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La letteratura coloniale tedesca

Sotto l‟espressione „letteratura coloniale tedesca‟ si intendono raccogliere, in questa sezione, i testi composti da autori e autrici di nazionalità tedesca sulle colonie, apparsi non solo durante la ristretta fase storica coloniale, ma anche negli anni immediatamente precedenti e successivi. Includere anche questi testi significa seguire l‟evoluzione di una letteratura strettamente legata alle vicende storiche e notare quali strategie comunicative siano state adottate per ottemperare al compito loro attribuito. Inoltre, l‟accostamento delle varie opere permette di rilevare i tratti comuni e di comprendere senso e metodi di un colonialismo che sfruttò la letteratura come strumento preferenziale di propaganda socio-politica, al fine di preparare le masse alla mentalità della conquista e della dominazione imperialista.148

L‟impiego della scrittura per la trasmissione dei dati e la produzione dei significati è una questione ormai ampiamente nota. Sia che si tratti di narrativa che di opere scientifiche, tutti i testi di argomento coloniale risultano accomunati dalla commistione di passaggi istruttivi e dilettevoli, che gettano sempre uno sguardo determinativo su episodi di vita quotidiana, di caccia a grossi animali selvatici, feste esotiche e lotte contro gruppi di insorti.149 Grazie alla compresenza di tutti questi elementi, ogni forma di scrittura comunica in maniera interdisciplinaria con l‟altra, come di rado accade: storia, geografia, scienza, innovazione tecnica e propaganda convivono e si completano a vicenda, negli studi come rei racconti di finzione. In essi, «the production of knowledge and strategies of representation depended heavily upon one another. Specific ways of seeing and representing racial, cultural and social difference were essential to the setting up of colonial institutions of control».150 A tutti gli effetti, la proposta di una catalogazione delle diverse opere in categorie si rivela un‟operazione difficile e spesso forzata, in quanto i confini tematici diventano talvolta così labili da rendere dubbia ogni scelta. Tuttavia, tale procedimento è utile a isolare, per un momento, gruppi di opere particolarmente simili tra loro e di definire, alla fine, il prodotto del loro contenuto.

In tutta l‟Europa coloniale, la trasmissione di testi scritti rivestì una funzione indispensabile per la diffusione di idee e informazioni utili alla fioritura dell‟attitudine imperialista presso i diversi strati della società occidentale. Nel caso della Germania, il solo merito di aver visitato le colonie o, ancora meglio, di aver raggiunto lo status di „vecchi africani‟ abilitava donne e uomini a

148 Cfr. K. Kouamé, La propagande colonialiste dans la literature allemande (de la conférence de Berlin 1884/85 á

la deuxième guerre mondiale). Contribution á la critique de l‟idéologie impèrialiste, Thèse de doctorat de 3e cycle, Saarbrücken, Universität des Saarlandes, 1981, p. 48.

149 Cfr. S. Benninghoff-Lühl, Deutsche Kolonialromane 1884-1914 in ihrem Entstehungs- und

Wirkungszusammenhang, Bremen, Selbstverlag des Übersee-Museums, 1983, p. 67.

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diventare automaticamente scrittori. Poco importavano le velleità letterarie e il grado di istruzione di questi autori improvvisati: ognuno di loro avrebbe potuto comunicare ai connazionali impressioni „di prima mano‟, tanto meglio se in maniera semplice e diretta. Infatti, testi simili rispondevano all‟urgenza di far conoscere i nuovi territori e di radicare nelle masse i principi ideologici del colonialismo; per questa ragione, ogni contributo poteva risultare estremamente utile e ben accetto. Nel 1903, il Reichskommissar Hermann von Wissman scriveva:

Jeder mit einer leidlichen allgemeinen Bildung versehene Europäer kann durch Sammeln, Beobachten oder Aufzeichen irgend einem Zweige der Naturwissenschaft gute Dienste leisten oder für die praktische Ausbeutung der Kolonien werthvolle Untersuchungen anstellen […]. Jeder kann durch Führung eines Tagebuches, Anfertigung von Skizzen und […] Photographien, durch Pläne, Krokis oder Karten zur Kenntniß des Landes beitragen […]. Jeder Europäer sollte wenigstens in einem dieser Fächer etwas leisten […]. Zeit und Gelegenheit dazu findet jeder Offizier und Unteroffizier neben seinem militärischen und sonstigen Amte in vollem Maße.151

