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La relazione tra i social media e le vendite. Analisi teorica ed empirica con un'applicazione su Twitter nel settore dell yogurt.

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea in Marketing e Ricerche di Mercato

Tesi di Laurea

La relazione tra i social media e le vendite. Analisi

teorica ed empirica con un’applicazione su

Twitter nel settore dello yogurt

Relatore: Daniele Dalli

Candidato: Guido Ghionzoli

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INDICE

Introduzione

1

Capitolo 1 Ricerche sull’utilizzo e sulla diffusione dei Social

Media 3

1.1 I Social Media 3

1.2 Diffusione dei Social Media 4

1.3 Utilizzo dei Social Media da parte delle imprese 8

1.3.1 Influencer Marketing 11

1.3.2 Social Advertising 13

1.3.3 Investimenti sui Social Media 14

1.4 Sfide e previsioni per il futuro 16

1.4.1 Previsioni sull’utilizzo del mezzo Digital 16

1.4.2 Trend e sfide future 17

1.5 Conclusioni 20

Capitolo 2 Revisione della letteratura 22

2.1 Tema della ricerca 22

2.2 Dati 23

2.3 Variabili 24

2.4 Risultati 25

2.4

.

1 Influenza delle dimensioni degli UGC sulle vendite 25

2.4.2 Sinergie tra diversi tipi di media 30

2.4.3 Esperimenti 33

2.4.4 Altro 35

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Capitolo 3 Analisi empirica sull’attività su Twitter del brand

Actimel 39

3.1 Background della ricerca 39

3.2 Dataset 42

3.3 Analisi dei dati 42

3.3.1 Distribuzione delle variabili Sales, Average price, Advertising e Post count 42

3.3.2 Analisi di Informative, Emotion e Action 48

3.3.3 Regressioni 50

3.4 Limiti della ricerca 54

3.5 Risultati 55

3.6 Conclusioni e implicazioni 56

Conclusioni 58

Sitografia 61

Bibliografia 63

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1

Introduzione

I Social Media rappresentano un fenomeno in continua evoluzione che sta avendo una notevole diffusione negli ultimi anni. La portata che tali strumenti hanno raggiunto ha convinto numerose imprese a farli diventare parte integrante delle loro campagne di comunicazione: le aziende vedono infatti nelle piattaforme social un ottimo strumento per comunicare con i consumatori e creare una relazione proficua con essi.

Il legame tra questi nuovi media e le vendite deve ancora essere ben definito. Non esiste infatti una relazione precisa tra il fatturato e l’attività social posta in essere dalle aziende, e le misure che si promettono di studiarla (ad esempio il Social Media ROI) presentano delle limitazioni.

L’obiettivo di questo lavoro è dunque quello di approfondire la relazione tra vendite e social media, andando ad effettuare ricerche sia in letteratura che sul campo.

Il primo capitolo affronta l’ambito dei Social Media: viene analizzata una definizione delle piattaforme social e fornita una breve panoramica di quelle maggiormente in voga. Successivamente le ricerche hanno riguardato la diffusione di questi siti presso gli utenti e l’utilizzo che le imprese possono farne: abbiamo studiato come le imprese possano trarre vantaggio dall’influencer marketing e dal social advertising. Abbiamo poi spostato il focus sull’entità degli investimenti compiuti in campagne social e sulle sfide e previsioni riguardanti il futuro di questi strumenti.

Il secondo capitolo è invece costituito da una revisione della letteratura sull’argomento social e vendite. Abbiamo ricercato sul portale EBSCO degli articoli che andassero ad analizzare il legame tra fatturato e attività social delle imprese. Sono stati presi in considerazione solamente articoli relativamente recenti (dal 2011 in poi) e pubblicati su riviste dotate di una certa autorità nel campo del marketing. Gli articoli sono stati divisi in quattro diverse sezioni a seconda del tipo di ricerca effettuata:

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2

• Influenza delle dimensioni degli UGC sulle vendite: articoli che trattano come il volume, la valenza o altre dimensioni dei contenuti generati dagli utenti possono influenzare le vendite

• Sinergia tra media: paper che studiano il rapporto tra le piattaforme social e i media tradizionali

• Esperimenti: ricerche empiriche nell’ambito dei social media

• Altro: articoli che studiano la relazione tra social e vendite non rientranti nelle tre categorie sopra citate

Nel terzo ed ultimo capitolo sono riportati i risultati di una ricerca empirica compiuta sull’attività svolta su Twitter da Danone per il brand Actimel. Il lavoro svolto fa parte di una ricerca più ampia, la quale analizza il rapporto tra vendite e social media, studiando l’attività su Twitter e su Facebook di 10 imprese operanti nel campo dello yogurt/latte, snack e gelati. La particolarità di quest’analisi è rappresentata dalla suddivisione in categorie dei post pubblicati dall’azienda. A seconda del contenuto infatti, i post sono stati catalogati come:

• Informative: post che forniscono informazioni sul brand o sul prodotto • Emotional: post che mirano a suscitare emozioni negli utenti

• Action: post che cercano di indurre il lettore a intraprendere un’azione nei confronti del brand

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3

Capitolo 1

Ricerche sulla diffusione e sull’utilizzo dei Social

Media

1.1 I Social Media

La diffusione di Internet su larga scala a partire dagli anni 2000 rappresenta sicuramente una delle innovazioni più importanti della storia contemporanea, poiché ha permesso all’uomo di abbattere le barriere spaziali e temporali che separavano le persone residenti in luoghi lontani. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un’evoluzione del Web, con il passaggio al cosiddetto Web 2.0, termine che fa riferimento “agli sviluppi della tecnologia online che consentono l’utilizzo di funzionalità interattive in un ambiente caratterizzato da controllo dell’utente, libertà e dialogo”1. Questo nuovo ambiente si contraddistingue per la partecipazione dell’utente, il quale non rappresenta più un elemento passivo ma attivo, divenendo l’unità fondamentale del mondo virtuale.

La partecipazione delle persone al mondo online è evidente se si pensa al fenomeno dei Social Media, il quale sta assumendo sempre maggiore portata in Italia e nel mondo. I Social Media possono essere definiti come “strumenti di comunicazione, trasmissione, collaborazione e crescita online tra reti interconnesse e interdipendenti di persone, comunità e organizzazioni potenziate da funzionalità tecnologiche e mobilità”2. In altri

termini, rappresentano un ambiente dove le persone creano relazioni attraverso la condivisione di informazioni, foto, video o altri tipi di materiali riguardanti se stessi o ciò che gli piace, entrando a far parte di comunità caratterizzate da gusti e passioni comuni e

1 Tuten, Solomon; “Social media marketing. Post-consumo, innovazione collaborativa e valore condiviso”;

pag.18; 2014

2 Tuten, Solomon; “Social media marketing. Post-consumo, innovazione collaborativa e valore condiviso”;

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4

differenziandosi da quelle lontane dai nostri interessi. Gli utenti possono infatti creare e postare contenuti che possono raggiungere in tempi brevi una quantità indefinita di persone ed influenzarne l’atteggiamento e le opinioni. Questi tipi di contenuti vengono chiamati UGC (User Generated Content) e rappresentano un fenomeno in continua evoluzione e di sempre maggior interesse per le aziende, visto come possono influire sul comportamento dei consumatori. In contrapposizione agli UGC, sui social troviamo anche i FGC (Firm Generated Content), termine con cui vengono indicati i contenuti creati e postati dai brand per promuovere l’attività dell’impresa tramite il web. La letteratura ha riservato grande interesse a entrambe le tipologie di contenuti; i temi scaturiti dalle ricerche inerenti analizzate verranno discussi nel capitolo 2.

L’ampio ventaglio di azioni offerto dai social è dimostrato dal grande numero presente sul Web e dalle diverse possibilità che questi strumenti forniscono agli utenti e alle imprese. I principali social network sono in genere specializzati in una o più funzioni: si passa da Facebook, utilizzato per rimanere in contatto con gli amici e condividere foto, link, video o testi, a Youtube strettamente specializzato nella condivisione di video. Altre piattaforme molto popolari sono Twitter, la cui caratteristica principale è quella di limitare la lunghezza di un tweet a 140 caratteri, Instagram, uno dei social più in voga del momento e che si concentra sulle condivisioni di foto e stories, e Linkedin, utile per mettere in contatto persone e/o aziende con esigenze in termini lavorativi compatibili. Anche le app di messaggistica (ad esempio Whatsapp o Facebook Messenger) possono essere considerate alla stregua di social media.

