ne ormai l’espressa abrogazione)
98.
Al di là di questi esempi più significativi, che riconducono essenzialmente,
l’uno, all’attivismo della magistratura e, l’altro, all’inerzia del legislatore, va sottolinea-
to che, in realtà, tutti sono potenziali artefici di trasformazioni ordinamentali informali
perché tutti, sia pure a diversi livelli e con diversa forza, sono in grado di partecipare
ad una funzione pubblica o ad un’attività privata che, comunque, presupponga
un’interpretazione-utilizzazione, diretta o indiretta, del dato costituzionale positivo
(così gli organi di vertice come quelli della pubblica amministrazione, così le forma-
zioni politiche come i cittadini, singoli o associati, e, più in generale, chiunque co-
munque viva ed operi all’interno, o in rapporto, all’ordinamento statale)
99. Infatti, il
ruolo ed il significato di un testo costituzionale non possono derivare solo
dall’originaria volontà dei Padri fondatori e neppure essere determinati solo dalle
successive condotte degli interpreti di «casta», ossia dall’operato delle forze politiche
organizzate (in particolare nel circuito Parlamento-Governo), dal controllo su di essi
esercitato dai poteri di garanzia (Capo dello Stato e giudici costituzionali) e dalle
speculazioni della dottrina più accreditata. Tale ruolo e tale significato, secondo la
nota rappresentazione häberliana, vanno ricondotti e ricostruiti, in modo più ampio e
costante, all’interno della «società aperta degli interpreti della Costituzione», la cui
composizione non è predeterminabile non essendo riconducibile ad un numerus
clausus di attori, bensì a tutti coloro che, in una qualche misura, siano materialmente
coinvolti in quell’incessante attività ermeneutica che fonda e qualifica sempre e di
nuovo la medesima società aperta e che da quest’ultima, a sua volta, viene conti-
nuamente rifondata e riqualificata
100. Favorita dall’elasticità e dalla vaghezza di con-
98 A. P
IZZORUSSO, Per una strategia dell’Unione in tema di riforme costituzionali, in www.astrid-online.it, par. 4. A. SPADARO, La transizione costituzionale, cit., 1385, ricorda, invece, altri due evidenti casi di “desuetudi- ne” di rango costituzionale: il primo attiene alla mancata attuazione legislativa dell’art. 46 Cost. in tema di coge- stione delle aziende da parte dei lavoratori; il secondo riguarda il mai esercitato controllo di merito sulle leggi re- gionali ai sensi dell’art. 127 Cost. (vecchia formulazione).
99 Cfr. E. R
OSSI, Le trasformazioni costituzionali secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, in A. SPADARO (a cura di), Le «trasformazioni» costituzionali, cit., 124 s. Decisamente contrario a considerare le in- terpretazioni dei giudici e dei giuristi «le uniche determinanti», ovvero «quelle numericamente preponderanti», A. VIGNUDELLI, Interpretazione e Costituzione. Miti, mode e luoghi comuni del pensiero giuridico, Giappichelli, Torino, 2011, passim, e ID., Honni soit qui mal y pense. Una prima risposta (e qualche domanda) a Mauro Barberis, in
www.costituzionalismo.it (6 febbraio 2012), par. 4, il quale rileva che «tutti i consociati, ogniqualvolta siano inte- ressati a conoscere il contenuto del diritto positivo – per constatarne l’altrui osservanza, oppure a loro volta per osservarlo, o al limite anche per eluderlo – interpretano, anche se poi magari non riversano sempre queste loro riflessioni interpretative in discorsi pubblici».
100 Cfr. P. H
ÄBERLE, voce Potere costituente (teoria generale), trad. it. di F.POLITI,S.ROSSI, in Enc. giur., vol. XXIII, Treccani, Roma, 2000, 8 ss., il quale ritiene che non sia necessario che siffatta attività sia orientata intenzionalmente alla comprensione e alla spiegazione del testo costituzionale, atteso che chiunque “viva” la norma se ne fa, in qualche modo, anche inconsapevolmente, interprete. In quest’ottica, quindi, il concetto di in- terpretazione non può assumere una valenza troppo circoscritta o esclusivamente tecnica: quanto più si postuli
tenuto della Carta fondamentale, allora, l’azione (o l’omissione), specie se sistemati-
ca e non episodica, se congiunta e non isolata, delle svariate «forze interpretative
produttive» è, di fatto, in grado di portare agli esiti più disparati, vivificando o lascian-
do lettera morta gli enunciati costituzionali, consolidando o indebolendo il senso in
origine a loro attribuito, ampliando o circoscrivendo le alternative interpretative su di
essi prospettabili. In questo modo, col passare degli anni, diviene possibile estendere
o ridurre e, comunque, ridefinire la stessa “materia costituzionale”, la quale, risultan-
do solo in nuce compresa e definita in quella Carta
101, è suscettibile di subire le più
diverse integrazioni o delimitazioni
102, lasciandosi variamente “impressionare” e
“quantificare” a seconda delle letture costituzionali che si susseguono e degli adem-
pimenti costituzionali che via via si realizzano (o, al contrario, degli inadempimenti
che si protraggono o si reiterano)
103.
