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1. L’evoluzione della disciplina: dal codice del ’42 al Jobs Act

1.2. La legge n 183/2014 (c.d Jobs Act)

Lo Statuto dei lavoratori ha costituito, per quasi cinquant’anni, uno strumento di tutela per il prestatore di lavoro, all’interno dell’equo bilanciamento degli interessi di quest’ultimo con quelli dell’organizzazione aziendale. Tuttavia, lo scenario economico e sociale del mondo del lavoro ha subito cambiamenti che hanno portato numerosi studiosi a ritenere che il contenuto di alcuni articoli dello Statuto dei lavoratori fosse difficilmente compatibile con la nuova realtà delle imprese italiane.

In un contesto di crisi economica e sociale, con difficoltà di crescita connesse al deficit di produttività del lavoro e con innovazioni che determinano cambiamenti organizzativi rapidi e continui, per mantenere la propria posizione di mercato, le imprese devono necessariamente focalizzarsi su flessibilità e velocità. L’obiettivo annunciato dall’articolo 1 della legge 10 dicembre 2014, n.183 (c.d. Jobs Act) è appunto quello di rendere i contratti di lavoro “coerenti con le attuali esigenze del contesto

occupazionale e produttivo”, promuovendo il contratto di lavoro subordinato a tempo

indeterminato come “la forma comune di rapporto di lavoro”. Il contratto di lavoro subordinato è stato reso, però, più flessibile dal Jobs Act proprio per raggiungere l’obiettivo citato, sia in fase di assunzione ovvero di licenziamento, sia durante il rapporto di lavoro (come si avrà modo di vedere più avanti analizzando le modifiche apportate alla disciplina delle mansioni)67.

La riforma nota come Jobs Act si articola di alcuni punti principali che sono rivolti ad incentivare le assunzioni da parte delle imprese, attraverso manovre di flessibilità e

67 M.BROLLO, Commento all’art.3, d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81: le tipologie contrattuali e lo jus variandi,

semplificazione, sempre cercando di garantire la tutela dei lavoratori: tutele crescenti, politiche attive, maternità, flessibilità, tutela del lavoro, semplificazione.

Per incentivare l’utilizzo del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato è stato introdotto il modello del contratto a tutele crescenti68, il quale sostituisce l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (contenente molti aspetti ideologici ormai superati). La novità principale del contratto a tutele crescenti, il quale interessa tutte le aziende, riguarda la previsione di tutele maggiori nel medio-lungo periodo in relazione all’anzianità di servizio e le nuove regole al verificarsi di licenziamenti illegittimi: al fine di ridurre la discrezionalità del giudice, la tutela reale del reintegro, a seguito di licenziamento, è limitata ai casi di lavoratori licenziati per motivi discriminatori e per alcune fattispecie di licenziamenti disciplinari, mentre per i licenziamenti economici illegittimi resta solo l'indennizzo; inoltre è stata introdotta una transazione extragiudiziale di conciliazione al fine di evitare il contenzioso giudiziario69. Il contratto a tutele crescenti, nelle intenzioni del legislatore, deve rappresentare la modalità base di assunzione, infatti lo scopo del Jobs Act è anche quello di porre in essere un riordino delle varie tipologie contrattuali. Dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo 81/2015, infatti, sono stati eliminati job sharing, associazione in partecipazione e co.co.pro, tuttavia rimangono in essere ancora molti contratti atipici poiché non è stata individuata una soluzione alternativa adeguata, come è stato ammesso dallo stesso Ministro del lavoro Giuliano Poletti dopo il disegno dello schema del decreto nel febbraio 2015.

Un secondo obiettivo della riforma è il rafforzamento delle politiche attive, le quali sono indirizzate a facilitare la ricollocazione del lavoratore, mediante Servizi per l’impiego (coordinati dalla nuova Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro) che favoriscano l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e promuovano le attività di orientamento, avviamento alla formazione e al lavoro, al fine di garantire livelli essenziali di prestazione in tutto il territorio70.

68 D.lgs. 4 marzo 2015, n. 23.

69http://www.jobsact.lavoro.gov.it: “tutele crescenti”. 70http://www.jobsact.lavoro.gov.it: “politiche attive”.

Tra gli obiettivi del Jobs Act vi è anche quello della tutela della maternità e di valorizzare l’esperienza genitoriale, conciliando i tempi di vita e di lavoro delle donne e promuovendo i sistemi di welfare aziendale: congedo di maternità obbligatoria più flessibile, congedo parentale per le lavoratrici autonome, congedi parentali per i genitori adottivi o affidatari, congedi trimestrali dal lavoro per le donne vittime di violenza di genere sono solo alcune delle novità introdotte in materia71.

In materia di tutela del lavoro, il Jobs Act intende promuovere l’equità sociale sostenendo il reddito dei disoccupati attraverso le riforme dell’ASPI (Assicurazione Sociale per l’Impiego) e della CIG (Cassa integrazione guadagni). L’accesso alla Nuova ASPI (NASPI) è previsto anche per i lavoratori che hanno versato pochi contributi, i quali riceveranno il vecchio sussidio di disoccupazione in proporzione a quanto versato, inoltre coloro che verseranno in situazioni ancora più difficili avranno diritto all’assegno di disoccupazione involontaria (ASDI) al termine della NASPI. Coloro che hanno versato una quantità importante di contributi avranno diritto ad una ASPI di durata superiore ai 18 mesi previsti ora. Per quanto riguarda la riforma della CIG, le novità consistono nel fatto che non sarà più possibile autorizzare la Cassa Integrazione in caso di una definitiva cessazione dell’attività aziendale e per i lavoratori sospesi (in costanza di rapporto di lavoro) vi saranno nuovi limiti di durata sia per la CIG ordinaria (oggi di 2 anni) sia per quella straordinaria (oggi di 4 anni). La revisione di questa disciplina vuole garantire un sostegno del reddito dei lavoratori durante i periodi di crisi aziendale sempre in proporzione alla storia contributiva del lavoratore. Sempre all’interno del tema della tutela del lavoro rientra il programma di ostacolare tutte le forme di lavoro nero o irregolare, nonché di semplificare le attività di prevenzione e promozione in materia di salute e sicurezza72.

Infine, gli obiettivi di flessibilità e semplificazione si riferiscono al perseguimento di una gestione del rapporto di lavoro in modo coerente al contesto produttivo, in particolare attraverso la riforma delle mansioni in vigore dal 25 giugno 2015. Con riferimento al

71http://www.jobsact.lavoro.gov.it: “maternità”. 72http://www.jobsact.lavoro.gov.it: “tutela del lavoro”.

d.lgs. 81/2015, il quale sarà oggetto di studio nei seguenti paragrafi, è però problematica l’individuazione dell’ambito di applicazione, in quanto la giurisprudenza più recente ha emanato due sentenze, entrambe il 30 settembre 2015, dall’esito contrapposto. Secondo il Tribunale di Roma la riforma delle mansioni si deve applicare anche a tutti i rapporti di lavoro iniziati prima del 25 giugno 2015 con effetto retroattivo su possibili demansionamenti ritenuti illeciti in base alla previgente disciplina. Secondo il Tribunale di Ravenna, al contrario, l’effetto della riforma colpirà solamente i rapporti instaurati dopo il 25 giugno 2015 senza effetti su quelli che erano, e continueranno ad essere in base a tale interpretazione, demansionamenti illeciti73.

A distanza di più di un anno dall’entrata in vigore del Jobs Act potrebbe essere interessante osservare i dati sull’occupazione per capire quali risultati abbia portato provvisoriamente la riforma (di cui non ci si occupa in questa tesi).