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Per parto pretermine si intende un parto che si verifica prima delle 37 settimane di gestazione. Può essere ulteriormente effettuata una suddivisione che comprende: pretermine tardivo (Late Preterm): 34-36.6 settimane, pretermine moderato (Moderate Preterm): 32-33.6 settimane, basso pretermine (Low Preterm): 28-31.6 settimane, estremamente basso pretermine (Very-Low Preterm): < 28 settimane.

In letteratura ci sono numerosi studi che indagano il rischio di parto pretermine nelle pazienti con lesioni cervicali precancerose e principalmente sono stati eseguiti andando a confrontare pazienti gravide sottoposte a una procedura ablativa/escissionale rispetto a pazienti gravide senza alcuna patologia cervicale, oppure confrontando tali pazienti con una popolazione costituita da donne affette da lesioni cervicali precancerose che non sono state sottoposte a trattamento (quindi una comparazione trattate/non trattate).

Dopo un primo studio condotto da Leiman nel 1980 in cui veniva dimostrata una correlazione tra altezza del cono e tasso di parti pretermine [27], negli anni lavori simili si sono moltiplicati, dando risultati discordanti. Nel 2002 e nel 2004 ad esempio due importanti studi

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concludevano che la conizzazione non era correlata al parto pretermine [28] [29].

Nel 2006 una metanalisi condotta da Kyrgiou et al su 10 studi ha dimostrato che le donne con una LEEP precedente hanno avuto un modesto aumento del rischio di parto pretermine (RR, 1.7; 95% IC 1.24- 2.35), PROM (RR, 2.69; 95% IC 1.62-4.46) e basso peso alla nascita (RR, 1.82; 95% IC 1.09-3.06). In questo studio è stata valutata anche l’associazione tra le dimensioni del cono e il rischio di parto pretermine

concludendo che esiste un aumento significativo di parto pretermine se l’altezza del cono è maggiore di 10 mm (RR = 2.6; 95% IC 1.3-5.3), mentre non c’è una significativa differenza se l’altezza del cono è minore

di 10 mm (RR 1.5; 95% IC 0.6-3.9). [30]

Nel 2008 Arbyn et al hanno condotto una metanalisi in cui hanno esaminato i dati di 7 studi con 3600 donne trattate con LEEP prima della gravidanza e non hanno riportato alcun aumento del rischio di parto pretermine in epoca gestazionale inferiore a 32 o 34 settimane di gestazione (RR 1.2; IC 95%, 0.5-2.9) o del tasso di mortalità perinatale (RR, 1.17; 95% IC, 0.74-1.87), ma hanno notato un aumento di tale rischio nelle donne trattate con conizzazione a lama fredda.

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Entrambe queste meta-analisi, quindi, confermano che le procedure ablative (crioterapia o ablazione laser) sono più sicure in termini di outcome gravidici [31].

Da una più recente meta-analisi del 2011 emerge che anche i trattamenti ablativi sono associati a un piccolo ma significativo rischio di parto pretermine anche se inferiore a quello associato ai trattamenti escissionali. In particolare, si rileva come la elettrocoagulazione diatermica, se responsabile di una distruzione di più di 1 cm³ di tessuto, è associata a aumentata mortalità perinatale, grave parto pretermine e severo basso peso alla nascita, cioè le stesse complicanze che si ritrovano in seguito alla conizzazione a lama fredda [32].

Occorre considerare però che le tecniche ablative sono in genere riservate al trattamento di piccole aree o a displasie non severe mentre le tecniche escissionali sono utilizzate in presenza di lesioni avanzate o estese, in presenza di zone di trasformazione che si estendono in profondità nel canale endocervicale, e anche nel sospetto di invasione, ed è forse per questo che è possibile associare più facilmente i trattamenti escissionali con eventi ostetrici avversi [33].