1.2

Diffusione dei Social Media

Il fenomeno dei Social Media ha raggiunto un’estensione notevole: come riportato nel report di Wearesocial in collaborazione con Hootsuite3, nel 2019 si contano 3,484 miliardi di utenti social attivi al mese, rappresentanti il 45% della popolazione mondiale, non diffusi equamente nelle diverse aree del mondo: infatti abbiamo picchi di penetrazione del 70% in Nord America e nell’Est dell’Asia e del 67% nel Nord Europa, mentre nelle aree più povere come l’Africa Centrale, Occidentale e Orientale la percentuale si aggira intorno al 10% (rispettivamente 7%,12% e 8%).

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5

I paesi in via di sviluppo, come Cina, India, Indonesia e Brasile, riportano la maggiore crescita in termini di utenti attivi. Nell’ultimo anno c’è stata una crescita del 9% nel numero degli utenti social (+288 milioni da Gennaio 2018 a Gennaio 2019).

Stare sui social è un’attività sempre più centrale della giornata: si è passati infatti da una media di un’ora e trentasette minuti trascorsi su questi siti nel 2014 alle due ore e sedici minuti nel 2019. Questa importanza si riflette anche nel ranking dei siti più visitati secondo SimilarWeb: nelle prime 20 posizioni troviamo infatti 6 piattaforme social: Youtube (2°), Facebook (3°), Twitter (7°), Instagram (10°), VK (16°) e Reddit (20°). Da segnalare anche l’importanza assunta dai dispositivi mobile: dei 3,484 miliardi di utilizzatori di social infatti 3,256 miliardi ne usufruisce anche o esclusivamente attraverso questi device.

In Italia4 si contano nel 2019 35 milioni di utenti social attivi, pari al 59% della popolazione, superiore alla percentuale mondiale (45%) e in linea con le statistiche europee.

Il report offre anche una panoramica sull’utilizzo dei principali social network, riportando l’audience e la distribuzione per età degli utenti. Facebook riporta che possono

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6

essere raggiunti 2,121 miliardi di persone attraverso la pubblicità su questo sito (+ 0,9% rispetto all’ultimo anno), mentre Instagram riporta una crescita dell’audience del 4,4%, arrivando a 894,9 milioni. Questi due social presentano una simile suddivisione in fasce di età degli utenti: infatti in entrambi i siti le fasce più rappresentate sono 18-24 e 25-34, e presentano più utenti maschi rispetto alle femmine. Twitter invece presenta un’utenza più matura, con la fascia dai 25 ai 34 anni che rappresenta la maggioranza, seguita dai 18-24 e dai 35-49. L’audience riportata è di 250,8 milioni, in calo rispetto al 2018 (- 1,5%). Linkedin presenta una distribuzione di età simile: anche qui la fascia più presente è quella dai 25 ai 34 anni, mentre sono più presenti le persone dai 35 ai 49 anni rispetto a quelli dai 18 ai 24 anni. Il social risulta in crescita rispetto al 2018 (+ 3,2%), anno in cui ha raggiunto un’audience di 604,4 milioni.

Facebook risulta essere il social più utilizzato anche in Italia, secondo solo a YouTube, con un’audience di 31 milioni, dato in linea con il 2018. Stabile anche la situazione di Instagram e di Linkedin con rispettivamente 19 e 12 milioni di utenti, mentre risulta in forte calo Twitter (-18%), che riporta un’utenza pari a 2,35 milioni.

Youtube ha raggiunto, dalla sua apertura nel 2005 ad oggi, dei numeri impressionanti: si contano infatti 1,9 miliardi di utenti attivi al mese e 1 miliardo di ore di video visualizzati al giorno. È disponibile in 91 paesi in 80 lingue diverse5.

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Secondo uno studio condotto da Google sull’audience italiana di Youtube, essa risulta essere composta principalmente da uomini (53%), mentre la fascia di età maggiormente rappresentata è quella dai 24 ai 44 anni (42%), seguita dagli over 45 (39%), mentre sul gradino più basso del podio troviamo i ragazzi tra i 16 e i 24 anni (19%). Queste fasce così allargate non ci permettono di individuare quale sia esattamente l’età media degli utenti attivi, in quanto la classe più giovane viene penalizzata in quanto più ristretta rispetto a quelle più anziane6.

Tra i social di messaggistica più popolari troviamo senza dubbio Whatsapp. L’applicazione ha avuto un grande successo negli ultimi anni: si è passati infatti dai 200 milioni nell’Aprile del 2013 agli 1,6 miliardi nell’Aprile del 2019. Facebook Messenger è la seconda piattaforma di messaggistica per diffusione: nell’Aprile 2019 contava 1,3 miliardi di utenti mensili7.

Gli strumenti social rappresentano un luogo di incontro e condivisione non solo tra utenti, ma anche tra consumatori e aziende, le quali creano le proprie pagine sulle piattaforme e vi veicolano contenuti relativi al brand. Secondo l’indagine condotta da GlobalWebIndex nel 20188, il 36% degli utenti social segue i brand che gli piacciono, mentre il 25% segue brand dai quali sta riflettendo se acquistarci un prodotto. Alte anche le percentuali relative a personaggi del mondo dello spettacolo, artisti, sportivi e blogger, circostanza che potrebbe suggerire alle imprese di sfruttare la notorietà di questi soggetti per pubblicizzare i propri prodotti o servizi.

6

https://www.thinkwithgoogle.com/_qs/documents/2829/pdfresizer.com-pdf-resize_1.pdf

7https://www.statista.com/statistics/258749/most-popular-global-mobile-messenger-apps/ 8https://www.globalwebindex.com/hubfs/Downloads/Social-H2-2018-report.pdf

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8

Da segnalare tuttavia una decrescita per quanto riguarda il seguito dei brand sui social: infatti nel 2013 i brand preferiti venivano seguiti dal 50% delle persone mentre i brand dei quali si aveva l’intenzione di acquistarne i prodotti dal 34%; questo calo potrebbe essere dovuto all’esplosione del fenomeno dell’influencer, i quali potrebbero avere rubato una fetta importante di audience alle aziende. La collaborazione con queste figure rappresenta una delle sfide attuali più interessanti per quanto riguarda la comunicazione social delle imprese.

1.3

Utilizzo dei Social Media da parte delle imprese

Come abbiamo potuto notare dal paragrafo precedente, i Social Media sono strumenti diffusi presso una larga parte della popolazione mondiale: è logica conseguenza che le imprese intravedano una ghiotta opportunità nell’utilizzare questi canali per raggiungere il proprio target.

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Hootsuite ha condotto nel 20189 un’indagine che ha coinvolto oltre 9000 imprese per affrontare la tematica di come quest’ultime agiscano sui social e sulle sfide che l’utilizzo di questi strumenti comporta. Le imprese partecipanti sono dislocate in tutto il mondo, sebbene per lo più si tratti di aziende europee o nordamericane. Sono state intervistate imprese di tutte le dimensioni (tuttavia il 74% del campione risulta essere composto da grandi aziende aventi più di 1000 dipendenti) operanti nel B2B e nel B2C.

I Social Media più utilizzati dal panel risultano essere quelli più diffusi presso i consumatori: infatti abbiamo Facebook, Twitter e Instagram (95%, 84% e 74%), mentre Youtube, sebbene sia una delle piattaforme più popolari, risulta meno attraente per le imprese rispetto ai sopra citati (61%). Da notare le differenze di utilizzo di questi strumenti a seconda che l’attività aziendale rientri nel B2B o nel B2C: i social che maggiormente riportano delle differenze in questo senso sono Instagram, molto più usato da aziende prettamente B2C, e Linkedin, che all’opposto risulta più popolare nel B2B.

L’impiego di dipendenti nel campo dei social è maggiore per le grandi imprese: il 45% di quest’ultime dichiara di avere più di 10 dipendenti operanti in questo ambito. Gran

9

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10

parte delle aziende rispondenti inoltre ha dichiarato di svolgere internamente e in maniera centralizzata l’attività sui social.

Anche il numero di profili social attivi è legato alle dimensioni dell’impresa, sebbene la maggioranza dei soggetti intervistati ne abbia comunque attivo un numero compreso tra 4 e 10; Tuttavia sono presenti anche imprese aventi molti più profili: il 12% delle grandi aziende ha dichiarato di possedere più di 50 profili attivi.

