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Legge dell'induzione elettromagnetica

Nel documento introduzione_alle_reti.pdf (pagine 116-125)

Si consideri un conduttore di resistenza R disposto nel piano co- me è indicato a tratto continuo in Figura 8.2 ed alimentato, trami- te un interruttore, da un generatore di tensione costante. Chiuso l'interruttore 1, l'esperienza mostra quanto segue.

Nel circuito circola una corrente i1(t) (misurata dall'amperome-

tro A) variabile nel tempo che genera un campo magnetico le cui linee di forza, tangenti al vettore ~B, avvolgono la corrente essen- do orientate con la regola del cavatappi (Figura 8.3). Il usso del vettore quindi entra dall'alto verso il basso (simbolo +) nel- la supercie delimitata dal conduttore che costituisce il circuito di Figura 8.2, mentre esce dalla supercie esterna al conduttore (simbolo •).

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Figura 8.2: Il circuito oggetto di studio

Figura 8.4: Transitorio di inserzione a) e disinserzione b)

La corrente i1(t) perviene al valore di regime I = Vg/R (dove

R è la resistenza del circuito) seguendo un transitorio del tipo

indicato in Figura 8.4a (una curva esponenziale) e se ne conclude, in base alla legge alle maglie, che no a che la corrente cambia nel tempo, essendo Vg− Ri1(t) > 0, nel circuito si manifesta una

tensione e(t), che si oppone al passaggio della corrente.

Se ora si dispone un secondo conduttore, sagomato come il primo

ed a questo immediatamente adiacente (tratteggiato in Figura 8.2), ripetendo la precedente esperienza si trova che il voltmetro V in Figura 8.2 segnala in questo conduttore la presenza di una tensione variabile pari ad e(t); se poi il secondo conduttore viene sagomato nel senso di realizzare N spire tutte strettamente ridos- sate al primo conduttore allora il voltmetro segnala una tensione pari a Ne(t).

Se il circuito del secondo conduttore viene ristretto no a ridurlo

ad una striscia sottile all'interno dell'area delimitata dal primo conduttore oppure se il secondo conduttore viene allargato no ad assumere dimensioni L À l, si veda Figura 8.5, allora si trova che la tensione nel secondo circuito diviene evanescente (e1 ≈ 0,

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Figura 8.5: Misure ai morsetti

Una volta pervenuti alla corrente di regime se si chiude l'interruttore 2 e si apre l'interruttore 1, l'esperienza mostra quanto segue.

La corrente nel primo conduttore si annulla con legge esponenzia-

le (si veda la Figura 8.4b) e cioè (in base alla legge alle maglie) nel circuito è presente una tensione e(t) = Ri1(t) (che agisce

in verso opposto a quella precedente) che si annulla quando la corrente è pervenuta al valore nullo di regime (la tensione, a dierenza del caso precedente, agisce nel senso di mantenere la corrente nel circuito).

Nel secondo conduttore, quello tratteggiato in Figura 8.2, il volt-

metro segnala una tensione, negativa, pari ad e(t).

Le esperienze ora descritte portano ad attribuire l'insorgere di una tensione variabile in un circuito al fatto che esso concatena un usso magnetico variabile nel tempo. Questa è infatti la grandezza in co- mune tra i due circuiti di Figura 8.2. Tale grandezza risulta ampliata proporzionalmente al numero di spire del secondo circuito e ridotta per eetto delle variazioni dell'area del secondo circuito. Un altro

Figura 8.6: Circuito equivalente agli eetti dei transitori elettrici

modo per esprimere i risultati descritti consiste nell'aermare (usan- do il linguaggio di M.Faraday, che mise a punto l'esperimento) che l'elettricità genera magnetismo ed il magnetismo genera elettricità.

La formulazione matematica della legge dell'induzione elettroma- gnetica che lega il usso concatenato da un circuito alla tensione che in esso viene indotta (quando si adoperino le convenzioni di misu- ra indicate nella Figura 8.2) è dovuta a J.C.Maxwell. La legge in questione, detta anche legge di Faraday-Maxwell, è quella presentata nella (8.2), dove ψ è il usso totale concatenato dal circuito, misurato in Weber [W b = V · s].

e =

dt (8.2)

Conviene a questo punto riettere anche sul nome da assegnare alla grandezza e descritta dalla legge di (8.2). In proposito si osserva che, collegato il circuito tratteggiato di Figura 8.2 ad un resistore, in questo, per eetto della circolazione della corrente, si dissipa energia e questa, dato che nel secondo circuito non vi è alcuna fonte energe- tica, non può che esser trasferita dal primo circuito tramite il campo magnetico variabile. Se si conviene di chiamare forza elettromotri- ce (abbreviato nel seguito con f.e.m.) ogni grandezza, omogenea con una tensione, che moltiplicata per la corrente presente in un circuito esprime la potenza scambiata con sistemi sici interagenti non elet- trici (con questa denizione la tensione che la pila Daniell presenta quando non eroga corrente è una f.e.m.) allora la grandezza espressa dalla legge di Faraday-Maxwell potrà ragionevolmente chiamarsi for-

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za elettromotrice indotta (in luogo di tensione indotta, che è un'altra denominazione compatibile).

