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Fulco, La letteratura dialettale napoletana Giulio Cesare Cortese e Giovan Battista Basile, Pompeo Sarnelli cit., p 863.

VII. As we have seen, Waimer always had his audience of ‘Gdan´skers’ in mind, the professors and students of the Aka-

10. Fulco, La letteratura dialettale napoletana Giulio Cesare Cortese e Giovan Battista Basile, Pompeo Sarnelli cit., p 863.

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confronto: da quella di Michele Rak del 1986, accompagnata dal testo dialettale a fronte, alla versione di Ruggero Guarini del 1994, fino alle riscritture di Roberto De Simone, in dia- letto napoletano moderno nel 1989 e in lingua italiana nel 2002; a quest’ultima il traduttore ha affiancato come testo a fronte una nuova trascrizione in napoletano semplificato. Oggi si può infine disporre di una nuova edizione critica dell’opera, pubblicata in due eleganti tomi dalla casa editrice Salerno e allestita da Carolina Stromboli, che vi ha aggiunto la sua traduzione italiana.

Ricostruire in modo dettagliato i rapporti di filiazione diretta e indiretta intercorsi invece fra l’opera di Basile e la fiabistica europea è questione complessa che meriterebbe una tratta- zione ben più approfondita. Per tale motivo, si restringerà qui il campo di osservazione intorno alla serie traduttiva an- glosassone e in particolare ad una delle prime traduzioni inglesi del Cunto a cura di John Edward Taylor, tralasciando intenzionalmente gli altri paesi europei ma non rinunciando almeno a menzionare il caso della Germania, dove si registra già all’inizio dell’Ottocento una viva attenzione verso Basile, sia per il numero di versioni che per la frequenza dei rifaci- menti e liberi adattamenti delle sue fiabe11.

Anche in Inghilterra, come in Germania, l’attenzione ver- so l’opera di Basile non tarda ad arrivare. Numerose sono le traduzioni parziali in inglese che si succedono fra il 1828 e il 1834, fino a quella di John Edward Taylor del 1848, im- preziosita dalle belle illustrazioni di George Cruikshank e limitata a sole trenta fiabe12. È del 1893 la prima traduzione integrale del testo a cura di Sir Richard Burton, cui seguono due traduzioni novecentesche: la prima di E.F. Strange dal titolo Stories from the Pentamerone (Macmillan, London 1911), di sole 32 fiabe e corredata da 32 illustrazioni di Warwick Goble, la seconda a cura di Norman M. Penzer (John Lane

11. Mi permetto di rinviare ad A. Albanese, Metamorfosi del Cunto di Basile. Traduzioni, riscritture, adattamenti, Longo, Ravenna 2012, pp. 76-79.

12. J.E. Taylor, The Pentamerone, or the Story of Stories, Fun for the Little Ones by Giambattista Basi- le, translated from the Neapolitan by J.E. Taylor, with illustrations by G. Cruikshank, D. Bogue and J.

Cundall, London 1848, https://archive.org/stream/pentameroneorst00basigoog#page/ n8/mode/2up, ultima consultazione 30/09/2015.

Ricezione europea del Cunto de li Cunti di Basile 149 the Bodley Head, London 1932), basata tuttavia non sull’ori- ginale napoletano ma sulla versione italiana di Croce. Sono poche le notizie sul traduttore John Edward Taylor. Na- to a Norwich nel 1809 e morto a Weybridge nel 1866, buon conoscitore sia della lingua tedesca sia di quella italiana, stu- dioso appassionato di Dante, fra i suoi studi su autori italiani si ricorda il libro Michael Angel, Considered as a Philosophic Poet,

with Translations pubblicato a Londra nel 1840, nel quale so-

no contenute molte citazioni in italiano tratte dal Convivio, dalla Vita Nova e dalla Commedia, oltre che sue traduzioni di sonetti di Buonarroti13.