In più, nelle colonie, la scrittura possedeva una sorta di funzione terapeutica per gli stessi autori, sia che si trattasse di contadini che di scienziati, militari, missionari, donne o lavoratori: attraverso la scrittura, infatti, tutti avevano modo di evadere dalla monotonia quotidiana e tenersi intellettualmente occupati, prestando, al tempo stesso, un servizio alla Nazione.

Il fenomeno letterario coloniale produsse un numero spropositato di testi di ogni genere e qualità, invadendo letteralmente il mercato librario e le case dei cittadini tedeschi. Tuttavia, la produzione di romanzi rimase quantitativamente in ombra rispetto ai testi tecnici sui risultati delle fasi di invasione, scoperta e occupazione o sulle battaglie. Di fatto, accanto al loro valore informativo e di diletto, questi documenti assumevano una funzione importante anche nell‟approvvigionamento di fonti e di dettagli per i romanzieri senza esperienza diretta.152

L‟intera letteratura coloniale tedesca non si astrasse mai da fini propagandistici e mirò, anzi, a costruire «die Erzählung einer partiellen, lokalen, zeitlich und räumlich begrenzten Eroberung der Phantasie».153 Attraverso tutto il corpus dei testi, si lavorò attivamente alla produzione di significati e alla loro diffusione nell‟immaginario comune. Contrariamente a quanto si volesse lasciare intendere, infatti, le opere sulle colonie mirarono a rappresentare – è vero – una „realtà‟, ma lo fecero attraverso l‟oggettivazione del soggettivo, cosicché non si trattò più di „riflettere la

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H. von Wissmann, Afrika. Schilderungen und Rathschläge zur Vorbereitung für den Aufenthalt und den Dienst in den Deutschen Schutzgebieten, Berlin, Ernst Siegfried Mittler, 1903, p. 2.

152 Cfr. S. Benninghoff-Lühl, Deutsche Kolonialromane, cit., p. 165.

153 Cfr. W. Struck, Die Eroberung der Phantasie: Kolonialismus, Literatur und Film zwischen deutschem

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storia‟, bensì di „creare la storia‟,154

rendendo vani gli sforzi di ogni scrittore a presentarsi nel ruolo di osservatore imparziale. Per tale ragione, secondo Brehl, leggere questo tipo di letteratura significa entrare in contatto con il sistema socio-culturale dell‟epoca, con le sue percezioni e rappresentazioni, più che conoscerne i fatti storici: «Texte bilden nicht Realität ab, sondern tragen zur Konstruktion von Wirklichkeit bei».155 Di fatto, tra il 1870 e il 1918 si verificò un cambiamento importante nell‟approccio letterario al continente africano, che smise di essere «fieberverseucht» e «gefahrenvoll» per farsi «eine „fontaine de jouvence‟, ein Kontinent voll zukunftsträchtiger Vitalität, ein Ort physischer und moralischer Gesundung und Erneuerung».156 Anche dopo la perdita dei territori, il sogno coloniale tedesco continuò a essere coltivato nell‟immaginario letterario e delle arti visive e, in epoca nazista, nel cinema di propaganda. Durante il suo trentennio coloniale, la Germania registrò un aumento decisivo delle pubblicazioni – un dato che segnalava il crescente interesse della popolazione verso le regioni conquistate, ma che spinse anche a considerare la pericolosità di alcuni testi sulla coscienza nazionale. Per questo motivo, l‟istituzione della censura, affidata alla Deutsche