Con riferimento alle Figure 8.2-8.5 si osserva che il campo magneti- co è generato dalla corrente presente nella spira (circuito 1) alimentata dalla pila e che, in base alla esperienza di Ampère, l'induzione ~B in ogni punto del campo è proporzionale alla corrente i1. Ne consegue

che il usso ψ11 (dell'induzione magnetica ~B) generato da i1 e con-

catenato con il circuito 1 è proporzionale alla corrente. Si chiama autoinduttanza del circuito 1 il rapporto L11 = ψ11/i1. Il parametro

autoinduttanza consente di descrivere i fenomeni relativi al circuito 1 con il circuito equivalente di Figura 8.6.

Anche il circuito 2 (quello tratteggiato nelle due gure) concatena un usso ψ21 generato dalla corrente i1, proporzionale a tale corrente

e funzione della disposizione spaziale di tale circuito. Si chiama mu- tua induttanza (il primo indice è quello del circuito che concatena il usso, il secondo indice è quello del circuito in cui circola la corrente che genera il campo) il rapporto L21 = ψ11/i1. Avvalendosi di tali

parametri la legge dell'induzione elettromagnetica per i circuiti 1 e 2 si scrive come è precisato nella (8.3) quando tutte le grandezze in gioco siano misurate come è indicato nella Figura 8.2.

e11 = L11pi1

e21 = L21pi1

(8.3)

8.2.1 Esempi applicativi

Verranno ora presentati alcuni esempi applicativi al ne di evidenziare meglio le proprietà espresse in precedenza della legge dell'induzione elettromagnetica.

Si considerino i sistemi indicati in Figura 8.7 e si vogliano calcolare le indicazioni dei voltmetri, positive nel verso indicato.

La determinazione di tali indicazioni equivale al calcolo della f.e.m. indotta nelle spire con le direzioni indicate in Figura 8.7 ed in partico-

(a)

(b)

Figura 8.7: Spire elementari

lare si utilizzerà la relazione (8.4) nel caso di Figura 8.7a e la relazione (8.5) nel caso di Figura 8.7b.

e = −dϕ

dt (8.4)

e =

dt (8.5)

In generale, se il verso positivo della misura della f.e.m. coincide con il verso positivo per la misura di corrente individuato dalla re- gola del cavatappi, allora si dovrà utilizzare la ( in questa pagina), viceversa la (8.5).

Si consideri ora il sistema rappresentato in Figura 8.8 costituito da una spira rotante a velocità angolare ω costante, immersa in un campo di induzione magnetica ~B(t) distribuito in maniera uniforme nello spazio, ma di modulo variabile nel tempo.

Il usso concatenato con la spira può essere calcolato come indicato in (8.6), osservando che la direzione di ~B rimane costante nel tempo (per ipotesi).

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Figura 8.8: Spira rotante

ψ = Z

SB(t) · ~ndS = B(t)S cos(ωt)~ (8.6)

La f.e.m. indotta può essere dunque calcolata come indicato in (8.7).

e = dt =

dB

dt S cos(ωt) − ωBS sin(ωt) = et+ em (8.7)

Analizzando la forma della (8.7) si può notare come la f.e.m. totale si composta da due termini: un termine et presente solo se il valore

di B varia nel tempo ed un termine em presente solo se la velocità di

rotazione della bobina non è nulla. Più in generale, la f.e.m indotta in una bobina conviene scomporla in un termine et, che prende il nome

di f.e.m. trasformatorica, dovuto a variazioni di usso determinate da variazioni di intensità dei campi magnetici non imputabili a variazioni geometriche del sistema ed in un termine em, che prende il nome di

f.e.m. mozionale, dovuto a variazioni di usso imputabili a variazioni geometriche del sistema.

I legami espressi dalle (8.3) hanno validità solo nel caso in cui il rapporto ψ/i rimanga costante per ogni valore di usso e corrente. Questa approssimazione è vera solo se il campo magnetico si svolge in materiali dalle caratteristiche opportune. In questo Paragrafo si analizzeranno i tipici materiali in cui si svolge il campo magnetico evidenziando le procedure che consentono il calcolo delle grandezze magnetiche.

Per studiare le proprietà magnetiche di un materiale conviene rea- lizzare un provino della forma indicata in Figura 8.9, ottenuto per rotazione di un cerchio (o di un rettangolo) di raggio r ¿ R (lun- ghezza l) attorno ad un asse n − n. Sul provino si avvolgono poi N spire di materiale conduttore uniformemente serrate1.

Se si alimenta l'avvolgimento con un generatore di tensione co- stante tale da iniettare una corrente I costante nell'avvolgimento, si può constatare che il campo magnetico è delimitato dalle pareti del toroide che costituisce dunque un tubo di usso per il vettore indu- zione magnetica ~B. All'interno del toroide le linee di forza del cam- po magnetico sono circonferenze con centro sull'asse di rotazione ed orientate secondo la legge del cavatappi ed Il campo è con buona ap- prossimazione uniforme ( ~B ha il medesimo modulo in qualsiasi punto del cerchio generatore del toroide).

8.3.1 Proprietà magnetiche dei materiali

Utilizzando il sitema descritto nel precedente paragrafo è possibile individuare alcune proprietà magnetiche intrinseche dei materiali. In base a tali proprietà si evidenziano le seguenti tipologie di materiali.

I materiali non magnetici (isolanti magnetici) che presentano

una caratteristica di magnetizzazione lineare, la cui pendenza è in pratica uguale per tutti i materiali di questa categoria e pari alla permeabilità magnetica dell'aria µo = 4π · 10−7 [H/m], si

veda Figura 8.10.

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