Gli obiettivi perseguiti attraverso questi strumenti risultano essere per lo più la costruzione della brand awareness e la gestione della reputazione del marchio e delle relazioni con la clientela, mentre la ricerca della conversione e delle vendite risultano essere finalità meno centrali.

Le campagne svolte maggiormente sui social sono quelle di social advertising (56% dei soggetti intervistati le hanno implementate), ovvero quelli che prevedono di comprare spazi pubblicitari sui siti di social network, ma anche i programmi di influencer marketing risultano graditi alle aziende (26%).

I dati ottenuti da Hootsuite sono disponibili anche per singolo paese; analizzando quelli relativi all’Italia10 non notiamo particolari differenze, se non che la costruzione di una

reputazione del marchio risulta preponderante rispetto alla costruzione della brand awareness e che Instagram risulta più popolare rispetto a Twitter.

Trattiamo adesso due delle strategie riguardanti l’attività social che abbiamo visto essere tra le preferite: L’influencer marketing e il social advertising.

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1.3.1 Influencer marketing

L’influencer marketing è un particolare tipo di marketing che ruota attorno a delle persone, gli influencer appunto, caratterizzati dall’avere una particolare ascendenza sui consumatori11. L’idea che sta alla base di questa strategia è quella di riuscire a convincere

questi soggetti a adottare i prodotti dell’azienda, confidando che le persone che seguono l’influencer, imitando il comportamento da egli proposto, prendano in considerazione l’adozione del prodotto mostrato.

Questo fenomeno in realtà esiste da quando è nata la pubblicità: infatti da sempre le imprese si avvalgono di testimonial (reali o di fantasia) per sponsorizzare la propria attività. Ma è negli ultimi anni con la nascita del web 2.0 che il fenomeno è esploso e si è legato in maniera stretta ai Social Media: Questi ultimi infatti rappresentano la via più breve e diretta attraverso la quale gli influencer possono comunicare con i propri fan. Con la diffusione di questi strumenti si è estesa la categoria di soggetti suscettibili di essere considerati influencer: non solo personaggi famosi come attori o sportivi infatti hanno un seguito sui social e vengono considerati modelli da imitare, ma anche figure come blogger, youtuber o instagrammer hanno acquistato un seguito importante e rappresentano una possibilità importante per le aziende. Figure di questo tipo, con una fanbase in genere minore rispetto ai personaggi dello spettacolo, vengono definiti micro influencer (1000-5000 follower). Essi portano alle imprese molti vantaggi: costano meno rispetto ad altre figure maggiormente di spicco, hanno una clientela più definita, hanno un legame più stretto con i fan e riescono a creare con questi ultimi una maggiore empatia. Con l’aumentare del seguito dell’influencer aumenteranno quindi sicuramente la portata, ma con ogni probabilità anche i costi e probabilmente si perderà quella targetizzazione e quel rapporto diretto con i fan tipici dei micro influencer. L’azienda dunque dovrà compiere delle valutazioni sui propri obiettivi e di cosa necessita per raggiungerli, e scegliere il tipo di influencer che maggiormente si adatta alle proprie esigenze12.

11https://it.wikipedia.org/wiki/Marketing_di_influenza

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12

In Italia l’influencer marketing rappresenta un mercato in crescita: secondo le stime di Publicis Media13 si è passati dai 104 milioni investiti nel 2017 ai 180 nel 2018, con una

previsione di spesa nel settore nel 2019 di 241 milioni. Da segnalare come Instagram sia di gran lunga la piattaforma preferita dalle aziende per svolgere campagne di questo tipo: nel 2018 infatti il 65% di queste operazioni avviene su questo social network.

Nel 2018 è stata condotta la prima indagine sull’influencer marketing italiano ad opera dell’Osservatorio sull’Influencer Marketing Italia14. Il panel di questa indagine è formato

per lo più da professionisti del marketing, dei social media e dal management di diverse tipologie di imprese: la maggioranza è rappresentata da piccole e medie imprese (PMI) e da multinazionali (45% e 39%); meno presenti invece start-up, consulenti e imprese no-profit. Più della metà degli intervistati ha dichiarato di avere fatto uso di queste strategie nel corso del 2018 (64%); la percentuale è ancora più alta nelle multinazionali. Circa tre quarti degli utilizzatori si è dichiarata soddisfatta, mentre la motivazione principale del non utilizzo riguarda la difficoltà nel misurare con precisione gli effetti di questo tipo di campagne. Il budget investito in queste attività varia, come prevedibile, a seconda delle dimensioni dell’azienda: il 45% delle PMI intervistate infatti ha investito da 1000 a 10000 euro, mentre il 44% delle multinazionali ha speso tra 10000 e 50000 euro (il 30% ha superato i 50000 euro investiti). L’ importanza attribuita all’influencer marketing si rispecchia anche nella volontà della maggioranza dei soggetti rispondenti di aumentare nel 2019 il budget dedicato a questa attività. Il 52% delle multinazionali ha al suo interno una figura dedicata, mentre la percentuale scende nel caso delle PMI (43%). L’obiettivo principale inseguito attraverso queste strategie è quello di aumentare l’awareness del brand (56%).

13https://www.brand-news.it/wp-content/uploads/2019/03/040319_PM_INFLUENCER-

MARKETING_I_numeri-del-mercato-italiano.pdf

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1.3.2 Social advertising

Gestire una pagina su una piattaforma social e affidarsi alla speranza che i propri fan offline cerchino il brand non basta per ottenere dei risultati in termini di seguito: bisogna infatti fare in modo che gli utenti ritenuti interessanti dall’impresa vengano a conoscenza del profilo e siano incentivati a seguirlo.

Il Social advertising serve proprio a raggiungere quelle categorie di consumatori che potrebbero essere interessate al brand. Esso consiste in una tipologia di pubblicità interattiva mirata basata su inserzioni veicolata esclusivamente attraverso i Social Media15. Questa tipologia di comunicazione è efficace per le aziende perché permette, attraverso i dati forniti dall’utente stesso sul sito del social network, un’accurata profilazione dei consumatori e, conseguentemente, di andare a colpire il pubblico obiettivo. Le piattaforme social infatti offrono alle imprese la possibilità di avviare delle campagne pubblicitarie dirette a utenti rispecchianti le caratteristiche definite dal brand in fase di pianificazione.

Per comprendere meglio il funzionamento di questo genere di sponsorizzazioni, siamo andati ad analizzare come avvengono questi processi su Facebook, il quale risulta essere il primo per presenza di imprese. Attraverso la pagina Facebook Business16 è possibile

creare e gestire delle campagne pubblicitarie mirate a determinate categorie di pubblico: è infatti possibile definire l’area geografica di appartenenza, l’età, il genere e i suoi interessi, oltre al fatto che sia già seguace della pagina. In base alle caratteristiche da noi desiderate il software della piattaforma ci indicherà l’ampiezza del nostro target. A quel punto, a seconda di quanto decideremo di investire, il social ci assicurerà una certa copertura. Infine, sarà il momento di decidere il formato dell’annuncio, eventuali contenuti multimediali e l’interazione possibile con il post.

15http://www.programmatic-rtb.com/cose-definizione-di-social-advertising/ 16https://www.facebook.com/business

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1.3.3 Investimenti sui Social Media

La ricerca condotta da SocialMediaToday17 nel 2018 ha riguardato più nello specifico

la spesa nei social da parte delle imprese. Dei 500 addetti del settore, il 91% al momento compie investimenti pubblicitari su Facebook, mentre il 71% su Instagram. Sorprende la quota relativa a Twitter: solo il 33% dei soggetti coinvolti ha dichiarato di compierci investimenti pubblicitari. Questo dato appare in contraddizione con quello riportato da Hootsuite secondo il quale Twitter sarebbe uno dei social network caratterizzato maggiormente dalla presenza di aziende; sebbene dunque vi siano presenti molti profili di imprese, pare che solo una piccola parte investa una cospicua parte del budget nella sponsorizzazione dei contenuti.

Anche da questo studio emerge la tendenza a internalizzare l’attività di gestione dei profili social: il 69% delle imprese coinvolte affida a un proprio team la gestione dei social media.

La maggior parte del budget speso nelle attività social riguarda la creazione di contenuti (oltre il 50%), mentre più contenuti sono gli investimenti in sponsorizzazioni e nello staff.

