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Il lavoro svolto presenta delle limitazioni.

Il primo limite è dato dal fatto di avere studiato, sebbene nell’ambito di una ricerca più ampia, l’attività di un solo brand su un solo social network.

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Un altro limite è dato dal dataset, in particolare dalla voce Advertising: essa infatti racchiude le spese relative ai media tradizionali, trascurando quelle inerenti ai social network.

Un ulteriore limite è dato dalla soggettività con cui si ha necessariamente a che fare quando si procede con la suddivisione dei contenuti postati in tipologie diverse: sebbene si sia cercato di attenersi ai criteri adottati da Taecharungroj nel suo lavoro su Starbucks, è inevitabile che la scelta di ricondurre un certo post a una tipologia piuttosto che a un’altra sarà influenzata dalla sensibilità del ricercatore.

3.5

Risultati

Le analisi svolte sul dataset hanno fornito delle utili indicazioni riguardo all’attività social di Danone e possono fornire degli utili spunti ai brand che si cimentano con questo nuovo tipo di comunicazione.

Il rapporto dei like con le vendite scaturito dal lavoro è controverso. Il primo modello di regressione, che analizza come likes e retweet influenzano le vendite, individua un legame negativo tra i primi e quest’ultime. L’ultimo modello proposto invece, che comprende un gran numero di variabili indipendenti, evidenzia una connessione positiva tra likes e vendite. In entrambi casi comunque l’effetto esercitato non risulta essere molto forte (rispettivamente  = -0,117 e  = 0,092).

L’influenza dei retweet segue invece un andamento opposto: nel primo modello viene rilevato un legame positivo con le vendite, mentre nel quarto modello uno negativo, entrambi più forti rispetto a quelli con i likes (rispettivamente  = 0,193 e  = -0,341).

Anche altre variabili esercitano un’influenza importante sulle vendite. Il prezzo medio ha un legame negativo con le vendite ( = -0,248) mentre le spese pubblicitarie e il numero dei post hanno un effetto (rispettivamente  = 0,344 e  = 0,250).

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I contenuti pubblicati dal brand risultano spesso appartenere a più di una categoria contemporaneamente. Come dimostrato infatti dalla matrice di correlazione, le variabili information, action e emotion sono molto correlate tra loro, sintomo che i post frequentemente possiedono caratteristiche tali da farli rientrare in più di una categoria.

I post informativi hanno un effetto negativo sui likes e sui retweets, seppur debole (rispettivamente  = -0,013 e  = -0,034), mentre i post appartenenti alla categoria action influenzano positivamente i retweet e negativamente i likes, seppur anch’essi debolmente (rispettivamente  = 0,110 e  = -0,023). I post emozionali invece influenzano fortemente e in maniera positiva sia i likes che i retweet (rispettivamente  = 0,916 e  = 0,881).

3.6

Conclusioni e implicazioni

Tenendo in considerazione i risultati, abbiamo tratto delle indicazioni che potrebbero risultare utili alle aziende che si affacciano al mondo dei social.

Riteniamo che l’effetto ambiguo dei like e dei retweet scaturito dalle analisi possa essere dovuto a fattori esterni e che i brand di conseguenza non debbano sentirsi scoraggiati. La relazione inversa potrebbe essere infatti dovuta ad altri eventi che possono influenzare le vendite nel breve periodo. Consigliamo dunque alle imprese di ideare e sviluppare delle campagne social per aumentare il numero di follower e postare contenuti graditi agli utenti in modo da aumentare il numero di likes e retweet: nel lungo periodo l’aumentare del traffico social presso le pagine aziendali non potrà che fare del bene alle imprese.

Le aziende dovrebbero cercare di differenziare le tipologie di contenuti postati. Tutte e tre le categorie analizzate possono infatti risultare utili a iniziare, sviluppare e mantenere una relazione con la propria clientela. I post informativi possono aiutare a creare un legame di fiducia con i consumatori, mentre i post appartenenti alla categoria action possono spingere i clienti ad intraprendere un’azione nei confronti dell’impresa. I post emozionali possono suscitare delle sensazioni positive verso il brand. Come possiamo

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vedere nella sezione dedicata ai risultati, i post appartenenti alla categoria emotion sono quelli che riscuotono più successo in termini di likes e retweet; ciò tuttavia potrebbe essere dovuto alla presenza massiccia di post appartenenti a questa tipologia rispetto a quelli appartenenti alle altre due. Ci sentiamo dunque di consigliare alle imprese di postare contenuti diversificati, sempre tenendo in considerazione il tipo di immagine che vogliamo mostrare ai consumatori e al settore in cui si opera. I contenuti pubblicati dovrebbero differenziarsi anche in termini di formato (testi, immagini, video).

Anche le risposte ai commenti e alle domande poste dagli utenti possono ricoprire un importante ruolo nella costruzione di una relazione proficua con i propri clienti: riteniamo dunque che le imprese dovrebbero dotarsi di personale destinato alla gestione dei rapporti social con la clientela.