Nel 2009 un lavoro di Jakobsson et al ha riportato un rischio simile studiando una coorte di 624 donne finlandesi che hanno partorito dopo la LEEP (RR, 2.61; 95% IC 2.02-3.2), ed hanno aggiunto un sottogruppo di

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controllo di 258 donne che hanno partorito prima e dopo una LEEP: il tasso di nascita pretermine è stato del 6.5% prima della LEEP e del 12% dopo la LEEP. [34]

Ancora, uno studio del 2009 condotto in Danimarca da Noehr et al ha dimostrato un’associazione tra la profondità del cono rimosso mediante

LEEP e rischio di parto pretermine in 566 donne con gravidanza avvenuta dopo la procedura, correggendo i risultati ottenuti in modo da eliminare i fattori confondenti che includono l’età, il fumo e lo status socio-

economico delle pazienti. I risultati hanno evidenziato una correlazione tra l’altezza del cono cervicale asportato e il rischio di parto prematuro: in

particolare, il rischio aumentava del 6% per ogni millimetro di tessuto cervicale escisso (OR 1.06; IC 1.03-1.09) e la stima dell’OR per parto prematuro dopo un cono di 10 mm risultava di 1.46 (95% IC 1.11-1.92); successivamente all’asportazione di 20 mm di tessuto cervicale l’OR

aumentava fino a 2.85 (95% IC 2.15-1.92). Inoltre la probabilità di parto pretermine aumentava di quasi 4 volte nelle donne sottoposte a 2 o più LEEP rispetto alla popolazione generale con un OR di 3.78 (IC 95% 2.58- 5.53) e di circa 2 volte se paragonate alle donne sottoposte a una sola procedura cervicale prima della gravidanza con un OR di 1.88 (IC 95% 1.27-2.78). Lo stesso studio ha negato la possibile corrispondenza tra stadio della diagnosi istologica sul cono cervicale e l’outcome ostetrico

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sfavorevole e tra il tempo intercorso tra la procedura e la gravidanza successiva. [35]

Nel 2010 Andìa et al hanno condotto uno studio caso-controllo multicentrico e retrospettivo valutando gli outcomes ostetrici in termini di età gestazionale al parto, modalità del parto stesso, indice di Apgar alla nascita ed emogas-analisi del sangue cordonale in tre gruppi di donne (Gruppo A, gravidanza dopo Large Loop Excision Transformation Zone, LLETZ; Gruppo B, gravidanza prima della LLETZ, Gruppo C di controllo con anamnesi negativa per chirurgia cervicale sia prima che dopo la gravidanza). Hanno evidenziato una differenza statisticamente significativa (p<0.05) nel rischio di parto pretermine prima delle 35 settimane gestazionali (maggiore nel Gruppo A rispetto al Gruppo C) e nel peso alla nascita che risultava in media minore nei neonati di donne sottoposte a conizzazione rispetto alla popolazione generale. Non sono state osservate differenze statisticamente significative tra il Gruppo A e il Gruppo B. Per quanto riguarda le altre variabili prese in considerazione, non sussistevano differenze statisticamente significative tra i tre gruppi presi in esame. [36]

Uno studio retrospettivo del 2010 ha valutato gli esiti ostetrici dopo conizzazione confrontando 34 donne trattate con un gruppo di controllo di gravide di pari numero: questo confronto ha mostrato una correlazione tra

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conizzazione e outcome neonatali con un aumentato rischio di parto pretermine e basso peso alla nascita [37].

Anche un successivo studio retrospettivo caso-controllo confrontando un gruppo di pazienti sottoposte a conizzazione con la popolazione generale, ha rilevato come l’appartenenza alla popolazione che ha ricevuto

trattamento rappresenti un fattore di rischio indipendente per parto pretermine (in questo caso prima delle 34 settimane) e per peso alla nascita decisamente più basso (tenuto conto anche della correlazione con la minore età gestionale) [38].

In contrapposizione a tali dati, altri studi non hanno dimostrato un aumento degli outcome ostetrici sfavorevoli dopo LEEP. Acharya et al in uno studio retrospettivo caso-controllo condotto su 89 donne successivamente alla LEEP hanno confrontato i dati ottenuti con un gruppo di 158 donne di controllo concludendo che non esiste alcuna differenza significativa tra i due gruppi in termini di peso alla nascita o di incidenza di parto prematuro. Tuttavia è stato notato un aumento di quattro volte del rischio di parto pretermine (OR 4.0; IC 95 %, 1.0-16; p=0.05) e basso peso alla nascita (OR 14.0; 95% IC, 1.7-114; p=0.01) nel sottogruppo di donne con un’altezza del cono maggiore di 25 mm. [39]

In uno studio retrospettivo del 2010 Werner et al su un campione di 241701 donne che avevano partorito tra il 1992 e il 2008 in un singolo

