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Il testo originale della Costituzione, entrata in vigore nel 1948, non faceva alcun esplicito riferimento all’ambiente poiché, come osservato nel capitolo precedente, nel secondo dopoguerra la sensibilità sul tema era ben differente rispetto a quella che si è sviluppata negli ultimi anni. Infatti, anche in altre carte costituzionali formatesi nello stesso periodo si registra questa omissione.

Ciò non ha, tuttavia, impedito che l’Assemblea Costituente trattasse, attraverso alcuni

articoli, materie alle quali oggi è riconosciuta una valenza ambientale65. Ne sono un

esempio gli articoli n. 32 sulla tutela della salute e n. 44 riguardante lo sfruttamento razionale del suolo.

L’ambiente e in particolare la sua tutela non hanno quindi trovato, per diversi anni, esplicito riferimento nel testo costituzionale. La colpa non è però da attribuire ai padri costituenti, bensì all’incapacità dell’ordinamento di giuridico di attuare una seria riforma dell’impianto costituzionale. Inizialmente, è stato soltanto grazie all’intervento della dottrina e della giurisprudenza che all’ambiente venne riconosciuto un ruolo di primo piano. Questo avvenne, in primo luogo, grazie ad un’interpretazione estensiva dell’articolo 9 della Costituzione, il quale inserisce la tutela del paesaggio tra i principi fondamentali della Repubblica66. Rileva in questo senso la sentenza della Corte costituzionale n. 94 del 1985 che recita testualmente: “la tutela del paesaggio non può venire realisticamente concepita in termini statici, di

assoluta immodificabilità dei valori paesaggistici registrati in un dato momento, ma deve, invece, attuarsi dinamicamente e cioè tenendo conto delle esigenze poste dallo sviluppo socio-economico del paese per quanto la soddisfazione di esse può incidere sul territorio e sull’ambiente”67. Questa pronuncia costituisce una nozione estensiva di paesaggio che va

a configurarsi come “forma di paese”, che non esaurisce da solo l’intera materia della

65 ROVITO C., L’ambiente nella Costituzione italiana tra presente e futuro dopo la bocciatura del referendum

costituzionale, in tuttoambiente.it, 2011.

66 COSTITUZIONE ITALIANA, art. 9: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica

e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.

tutela dell’ambiente. Secondo il Giudice delle leggi, infatti, la tutela del paesaggio

costituisce solo un elemento o un momento della tutela dell’ambiente68. La Consulta

richiese, con la sua pronuncia, un intervento dinamico in materia ambientale. Due anni più tardi, nel 1987, essa si pronunciò nuovamente sul tema e definì la salvaguardia dell’ambiente come “diritto fondamentale della persona ed interesse fondamentale della

collettività”69 e sottolineò la necessità di “creare istituti giuridici per la sua protezione”70.

Questo secondo passaggio giustifica l’intervento da parte dello Stato, anche attraverso l’imposizione fiscale, al fine di tutelare l’ambiente.

È solo con la riforma del 2001 che alla tutela dell’ambiente venne riconosciuto un valore

costituzionale e venne attribuita una posizione primaria nell’ordinamento71. La legge

costituzionale n. 3/2001 modificò il titolo V della seconda parte della Costituzione in senso federale. Aveva l’obiettivo di dare maggior potere alle regioni e garantire a questi ed agli altri enti locali maggiore autonomia, anche dal punto di vista fiscale. Prevedeva la sostituzione dell’articolo 117 della Costituzione con un nuovo testo nel quale si enunciavano le materie sulle quali lo Stato avrebbe avuto legislazione esclusiva. Tra

queste alla lettera s) figurava: “tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali”72. Venivano, invece, definite “materie di legislazione concorrente quelle relative a: - tutela e sicurezza del lavoro; - la tutela della salute; - il governo del territorio; - la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali” 73.

Ciò aveva apparentemente aperto un conflitto di distribuzione delle competenze, ma successivamente è stato risolto grazie agli interventi della Corte Costituzionale, che si è espressa a favore di un intervento coordinato tra Stato e Regione. In particolare, la Consulta ha chiarito che “…è agevole ricavare una configurazione dell'ambiente come

"valore" costituzionalmente protetto, che, in quanto tale, delinea una sorta di materia "trasversale", in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, che ben possono essere 68 ROVITO C., L’ambiente nella Costituzione italiana tra presente e futuro dopo la bocciatura del referendum costituzionale, in tuttoambiente.it, 2011. 69 Corte Costituzionale, 28 maggio 1987, n. 210, in giurcost.org. 70 Corte Costituzionale, 28 maggio 1987, n. 210, in giurcost.org. 71 DELL’ANNO P., La tutela dell’ambiente come “materia” e come valore costituzionale di solidarietà e di elevata protezione, in Rivista giuridica Lexambiente.it, 2019. 72 Legge costituzionale n. 3/2001. 73 Legge costituzionale n. 3/2001.

regionali, spettando allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale…”74.

