5. L’adibizione a mansioni inferiori nel nuovo articolo 2103
5.2. Ulteriori ipotesi di adibizione a mansioni inferiori previste dalla contrattazione
Continuando l’esposizione delle deroghe espresse al divieto di adibire il lavoratore a mansioni appartenenti al livello inferiore, il quarto comma dell’art. 2103 c.c. prevede
“ulteriori ipotesi di assegnazione di mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore”. Quanto disposto indica che il datore di lavoro possa, al di fuori di quanto già
visto nel secondo comma, spostare in modo unilaterale il lavoratore a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore. I termini “ulteriori” e “assegnazione” fanno propendere, infatti, per un’interpretazione del quarto comma quale estensione del secondo323 con alcune differenze significative.
321 C. PISANI, La nuova disciplina del mutamento delle mansioni, Giappichelli, Torino, 2015, pag. 81. 322 M. MISCIONE, 2015.
Innanzitutto, alla domanda su quali possano essere le ulteriori ipotesi, la risposta è fornita dallo stesso comma 4: devono essere quelle espressamente previste dai contratti collettivi324.
Il legislatore ha, quindi, stabilito che possano esistere delle altre ipotesi di adibizione a mansioni inferiori, le quali possono anche non possedere la causale della modifica degli assetti organizzativi che incida sulla posizione del lavoratore (caratterizzante le ipotesi di cui al secondo comma)325.
La scelta del legislatore è stata quella di rinviare alla contrattazione collettiva la regolamentazione di tale disciplina, in modo totale ed esclusivo, ritenendo che la fonte collettiva (riconosciuta qui come fonte normativa) sia idonea a garantire la meritevolezza della situazione che legittimi lo ius variandi in pejus, nonostante questo non faccia parte dei compiti che le sono propri326, e anche senza la necessaria presenza di una ristrutturazione, o riorganizzazione o conversione aziendale327.
Non sembra esserci, dunque, alcun limite legale alle previsioni che l’autonomia collettiva possa fare in tema di ulteriori ipotesi di adibizione a mansioni inferiori328 (presumibilmente la contrattazione collettiva potrà disporre il demansionamento per ragioni del tutto elastiche)329, a condizione che siano espressamente convenute e purché queste non superino gli altri limiti espressi dalla norma.
Infatti, il quarto comma, pur eliminando la necessità di una causale legata a situazioni di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidano sulla posizione del lavoratore, ribadisce l’obbligatoria presenza del medesimo doppio limite valido anche per le ipotesi del secondo comma: lo spostamento è limitato al livello inferiore immediatamente prossimo e deve avvenire all’interno della medesima categoria legale.
324 Di qualsiasi livello, nazionale, territoriale o aziendale, purché stipulati dalle associazioni sindacali
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
325 M.BROLLO, Commento all’art.3, d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81: le tipologie contrattuali e lo jus variandi,
ADAPT LABOUR STUDIES E-BOOK SERIES, 2015.
326 http://www.plusplus24lavoro.ilsole24ore.com, “Prime considerazioni e alcuni dubbi di costituzionalità
sulla nuova disciplina delle mansioni”, di G. FRANZA, 1 ottobre 2015.
327 C. PISANI, La nuova disciplina del mutamento delle mansioni, Giappichelli, Torino, 2015, pag. 83-84. 328 Tali scelte sono del tutto insindacabili dal giudice.
329 M.BROLLO, Commento all’art.3, d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81: le tipologie contrattuali e lo jus variandi,
Per espressa previsione del comma quinto, inoltre, anche in questo caso è necessaria la forma scritta ab substantiam a pena di nullità della comunicazione dello spostamento di mansioni, ed è previsto il diritto del lavoratore alla conservazione del livello di inquadramento e del trattamento retributivo “in godimento” (depurato dagli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento delle precedenti mansioni). Non appare esserci alcun dubbio sull’applicabilità del disposto del terzo comma sull’obbligo formativo, tuttavia, dal momento che i contratti collettivi hanno la libertà di prevedere altre ipotesi di adibizione a mansioni appartenenti al livello inferiore, presumibilmente all’interno degli stessi sarà già previsto tale onere di aggiornamento professionale.