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centro, e tra queste 511 erano state sottoposte a LEEP nello stesso ospedale prima della gravidanza e 842 erano state sottoposte a LEEP dopo la gravidanza, non rilevano alcuna differenza nell’incidenza di parto

prematuro tra la popolazione generale e le donne sottoposte a LEEP prima o dopo la gravidanza, tenendo conto di fattori di confondimento quali l’età, l’etnia e la nulliparità. Addirittura è emerso che l’unica differenza

significativa fosse di natura opposta: il rischio di parto prematuro tra le 34 e le 36 settimane di gestazione era ridotto nelle donne sottoposte a LEEP. [40]

Uno studio del 2018, infine, afferma come la correlazione tra conizzazione e parto pretermine non sia significativa se si prende in esame una popolazione costituita da donne che ha effettuato un unico intervento di LEEP, ma che viceversa diventa importante se si considera una popolazione che ha eseguito due o più LEEP [41].

Ci sono dunque in letteratura significative evidenze che da un lato supportano decisamente e dall’altro negano l’associazione tra

conizzazione e parto prematuro. Il rapporto tra trattamento delle lesioni precancerose e parto pretermine rimane quindi poco chiaro. Questo è a nostro parere in gran parte dovuto alle cause multifattoriali e poco determinabili che portano all’evento “parto pretermine”.

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A livello speculativo si può ipotizzare che una delle cause di parto pretermine può essere rappresentata dall’alterazione dell’ambiente

microbico cercicovaginale caratteristico delle infezioni croniche da HPV che, a sua volta, potrebbe favorire la colonizzazione del tratto genitale superiore per via infettiva ascendente. Sappiamo bene, infatti, come le infezioni del tratto genitale superiore, innescando l’attivazione del sistema

immunitario con la conseguente cascata infiammatoria, contribuiscano alla genesi del parto pretermine attraverso diversi meccanismi, tra cui la rottura delle membrane [42].

Per sostenere questa tesi dell’“ambiente cervicovaginale modificato”

occorre confrontare il gruppo affetto con un gruppo di controllo appropriato, cioè donne trattate con procedure escissionali con donne che presentano displasia cervicale non trattate. Un importante studio ha mostrato come il rischio di parto pretermine sia più alto in generale nelle donne con diagnosi di displasia, a prescindere dal fatto di aver eseguito o meno il trattamento, rispetto alla popolazione generale. [43]

Anche un altro studio non ha riportato alcun aumento di parti pretermine dopo conizzazione rispetto alle donne con displasia cervicale non sottoposte a trattamento, suggerendo quindi fattori di rischio comuni a tutte le donne affette da neoplasie cervicali intraepiteliali (forse comportamentali sessuali). Ad esempio le vaginosi batteriche associate a

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rottura prematura e pretermine delle membrane sono state riscontrate più di frequente nelle donne con CIN rispetto alla popolazione generale [44] [45].

È importante considerare che se da una parte l’alterazione dell’ambiente

microbico cervicovaginale può essere la causa di infezioni ascendenti e di parto pretermine è anche vero che la cervice ricopre un ruolo fondamentale in termini di barriera nei confronti delle infezioni di natura ascendente durante la gravidanza. Questa difesa cervicale si realizza tramite un duplice effetto, meccanico e antimicrobico, esercitato dal tappo di muco cervicale che ricopre quindi il ruolo di confine isolante il tratto genitale superiore dall’inferiore [46].

Il tappo mucoso cervicale è composto da svariate sostanze, alcune di natura antimicrobica quali defensine, lisozima, lattoferrina e inibitori secretori delle leucoproteasi. Queste proteine svolgono un importante ruolo nell’immunità innata e rappresentano una prima e fondamentale

linea di difesa nei confronti degli agenti patogeni. Il muco cervicale contiene anche immunoglobuline, quindi effettori dell’immunità

adattativa, svolgendo il ruolo di opsonizzazione dei batteri con conseguente attivazione dei macrofagi.

Dopo una procedura escissionale la cervice guarisce mediante una rigenerazione principalmente svolta da parte delle componenti cellulari

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esocervicali con formazione di tessuto cicatriziale, mentre la rigenerazione delle ghiandole endocervicali responsabili della produzione di muco resta spesso limitata. Si può quindi ipotizzare che tutto ciò porti a una minore produzione di muco cervicale con conseguenti ricadute sulla risposta immunitaria e una maggiore predisposizione alle infezioni del tratto genitale superiore. Un lavoro del 2010 dimostra come le modificazioni strutturali della cervice in seguito a parziale distruzione delle ghiandole endocervicali siano associate a cambiamenti nella quantità e nella composizione biochimica del muco (41).