una società pluralistica tanto più i criteri ermeneutici diventano aperti e tanto più aumentano coloro che possono applicarli. Si sviluppa, così, un processo di «democratizzazione della interpretazione», in virtù del quale «ogni attualizzazione della Costituzione (attraverso ciascun soggetto) rappresenta almeno una parte di interpretazione della Costituzione».
101 Invero, come spiegava già C. E
SPOSITO, La validità delle leggi, cit., 206, «la immissione di una dispo- sizione nel testo costituzionale è un sintomo, ma non è un elemento decisivo per il suo valore costituzionale ma- teriale, come anche non è decisiva la esclusione».
102 Sul punto, ad ogni modo, bisogna precisare che un importante fattore di trasformazione costituzionale
potrebbe essere non solo l’interpretazione di disposizioni della Carta fondamentale, o comunque dello stesso rango sostanziale (quali quelle di leggi costituzionali e di atti normativi europei self-executing), ma anche di di- sposizioni di fonti, rispetto ad essa, inferiori: «si pensi all’ipotesi di leggi che rappresentano diretta applicazione di istituti previsti in Costituzione, o che danno attuazione ad alcuni principi della stessa, la cui interpretazione, in un senso o nell’altro, potrebbe mutare il senso delle disposizioni superiori (si pensi soltanto al caso delle “leggi a contenuto costituzionalmente vincolato)»: così E. ROSSI, Le trasformazioni costituzionali, cit., 124. Peraltro, alle stesse conclusioni dovrebbe pervenirsi, quantomeno, in merito (oltre che alle fonti interne di recepimento di nor- mative internazionali o sovranazionali non direttamente applicabili) anche agli interna corporis acta (regolamenti parlamentari, regolamenti interni ad altri organi costituzionali, norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, ecc.), che, alla stessa stregua delle leggi a contenuto costituzionalemente vincolato, ovvero costi- tuzionalemente necessarie, possono reputarsi come una sorta di “naturale prolungamento” del testo repubblica- no.
103 In virtù di quanto appena esposto, diviene possibile operare un’ulteriore suddivisione delle transizioni
(costituzionali) informali. Si tratterebbe, riprendendo O. CHESSA, Cos’è la Costituzione? La vita del testo, in Quad.
cost., 2008, 53 s., di una tripartizione in virtù delle quale sarebbe possibile discernere trasformazioni che consi-
stono in un mutamento del modo di leggere il testo costituzionale; trasformazioni che si sostituiscono o fanno perdere efficacia ad alcune sue parti; trasformazioni che si risolvono in norme che non sono «letture» del testo, ma che, nondimeno, ad esso si aggiungono ovvero si sostituiscono. Chessa, esemplificando, ricomprende all’interno del primo tipo di trasformazioni quelle riguardanti le disposizioni sui diritti sociali (le quali così avrebbero così solo cambiato significato, non perdendo, quindi, la propria capacità di produrre effetti e di essere comunque punto di riferimento di un’attività interpretativa), e all’interno del secondo tipo quella subita dall’intera Costituzione economica (che, dunque, oggi, sarebbe priva di qualunque significato, pur non escludendosi un suo futuro ritorno «in auge» e una sua re-imissione nel circuito interpretativo). Egli, invece, non riporta nessun esempio specifico con riferimento all’ultimo tipo, entro cui, comunque, sembrano potersi ricondurre sia i casi di trasformazione (prassi e convenzioni poste in essere dagli organi di Governo, sentenze creative della Corte costituzionale, elabo- razioni dottrinali, ecc.), dallo stesso A. segnalati poco addietro (p. 51) sia quegli altri già indicati alla nota imme- diatamente precedente. «In ogni modo» – opportunamente aggiunge questa dottrina – «quale che sia la tipologia