VII. As we have seen, Waimer always had his audience of ‘Gdan´skers’ in mind, the professors and students of the Aka-
33. Si veda il giudizio dato da Baesecke: «steif, undeutsch, überhaupt für schlecht zu hal-
La ricezione delle novelle del Boccaccio in Germania 123 prattutto la resa della sintassi che offre i maggiori ostacoli, in quanto Arigo segue alla lettera la fonte e sembra quasi aver tradotto le singole espressioni senza procedere poi ad una ristrutturazione del periodo secondo gli usi della lingua te- desca. Interessanti gli aspetti stilistici che presentano formule a più membri, le Anreden e gli epiteti. Questi tratti ricorrono anche nelle traduzioni delle singole novelle, ad esempio in Niclas von Wyle, come pure nelle Prosaauflösungen, per cui si tratta di usi diffusi e non solo ristretti all’ambito cancellere- sco, come aveva invece sostenuto Drescher34. Concludendo, Arigo si trovò di fronte ad un’opera nuova e difficile da ren- dere e per questo, data anche la varietà di contenuti e di stile del Decameron, non è possibile dare una definizione univoca della tecnica di traduzione, in quanto le scelte operate pos- sono variare a seconda del genere delle novelle.
Vorrei infine fare alcune osservazioni sulla base dell’analisi della novella di Griselda. Questa novella circolava in Germa- nia sia nella versione latina del Petrarca che nella traduzione di Steinhöwel. Questo umanista aveva rappresentato Griselda come una figura ideale e l’aveva proposta come esempio da imitare. Arigo fa un’operazione analoga mettendo al centro la protagonista e sottolineando le sue virtù: l’ubbidienza, la sopportazione, l’umiltà – diemütig – e soprattutto la zuht ‘il buon comportamento’, qualità richiesta in particolare ai no- bili e ai ceti più elevati35. Si può quindi ipotizzare che Arigo conoscesse la versione del Petrarca e anche la traduzione di Steinhöwel, in quanto si rilevano delle corrispondenze con questi testi. All’inizio e alla fine della novella del Boccaccio leggiamo le osservazioni critiche di Dioneo verso il marchese e più in generale verso i nobili. In questi punti il tono è ironi- co e pungente, ma Arigo tende a mitigare certe affermazioni, dato che indirizzava la sua opera a un pubblico di nobili. Così l’espressione «una matta bestialità» (Dec. x, 10, 3) con cui Dioneo stigmatizza l’agire del marchese viene resa con «grosse torhet» ‘grande stoltezza’ (Ar. 657, 24) che sottolinea il comportamento dissennato, ma cancella il riferimento dan-
34. «schon allein ganz deutlich, dass Arigos stilistiche Bildung auf dem Boden der Kanzlei
erwachsen ist»; Drescher, Arigo cit., p. 80.
35. «Ir edeln, züchtigen, schönen frawen», ‘Voi nobili, educate e belle donne’ (Ar. 154,
Maria Grazia Saibene
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tesco. Stupisce invece che la conclusione di Dioneo, sempre critica verso i nobili e tesa a mostrare la superiorità di Grisel- da, sia mantenuta da Arigo che conserva anche il riferimen- to osceno alla fine. Mentre il Boccaccio presenta la vicenda in una luce critica per Gualtieri e Griselda è descritta nella sua passività e obbedienza, nell’opera tedesca è Griselda che appare al centro offrendo un modello di comportamento e dimostrando di essere ben determinata e consapevole nel suo agire. Vengono accentuati da Arigo anche gli aspetti cortesi, ad esempio nella descrizione della corte e dei rapporti tra il marchese e i suoi sudditi che si dicono disposti a fare la sua volontà «piß in den tode» ‘fino alla morte’ (Ar. 658, 38). La figura del marchese viene, come del resto dal Petrarca, ritratta in una luce più favorevole e Arigo ne argomenta sem- pre le scelte: quella di non voler prendere moglie e poi di sottoporre Griselda a terribili prove. Quando alla fine Gual- tieri chiarisce le motivazioni del suo operare, nel Boccaccio i sudditi lo reputano «savissimo», forse con una velata ironia, mentre Arigo riporta vari giudizi, tra cui anche alcuni nega- tivi (Ar. 666, 29-31). Infine vi è una interessante differenza tra i due testi proprio riguardo alle motivazioni addotte da Gualtieri: in Boccaccio il marchese sostiene di aver sottopo- sto Griselda a quelle prove per educare lei e i sudditi a come ci si deve comportare nel matrimonio, mentre in Arigo la finalità è l’educazione della figlia e del figlio (Ar. 666, 9-11), particolare che ci riporta alla Ehedidaktik, un genere diffuso a quel tempo. Riguardo all’analisi della novella di Griselda cito tra i molti lo studio di Bertelsmeier-Kierst che mette in luce talune corrispondenze tra Arigo e le rielaborazioni del Petrarca e di Steinhöwel36. Anche Theisen conduce un con- fronto tra l’opera di Arigo e il Decameron e in conclusione prospetta per l’interpretazione di questa novella tre diversi piani: figurativo, morale e realistico37. Per il primo livello ipo- tizza delle corrispondenze con l’interpretazione allegorica del Petrarca per cui Griselda apparirebbe come figura Mariae e in alcuni punti, a suo giudizio, ci sarebbero richiami an- che a figure bibliche come Rebecca e Giobbe. Non ritengo sufficientemente fondata questa interpretazione, in quanto
36. Bertelsmeier-Kierst, ‘Griseldis’ in Deutschland cit., pp. 158-169. 37. Theisen, Arigos Decameron cit., pp. 579-609.
La ricezione delle novelle del Boccaccio in Germania 125 Arigo sembra voler soddisfare innanzitutto le aspettative e il gusto dei nobili, i quali da un lato erano interessati a questa nuova produzione umanistica e a opere di intrattenimen- to, ma dall’altro apprezzavano anche insegnamenti morali, ad esempio riguardo all’amore, al matrimonio e al corretto comportamento.
I novellieri italiani e la loro presenza nella cultura europea: rizomi e palinsesti rinascimentali
126 Il ciclo di novelle dedicate a Calandrino rappresenta un caso
particolare all’interno del Decameron in cui, cornice a parte, difficilmente Boccaccio richiama più volte uno stesso per- sonaggio1; Calandrino fa eccezione essendo protagonista di ben quattro racconti– viii, 3; viii, 6; ix, 3 e ix, 5 – chiara- mente connessi l’uno all’altro da allusioni e rimandi interni che creano una «serie comica» dalla struttura ben definita2. Colto in varie situazioni, nell’ampio spazio ottenuto all’in- terno dell’opera, il protagonista, pur emblema di stupidità e goffaggine, emerge come figura tutt’altro che piana3 e dotata di qualità per lo più negative.
Iracondo, all’occasione traditore e disonesto, sogna persi- no di derubare i cambiavalute cittadini grazie alla conquistata invisibilità e se in un primo momento, in uno slancio amica- le, pensa di coinvolgere nei propri piani anche i compagni, quando crede di aver trovato la prodigiosa elitropia se ne va
1. C. Trabalza, Studi sul Boccaccio, cap. La coerenza estetica del personaggio di Calandrino nel Decameron, S. Lapi, Città di Castello 1906, pp. 235-264.