Nel 2018 Instagram ha visto una notevole crescita in termini di sponsorizzazioni: secondo quanto emerso dalla ricerca condotta da eMarketer18, i ricavi del social dovuti

alle sponsorizzazioni sarebbero aumentati del 90%. In forte crescita anche Pinterest (+ 43%), mentre Twitter tra i principali social è l’unico che riporta un calo (- 2%).

17

https://marketers.media/wp-content/uploads/2018/12/report-SMT-2018-Social-Spending-Survey.pdf

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La quota di budget pubblicitario destinato dalle aziende a investimenti sui social media riflette l’importanza che questo fenomeno sta assumendo: dallo studio condotto dalla CMO nel 201819 su 324 imprese statunitensi appartenenti a molteplici settori risulta che la quota del budget di marketing relativa ai social media ha raggiunto il 13,8% nel 2018 ed è destinata a crescere nei prossimi anni.

Per quanto riguarda il mercato italiano, Nielsen fornisce gratuitamente i dati relativi alla spesa in investimenti pubblicitari nei diversi tipi di media20. La crescita della quota

relativa a Internet dal primo dato rilevato nel 2005 ad oggi è notevole: si passa infatti da 138000 euro a 2,6 milioni euro nel 2018. La percentuale relativa al Web va così ad avvicinarsi a quella relativa alla Televisione, che rimane comunque la piattaforma che attira la quota più cospicua di investimenti (3,8 milioni di euro). Internet si piazza

19

https://cmosurvey.org/wp-content/uploads/sites/15/2018/08/The_CMO_Survey-Highlights_and_Insights_Report-Aug-2018.pdf

20

https://public.tableau.com/profile/nielsen.upa#!/vizhome/Andamentoannualedegliinvestimentipubblici tariinItaliadal1962/INV_PUBBL_

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comunque al secondo posto, superando di gran lunga altri media come la radio o la carta stampata.

1.4

Sfide e previsioni per il futuro

1.4.1 Previsioni sull’utilizzo del mezzo Digital

Molte delle ricerche da noi analizzate non si limitano a descrivere il fenomeno dei social media, ma provano a fare previsioni sull’utilizzo di questi strumenti nei prossimi anni

La ricerca condotta da CMO21, che ha riportato una quota di spesa relativa ai social media pari al 13,8% nel 2018 da parte delle imprese intervistate, ha previsto un aumento nei prossimi 5 anni, quando la percentuale arriverà ad essere del 22,9%.

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Lo studio di eMarketer22 invece stima per il 2019 le spese relative al social advertising per il mercato statunitense a 32,18 miliardi di dollari, in forte crescita rispetto al 2018 quando sono stati investiti 26,95 miliardi di dollari. Le spese cresceranno ancora nel 2020, quando secondo le previsioni saranno spesi 37,71 miliardi di dollari.

Il 68% del campione intervistato da SocialMediaToday23, ha dichiarato di avere

intenzione di espandere le proprie spese in social advertising nel corso del 2019, soprattutto su Facebook e Instagram.

1.4.2 Trend e sfide future

Il mondo dei social, essendo in continua evoluzione, presenta continuamente alle imprese che vogliono trarne dei profitti nuove sfide da affrontare e nuovi trend da seguire.

Hootsuite ha identificato 5 principali trend social che caratterizzano l’attività delle imprese e degli utenti nel 201924:

22 https://www.ignitesocialmedia.com/social-advertising/social-ad-spending-trends-2019/ 23

https://marketers.media/wp-content/uploads/2018/12/report-SMT-2018-Social-Spending-Survey.pdf

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1) Ricostruzione della fiducia verso i Social Media

Nel 2018, in seguito allo scandalo di Cambridge Analytica e alla larga diffusione di bot su Twitter, vi è stata una progressiva perdita di fiducia nei confronti delle piattaforme social da parte degli utenti. Si presenta quindi alle imprese la necessità di ricreare un clima di fiducia intorno al profilo del brand e di riavvicinarsi alle persone. Le strategie per riuscirci sono molteplici e variano a seconda della piattaforma in cui si opera: possiamo infatti avviare una conversazione intorno ad un hashtag su Twitter, creare hashtag legati al brand su Instagram o creare gruppi legati alla pagina aziendale su Facebook, oltre che avvalersi della collaborazione di micro-influencer.

2) Stories

Le stories, ovvero contenuti come foto o video condivisi dagli utenti e che spariscono dopo 24 ore, hanno avuto un grande successo in rapido tempo: nate originalmente su Snapchat, si sono poi diffuse su altre piattaforme come Instagram, Facebook e Whatsapp. Esse rappresentano una grande opportunità per le aziende, le quali dovrebbero pensare a diffondere i propri contenuti in questo formato.

3) Ottimizzare il social advertising

Come visto nel paragrafo dedicato a questo tema, i social permettono una targetizzazione ad hoc del pubblico obiettivo, grazie ai dati che l’utente stesso fornisce alle piattaforme. Utilizzare questo strumento nel migliore dei modi tuttavia non è semplice, e l’imprese si trovano spesso di fronte a scelte difficili in fase di pianificazione delle campagne social, riguardanti problemi come la definizione del budget e l’esatta profilazione del target.

4) Social Commerce

Il fenomeno sta raggiungendo dimensioni sempre più rilevanti: i social non rappresentano più solamente un punto di incontro tra imprese e consumatori ma anche

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dei punti di vendita online. Le aziende devono quindi approfittare di queste nuove possibilità, ad esempio avvalendosi di Facebook Market o delle possibilità di aprire un negozio su Instagram.

5) Social Messaging

Le app di messaggistica sono diffuse presso una larghissima fetta della popolazione mondiale: se combiniamo infatti l’utilizzo delle principali piattaforme, contiamo fino a 5 miliardi di utilizzatori. Si stima inoltre che gli utenti passino più tempo a messaggiarsi che a pubblicare contenuti sui social. Le aziende devono quindi considerare anche questo canale per comunicare con i consumatori.

Hootsuite inoltre, nel suo report del 2018 già citato in precedenza25, individua 4 sfide

principali che le imprese si trovano ad affrontare quando decidono di operare sui Social Media.

La prima sfida riguarda la possibilità di misurare il ritorno economico degli investimenti in Social Media. Esso risulta uno dei punti critici delle strategie social delle imprese, le quali spesso non riescono a identificare con precisione i ricavi derivanti da queste attività: il 56% delle aziende rispondenti non misura il ROI relativo alle attività social, e questa percentuale rimane pressoché invariata rispetto alle dimensioni aziendali.

La seconda sfida attiene alla coordinazione delle attività svolte sulle diverse piattaforme social in cui l’impresa opera e l’integrazione con l’attività svolta dall’azienda. Le dimensioni dell’azienda sicuramente incidono sulla difficoltà nel coordinare le attività: questa tipologia di sfida infatti viene percepita maggiormente dalle grandi imprese intervistate rispetto a quelle di piccole dimensioni.

Un’altra criticità riguarda la formazione del personale che dovrà operare sulle piattaforme social. Il 46% dei rispondenti ha dichiarato di non fornire alcun training per operare sui Social Media, ed oltre il 60% delle imprese coinvolte non ha alcuna politica che regoli il comportamento fuori dal lavoro dei dipendenti sui social.

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20

L’ultima sfida analizzata è quella riguardante la mancanza di tempo e risorse per gestire al meglio queste attività: il 56% delle imprese intervistate ha dichiarato di trovarsi in difficoltà con le tempistiche dei social mentre il 51% di non disporre di un budget sufficiente.

Anche la ricerca di SocialMediaToday26 ha indagato le principali sfide che i social presentano alle imprese. Basandosi sulle risposte ottenute dai soggetti intervistati, è stata creata una tag cloud con le parole che sono più ricorse. Possiamo quindi vedere come il problema principale sia ancora la misurazione dei risultati ottenuti tramite l’attività social. Altre criticità sono la creazione di contenuti, la conversione e la portata di questi strumenti.

1.5 Conclusioni

L’introduzione del Web 2.0 e la diffusione dei social network rappresentano una notevole opportunità per le imprese. L’indagine di Wearesocial e Hootsuite ha riportato i dati di utilizzo dei social: al mondo ci sono 3,484 miliardi di utenti attivi al mese, i quali trascorrono su queste piattaforme in media 2 ore e 16 minuti al giorno. I social più popolari sono risultati essere Facebook, Instagram e Twitter.