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Conclusioni

Con questo lavoro abbiamo cercato di fare chiarezza sull’utilità che possono trarre le imprese dai social media; in particolare abbiamo voluto approfondire le conoscenze sul rapporto che lega metriche relative alle piattaforme social e vendite.

L’ambito è stato studiato sotto tre diverse prospettive.

In via preliminare abbiamo svolto una ricerca online nel campo dei social media, per raccogliere quante più informazioni possibili su di essi, sulla loro diffusione e sull’utilizzo che possono farne le aziende.

Successivamente abbiamo compiuto una revisione della letteratura riguardante l’argomento. Gli articoli sono stati selezionati dalla banca dati EBSCO.

Infine, è stata compiuta una ricerca empirica su come i contenuti pubblicati da Actimel su Twitter possano influenzare le vendite. La particolarità della ricerca consiste nella suddivisione in tre categorie dei post: post informativi, emozionali e comportamentali.

I social media risultano essere diffusi presso circa la metà della popolazione mondiale: secondo una ricerca di Wearesocial, ci sarebbero 3,486 miliardi di utenti attivi al mese. I social più popolari tra gli utenti sono risultati essere Facebook, Twitter e Instagram. Le stesse piattaforme, secondo una ricerca condotta da Hootsuite, risultano essere molto in voga tra le imprese, le quali le utilizzano per veicolare le proprie campagne; Instagram è maggiormente utilizzato da imprese che operano nel B2C, mentre Linkedin riscuote successo tra le aziende B2B. In Italia, secondo una ricerca condotta da Nielsen, gli investimenti pubblicitari relativi ai social sarebbero secondi solo a quelli televisivi: rispettivamente 2,6 milioni e 3,8 milioni.

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Dalla revisione della letteratura sono emersi risultati confortanti per le imprese. Sia i contenuti generati dall’utente che quelli postati dai brand possono portare vantaggi alle aziende: Gli UGC influiscono maggiormente sulla soddisfazione del cliente e sulla notorietà del brand, mentre i FGC sull’intenzione di acquisto e sulla considerazione del brand. Tra media tradizionali e moderni si possono generare delle sinergie positive.

I risultati provenienti dalla ricerca svolta sull’attività su Twitter del brand Danone sono controversi: il legame tra likes e vendite infatti appare negativo in un modello e positivo in un altro, sebbene l’effetto risulti debole in entrambi i casi. Il legame tra quest’ultime e i retweets segue invece l’andamento opposto. Il prezzo medio esercita un effetto negativo sulle vendite, mentre le spese pubblicitarie e il numero di post hanno un’influenza positiva. I post informativi e comportamentali esercitano un effetto trascurabile su likes e retweets, mentre i post emozionali influenzano positivamente entrambi.

La nostra ricerca non è certamente esente da limitazioni.

Il principale limite è dato dalla continua evoluzione dell’ambito da noi indagato. I dati studiati nel primo capitolo sono destinati a mutare continuamente, e sebbene si possa provare a tracciare l’evoluzione di questi strumenti, l’ambiente rimane in continuo cambiamento e imprevedibile. Ciò fa inoltre apparire anche come obsoleti alcuni degli articoli da noi trattati, nonostante l’apposizione di un limite temporale per la selezione.

Sempre per quanto riguarda il secondo capitolo, alcuni dei paletti da noi autoimposti, sebbene necessari al fine della validità della ricerca, si sono rilevati limitanti. Oltre al limite temporale, la decisione di comprendere solo le riviste più autorevoli nel campo ci ha portato ad escludere molti articoli, mentre ad altri che ci sembravano interessanti non potevamo accedere con l’account dell’ateneo.

Anche la ricerca trattata nel terzo capitolo presenta dei limiti. Sebbene sia compreso all’interno di un contesto più ampio, il lavoro qui trattato riguarda solamente un brand e un social network, decisamente troppo poco per trarre delle conclusioni. Ulteriore limite è dato dall’inevitabile soggettività cui si va incontro quando si vuole ricondurre un post a una determinata tipologia piuttosto che un’altra.

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Un altro limite è dato dalla scarsità di tempo e di risorse a nostra disposizione: riuscire a revisionare più articoli e a studiare l’attività di più brand avrebbe portato a risultati più affidabili.

Le raccomandazioni che ci sentiamo di fare a coloro che dovessero in futuro affrontare questo argomento derivano dai limiti che abbiamo incontrato. Con maggior tempo a disposizione si riuscirebbe a prendere in considerazione un numero maggiore di articoli e a compiere così una migliore revisione della letteratura. Inoltre, risulterebbe utile poter accedere a un numero maggiore di articoli, sebbene comunque le credenziali dell’ateneo garantiscano l’accesso ad una grande quantità di materiale. Infine, sarebbe interessante analizzare l’attività di più imprese su un numero maggiore di social contemporaneamente, come avviene nella ricerca completa in cui quest’analisi è inserita.

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