Nipote del naturalista Richard Taylor, dal 1837 Sir J.E. Taylor diventa socio dello zio nella stamperia londinese di Red Lion Court, in Fleet Street e della sua instancabile attività di stampatore, nonostante la salute sempre cagionevole, si hanno molte tracce nei carteggi dell’amico letterato italiano Gabriele Rossetti14, esule a Londra, di cui la tipografia dei Taylor stampa negli anni 1826-1827, fra le altre opere, anche i primi due volumi dell’importante Comento analitico della Di-

vina Commedia per conto dell’editore John Murray.

Nonostante i carteggi non rilevino un diretto scambio epi- stolare fra il letterato italiano e l’intellettuale e stampatore londinese, il riferimento costante a Taylor nella corrispon- denza intercorsa tra Rossetti e i suoi amici e protettori, primi fra tutti l’inglese John Hookham Frere e lo scozzese Charles Lyell, testimonia di un reciproco rapporto di fiducia, amicizia e persino confidenza, se con la stessa concitazione Rossetti si lamenta del ritardo del «giovane Taylor» in alcune consegne e si preoccupa per la sua salute malferma15. Un’amicizia, tut- tavia, macchiata in un’occasione dal dubbio di tradimento che Rossetti ritiene erroneamente di aver subito da parte del suo stampatore di fiducia per la contestatissima opera Mistero

dell’amor platonico, le cui vicissitudini editoriali si protraggono

per anni. Il libello – di cui per motivi religiosi il patrono e finanziatore Frere aveva espressamente vietato la circolazione in Inghilterra e che Rossetti aveva infine garantito di «tenere

13. Cfr. P. Toynbee, Dante in English Literature, Methuen & Co., London 1909, pp. 645-649. 14. G. Rossetti, Carteggi, A. Caprio et al. (a c. di), Loffredo, Napoli 1984-2006; per i rap-

porti fra Gabriele Rossetti e Taylor si vedano in particolare i voll. 3, 4, 5.

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in deposito» ad eccezione delle 50 copie richieste dall’altro mecenate Lyell per farne dono «ad intimi amici»16 – riceve sulla rivista British and Foreign Review una velenosa e anonima recensione17, i cui toni ostili lasciano facilmente sottintende- re la volontà di un attacco mirato più all’autore dell’opera che ai suoi contenuti. Nonostante sin dall’inizio Rossetti nu- tra il sospetto, del resto ben riposto, che quell’irrimediabile stroncatura non possa essere stata escogitata da altri che da Antonio Panizzi, anch’egli esule a Londra e suo aperto riva- le e nemico18, in un primo momento non esita tuttavia ad attribuirne la paternità al suo editore Taylor, tacciandolo di irriconoscenza e tradimento. Vale la pena di leggere alcuni stralci della lettera-sfogo inviata al protettore Charles Lyell, nella quale Rossetti formalizza l’accusa all’ignaro Taylor:

E avreste potuto mai credere che quel John Taylor, il quale di carattere pare sì mite e benigno, fosse capace di sì infame tradimento? Quel colpo da assassino, quell’articolac- cio pieno di tanto insulto e di tanta mala fede, quello che fu scritto col solo intento di coprirmi di vituperio e di fango ed espormi così alla berlina di tutto il mondo […], quello mi vien da lui. Che ne sia stato egli stesso lo scrittore non saprei dirlo, ma che dipendesse da lui il porlo o il rifiutarlo in quel- la Rivista è certissimo, poiché egli è l’editore di quella pub- blicazione. Detestabile Giuda! […] O proditoria iniquità! E qual mala azione ha egli da me ricevuta? Qual motivo ebbe egli per trattarmi sì scelleratamente? Forse l’averlo assistito ogni qualvolta ha avuto bisogno delle mie cognizioni lette- rarie? […] L’aver fatta la correzione delle stampe a citazioni italiane che uscivano dalla sua tipografia, tutte le volte che ne fui da lui richiesto? L’aver dato lezione alla sua moglie gratis et amore per quattro mesi e più? Niuna offesa ha da me

16. Lettera di Rossetti a John Hookham Frere del 23 giugno 1841, ivi, vol. 5, p 104. 17. La recensione, dal titolo Rossetti’s Mistero dell’amor platonico, del 14 dicembre 1842,

è apparsa sul numero della «British and Foreign Review», xxvii (1843), vol. 14, pp. 46-47.