(24)

21

Lo studio condotto da Hootsuite nel 2018 su oltre 9000 imprese ha invece indagato l’utilizzo delle piattaforme social da parte delle imprese. I social preferiti dalle aziende sono risultati essere gli stessi degli utenti (Facebook, Twitter e Instagram), con delle differenze a seconda dell’ambito in cui opera il brand: nel caso di B2C riscuote molto successo Instagram, mentre nei B2B va molto forte Linkedin. Gli obiettivi maggiormente perseguiti sono legati alla brand awareness e alla gestione dell’immagine del marchio.

Per quanto riguarda l’entità degli investimenti in social media, Nielsen ha stimato negli ultimi anni le quote di spesa relative alle varie tipologie di media. Dal 2005, anno in cui vengono registrate per la prima volta gli investimenti pubblicitari online, al 2018, la situazione è cambiata notevolmente: si è passati infatti da 138000 euro a 2,6 milioni. Le spese relative al Web sono seconde solo a quelle relative alla televisione (3,8 milioni).

Nei prossimi anni è stato stimato che avverrà una crescita dell’utilizzo dei social media: secondo una ricerca condotta da CMO, infatti la quota di spese relative ai social media, stimata pari a 13,8% nel 2018, è destinata a crescere nei prossimi cinque anni, arrivando a una percentuale di 22,9%.

Quello dei social è un’ambiente in continua evoluzione e in quanto tale presenta delle sfide e delle opportunità alle aziende che intendono farne utilizzo.

In seguito allo scandalo Cambridge Analytica vi è stata una progressiva perdita di fiducia nei confronti dei social network: è compito delle imprese adoperarsi per ricucire questo strappo al fine di riguadagnarsi la stima degli utenti.

Altre sfide importanti sono rappresentate dall’utilizzare al meglio le nuove features introdotte sulle piattaforme social, una su tutte le stories, le quali hanno riscosso un successo notevole tra gli utenti.

La sfida più importante che tutti i social manager si trovano ad affrontare è comunque la scarsità di tempo e/o di risorse per mettere in atto la propria campagna di social media marketing. Tutte le aziende infatti, dalla più piccola o più grande, dovranno impegnarsi per sfruttare al meglio le potenzialità che gli strumenti social offrono alle imprese.

(25)

22

Capitolo 2

Revisione della letteratura

2.1

Tema della ricerca

Nel secondo capitolo abbiamo compiuto una revisione della letteratura riguardante l’ambito dei social media e il ruolo che possono ricoprire nelle performance aziendali. Le ricerche sono state effettuate attraverso il portale EBSCO utilizzando parole chiave come “Social” e “Sales” e andando a controllare tra le citazioni di articoli di autori affermati nell’ambito. Gli articoli, per essere considerati di nostro interesse, dovevano rispondere a delle precise caratteristiche:

• In termini di contenuto: l’articolo doveva trattare il legame tra attività dell’impresa, performance aziendali e il mondo social

• In termini di fonti: gli articoli da noi selezionati provengono esclusivamente da alcune delle riviste più autorevoli in materia (Marketing Science, Journal of Marketing, Journal of Marketing Research, International Journal of Research in Marketing, Journal of the Academy of Marketing Science e Journal of Advertising Research)

• In termini temporali: gli articoli da noi selezionati sono recenti (dal 2011 in poi), in quanto recente è l’ambito da noi studiato

• In termini di accessibilità: la letteratura da noi presa in considerazione è quella accessibile tramite le credenziali di ateneo

Tenuto conto di questi ragionamenti, abbiamo selezionato 25 articoli di nostro interesse. Una volta selezionati abbiamo proceduto con la lettura e la compilazione di una tabella che riassume i concetti chiave racchiusi all’interno dei paper. Questa tabella rappresenta il punto di riferimento dell’analisi della letteratura che è stata svolta.

(26)

23

Nella prima fase abbiamo studiato il tipo di dati che le varie ricerche hanno raccolto, le fonti di cui hanno usufruito e gli strumenti che hanno adoperato.

Successivamente il focus si è spostato sulle variabili presentate all’interno dei modelli proposti e su come esse si legano tra loro.

Infine, abbiamo analizzato e comparato i risultati a cui sono giunti gli articoli studiati.

2.2

Dati

I dati su cui sono fondate le ricerche analizzate provengono da fonti eterogenee.

Molti degli studi analizzati traggono i dati di cui necessitano da terze parti specializzate. L’istituto più ricorrente negli articoli è Nielsen, punto di riferimento per quanto riguarda le ricerche di mercato.

Altre ricerche hanno invece previsto uno o più esperimenti per analizzare l’ambito studiato. Lo studio condotto da John et al.27, ad esempio, il quale ha indagato sull’effetto che ha mettere like a una pagina Facebook sull’atteggiamento verso il brand, è basato su 5 esperimenti che hanno coinvolto più di 8000 soggetti. Anche gli articoli di Naylor et al.28 e Mochon et al.29 si fondano su esperimenti empirici.

27 John, Leslie K.; Emrich, Oliver; Gupta, Sunil; Norton, Michael I.;” Does "Liking" Lead to Loving? The

Impact of Joining a Brand's Social Network on Marketing Outcomes”; Journal of Marketing Research (JRM); 2017

28 Naylor, Rebecca Walker; Lamberton, Cait Poynor; West, Patricia M.; “Beyond the "Like" Button: The

Impact of Mere Virtual Presence on Brand Evaluations and Purchase Intentions in Social Media Settings”; Journal of Marketing; 2012

29 Mochon, Daniel; Johnson, Karen; Schwartz, Janet; Ariely, Dan; “What Are Likes Worth? A Facebook

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24

Alcuni autori si sono avvalsi di strumenti di monitoraggio del web e dei Social Media per raccogliere le metriche di interesse: è il caso dello studio di Sonnier et al.30. Dahaner

et al. Hanno invece sfruttato il programma fedeltà dell’azienda oggetto di studio per acquisire tutti i dati di cui avevano bisogno.

Sebbene come abbiamo visto nella maggior parte dei casi i dati relativi agli utenti provengono da terzi, in alcuni articoli sono state svolte delle interviste ad hoc per misurare certi parametri relativi al soggetto. Il lavoro di Kumar A. et al.31 ha compreso 529

interviste relative all’utilizzo dei Social Media.

Il social maggiormente studiato in queste ricerche è Facebook; anche Twitter e Youtube risultano essere “popolari” in questo genere di studi.

Un’utile distinzione che abbiamo adottato per catalogare gli articoli è relativa all’attività social indagata: si analizzano gli UGC (User Generated Content) o i FGC (Firm Generated Content)? I paper selezionati trattano indistintamente entrambi i generi di contenuto, oltre a comprendere anche articoli che trattano contemporaneamente entrambe le tipologie.

2.3

Variabili

Le variabili studiate nei paper da noi revisionati sono suddivise in tre categorie: variabili dipendenti, indipendenti e di controllo.

30 Sonnier, Garrett P.; McAlister, Leigh; Rutz, Oliver J.; “A Dynamic Model of the Effect of Online

Communications on Firm Sales”; Marketing Science; 2011

31 Kumar, Ashish; Bezawada, Ram; Rishika, Rishika; Janakiraman, Ramkumar; Kannan, P. K.; “From Social

to Sale: The Effects of Firm-Generated Content in Social Media on Customer Behavior”; Journal of Marketing; 2016

(28)

25

Le variabili dipendenti rappresentano l’oggetto dello studio, l’ambito indagato. Nella maggior parte delle ricerche revisionate vengono rappresentate dalle vendite o dall’atteggiamento dei consumatori verso il brand.

Le variabili indipendenti sono invece gli elementi dei quali si vuole studiare l’effetto sulle variabili dipendenti. Nel nostro caso fungono da variabili indipendenti per lo più le metriche social degli utenti o l’esposizione ai diversi tipi di media.

La terza e ultima tipologia di variabile presente all’interno dei paper è quello delle variabili di controllo. Esse mirano a tenere sotto osservazione determinati elementi che potrebbero influire sulla relazione tra variabili dipendenti e indipendenti. A seconda del tipo di lavoro svolto la tipologia di variabili di controllo studiate può variare.

2.4

Risultati

Vista l’eterogeneità degli articoli da noi analizzati, abbiamo deciso di suddividerli in 4 categorie al fine di comprenderne al meglio i risultati.

