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La prospettiva di Landolfi non sembra trovare una collocazione precisa all’interno delle tendenze individuate fino a questo punto. È quindi necessario ordinare i dati a disposizione per tentare la ricostruzione a posteriori di una possibile poetica della traduzione in Landolfi.

A questo proposito è bene però partire da una premessa di tipo metodologico. Moltissime possono infatti essere le motivazioni che animano e indirizzano un’analisi della traduzione: un’utile categorizzazione per orientarsi nell’ampio panorama di questo ambito di studi è quella presentata nelle pagine introduttive del saggio di Antoine Berman Pour une critique des traduction.128 Lo studioso francese mette in guardia dal pericolo insito nell’affrontare un’analisi della traduzione senza soffermarsi sul metodo e su una preliminare riflessione intorno al concetto di traduzione. Molti sono gli studi che percorrono questa strada, ma secondo l’autore ciò li porta inevitabilmente a confrontarsi anche in modo inconsapevole con un concetto di “traduzione ideale” che «invisiblement, joue le rôle de tertium comparationis»,129

indebolendo il valore delle trattazioni.

Nella classificazione successiva, Berman si occupa invece di due tipi di analisi agli antipodi per metodo e finalità, ma similmente caratterizzate da una forma «forte». Da

128 Antoine Berman, Pour une critique des traductions : John Donne, Gallimard, Paris 1994.

43 un lato si trovano le analisi «engagée» di Henry Meschonnic, che si avvalgono di una teoria esplicita della traduzione e della scrittura ed esaminano, giudicano e attaccano polemicamente le traduzioni che non corrispondono a tale concezione, operando un confronto serrato di originale e traduzione. Al polo opposto vengono presi in considerazione gli studi dei traduttologi legati alla scuola funzionalista di Tel-Aviv (da Even-Zohar – già più volte citato – a Gideon Toury e Annie Brisset), che abbandonano l’approccio prescrittivo in favore di uno descrittivo e “neutro”, proponendosi un’analisi obiettiva e scientifica del testo tradotto all’interno del sistema della lingua d’arrivo (un’analisi, dunque, target oriented),130 grazie alla quale la traduzione non viene giudicata, ma studiata nel sistema di trasformazione che rappresenta e nelle «norme» traduttive – storicamente e socialmente determinate – che mette in atto.

Il metodo che ci si propone di seguire nello studio delle traduzioni landolfiane contenute nell’antologia Germanica ha qualcosa in comune con quest’ultimo approccio, poiché non ha affatto l’obiettivo di valutare la bontà o la correttezza delle traduzioni di Landolfi. D’altra parte però, non si ha neanche la pretesa di osservare le traduzioni secondo parametri scientifici e oggettivi: l’intenzione è piuttosto quella di mettere in correlazione l’atteggiamento traduttivo di Landolfi con la sua poetica.

Nella consapevolezza della difficoltà di trovare un approccio teorico capace da un lato di restituire in modo dinamico le particolarità del testo tradotto, e dall’altro di fornire dati utili alla comprensione della poetica dell’autore, l’obiettivo della pagine che seguono si articola secondo due prospettive: in primo luogo le traduzioni dal tedesco saranno usate come un caso di studio rappresentativo per un confronto tra lo stile di traduzione di Landolfi e il suo stile tout court, nella convinzione che il modo in cui egli sceglie di tradurre rifletta la sua concezione della lingua in generale e sulla sua poetica di autore in proprio. In secondo luogo si indagherà la specificità dell’interesse di Landolfi per testi tedeschi, interrogando la sua opera alla luce dei temi e dei motivi emersi dall’analisi delle traduzioni.

In termini bermaniani il lavoro prevede una prima fase rivolta alla «recherche du traducteur»:131 in questa prospettiva la ricostruzione del contesto storico e lo studio

130 Si noti a questo proposito che se la traduzione può essere orientata al testo di partenza o a quello di arrivo, anche l’analisi può essere target o source oriented, ma le due cose non coincidono.

44 delle varie tendenze traduttive dell’epoca rientra nell’analisi dell’«horizon du traducteur»,132 mentre lo studio della specifica forma scelta dal traduttore per presentare i testi (integrali o antologizzati, con o senza testo a fronte, con o senza introduzione, ecc.) fa parte di un tentativo di esplicitare il «projet du traduction».133

Ogni traduzione è inoltre inevitabilmente caratterizzata da una specifica «position traductive»,134 che si configura come il compromesso, o mediazione, tra il modo in cui il traduttore percepisce la propria pulsione a tradurre e il modo in cui ha interiorizzato il discorso circostante sul tradurre (quello che Toury chiamerebbe le norme). Tale posizione è il risultato delle convinzioni profonde del traduttore e della sua concezione del linguaggio e della scrittura in generale, e si può desumere, dice Berman, sia dalle diverse enunciazioni che il traduttore fa sul proprio lavoro – ovvero l’analisi dei paratesti – sia da una ricostruzione effettuata a partire dalle traduzioni stesse. La seconda fase dell’analisi si concentrerà proprio su quest’ultimo punto, ovvero la lettura e l’analisi vera e propria di alcune traduzioni di Landolfi.

Tuttavia, lo scopo del lavoro non è quello di applicare il metodo suggerito dallo studioso francese a questi testi, poiché l’analisi traduttiva, che pure da questo metodo prende in prestito alcuni strumenti e categorie descrittive, è, nell’economia della tesi, soltanto propedeutica alla ricerca nell’opera landolfiana in proprio delle diverse forme di riscrittura stimolate dalla traduzione dei romantici tedeschi. La lettura del testo tradotto viene quindi influenzata e guidata da elementi non immanenti alla traduzione stessa.

A guidare la scelta dei passi da analizzare sarà, quindi, un doppio criterio: da un lato si cercherà di mettere in luce i luoghi del testo più significativi in relazione all’opera di Landolfi, ovvero quei passi in cui a livello tematico il testo presenta suggestioni che le opere successive o precedenti di Landolfi sembrano accogliere o rielaborare. Dall’altra si vorranno isolare i luoghi testuali in cui emergono con particolare evidenza le scelte traduttive più “marcate”135 del testo landolfiano, ovvero quei casi in cui la voce

132 Ivi, p. 79; «orizzonte del traduttore» (trad. mia).

133 Ivi, p. 76; «progetto della traduzione» (trad. mia).

134 Ivi, p. 74; «posizione traduttiva» (trad. mia).

135 Si veda la voce «marcato» in Gian Luigi Beccaria, Dizionario di linguistica. e di filologia, metrica,

retorica, Einaudi, Torino 1996, p. 483: «la nuova accezione di m/non m, che vale in questo senso

45 del traduttore è più evidentemente riconoscibile. Le due necessità, d’altra parte, verranno spesso a coincidere, poiché l’autore sembra aver dedicato particolare cura nel tradurre i passi che più rispecchiavano la sua personale lettura dell’opera.

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II.