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I limiti nello sviluppo dell’inclusione

Nel documento Scarica RIDE: Principi e Approcci – IT (pagine 32-35)

I limiti nello sviluppo dell’inclusione

Così come accade per quanto riguarda la comprensione fondamentale dei concetti IDU, i limiti dello sviluppo dell’approccio inclusivo possono essere considerati da diverse prospettive. Possiamo individuare delle questioni ideologiche, sociali, organizzative e di altro tipo.

I termini inclusione, diversità e uguaglianza possono essere intesi come indici di un’ideologia sottostante. Una comprensione semplicistica e manipolata del concetto di diversità fa sì che si entri in contrasto con i concetti di identità e sicurezza. Ed è proprio qui che la diversità diventa un problema. “Diversità come opportunità” è lo slogan sostenuto da un gruppo ristretto di attivisti, giornalisti o accademici. Tra la popolazione prevale invece l’avversione a mischiare diverse categorie di cittadini di fronte al fattore di destabilizzare l’ordine sociale esistente (incluso il tradizionale processo di esclusione).

Il sistema politico attuale ha lavorato negli ultimi 5-10 anni per lo sviluppo dell’egualitarismo legale. Nonostante ciò, la richiesta di una maggiore inclusione, diversità e uguaglianza rimane in una forma burocratica “che stabilisce che finché sei in grado di segnare tutte le caselle [allora sei sulla strada giusta], ma non dice nulla riguardo all’esperienza e alla trasformazione che ne conseguono”.

“Distorsioni del genere sono tipiche di coloro che non sono informati sulle basi dell’argomento, e ce ne sono molti. Quello che manca è un’informazione più approfondita, curata dal Ministero della Pubblica Istruzione e dalle ONG e destinata a quella parte della popolazione che è meno informata”.

Il neoliberalismo, la filosofia politica al momento più influente, scoraggia la volontà degli individui di andare in profondità e capire i termini inclusione, diversità e uguaglianza, in favore di un approccio più superficiale. Ci si concentra più che altro sulle politiche stesse, piuttosto che su ragionamenti più approfonditi che affrontino davvero le questioni relative all’esclusione, all’uniformità e alla disuguaglianza. È così che il processo diventa nient'altro che un esercizio superficiale in cui si segnano le caselle.

“Penso che si potrebbe incrementare l’educazione all’uguaglianza e alla diversità e che si dovrebbe andare oltre le leggi scritte”.

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Viene fatto notare che questi sistemi sono invece basati su approcci superficiali.

“Bisogna dimostrare di seguire una linea politica ma non c’è modo di dimostrare la qualità del lavoro svolto o uno schema di quali aspetti prendere in considerazione. La commissione potrebbe quindi concludere: “Non abbiamo ricevuto critiche, allora stanno lavorando meglio di quanto sembra”, ma l’esistenza stessa delle critiche è prova di strategie politiche funzionanti”

(ricercatore britannico).

In un contesto in cui la valutazione della qualità e dei risultati ha sempre più valore, ovviamente si può andare a valutare anche la strategia per favorire pari opportunità.

“Siccome ogni cosa può essere valutata, stiamo dando meno valore alle azioni stesse perché si tratta più che altro di valutare le cose, possiamo misurare ciò che abbiamo fatto bene” (ricercatore britannico).

Le persone con disabilità si scontrano spesso con cosiddetto “abilismo” celato: un approccio che vuole eliminare gli ostacoli eliminando la disabilità. Sembra una soluzione congeniale, invece nasconde la convinzione che la persona con disabilità abbia meno valore.

“Il rischio si presenta soprattutto nel momento in cui le persone con disabilità cercano un’occupazione. Dopo aver completato percorsi di studio all’interno di sistemi educativi inclusivi/d’integrazione, spesso si scontrano con un abilismo celato durante la ricerca del lavoro” (ricercatore slovacco)

Le regole di antidiscriminazione (ad esempio i laboratori protetti o i posti di lavoro riservati alle categorie protette) diventano in realtà un’opportunità per la definizione di strategie pragmatiche da parte delle aziende che permettano loro di ottenere un vantaggio sul mercato. Nonostante ciò, se viste sul lungo termine, possono anche portare agli effetti sperati, legati alla creazione di contatto reciproco e alla necessità di superare gli ostacoli (mentali, sociali e culturali).

“Prendiamo ad esempio una maestra che ha voluto insegnare la tolleranza alla propria classe. Questa maestra, che sicuramente era mossa dalle migliori intenzioni, ha portato davanti a tutta la classe due bambini adottati, un bambino ateo e una bambina cinese. Voleva mostrare alla classe che questi bambini non erano diversi da tutti gli altri. Questo esempio mi ha fatto aprire

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gli occhi perché la maestra, volendo abolire gli stereotipi e incoraggiare l’accettazione reciproca, in realtà ha attirato l’attenzione su questi quattro bambini, rivelando informazioni sul loro conto che probabilmente il resto della classe ignorava. Allo stesso modo, nella nostra società lottiamo per rendere uguale chi è diverso, invece di rispettarlo e valorizzarne le differenze'' (ricercatore croato).

I limiti nello sviluppo dell’inclusione nascono anche dai continui cambiamenti a livello politico e legislativo.

“I giovani devono essere consapevoli dei diritti che spettano loro per legge e dovrebbero lottare contro, così come comunicare costantemente e reciprocamente con la burocrazia, la struttura politica e gli elementi sociali per poter ottenere quei diritti. Non è possibile farlo semplicemente seguendo i social media. Così come non è possibile che un giovane che non conosce come si presenti una petizione possa individuare e correggere le inadeguatezze delle regolamentazioni” (ricercatore turco).

“Ragioni del tutto politiche. Potrebbero sembrare dei danni insignificanti sul momento, ma vanno ad influire sull’intera società nel lungo periodo. Chi è più colpito sono i bambini. Non si considerano liberi. Purtroppo le continue modifiche del sistema educativo nazionale mettono un’enorme pressione sia sugli alunni che sui genitori. Se il concetto di stato sociale viene enfatizzato nella costituzione, si dovrebbero compiere maggiori sforzi in favore dell’uguaglianza” (ricercatore turco).

Un altro aspetto è che i limiti esistono sia dalla parte degli animatori giovanili che delle persone con cui lavorano. Si prenda ad esempio l’atteggiamento di coloro che si cerca di includere. Se si considera un migrante, la sua volontà di essere incluso in un nuovo paese piuttosto che un altro varia a seconda delle sue preferenze, del fatto che consideri quel paese la destinazione finale o meno. Se sì, sarà più propenso a imparare la lingua, comunicare, esplorare la cultura del paese

ospitante, ecc.

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La comprensione dei concetti IDU da parte degli operatori

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