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4. Le sanzioni occidentali nelle traduzioni di Inosmi: un caso di manipolazione ?

4.2 Le sanzioni economiche contro la Russia

4.2.1 Le sanzioni nella stampa russa e occidentale

Poiché, come indicato al paragrafo 1.2, i media selezionano le notizie basandosi in larga misura sulle inclinazioni, le conoscenze e le aspettative del loro pubblico di lettori, non sorprenderà constatare che i fatti relativi alla crisi ucraina e alle conseguenti sanzioni possono farsi carico di significati diversi a seconda che siano narrati dalla stampa americana o da quella russa.

La presente ricerca ha messo in evidenza come i giornalisti dell’Ex Unione Sovietica lavorino ancora oggi in un clima oppressivo e pericoloso. Per quanto nel caso russo le limitazioni alla libertà di stampa assumano una forma estrema e facilmente identificabile, sarebbe un errore pensare che gli organi d’informazione del mondo occidentale siano invece slegati da qualsiasi tipo di interesse politico o commerciale. Inoltre, come scrive Nabi Abdullaev in un articolo pubblicato dal Guardian il 4 agosto 2014, i preconcetti sul vecchio

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nemico della Guerra Fredda possono ancora annebbiare il giudizio di giornalisti americani ed europei. Non si può spiegare in altri termini la comparsa di articoli che paragonano Putin ad Adolf Hitler o che non esitano ad additare la Russia come colpevole di ogni crimine internazionale, anche in assenza di prove34. Detto ciò, va anche precisato che in proporzione

questo genere di articoli costituisce una netta minoranza nella produzione giornalistica occidentale.

Fin dall’introduzione delle prime sanzioni settoriali, i media non hanno nascosto al pubblico che queste avrebbero avuto un impatto negativo anche sull’eonomia europea, che aveva nella Russia uno dei sui principali partner commerciali (The Guardian, 30 luglio 2014). Né hanno taciuto lo scetticismo di Paesi come l’Italia, la Spagna e l’Ungheria, che hanno accettato con una certa riluttanza le molteplici proroghe alle misure punitive (The

Washington Post, 20 ottobre 2015). Non si può quindi dire che le politiche europee siano

state presentate dai mezzi d’informazione sempre sotto una luce positiva. Capita anche che all’interno della stessa pubblicazione trovino spazio opinioni contrastanti. Così, leggendo il

New York Times ci si può imbattere in un articolo dal titolo Why sanctions on Russia will backfire (The New York Times, 5 marzo 2015), in cui si suggerisce che la strategia attuale

potrebbe incoraggiare una maggiore aggressività da parte del Cremlino, invece che costringerlo a ripiegare. Ma si trovano anche pezzi che affermano l’esatto contrario e invitano invece i governi occidentali a continuare sulla strada delle sanzioni, poiché “There is no other way to make Mr. Putin understand that there is a limit to what he can get away with” (The

New York Times, 17 marzo 2015).

In generale, un confronto tra alcune delle principali testate giornalistiche del mondo anglosassone (The Washington Post, The Guardian, The New York Times e The Telegraph) ha messo in evidenza che, pur rispettando la pluralità di opinione dei propri giornalisti, tutte queste pubblicazioni seguono una linea narrativa simile.

34 Si fa riferimento all’articolo di Forbes del 5 maggio 2014, dal titolo Is Vladimir Putin another Adolf Hitler? (link al:

https://www.forbes.com/sites/currentevents/2014/04/16/is-vladimir-putin-another-adolf-hitler/#244ff933237a), e alla copertina del Sun del liuglio 2014, che imputava l’abbattimento dell’aereo di linea MH17 a “un missile di Putin”, sebbene ancora non ci fossero prove che collegassero il disastro aereo a un missile o alla Russia (dall’articolo di Nabi Abdullaev sul Guardian, disponibile al link: https://www.theguardian.com/world/2014/aug/04/western-media-coverage-ukraine-crisis- russia).

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Anche se talvolta l’approccio dell’Occidente viene messo in discussione, come nell’articolo del New York Times sopra menzionato, si riconosce che quello delle sanzioni può essere uno strumento intelligente, se usato nel modo giusto. Questa posizione è condivisa anche dal

Guardian, dove si legge che “Neither pure diplomacy nor outright war, sanctions are often

better than both” (The Guardian, 6 agosto 2017).

Un’altra posizione largamente condivisa tra i titoli analizzati riguarda l’impatto delle misure restrittive sull’economia russa. Già nel 2014 si prevedeva che i danni in tutti i settori interessati sarebbero stati significativi, mentre l’economia europea ne avrebbe risentito in misura decisamente minore (The Guardian, 30 luglio 2014). Un paio di anni più tardi, il New

York Times confermava questa ipotesi: le sanzioni, unitamente al collasso dei prezzi del

petrolio - di cui la Russia è uno dei maggiori produttori globali – hanno messo in ginocchio l’economia, che già alla fine del 2014 era entrata in recessione (The New York Times, 11 gennaio 2016). Nello stesso periodo anche il Telegraph dipingeva un quadro poco incoraggiante, pronosticando un altro anno di crisi dopo che il rublo aveva registrato un “all- time low” alla fine del 2015 (The Telegraph, 25 gennaio 2016).

