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LA PRODUZIONE PETROLIFERA CINESE E LO SFRUTTAMENTO DELLE RISORSE AFRICANE

1. Il petrolio cinese

1.1 Le tre principali compagnie petrolifere cines

In Cina sono presenti tre grandi aziende petrolifere di proprietà dello stato, ognuna delle quali svolge un compito preciso. Si tratta di China National Offshore Oil Corporation (Cnooc), creata nel 1982, che si occupa dei giacimenti offshore, ovvero quelli in mare aperto; Sinopec creata nel 1983 e alla quale vennero affidate le attività petrolifere a valle, vale a dire la raffinazione e i prodotti derivati; e China National Petroleum Corporation (Cnpc) trasformata in società nel 1988, il cui incarico è relativo alle fasi di esplorazione ed estrazione (Basta 2011 e Meidan 2007, p. 85).

Dal 1993, spinte dal pressante bisogno di energia, queste tre imprese si affacciarono sul mercato internazionale e la loro entrata in tale contesto non fu priva di difficoltà e fallimenti, dovuti soprattutto all'inesperienza. Inizialmente, le compagnie firmarono con le controparti dei semplici accordi di produzione in comune, successivamente iniziarono a stipulare veri e propri contratti contenenti le principali clausole, tra le quali quella arbitrale, per la protezione dei propri interessi, arrivando anche a firmare trattati bilaterali per gli investimenti con paesi come l'Arabia Saudita, gli Emirati Arabi e il Kazakistan (Moreira 2013, p. 144).

Un altro importante ostacolo era rappresentato dalla suddivisione organizzativa delle compagnie petrolifere cinesi che non permetteva loro di competere con le altre società internazionali. Vi era infatti una notevole differenza nell'organizzazione del lavoro da parte delle diverse compagnie. Un'impresa occidentale o americana, quale la Total, la Chevron o l'Eni, poteva occuparsi da sola sia di progetti onshore che offshore e seguire ogni fase dello sfruttamento di un giacimento, a partire dall'esplorazione fino alla raffinazione; mentre, una delle tre aziende cinesi non poteva svolgere singolarmente tutte queste attività, in quanto il metodo operativo imposto dal governo di Pechino prevedeva una netta suddivisione dei compiti. Di conseguenza, i giacimenti petroliferi offshore erano esclusivamente di competenza della Cnooc; la Cnpc esplorava i giacimenti onshore, provvedeva all'estrazione del greggio e terminato il suo compito veniva sostituita dalla Sinopec che

si occupava di raffinare la materia prima e trasformarla in prodotti finiti. Dopo aver confrontato il suo modo di operare con quello della concorrenza, la Cina capì che era necessario modificare l'organizzazione interna delle sue compagnie. Per questo motivo, nel 1998, applicò una riforma per integrare verticalmente le tre aziende, le quali mantennero però la supremazia nei precedenti campi di attività caratteristici, per cui la Cnpc continuò a gestire il 66% della produzione cinese di greggio, la Sinopec a detenere il 54% delle capacità di raffinazione e la Cnooc è ancora la capofila nei mercati offshore (Basta 2011).

A partire dal 2002, le tre compagnie petrolifere ricevettero il sostegno dello stato, che aveva capito la loro fondamentale importanza a livello internazionale per l'importazione di oro nero. Tale aiuto si concretizzò attraverso un'intensa attività diplomatica, la concessione di prestiti a tassi preferenziali e grazie a esso le tre aziende furono in grado di sfidare la concorrenza. Fu così che esse riuscirono a cambiare il loro modo di investire, potendo spaziare in una larga scala di opportunità, guardando sia ai progetti di media o ampia dimensione con bassi rischi, sia ai progetti di esplorazione con alti rischi, iniziando a investire nelle ricerche in acque non troppo profonde, formulando contratti a lungo termine e utilizzando sempre di più i modelli di fusioni e acquisizioni (Moreira 2013, p. 146). Nonostante le difficoltà, le tre compagnie cinesi riuscirono a firmare numerosi accordi in vari paesi, ad assicurarsi concessioni di esplorazione e ad acquistare quote di altre società petrolifere.

Nel 1997, la Cnpc avviò le prime attività esplorative in Kazakistan, attraverso l'acquisizione di una parte della Aktobemunaigaz, una compagnia petrolifera locale, che gestisce le attività esplorative e lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi situati nel nordovest della regione; nel 2003 Sinopec e Cnooc cercarono di intensificare la presenza cinese nel settore degli idrocarburi, offrendosi di rilevare la quota detenuta da British Gas all'interno del consorzio di sfruttamento del giacimento misto di Kashagan, nel Mar Caspio; due anni più tardi la Cnpc rilevò la compagnia kazako- canadese PetroKazakhstan, acquisendo sia i diritti di sfruttamento dei giacimenti petroliferi di Kumkol, nel Kazakistan centrale, e del bacino del fiume Turgai, nel Kazakistan occidentale, che il controllo congiunto insieme a Kazmunaigaz del complesso di Shymkent, il principale impianto di raffinazione del paese. Nell'agosto 2005, Cnpc e Kazmunaigaz firmarono un accordo per la realizzazione dell'oleodotto sino-kazako, lungo oltre tremila chilometri che collega il terminale di Atyrau, sulla costa settentrionale del mar Caspio, alla città di Alashankou, nello Xinjiang (Ansalone 2008, pp. 51-53). Inoltre nello stesso anno, la Cnooc offrì 18,5 miliardi di dollari per acquistare la Unocal Corporation, una società statunitense centenaria, che possiede enormi risorse di petrolio e gas naturale in Nord America e in Asia. Questo gesto sconvolse tutti gli attori internazionali, in

quanto segnava l'ingresso della Cina tra le potenze mondiali e la poneva in diretta competizione con una delle più grandi compagnie petrolifere, l'americana Chevron Corporation, che aveva già presentato una sua offerta, tra l'altro più bassa di quella cinese, per l'acquisto della Unocal. Non da ultimo, la proposta cinese rappresentava il tentativo da parte del governo di Pechino di controllare un colosso energetico americano, fatto che allarmò i grandi protagonisti del settore (Klare 2010, p. 17).

Per quanto concerne il mercato africano, esso non venne tralasciato e fu un banco di prova importante per i tre colossi cinesi. La Cnpc ottenne diritti di esplorazione nel sud del Ciad e in Etiopia occidentale, la Cnooc acquistò il 45% della concessione di proprietà della South Atlantic Petroleum che possiede importanti giacimenti offshore (Panozzo 2006b). La Cnpc si impadronì di più del 40% della Greater Nile Petroleum Operating Company sudanese, mentre la Cnooc ottenne diritti di esplorazione in Kenya (Cellamare 2013 pp. 63-64).

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