Un successivo ed importante intervento è rappresentato dalla legge delega 308/2004, con la quale il parlamento ha incaricato il Governo di riordinare, coordinare e integrare la legislazione in materia di tutela ambientale e misure di diretta applicazione. In particolare, la norma prevedeva la promulgazione di decreti legislativi e, qualora fosse stato necessario, di testi unici riguardanti i seguenti settori e materie: a) “gestione dei rifiuti e bonifica dei siti contaminati; b) tutela delle acque dall'inquinamento e gestione delle risorse idriche; c) difesa del suolo e lotta alla desertificazione; d) gestione delle aree protette, conservazione e utilizzo sostenibile degli esemplari di specie protette di flora e di fauna; e) tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente;

f) procedure per la valutazione di impatto ambientale (VIA), per la valutazione ambientale strategica (VAS) e per l'autorizzazione ambientale integrata (IPPC); g) tutela dell'aria e riduzione delle emissioni in atmosfera.”75

Il decreto legislativo che diede attuazione a questa legge delega fu il n. 152/2006 chiamato anche Testo Unico Ambientale (TUA) o Codice dell’Ambiente. Come si può agilmente notare, mentre la legge n. 308/2004 aveva previsto la promulgazione di diversi decreti legislativi, l’allora governo decise di intervenire con un unico decreto. Il TUA originale contava sei sezioni articolate in 318 articoli e 45 allegati: la prima parte conteneva disposizioni comuni e principi generali, la seconda parte faceva riferimento alla lettera f) della precedente legge delega e riguardava, quindi, procedure per VIA, VAS e IPPC, la terza parte raggruppava la tutela delle acque e del suolo, poiché come visto nel capitolo precedente, il legame tra i due comparti ambientali è molto forte, vista la loro reciproca influenza, ed è stato ritenuto opportuno trattarli nella stessa parte del Codice, le ultime tre parti, invece, si riferivano rispettivamente alla lettera a), g) ed e) dell’elenco sopra riportato, cioè rifiuti e bonifiche, emissioni in atmosfera e danno ambientale. Negli anni successivi alla sua emanazione il TUA ha subito una serie di modifiche e di aggiunte. Esso prevedeva, inoltre, la realizzazione di un numero considerevole di decreti attuativi per rendere operativi ed efficaci i suoi istituti e principi che non sono ancora stati 74Corte Costituzionale, 26 luglio 2002, n. 407, in giurcost.org. 75 Legge 308/2004.

emanati76. Importante fu l’intervento governativo del 2008 avvenuto col decreto

legislativo n. 4/2008 attraverso il quale venivano recepiti e introdotti nel Codice i principi europei sulla normativa ambientale, visti in precedenza, che diventano di fatto principi dell’ordinamento nazionale. In particolare, il suddetto decreto inserisce dopo l’articolo 3 del TUA gli articoli dal 3bis al 3sexies. Nell’articolo 3bis si trova il testuale riferimento al Trattato dell’Unione Europea dal quale si ricavano i principi presenti nell’art. 174 di precauzione, di azione preventiva, di correzione del danno alla fonte, nonché il principio “chi inquina paga” di estrema importanza per l’ambito della tassazione ambientale. Inoltre, l’articolo 3quater introduce il concetto di sviluppo sostenibile che deve guidare lo svolgimento di ogni attività umana.

Un altro dei principi inseriti nel Codice è quello di sussidiarietà e di leale collaborazione. L’articolo 3quinques si rivolge in modo prevalente al rapporto che intercorre tra Stato e regioni ed afferma che le seconde possono adottare forme di tutela dell’ambiente più stringenti qualora si verifichino determinate condizioni. Non viene fatto nessun riferimento al caso contrario, cioè se le regioni possano derogare in peius le disposizioni di tutela ambientale nazionali.

Negli anni seguenti furono inserite ulteriori modifiche inerenti la gestione dei rifiuti, attraverso il decreto legislativo n. 52/2011, e aggiunte due parti: la Vbis (disposizioni per particolari installazioni) e la VIbis (disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale), quest’ultima attraverso la legge n. 68/2015 (disposizioni in materia di delitto contro l’ambiente).

È in questo contesto che si inseriscono i tributi ambientali in Italia. Nei paragrafi successivi si analizzeranno il problema della compatibilità di questi strumenti fiscali con il testo costituzionale, il ruolo svolto da questa tipologia di tributi nel sistema fiscale decentrato ed un’analisi sulle principali forme di imposizione ambientali in Italia.

2.2. Interpretazione evolutiva degli indici di capacità