Lavori successivi hanno mostrato come le capacità rigenerative della cervice uterina debbano essere messe in relazione con la quantità di tessuto escisso: meno tessuto cervicale viene rimosso maggiore è la rigenerazione della cervice, in particolare il volume cervicale rimanente immediatamente dopo la LEEP dovrebbe essere almeno pari al 86% del valore iniziale (42). Da queste considerazioni è nata l’importante

consapevolezza che per la valutazione delle complicanze ostetriche sia importante la correlazione di queste con la quota di tessuto cervicale asportato.

Altri studi riferiscono che l’età gestazionale media al parto era 0.6

settimane più bassa nei casi in cui la dimensione del cono era di 15 mm, e due settimane inferiore quando l’altezza del cono era di 25 mm [39].

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In uno studio del 2012 vengono valutati gli esiti di 106 gravidanze insorte dopo conizzazione (entro un tempo mediano di 24 mesi) rispetto a una popolazione di controllo (rapporto 1:2) appaiata per età al parto, storia gestazionale, parità, fumo di sigaretta e positività all’HIV. L’altezza media del cono era di 1.4 cm (+/-4.9 mm) e le pazienti sottoposte a conizzazione mostravano un rischio significativamente più alto di rottura prematura delle membrane, di travaglio pretermine e di ospedalizzazione prenatale. Nel gruppo di studio circa il 18% erano stati parti pretermine di cui il 6% prima delle 34 settimane, il che era notevolmente superiore rispetto al gruppo di controllo dove non si era verificato alcun parto prima delle 34 settimane. Non veniva inoltre riscontrata alcuna differenza nella modalità del parto, se spontaneo o cesareo. Inoltre i neonati delle madri sottoposte a chirurgia erano significativamente più piccoli in termini di lunghezza e di peso rispetto al gruppo di controllo [47].

Altri studi hanno valutato la profondità del cono e il rischio di parto pretermine, alcuni riportando un aumento del 6% del rischio per ogni millimetro di cono escisso [35], altri rilevando un rischio di rottura prematura delle membrane più alto se l’altezza del campione è superiore

a 17 mm (con un RR: 3.0), raccomandando quindi un atteggiamento chirurgico conservativo nelle donne in età riproduttiva [48].

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Uno studio del 2011 condotto su 1558 donne sottoposte a LEEP per HSIL ha concluso che coni di profondità inferiore a 10 mm dovrebbero essere l’obiettivo per le donne in età riproduttiva (<35 anni) per evitare i

potenziali effetti avversi nelle future gravidanze e questo senza peraltro temere di incrementare il rischio di ricorrenza di malattia in questo gruppo di donne poiché il trattamento con conizzazioni più ampie non riduce il tasso di ricorrenza (pari al 4.3% vs 3.4%). Allo stesso tempo, per le donne di età superiore ai 35 anni la profondità del cono dovrebbe essere di almeno 10 mm per ritenersi adeguata e ridurre il rischio di recidive. È importante questo aspetto età-dipendente perché l’anatomia cervicale subisce una modificazione per quanto riguarda la giunzione squamo- colonnare: nelle giovani donne si trova più frequentemente una cervice di tipo 1 o 2, cioè una morfologia cervicale che comprende l’intera giunzione squamo-colonnare visibile alla colposcopia, mentre nelle donne più anziane si assiste a uno spostamento della giunzione all’interno del canale

cervicale che rende la stessa non interamente visibile alla colposcopia [49].

Un’altra ipotesi sull’associazione causale tra procedure escissionali e il parto pretermine riconosce l’importanza svolta dal tessuto connettivo

cervicale, immaginando una debolezza e una riduzione della capacità di sostegno da parte di questa struttura durante la progressione della

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gravidanza. Per questo alle donne sottoposte a conizzazione dovrebbe essere consigliata l’attesa di almeno 2-3 mesi prima di una gravidanza perché il concepimento durante questo periodo di tempo potrebbe essere associato a un aumentato rischio di parto pretermine. Tuttavia non è stata ancora ben definita la finestra temporale ideale tra LEEP e concepimento [50].

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