni, rischio ulteriormente aggravato dalla previsione della nullità di tutti gli atti adottati successivamente allo scadere del termine;

• La Corte pertanto, ritiene che la difficoltà di individuare quali siano gli enti strumentali effettivamente soppressi e la necessità per gli enti locali di riorganizzare i servizi e le funzioni da questi svolte rendono l’art. 9, comma 4, del d.l. n. 95 del 2012 manifestamente irragionevole.

Riferimenti

Documenti correlati

• il responsabile della revisione legale, i componenti dell’organo di amministrazione, i soci e i dipendenti della società di revisione percepiscono, da parte della società

Poetry, philosophy, and science are intertwined in order to define the way in which physical objects meet the words that Galileo and his contemporaries used to describe them

Il come e il perchè insegnare storia nella scuola del XXI secolo sono le domande che sempre più docenti, storici e professionisti della formazione si pongono di fronte alle

• In queste regioni appare evidente la correlazione inversa tra investimenti e spesa in servizi per la qualità della vita e in servizi culturali e per il tempo libero, perché questi

Con l’approssimarsi delle elezioni amministrative, allo scopo di fornire spunti di riflessione per i candidati sindaco affinché ne tengano conto per la stesura dei

la definizione ex lege di una procedura di “chiusura” dei derivati in essere mediante rinegoziazione dei derivati stessi o cristallizzazione del mark-to-market (cioè la risoluzione

10 (“Misure per accelerare la realizzazione degli del Dott. Roberto Camporesi - Dottore Commercialista, Revisore legale, Esperto in società a partecipazione pubblica.. e l’avvio

Prescindendo da un esame analitico delle caratteristiche della figura dell’azienda speciale, diretta emanazione di una singola municipalità e, dunque, riconducibile,