Kolonialgesellschaft, rivestì un ruolo di prim‟ordine per il controllo del flusso di scritti sulle

colonie.157

Appurato il presupposto manipolativo dell‟informazione, si può notare come i testi coloniali si siano prestati a rendersi luogo di negoziazione dell‟identità, attuando un tentativo importante nella definizione di ciò che è „proprio‟ e di ciò che è e deve rimanere „altro‟. Gutjahr ha parlato, a tal riguardo, di «literarische Inszenierung»,158 cogliendo l‟aspetto più teatrale della messinscena coloniale in letteratura. A questo punto, diventa interessante comprendere in che modo la formazione della comunità procedette parallelamente alla „de-formazione‟ e alla „ri- formazione‟ delle comunità indigene,159

adattando le condizioni locali quanto più possibile a favore dei colonizzatori. Distruggendo e riplasmando il gruppo „estraneo‟, in seno a una diversità demonizzata e non bramabile, infatti, il processo di auto-definizione subì un rapido incremento, che facilitò il riconoscimento indiscusso del „noi‟ contro gli „altri‟. È importante chiarire, però, che l‟adesione all‟ideologia colonialista e l‟attività di propaganda si attuarono a vari livelli di coscienza nei diversi autori; infatti, l‟entusiasmo per le colonie aveva investito la Germania in modo pressoché totale e la propaganda era diventata un aspetto normale della quotidianità, tale da cancellare i confini tra pensiero nazionale e opinione soggettiva. Non si deve escludere,

154 H. H. H. Remak, Comparative Literature at the Crossroad, in «Yearbook of Comparative and General Literature,

IX, 1960, pp. 3-37, cit. in M. Steins, Das Bild des Schwarzen in der europäischen Kolonialliteratur 1870-1918, Frankfurt am Main, Thesen Verlag, 1972, p. 9.

155

M. Brehl, Vernichtung der Herero: Diskurse der Gewalt in der deutschen Kolonialliteratur, München, Wilhelm Fink, 2007, p. 54.

156 M. Steins, Das Bild des Schwarzen, cit., p. 26.

157 Cfr. J. Warmbold, Deutsche Kolonial-Literatur: Aspekte ihrer Geschichte, Eigenart und Wirkung, dargestellt am

Beispiel Afrikas, Dissertation zur Erlangung, Lübeck, Eigendruck, 1982, pp. 125-126.

158 O. Gutjahr, “Fremde als literarische Inszenierung”, in O. Gutjahr (a cura di), Fremde, Freiburger

Literaturpsychologische Gespräche. Jahrbuch für Literatur und Psychoanalyse, vol. 21, Würzburg, Königshausen & Neumann, 2002, p. 47.

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perciò, che gli stessi autori di letteratura propagandistica furono, in molti casi, loro stessi prime „vittime‟ della propaganda.

Auf die Autoren rückbezogen bedeutet dies: Die Verarbeitung des Kolonialismus in der Literatur kann auf ganz verschiedenen Ebenen des Bewußtseins und der Bewußtheit erfolgen: indem man auf das Kolonial-Phänomen und die dadurch bewirkte Verunsicherung des eigenen Weltbildes als Ganzes reagiert (durch die Regression der Utopie, den Traum vom irdischen Paradies oder die Wunschvorstellung vom „Edlen-Wilden‟), durch Hereinnahme des Themas in andere Themen-Konstellationen, durch kolonialen „Dekor‟.160

Già i titoli delle opere palesano, da soli, la determinazione a rimarcare il senso di appartenenza e differenziazione attraverso il ritorno insistente di termini come deutsch, Heimat e Vaterland, che compaiono in circa un terzo delle copertine, mentre titoli più „neutri‟ risultano alquanto rari.161

Oltre ai titoli, l‟intero corpo del testo si rivela spesso molto simile al resto dei volumi, ognuno quasi una copia dell‟altro. Più interessanti che il contenuto delle opere stesse sono, invece, introduzioni e premesse, dove gli autori raccontano brevemente la loro esperienza privata nelle colonie e i motivi che li avevano spinti a mettere su carta impressioni e conoscenze. Queste pagine sembrerebbero rappresentare l‟unica vera occasione dell‟autore di parlare di se stesso, se non venissero ridotte – ancora una volta – allo spazio in cui rivolgersi ai connazionali, personalmente e a chiare lettere, per chiedere aiuti e sostegno.