2.4.1 Influenza delle dimensioni degli UGC sulle vendite

Una larga fetta della letteratura si è occupata di studiare come i contenuti generati dell’utente influenzassero le vendite e le performance delle imprese, focalizzandosi su dimensioni come il volume del traffico generato e la valenza (positiva, negativa o neutrale).

Gli UGC a cui si riferiscono i paper analizzati possono essere di diversa natura: nei paper in cui la raccolta dati è meno recente si tratta infatti prevalentemente di commenti e conversazioni su forum e blog, mentre se la raccolta è stata condotta in un momento più recente solitamente si tratta di contenuti postati su un social network.

(29)

26

Per ottenere dati sulle dimensioni degli UGC, il procedimento adottato, indifferentemente che si tratti di forum/blog o social media, è quello di utilizzare particolari software denominati web crawler che setacciano la rete alla ricerca di contenuti che riguardano un particolare argomento, utilizzando delle parole chiave legate a ciò che intendiamo ricercare. Per catalogare invece i contenuti in base alla valenza si adoperano degli strumenti in grado di effettuare una sentiment analysis: il software setaccia un testo e, in base alle parole utilizzate, è capace di dirci se quel contenuto è positivo, negativo o neutrale. L’utilizzo di software per la raccolta di dati relativi ai contenuti generati dall’utente, sebbene non sia efficace al 100%, rappresenta un ottimo compromesso vista l’enorme portata di questo fenomeno.

La ricerca di Sonnier et al.32 ha adottato proprio questa metodologia per la raccolta di dati sugli UGC: ha raccolto dati sui contenuti generati dai clienti riguardanti un’impresa tecnologica che vende beni durevoli online e ha voluto vedere come potessero influire sulle vendite; come variabili di controllo sono state utilizzate due variabili riguardanti il fatto che l’interazione fosse avvenuta nel weekend e in concomitanza con il nuovo prodotto. Risalendo la raccolta dati al 2007, i contenuti provengono essenzialmente da forum e blog. Il paper ha fornito dei risultati abbastanza prevedibili: è stato riportato infatti che i commenti positivi e neutrali portano ad un aumento delle vendite, mentre quelli negativi ad un calo. Interessanti le relazioni tra le vendite e le variabili di controllo: infatti si rileva che sono state effettuate meno vendite nel weekend, mentre il lancio di nuovi prodotti non ha un effetto rilevante sulle vendite.

Lo studio di Tirunillai et al.33 ha riguardato l’effetto del volume e della valenza dei

contenuti generati dagli utenti sulle performance azionarie di 15 imprese appartenenti a 6 settori differenti, basandosi su dati raccolti tra il 2005 e il 2010. È risultato che il volume delle conversazioni ha un effetto positivo sui rendimenti anomali, sul rischio idiosincratico e sul volume degli scambi. Il rischio idiosincratico aumenta all’aumentare degli UGC dal contenuto negativo, mentre le conversazioni positive non hanno molto effetto sul rischio dell’azienda.

32 Sonnier, Garrett P.; McAlister, Leigh; Rutz, Oliver J.; “A Dynamic Model of the Effect of Online

Communications on Firm Sales”; Marketing Science; 2011

33 Tirunillai, Seshadri; Tellis, Gerard J.; “Does Chatter Really Matter? Dynamics of User-Generated

(30)

27

Borah et al.34 hanno indagato l’effetto spillover del passaparola negativo online (effetto per il quale le conversazioni negative su un certo brand o prodotto alimentano le conversazioni negative su prodotti o brand simili). Il settore oggetto di studio è stato quello automobilistico, considerando i ritiri dal mercato di modelli come fonte di conversazioni negative che possono innescare questo fenomeno. La ricerca ha riguardato 48 modelli appartenenti a 4 brand (3 giapponesi e 1 americano), di cui sono stati raccolti dati sulle lamentele a proposito dei ritiri dal mercato da forum e blog. È stato rilevato che l’effetto spillover è più forte tra brand dello stesso paese, ed è asimmetrico: è più forte dai brand grandi verso quelli piccoli.

Anche il paper di Gopinath et al.35 ha raccolto dati sugli UGC da forum, nello specifico da Howard Forum, uno dei principali siti (almeno nel periodo in cui sono stati raccolti i dati, 2005/2006) nell’ambito della telefonia mobile. La ricerca, riguardante 5 imprese del settore, ha indagato il legame tra volume e valenza dei contenuti generati dall’utente (distinti tra emozionali, raccomandazioni e sugli attributi), la tipologia di pubblicità adottata (emozionale o sugli attributi) e le vendite. Le conversazioni comprendenti raccomandazioni hanno un impatto maggiore sulle vendite rispetto a quelle sugli attributi ed emozionali, mentre entrambi i tipi di pubblicità hanno un effetto, ma quello delle pubblicità emozionali è maggiore. Il volume delle conversazioni invece ha un effetto trascurabile.

Gli altri articoli analizzati in questa sezione hanno invece studiato questo legame prendendo in considerazione degli UGC provenienti dai Social Media.

Lo studio di Colicev et al.36 si è prefissato l’obiettivo di indagare il rapporto tra i contenuti generati dall’utente e le metriche che compongono il processo decisionale del consumatore (Brand Awareness, Purchase Intent e Costumer Satisfaction), analizzando l’effetto dei contenuti degli utenti e delle imprese su Facebook, Twitter e Youtube di 45

34 Borah, Abhishek; Tellis, Gerard J.; “Halo (Spillover) Effects in Social Media: Do Product Recalls of One

Brand Hurt or Help Rival Brands?”; Journal of Marketing Research (JRM); 2016

35 Gopinath, Shyam; Thomas, Jacquelyn S.; Krishnamurthi, Lakshman; “Investigating the Relationship

Between the Content of Online Word of Mouth, Advertising, and Brand Performance”; Marketing Science; 2014

36 Colicev, Anatoli; Malshe, Ashwin; Pauwels, Koen; O’Connor, Peter; “Improving Consumer Mindset

Metrics and Shareholder Value Through Social Media: The Different Roles of Owned and Earned Media”; Journal of Marketing Research (JRM); 2018

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28

imprese appartenenti a 21 settori differenti. È stato riportato che il seguito sui social e i contenuti delle imprese hanno un effetto positivo sull’awareness del brand, che l’impatto positivo dei commenti positivi degli utenti influiscono maggiormente sull’intenzione di acquisto rispetto ai contenuti postati dalle aziende e che questi ultimi influiscono soprattutto sulla soddisfazione del cliente.

Colicev ha compiuto anche un’altra ricerca37 in quest’ambito, includendo un’altra

metrica (la brand consideration, ovvero se il brand viene tenuto in mente tra le possibilità di acquisto quando si desidera un certo tipo di bene) e considerando differenti dimensioni degli UGC e dei FGC presenti su Facebook riguardanti 19 brand operanti in 7 settori differenti. È stato rilevato che le dimensioni dei contenuti generati dall’utente hanno una relazione più forte con l’awareness e con la soddisfazione del cliente, mentre quelli postati dall’aziende si legano maggiormente alla consideration e all’intenzione di acquisto; la vividness dei FGC e il volume degli UGC hanno una relazione più forte con la consideration e l’intenzione di acquisto rispetto alle altre dimensioni degli UGC e dei FGC. È risultato anche che le grandi imprese presentano un legame maggiore tra FGC e UGC e queste metriche.

Lo studio di Tang et al.38 si caratterizza per il focus sui contenuti neutrali postati dagli utenti. Gli autori distinguono tra mixed neutral content (post al cui interno si bilanciano elementi positivi e negativi) e indifferent neutral content (post che non presentano elementi di alcuna valenza) e studiano il loro effetto combinato con gli UGC positivi e negativi sulle vendite. Si rileva che i mixed content amplificano l’effetto positivo dei contenuti positivi e quello negativo dei contenuti negativi, mentre gli indifferent content ne attenuano l’effetto.

Il lavoro di Seiler et al.39 si concentra invece su un particolare Social Media molto

popolare in Cina, Sina Weibo, il quale rappresenta un ibrido tra Facebook e Twitter.