La circostanza di avere rimandato ai contratti collettivi la regolamentazione di questa disciplina è una fattispecie del tutto nuova in materia, poiché la contrattazione collettiva non si limita ad integrare la regola ma disciplina in tutto e per tutto le ulteriori ipotesi di spostamento “in basso” del lavoratore.
Si può, però, individuare una analogia con l’articolo 4, comma 11, legge n. 223/1991, il quale è stato trattato in precedenza in tema di lavoratore ritenuto eccedente. Questa norma riguarda i licenziamenti collettivi e prevede, come già visto, che gli accordi sindacali possano “assegnare a mansioni diverse da quelle svolte” i lavoratori ritenuti eccedenti, in alternativa ad un licenziamento giustificato330.
Anche in questo caso, la norma concede ai contratti collettivi il potere di disporre di diritti del lavoratore normalmente indisponibili. A causa della sua limitata applicazione dal 1991 ad oggi, tuttavia, non esiste adeguata giurisprudenza che permetterà di risolvere, per analogia, le problematiche che potranno ragionevolmente sorgere in futuro sull’applicabilità di tale quarto comma331. Un esempio su tutti è il problema dell’efficacia soggettiva del contratto collettivo: per risolvere il problema dell’applicazione generalizzata di tali accordi collettivi appare opportuno riferirsi
330 Per ulteriori chiarimenti si rimanda alla norma.
331 M.BROLLO, Commento all’art.3, d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81: le tipologie contrattuali e lo jus variandi,
all’inscindibilità del loro contenuto, il quale deve essere accettato dal lavoratore nella sua interezza332.
Un’ultima considerazione merita di essere fatta sulla scelta del legislatore di rimandare ai contratti collettivi la regolamentazione delle ulteriori ipotesi di adibizione unilaterale a mansioni inferiori. Tale scelta appare, infatti, perfettamente allineata con quanto attuato dal legislatore all’interno dell’articolo 3 del decreto legislativo 81/2015 e, più in generale, in tutto il decreto.
Appare molto diffusa, infatti, la scelta di rimandare alla contrattazione collettiva la regolamentazione di alcuni aspetti della disciplina, basti ricordare, con riferimento al nuovo testo dell’articolo 2103 c.c., tutte le fattispecie previste:
L’utilizzo del criterio del medesimo livello e categoria legale rimanda in modo implicito alla contrattazione collettiva, dato che è affidato a quest’ultima il compito di definire i criteri di appartenenza all’una o all’altra categoria, nonché le declaratorie dei diversi livelli;
Il periodo stabilito per l’adibizione a mansioni superiori è esplicitamente affidato ai contratti collettivi;
Per ultimo il caso appena trattato delle ulteriori ipotesi di adibizione a mansioni inferiori che possono essere previste dall’autonomia collettiva.
Esistono, così, solo all’interno dell’articolo 2103, come da modifiche attuate dall’articolo 3 del d.lgs. 81/2015, ben tre rinvii alla contrattazione collettiva, circostanza che evidenzia l’importanza concessa a quest’ultima dalla riforma.
La scelta del legislatore, quindi, nel suo intento di portare chiarezza in una materia da sempre un po’ oscura per i molteplici dubbi interpretativi, è stata quella di definire la nuova disciplina delle mansioni eliminando alcune fonti di incertezza (in primis il criterio dell’equivalenza) e attribuire all’autonomia collettiva la facoltà di stabilire altre fattispecie (ad esempio i limiti dello spostamento a mansioni diverse e le ulteriori ipotesi di mansioni inferiori), idonee a risolvere le possibili diatribe.
In un certo senso, con riferimento alle ipotesi di adibizione unilaterale a mansioni appartenenti al livello inferiore, l’aver concesso una tale libertà all’autonomia collettiva è indice di una riduzione delle garanzie di tutela della professionalità: affinché una ipotesi di spostamento in pejus sia possibile, è sufficiente che sia stabilita nei contratti collettivi. Tale comma teoricamente si presta, così, ad infinite fattispecie di modifica peggiorativa, seppur nei limiti ivi descritti della stessa categoria legale e del solo livello inferiore.