Nelle varie opere – indipendentemente dal genere letterario di riferimento – lo stile realistico è infarcito di connotazioni quasi impercettibili, che guidano l‟interpretazione della realtà e condizionano la visione del lettore, a cui si lascia intendere che «i possedimenti imperiali si trovano laggiù, anonimi e collettivi, quanto le masse escluse […] di lavoratori […]; la loro esistenza ha sempre una certa importanza ma non i loro nomi e le loro identità; essi sono fonte di profitto senza essere mai completamente presenti»,162 secondo scelte di inclusione e di esclusione funzionali alla trasmissione di una certa immagine e di precisi messaggi. Non è difficile intuire il motivo della scelta del realismo a vantaggio, per esempio, del fiabesco e del fantastico, tipici dei romanzi esotici della fase precedente: la debole credibilità delle situazioni, architettate per favorire la divulgazione di determinate immagini dei singoli e delle comunità, poteva essere sopperita soltanto da uno stile che convincesse della loro (pseudo)veridicità. Perciò, le descrizioni quasi oggettive, il supporto dei dati scientifici e il fatto che alcuni autori avessero effettivamente visitato le colonie contribuivano a conferire al testo quell‟aura di

160 J. Riesz, “Zehn Thesen zum Verhältnis von Kolonialismus und Literatur”, in W. Bader – J. Riesz (a cura di),

Literatur und Kolonialismus I. Die Verarbeitung der kolonialen Expansion in der europäischen Literatur, Frankfurt am Main, Peter Lang, 1983, p. 10.

161 Cfr. J. Warmbold, Germania in Africa. Germany‟s Colonial Literature, New York, Peter Lang, 1989, p. 142. 162 E. W. Said, Cultura e imperialismo: Letteratura e consenso nel progetto coloniale dell‟Occidente (trad. a cura di

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verosimiglianza che ne facilitava l‟accoglienza presso un pubblico avido di informazioni „autentiche‟.

Dieser Begriff beinhaltet implizit ein Moment des bewussten, ja kalkulierten Einsetzens von sprachlich-diskursiven Mitteln. Eine solche Intentionalität ist aber nicht immer nachweisbar und auch nicht als notwendige Voraussetzung für die literarische Inszenierung der Identitätsverhandlung zu verstehen.163

Grazie all‟impiego di simili tecniche, anche la letteratura testimonia e conserva il paradosso del colonialismo, che aveva favorito la convivenza dei sentimenti contrastanti di terrore e fascinazione, vicinanza e lontananza, libertà e oppressione. Un elemento affascinante – in questo contesto letterario volutamente realistico – fu la dimensione dell‟Unheimliches, che si fece spazio quasi involontariamente tra le paure dei coloni europei, fino a emergere in quadri soprannaturali di magia nera, pratiche sataniche e cannibalismo. L‟esperienza del perturbante derivava dallo smacco avvertito nella spaccatura tra la forza del progresso occidentale e l‟impenetrabilità dell‟Oriente, generando disorientamento e una percezione „innaturale‟ e incomprensibile del mondo; «episodes in which colonizers confront supernatural elements underline the fact that some realms escape Western understanding and give expression to the general destabilization that colonials are said to experience – and which affects first and foremost their morale».164 In fondo, tale concetto non si discostava molto dalle scoperte della psicanalisi e, in alcuni casi, è facile individuare paralleli piuttosto espliciti tra la vita cosciente e il sub-conscio umano con l‟immagine e i misteri del continente africano.

Nel caso della letteratura coloniale, la rappresentazione del „diverso‟ passò attraverso l‟amplificazione dei temini di differenza. Tra questi, uno dei più immediatamente percettibili diventava il colore della pelle, che funse da principale marchio di diversificazione tra popoli e favorì l‟associazione del colonizzato – in virtù del simbolismo cromatico europeo – alle idee di «demone, inferno, dannazione, morte, infelicità, oscurità, vizio, sfortuna, crimine, sporcizia».165 Per Gutjahr, si trattò di „mascherate‟ mandate in scena per rendere plausibili le stesse rappresentazioni coloniali, secondo procedimenti complessi che nascondevano ansie,

163 H. Sven, “Kulturelle Identität und diskursive Inszenierung. Methodologische Überlegungen zur Lektüre von

Kolonialliteratur am Beispiel von Adda von Liliencrons Roman Bis in das Sandfeld hinein”, in H. Sven (a cura di), Worte, Blicke, Träume. Beiträge zum deutschen Kolonialismus in Literatur, Fotografie und Ausbildung, Kopenhagen, Text & Kontext, 2007, p. 81.