37 Colicev, Anatoli; Kumar, Ashish; O'Connor, Peter; “Modeling the relationship between firm and user

generated content and the stages of the marketing funnel”; International Journal of Research in Marketing; 2019

38 Tang, Tanya (Ya); Fang, Eric (Er); Feng Wang; “Is Neutral Really Neutral? The Effects of Neutral

User-Generated Content on Product Sales”; Journal of Marketing, 2014

39 Seiler, Stephan; Yao, Song; Wang, Wenbo; “Does Online Word of Mouth Increase Demand? (And

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29

Questo studio ha indagato il rapporto tra social network e audience televisiva: approfittando del blocco del social network per ragioni politiche avvenuto tra il 31 Marzo e il 2 Aprile, è stato effettuato un confronto tra l’audience nel periodo in cui il social era bloccato e quando invece funzionava regolarmente. Come prevedibile, è stato riscontrato un legame positivo tra l’attività del social network e l’audience televisiva: le conversazioni post-show infatti aumentano gli ascolti degli episodi successivi di una serie.

L’ultimo articolo da noi analizzato in questa sezione ha riguardato l’ambito delle recensioni online dei consumatori. La ricerca di Nga et al.40 nel campo dei player di DVD e Blu-Ray ha indagato sul rapporto tra OCR (online costumers reviews), brand equity e vendite. Le recensioni positive sono risultate essere legate positivamente alle vendite, mentre quelle negative in maniera negativa; Le vendite dei brand più forti risentono meno degli effetti delle recensioni, sia negative che positive, che risultano invece avere un’influenza importante sulle vendite dei brand più deboli. Le recensioni risultano essere più significative per i prodotti appena lanciati che per quelli maturi.

Esaminando i risultati degli studi sopra riportati, possiamo concludere che i contenuti generati dall’imprese e dagli utenti sui Social Media possano rappresentare uno strumento utilissimo per le aziende. Abbiamo visto infatti come le vendite si leghino al traffico sul web riguardante i prodotti e i brand: Il passaparola positivo tende ad aumentare le vendite, mentre quello negativo a diminuirle; i contenuti neutrali invece possono amplificare gli effetti dei contenuti dotati di una certa valenza. Le dimensioni relative ai FGC e agli UGC influiscono sulle metriche relative al processo decisionale del consumatore e anche sulle performance sul mercato azionario. Anche le recensioni online sono legate alle vendite e, come dimostrato dallo studio sulla televisione cinese, le conversazioni sugli show televisivi possono avere un effetto importante sull’audience.

40 Nga N. Ho-Dac; Carson, Stephen J.; Moore, William L.; “The Effects of Positive and Negative Online

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30

2.4.2 Sinergie tra diversi tipi di media

Una buona parte degli articoli revisionati ha riguardato il rapporto tra Social Media e Media tradizionali, le possibili sinergie tra essi e come esse possono influenzare le vendite. Le analisi in questi tipi di lavoro sono state compiute su dataset comprendenti queste tre tipologie di variabili: metriche relative ai social, vendite e dati inerenti ai media tradizionali.

La ricerca di Dahaner et al.41 è andata a investigare sull’associazione tra vendite e mezzi di comunicazione moderni e tradizionali. I media tradizionali presi in considerazione sono stati 6 (TV, radio, stampa, riviste, cataloghi e posta), mentre 4 sono stati quelli moderni (e-mail, sponsorizzazioni su Google, pubblicità online e social media). L’analisi è stata effettuata sui partecipanti al programma fedeltà di un grande magazzino australiano avente una clientela composta prevalentemente da donne aventi un’età compresa tra 25 e 54 anni. I media tradizionali risultano avere un’influenza maggiore sulle vendite rispetto a quelli moderni, in special modo i cataloghi, la televisione e la posta diretta. Tra i media moderni le e-mail e le sponsorizzazioni hanno un effetto sulle vendite più forte rispetto alla pubblicità online ed ai social, i quali risultano comunque utili per generare traffico presso il sito del rivenditore.

Il paper di De Vries et al.42 si avvale di un dataset comprendente dati sui Social Media

(impression su Facebook come contenuti generati dall’impresa e volume e valenza dei tweet su Twitter come contenuti generati dall’utente), sui media tradizionali (tv, radio, stampa e cartellonistica) e sulle metriche di brand building (awareness, consideration, preference e acquisition) di una grande impresa europea operante nel campo delle telecomunicazioni. È stato rilevato che i media tradizionali influiscono principalmente sulla brand awareness e sulla consideration, ma hanno un effetto importante anche sull’acquisition, caratteristica condivisa con l’impression su Facebook e il volume dei tweet. L’utilizzo dei social media risulta essere invece particolarmente utile per influenzare la preference: è stato riscontrato un forte legame infatti tra valenza dei tweet

41 Danaher, Peter J.; Dagger, Tracey S.; “Comparing the Relative Effectiveness of Advertising Channels: A

Case Study of a Multimedia Blitz Campaign”; Journal of Marketing Research (JRM); 2013

42 de Vries, Lisette; Gensler, Sonja; Leeflang, Peter S.H.; “Effects of Traditional Advertising and Social

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31

e questa metrica. Si consiglia dunque alle imprese di stimolare un passaparola positivo riguardo il brand e il prodotto.

Il lavoro di Kumar A. et al.43 ha studiato il rapporto tra contenuti generati dall’impresa sui social network e media tradizionali (in particolare tv ed e-mail) e come essi influiscono sulla spesa, sul cross-buying e sulla profittabilità. La ricerca è stata effettuata su un grande rivenditore di vino che opera nel nord-est degli Stati Uniti. È stato rilevato che tv, e-mail e FGC hanno un effetto positivo e significativo sul comportamento del consumatore; inoltre vi è sinergia tra i contenuti generati dall’impresa e i due media tradizionali considerati. Gli strumenti social sono risultati essere più efficaci nei confronti dei consumatori più esperti e maggiormente ferrati con la tecnologia e i social.

Lo studio di Kumar V. et al.44 ha riguardato invece come gli effetti dei contenuti

social generati dall’impresa sulle vendite e le sinergie con i media tradizionali variano nel tempo. La ricerca è stata condotta su un’azienda che produce e vende gelati negli Stati Uniti, di cui sono stati raccolti dati per circa tre anni (dal 2010 al 2013). Come metrica dei contenuti social è stata considerata l’impression su Facebook, mentre per i media tradizionali la pubblicità in tv, le promozioni in-store e i sampling dei prodotti. È stato riscontrato che l’efficacia dei media social e tradizionali cresce nel corso del tempo. Anche le sinergie tra FGC e media tradizionali crescono in maniera curvilinea, fatta eccezione per quella con la pubblicità in tv: non è stato verificato infatti un legame significativo tra questo strumento ed i contenuti social.

Il paper di Stephen e Galak45 è incentrato su un particolare settore, quello dei prestiti online, in particolare su Kiva, impresa che si occupa di concedere dei micro-finanziamenti a imprenditori provenienti da paesi in via di sviluppo che hanno difficoltà a trovare banche disposte ad investire su di loro. Lo studio ha confrontato l’effetto sulle vendite esercitato dai media tradizionali (tv, radio e stampa) e da quelli social

43 Kumar, Ashish; Bezawada, Ram; Rishika, Rishika; Janakiraman, Ramkumar; Kannan, P. K.; “From Social

to Sale: The Effects of Firm-Generated Content in Social Media on Customer Behavior”; Journal of Marketing; 2016

44 Kumar, V.; Choi, JeeWon; Greene, Mallik; “Synergistic effects of social media and traditional marketing

on brand sales: capturing the time-varying effects”; Journal of the Academy of Marketing Science, 2017

45 Stephen, Andrew T.; Galak, Jeff; “The Effects of Traditional and Social Earned Media on Sales: A Study

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32

(conversazioni su blog e forum). È stato rilevato che i media tradizionali hanno un effetto per evento maggiore rispetto ai social media, probabilmente perché hanno una portata maggiore. I social media dal canto loro, nonostante abbiano una portata e un effetto minore, sono più continuativi nel tempo.

L’ultima ricerca analizzata in questa sezione è stata quella di Snirivasan et al.46, che

ha indagato come le metriche riguardanti paid, owned ed earned media online e i classici elementi del marketing mix (prezzo, distribuzione e pubblicità televisiva) influenzano le vendite. L’impresa di cui sono stati raccolti dati opera nel mercato statunitense dei beni di largo consumo. È stato rilevato che le metriche online influiscono in maniera maggiore sulle vendite rispetto alla pubblicità televisiva, ma in maniera minore rispetto al prezzo e alla distribuzione. Le metriche inerenti al comportamento online del consumatore sono legate tra loro, sono influenzate dai mezzi di comunicazione classici e si convertono in vendite anche di prodotti distribuiti prevalentemente offline.