Gli articoli raccolti riconoscono che, nonostante la difficile situazione economica, la maggioranza dei russi continua a sostenere la politica del Presidente Putin, che può vantare degli indici di gradimento altissimi (The Washington Post, 15 giugno 2017). Le sanzioni non sembrano quindi aver avuto un impatto sull’opinione pubblica. Tuttavia:

Economic sanctions may be successful in doing other things. They may be an important way that the United States and E.U. are signaling to the Kremlin their opposition to Russian actions in Ukraine. They may be changing the attitudes of Russian foreign policy elites. They may be hurting Russian corporations’ long-term financing options.

(The Washington Post, 15 giugno 2017)

Uno scenario diverso emerge dalla consultazione dei media russi ufficiali, quali

Komsomol’skaja Pravda, Nezavisimaja Gazeta, Izvestija, Ria Novosti, RT.

Sul piano politico, si nota una tendenza a esasperare i conflitti interni all’Unione Europea, che appare quindi come un avversario debole e diviso. Su Nezavisimaja Gazeta si leggeva di una “crescente tensione” tra i membri UE già nel 2015, quando venne deciso di rinnovare le sanzioni in seguito alla mancata implementazione degli accordi di Minsk (Nezsavisimaja

99 Gazeta, 22 dicembre 2015). Negli stessi giorni, un giornalista di Izevstija si chiedeva

addirittura se, vista la crisi in cui si trovava, l’Europa sarebbe sopravvissuta altri dieci anni (Izvestija, 21 dicembre 2015).

Più recentemente, Nezavisimaja Gazeta menziona nuove divisioni sul fronte dei rapporti USA-UE. Le autorità europee hanno infatti aspramente criticato la decisione del governo statunitense di incrementare le sanzioni contro la Russia (Nezavisimaja Gazeta, 27 luglio 2017). Nello stesso articolo si scrive che le nuove misure decise da Washingoton “направлены на создание условий для безусловного доминирования американских компаний в мире” (puntano alla creazione delle condizioni necessarie per il dominio incondizionato delle compagnie americane nel mondo). L’Europa, e in particolare la Germania, dovrebbero quindi mettere da parte i loro pregiudizi dei tempi della Guerra Fredda e cercare un’intesa economica con la Russia.

Restando in tema economico, la narrativa ufficiale dei media russi sembra quasi rovesciare le notizie promulgate dalla stampa occidentale. Lungi dal parlare di crisi e recessione, l’atteggiamento prevalente è quello di screditare l’impatto negativo delle sanzioni. I lettori sono invitati a non preoccuparsi troppo del problema, poiché il governo russo è impegnato in numerosi piani di finanziamento e di sviluppo delle risorse economiche del Paese (Izvestija, 3 settembre 2016). Nel 2016 Putin parlava addirittura di un’economia in crescita, che non solo era riuscita ad adattarsi alle nuove condizioni imposte dall’occidente, ma ne aveva addirittura ricavato dei vantaggi. Grazie all’introduzione del programma di

importozameščenie (strategia che prevede la sostituzione delle importazioni con prodotti

locali), le imprese russe si sono rafforzate e sono competitive nei mercati internazionali (RT, 16 giugno 2016). Più recentemente, Komsomol’skaja Pravda è arrivata ad affermare che “l’Occidente ha registrato perdite due volte superiori a quelle russe dopo l’introduzione delle sanzioni” (Komsomol’skaja Pravda, 28 aprile 2017).

In generale, le misure punitive vengono definite “irrazionali e umilianti per l’Europa”. I governi occidentali le hanno introdotte senza il consenso della gente comune, che sarà la prima a risentirne (Ria Novosti, 21 dicembre 2015). Putin ribadisce che tra le due superpotenze non è auspicabile alcun riavvicinamento, almeno fino a quando gli Stati Uniti non riconosceranno e rispetteranno anche gli interessi russi (Izvestija, 3 settembre 2016). Ancora, il comportamento europeo è ritenuto illogico: invece di lavorare per instaurare una

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collaborazione che possa debellare la minaccia del terrorismo internazionale, i Paesi occidentali preferiscono “giocare alle sanzioni” (Nezavisimaja Gazeta, 22 dicembre 2015), accusando la Russia di essere intervenuta nella guerra combattuta nell’est dell’Ucraina, anche se il Cremlino ha fermamente negato ogni coinvolgimento (Ria Novosti, 11 settembre 2014). Questa “carrellata” sulla stampa russa e anglosassone ha cercato di chiarire, almeno parzialmente, le posizioni dei due schieramenti. Le fonti americane e britanniche sembrano raccontare una storia diversa rispetto a quella offerta dai media russi. Nel nostro caso, sarà quindi interessante scoprire se Inosmi costituisce davvero una replica fedele della versione occidentale degli avvenimenti, o se invece il quadro complessivo che si ricava dal suddetto portale d’informazioni costituisce un’interpretazione parziale della stampa.

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