164 J. Chemmachery, “The Uncanny: Fear and the Supernatural in the Colonial Short Fiction by Rudyard Kipling

and Somerset Maugham”, in M. Reinkowski – G. Thum (a cura di), Helpless Imperialists: Imperial Failure, Fear and Radicalization, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 2013, p. 78.

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aggressione e controllo, al fine di favorire una definizione netta e unilaterale della scala sociale e culturale interrazziale.166

Con la perdita delle colonie dopo la Prima Guerra Mondiale, invece, la letteratura tedesca subì un sostanziale mutamento: mentre fino a quel momento si era condotta una „guerra offensiva‟ contro l‟indifferenza coloniale in patria, si passò poi a una „guerra difensiva‟ contro le accuse estere, che imputavano alla Germania l‟incapacità di gestire i territori acquisiti e le colpe di eccessi ingiustificati contro le popolazioni indigene.167 Gli autori tedeschi, infatti, iniziarono a gettare veleno sui crimini delle truppe alleate in Africa e sul lavoro operato a svantaggio del

Reich. Inoltre, la separazione sembrò pesare sia sulle colonie che sulla madrepatria e agli

indigeni vennero improvvisamente riconosciute qualità poco menzionate in precedenza: era quanto accadde, per esempio, nei testi di Paul Emil von Lettow-Vorbeck, i cui askari divennero il simbolo della lealtà africana contro gli inglesi in Africa Orientale.

Accanto alla questione razziale, i testi chiamarono in causa anche la relazione tra uomini e donne, rendendo visibile la profonda disparità tra i sessi: prima di tutto, per l‟assenza totale di una penna femminile nel settore medico-scientifico, in secondo luogo perché alle donne venne affidato il compito di speculare sulle fantasie coloniali, cedendo agli uomini il monopolio della letteratura „seria‟. Al contrario, resoconti e articoli di giornale registravano l‟intervento di entrambi i sessi, ma anche stavolta con modalità diverse: la firma delle donne compariva spesso a difesa del lavoro di mariti e connazionali, quella maschile per esaltare l‟indispensabilità del proprio lavoro. Di conseguenza, il confinamento delle autrici alla sola scrittura autobiografica e confessionale comportò un inevitabile declassamento dei loro contributi, che si ridussero alla mera esternazione delle emozioni, troppo private per essere accettate come espressione universalmente valida del contesto coloniale.168

Come si è osservato sopra, la maggior parte dei volumi a tema coloniale ribadiva continuamente concetti già esposti altrove, tanto da rendere piuttosto uniforme tutta la produzione. Questo particolare rende difficile precisare i percorsi tematici che separano un‟opera dall‟altra, ma, al tempo stesso, semplifica l‟individuazione dei motivi comparsi con maggiore frequenza. Nello studio Germania in Africa, Joachim Warmbold stila l‟elenco dei temi e delle forme impiegati nell‟ambito della letteratura coloniale tedesca, come qui sintetizzato:

- Promozione delle campagne coloniali e delle missioni esplorative e relativi reportage scientifici o pseudo-scientifici.

- Descrizione delle guerre e delle campagne di pace operate dalla Schutztruppe tedesca, delle rivolte in Africa orientale e in Camerun e degli scontri contro gli herero.

166 Cfr. O. Gutjahr, “Maskeraden des (Post-)Kolonialismus: Eine Einleitung”, in O. Gutjahr – S. Hermes (a cura di),

Maskeraden des (Post-)Kolonialismus: Verschattete Repräsentation „der Anderen‟ in der deutschsprachigen Literatur und im Film, Würzburg, Königshausen & Neumann, 2011, p. 7.