Dalla revisione dei paper condotta qui sopra ci siamo accorti che i media tradizionali hanno un effetto più forte sulle vendite rispetto ai social media, i quali tuttavia possono ricoprire un ruolo importante nelle strategie aziendali. Gli strumenti social sono più efficaci nei confronti delle persone esperte e ferrate con la tecnologia e possono influire sulla preferenza di un brand rispetto ad un altro. I media moderni e tradizionali sono legati gli uni agli altri e possono operare in sinergia, sebbene ognuno di essi sia adatto a raggiungere un preciso scopo. L’efficacia di questi mezzi di comunicazione tende a cambiare nel tempo, così come evolvono anche le sinergie.

Sebbene i risultati visti siano incoraggianti nei confronti dell’utilizzo dei social network da parte delle aziende, dobbiamo tener conto di alcuni limiti condivisi dagli studi sopra citati, in particolare due ci sembrano particolarmente importanti.

Il limite principale deriva dallo scorrere del tempo e dalla continua evoluzione dell’ambito studiato: la raccolta dati negli articoli analizzati infatti anche negli studi più recenti non è stata effettuata dopo il 2013, e non fornisce dunque informazioni adatte a descrivere il fenomeno nell’accezione più moderna. Riteniamo infatti che questo sia il

46 Srinivasan, Shuba; Rutz, Oliver; Pauwels, Koen; “Paths to and off purchase: quantifying the impact of

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33

principale motivo per cui dalle ricerche revisionate risulta che i media tradizionali siano molto più efficienti dei social.

L’altro limite è dettato dal fatto che le ricerche sono state svolte ognuna su una sola azienda (a differenza di altri lavori presenti nella sezione precedente, che indagavano su più società operanti in mercati differenti); i risultati quindi saranno necessariamente influenzati dalle dinamiche tipiche dell’impresa e del settore di appartenenza.

2.4.3 Esperimenti

Tre articoli da noi trattati si sono basati su degli esperimenti volti a studiare determinati elementi appartenenti all’ambito dei social e del loro utilizzo da parte delle imprese.

Il lavoro di Naylor et al.47 ha indagato l’effetto che può esercitare la fanbase social di una certa azienda su un potenziale nuovo cliente, in particolare come influisce la Mera Presenza Virtuale (MVP) e la somiglianza o la dissomiglianza con i fan di una certa impresa. Nel primo esperimento è stata mostrata a 128 studenti universitari la pagina Facebook di un’azienda d’abbigliamento canadese, accompagnata da una breve descrizione. Successivamente è stata rivelata la MVP in maniere differenti: ad un gruppo è stato mostrato solamente il numero dei fan, ad un altro il numero e 6 fan simili per caratteristiche demografiche (età e genere) a loro, ad un altro il numero e 6 fan dissimili mentre all’ultimo gruppo il numero e 6 fan di cui 3 simili e 3 dissimili. Infine, sono state poste alcune domande per misurare l’atteggiamento verso il brand. Il secondo esperimento, svolto in maniera similare su un’altra azienda di abbigliamento, è andato ad approfondire gli effetti dell’eterogeneità e dell’ambiguità della MVP e l’effetto sull’intenzione d’acquisto oltre che quello sull’atteggiamento. Il terzo esperimento ha indagato invece sugli effetti della mera presenza virtuale nelle situazioni in cui l’utente si ritrova a valutare più imprese contemporaneamente. Nel complesso è risultato che la

47 Naylor, Rebecca Walker; Lamberton, Cait Poynor; West, Patricia M.; “Beyond the "Like" Button: The

Impact of Mere Virtual Presence on Brand Evaluations and Purchase Intentions in Social Media Settings”; Journal of Marketing; 2012

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presenza di fan simili per caratteristiche o ambigui (fan simili e differenti) comporta effetti positivi sull’atteggiamento verso il brand e sull’intenzione di acquisto, mentre quella di fan dissimili porta a delle conseguenze negative. Gli effetti positivi della mera presenza virtuale ambigua si attenuano nei casi di valutazione congiunta di più brand.

Lo studio di John et al.48 ha indagato l’effetto del like di Facebook ad una pagina di un brand sulle vendite dello stesso. I 5 esperimenti condotti hanno riguardato due tipologie di effetti: l’associazione di prim’ordine (l’influenza del like su Facebook sull’atteggiamento e sul comportamento verso un brand) e di second’ordine (l’effetto che scaturisce dal vedere che un amico è fan su Facebook di un brand). Nei primi 4 esperimenti si sono occupati di studiare l’associazione di prim’ordine, invitando i partecipanti a rispondere ad un questionario sull’atteggiamento verso il brand, chiedendo ad una parte di essi se fossero disposti a mettere like alla pagina aziendale. I brand interessati sono stati Coca-Cola, Pepsi e Burt’s Bees, e sono stati manipolati fattori come il tempo, inoltrando un secondo questionario una settimana dopo il primo, e la pubblicità. Il quinto esperimento è stato invece incentrato sull’associazione di second’ordine: ai partecipanti è stato chiesto di mettere like alla pagina di Grace Choi, un’azienda che si occupa di cosmetica, e di inoltrare i nomi e gli indirizzi e-mail di tre amici che hanno su Facebook, ai quali verrà mandato un sampling del prodotto con un messaggio che indica che è stato il partecipante loro amico a spedirlo. Ad una parte degli amici viene inoltre detto che il partecipante è appena diventato fan del brand per verificare appunto l’effetto di second’ordine. Nel complesso i risultati riguardanti l’esistenza dell’associazione di prim’ordine sono negativi: non è stato riscontrato un particolare legame tra il mettere like e l’atteggiamento verso il brand. Coloro che hanno espresso un atteggiamento più favorevole lo hanno fatto perché sono effettivamente fan, a prescindere dal like su Facebook. Per quanto riguarda invece l’effetto di second’ordine è stato rilevato una influenza positiva: vedere che i propri amici hanno messo “mi piace” potrebbe spingere una persona a provare il brand.

48 John, Leslie K.; Emrich, Oliver; Gupta, Sunil; Norton, Michael I.; “Does "Liking" Lead to Loving? The

Impact of Joining a Brand's Social Network on Marketing Outcomes”; Journal of Marketing Research (JRM); 2017

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35

La ricerca di Mochon et al.49 è stata incentrata anch’essa sul legame tra like ad una pagina Facebook e il comportamento offline del consumatore. Il lavoro si è avvalso della collaborazione con il programma di benessere Discovery Vitality, il quale permette di guadagnare dei punti compiendo azioni che fanno bene alla salute (allenarsi, vaccinarsi, comprare prodotti salutari) che possono essere convertiti in premi di varia natura. Il programma ha una pagina aziendale su Facebook avente, al tempo della ricerca (2013-2014) circa 100000 likes. Vitality ha mandato a coloro che hanno aderito al programma nell’ultim’anno antecedente al lavoro una mail con qui veniva richiesta con gentilezza la partecipazione ad un questionario sull’utilizzo del social network e sul programma. I partecipanti sono stati poi scremati: sono stati esclusi chi già era fan della pagina e chi non possedeva un account. Una parte di essi è stata invitata a mettere like alla pagina Facebook. Nei mesi successivi sono stati monitorati i comportamenti dei partecipanti all’esperimento ed è stato possibile raccogliere dati provenienti dal questionario iniziale, dall’attività sulla pagina del programma (avvalendosi di Facebook Insight) e dall’avanzamento nel programma. È risultato un legame positivo tra like e comportamento del consumatore, in particolare quando la pagina promuove attivamente la propria attività sul social network, anche con sponsorizzazioni a pagamento; non hanno invece un forte effetto quando sulla pagina sono presenti essenzialmente interazioni tra utenti.

2.4.4 Altro

Gli ultimi articoli da noi revisionati trattano settori o argomenti particolari, tali da non rientrare in nessuna delle categorie esposte in precedenza.

Lo studio di Saboo et al.50 è stato incentrato sul settore musicale. È stato indagato l’effetto causato dai social media sulla vendita dei singoli di 36 artisti con almeno un brano nella Billboard top 100. Le metriche analizzate sono state tre: SPLAYS (numero di

49 Mochon, Daniel; Johnson, Karen; Schwartz, Janet; Ariely, Dan; “What Are Likes Worth? A Facebook

Page Field Experiment”; Journal of Marketing Research, 2017

50 Saboo, Alok R.; Kumar, V.; Ramani, Girish; “Evaluating the impact of social media activities on human

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