167 Cfr. J. Warmbold, Deutsche Kolonial-Literatur, cit., p. 138.

168 Cfr. S. Mills, Discourses of Difference: An Analysis of Women‟s Travel Writing and Colonialism, London - New

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- Racconti sul destino degli emigrati tedeschi e delle loro famiglie. Queste storie coinvolgevano solitamente o la società coloniale medio-alta – spesso con protagonisti la figlia di un governatore aristocratico e un ufficiale della Schutztruppe, che alla fine convolano a nozze e fanno felicemente ritorno in Germania – o i ceti più bassi, con i contadini vittime catastrofi naturali, attacchi a sorpresa da parte degli africani e soprattutto sottoposti al pericolo della

Verkafferung.

- Diari e resoconti di viaggio.

- Racconti per bambini, che mescolavano temi marziali e romantici a viaggi ed episodi di caccia.Il controllo delle autorità fu ancora più articolato su questi testi, che dovevano servire a introdurre i più giovani al lavoro dei pionieri coloniali e a educarli al pensiero coloniale. - Scritti dei missionari: redatti principalmente con lo scopo di ottenere fondi, la maggior parte

di questi testi non affrontava questioni prettamente religiose, ma mostrava forti attitudini a favore del colonialismo.169

Indipendentemente dalla loro specifica materia di discussione, le varie opere rievocano sempre i medesimi argomenti, trattati in modo simile, se non identico. Tra questi, soprattutto: la vita nella colonia, le lamentele per la pigrizia degli indigeni e la propria proposta per la loro educazione al lavoro, le malattie, il clima e l‟ambiente, i festeggiamenti per il Natale. Per quanto variegata possa apparire la rosa di testi in elenco, infatti, bisogna riconoscere la sostanziale uniformità di temi e messaggi. In generale, gran parte dei volumi soffriva di una certa scarsità di trama, spesso frutto di imitazioni malriuscite o azzardata con esigue variazioni.170 Ciò si verificava perché la narrazione o l‟enunciazione dei dati rimaneva sempre subordinata al compito di educare e informare, mentre la „libertà‟ dello scrittore o dello scienziato era vincolata a criteri e informazioni stabiliti a priori. Per adempiere a tali obiettivi, la produzione adottò un linguaggio realistico, spesso tecnico, che rispondesse alle nuove esigenze sociali e alla praticità dell‟economia e della produzione. Non sorprende, infatti, che i quadri romantici della natura furono abbandonati per cedere il passo a studi e prospettive speculative: «Das Versagen der poetischen Sprache angesichts der kommerziellen Neuordnung der Welt war im frühen 20. Jahrhundert nichts Neues»,171 «[w]as die poetische Sprache nicht erfassen kann, ist allein durch eine kolonialideologisch und wissenschaftlich informierte Perspektive zu retten».172

Tuttavia, quanto appena affermato si dimostra, in un certo senso, opinabile. Per quanto la letteratura coloniale possa considerarsi realistica, infatti, questo realismo risulta „inquinato‟ da una falsificazione della realtà, in genere ai fini propagandistici o (auto)terapeutici, come accadde ai fanatici che continuarono a sognare situazioni non più esistenti: «[d]ie Fiktion greift

169 Cfr. J. Warmbold, Germania in Africa, cit., pp. 142-144. 170

Ivi, p. 142.

171 J. K. Noyes, “Landschaftsschilderung, Kultur und Geographie. Von den Aporien der poetischen Sprache im

Zeitalter der politischen Geographie”, in A. Honold – S. Oliver (a cura di), Kolonialismus als Kultur: Literatur, Medien, Wissenschaft in der deutschen Grunderzeit des Fremden, Tübingen - Basel, Francke, 2002, p. 132.

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realitätskorrigierend in den Geschichtsablauf ein und hält die Illusion eines Lebens nach vorindustriellem Muster aufrecht».173 In più, la dimensione del sogno è conservata nel permanere di sguardi romantici verso la natura, soprattutto se esotica e „altra‟, dando vita a quella che è stata definita „geografia estetica‟.174

Lo stile espositivo della letteratura coloniale si dimostra, in

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